12 giugno
Parco Sempione è un altro dei polmoni verdi della città. Da un lato è delimitato dall’Arco della Pace, anch’esso opera di Luigi Cagnola, e sormontato da una quadriga bronzea.
Come l’arco di porta Ticinese, pure questo fu costruito per celebrare i trionfi di Napoleone; poi sopravvenne Francesco I d’Austria, ma nel 1859 subito dopo la vittoria di Magenta, venne definitivamente dedicato a Vittorio Emanuele II ed a Napoleone III.
Su un altro versante si trova invece l’Arena, ideata da Luigi Canonica nel 1806, entro la quale venivano svolte perfino delle battaglie navali, riempiendo l’invaso con le acque del Naviglio. Dal 2002 è stata intitolata al popolare e famoso giornalista sportivo Gianni Brera.
Contrapposto all’Arena, c’è invece il Palazzo dell’Arte progettato da Giovanni Muzio, edificato nello stile pulito e razionale dei primi anni ’30, e che ospita la Triennale e nel quale vengono tenute varie mostre di arte moderna e di architettura,
mentre all’ultimo lato del parco c’è il delizioso palazzetto liberty che ospita l’acquario Civico, uno dei più antichi al mondo, le cui facciate sono decorate da mosaici policromi rappresentanti varie forme di fauna acquatica (tartarughe, pesci, molluschi, crostacei).
All’interno sono ospitate una quarantina di vasche contenenti vari habitat fedelmente ricostruiti, da quelli di acqua marina a quelli di acqua dolce dei torrenti, laghi e perfino dei fiumi amazzonici.
Una sezione ospita un terrario ricco di anfibi.
Dal centro del parco svetta la torre Branca, (inizialmente torre Littoria, in seguito semplicemente Torre del parco), alta m.108,6, opera di Giò Ponti, dalla quale, ancora nel 1939, vennero diffuse in via sperimentale le prime trasmissioni televisive che venivano ricevute dagli apparecchi posti nella Galleria Vittorio Emanuele. Ora la televisione, almeno quella non ancora fagocitata da Roma, viene irradiato da poca distanza, in Corso Sempione.
La torre prende il nome dalla famosa distilleria che ne ha curato il restauro, in quanto per ragioni di sicurezza la costruzione era rimasta chiusa al pubblico dal 1972 per 25 anni. All’interno dell’intelaiatura in tubi Dalmine è situato un ascensore che permette di ascendere al terrazzino panoramico in poco più di un minuto. Purtroppo, sempre per ragioni di sicurezza, non è più agibile il ristorante che esisteva sulla sommità.
Per finire, poco distante dal corso Sempione, c’è uno degli impianti sportivi più noti, il velodromo Vigorelli, intitolato ad Antonio Maspes. La struttura fu costruita in Milano perché da anni qui esistevano varie fabbriche di biciclette, la più famosa delle quali era la Bianchi. C’erano un altro velodromo, sempre in zona, ma il crescente interesse per il ciclismo ravvisò la necessità di un impianto migliore e di maggiori dimensioni, cosicché nel 1935 venne inaugurato l’attuale Vigorelli, dal nome di un industriale, assessore in giunta ed ex corridore su pista. Semidistrutto durante i bombardamenti del 1944, fu ricostruito l’anno seguente e divenne sede di scontri famosi su pista, ma non solo, in quanto i Beatles vi tennero il loro unico concerto italiano il 24 giugno 1965. Ora giace in stato di abbandono, specie dopo il crollo del tetto sovrastante le tribune a seguito di una forte nevicata,nonostante varie volte si sia parlato di ripristinarlo…
Ancora sui 150 anni dell’Italia….
Per comodità, chiamerò Altoatesini gli abitanti dell’Alto Adige di lingua italiana, e Sudtirolesi quelli di lingua tedesca.
Ne ho già accennato e ne discutevo con una persona… Il 150^ per quanto concerne l’Unità d’Italia per mio conto è un falso storico, una ricorrenza voluta da Prodi e dai quei compagnetti che alla bandiera italiana (quando addirittura non la bruciavano in piazza), sovrapponevano quella rossa dato che il comunismo era “internazionale”. Il 1861 segna solamente la proclamazione del Regno d’Italia, composto allora dal Regno di Serdegna e dall’ex Regno delle due Sicilie, conquistato da Garibaldi e dai Mille con il supporto degli Inglesi.
Che mi risulti, l’annessione del Veneto fu attuata solo nel 1866 e quella di Roma, con quel che restava dello Stato Pontificio, praticamente il solo Lazio,nel 1870, dopo la presa di Porta Pia, tanto che la capitale venne spostata là solo nel 1871.
Qui in Alto Adige sta succedendo il finimondo perché la Giunta provinciale ha deciso di non aderire ai festeggiamenti, pur non proibendo, ovviamente, agli altoatesini di parteciparvi, e la questione sta assumendo anche rilevanza nazionale. Se per quanto concerne i monumenti la mia posizione era diametralmente opposta a quella dell’Obmann, Luis Durnwaldner, (sia da un punto di vista artistico che di natura storica, non certamente “nazionalista”), qui devo dargli pienamente ragione. Il Suedtirol, contrariamente al Trentino, con il quale molti lo confondono, è sempre stato austriaco, dal valico del Brennero fino al confine di Salorno. Grazie al trattato di Versailles fu inglobato di prepotenza nello stato Italiano che vedeva nelle Alpi il confine naturale della nazione. I sudtirolesi pertanto nulla hanno da celebrare, costringerli a ciò è una imposizione, come qualcuno che pretende che il suo amore venga forzatamente corrisposto. Gli altoatesini nemmeno non hanno nulla da festeggiare, visto che diventarono italiani solamente nel 1919, in seguito al succitato trattato. Inoltre il territorio fu italianizzato da Mussolini solo con massicci trasferimenti da altre parti d’Italia, prevalentemente dal Veneto e dal Meridione, allora tristemente sottosviluppati.
Il Meridione recrimina ancora oggi per lo spoglio attuato dai Savoia, (piccolo inciso…Vittorio Emanuele II era un gran pu***re, altro che Berlusconi!), tanto da ritenere questa invasione la causa del brigantaggio che infestò queste terre.
Consideriamo gli eventi da un’altra angolazione: perché riteniamo legittime le aspirazioni dei lombardo-veneti, dei toscani, dei marchigiani ecc. ad aderire al regno d’Italia, e vituperiamo tanto se lo stesso fanno i sudtirolesi?
E’ poi da verificare la legittimità dei plebisciti, visto l’esiguo numero di persone che in quel periodo avevano il diritto di voto e non esprimevano certamente il sentimento popolare e nazionale. Il popolo in quei tempi aveva un solo motto “Franza o Spagna, purché se magna”, dato che l’Italia era sempre stata territorio di conquista da parte di altre Nazioni, e le aspirazioni insurrezionali la plebe le lasciava ai “signori”.
Su un quotidiano locale ho letto tantissimi commenti di gente “forestiera” che nulla conosce della storia di questa Provincia se non per averci passato qualche periodo in ferie, (confondendola appunto con il Trentino ed altre amenità del genere) e che farebbe quindi bene a tenere il becco chiuso…
Infine, non del tutto irrilevante, le spese per questa ricorrenza…enormi, considerando la crisi … E qui sto con la Marcegaglia. Le imprese, già oberate di costi dovrebbero sobbarcarsi anche quelli aggiuntivi della giornata festiva retribuita…
Cosa ne pensate?