Maturità
Da sempre sono convinta che la maturità di un ragazzo non si possa certo valutare tramite un esame, valutazione per lo più affidata a personale esterno che nulla conosce dell’esaminando.
Però se esame ci deve essere, che sia almeno serio.
Invece si sta svalutando sempre più quello che una volta era l’esame di stato (incubo di gran parte degli studenti con la verifica in tutte le materie di studio) introducendo criteri sempre meno selettivi a discapito del merito.
Adesso per essere ammessi basta essere in possesso della media del sei, incluso quello di condotta e
non è dato sapere se in questa media siano inclusi anche i voti di religione ed educazione fisica.
Il test Invalsi non verrà più eseguito all’esame, però sarà obbligatorio sostenerlo durante l’anno scolastico, quindi le prove scritte scenderanno da 3 a 2.
Un esame così semplificato sembra fatto apposta per appiattire verso il basso il livello degli studenti, abolendo la meritocrazia.
Il degrado è iniziato con l’istituzione della “media unificata”, abbassando la qualità dell’insegnamento e con il famoso 18 politico. Uno studente mefiocre infatti si chiedeva giustamente perché penare tanto sui libri se poteva raggiungere il medesimo risultato senza molta fatica.
La “Buona scuola” (?) mortifica quanti, oltre all’impegno posto nell’apprendimento, sono dotati anche d’ingegno superiore alla media.
Ovviamente tutti hanno diritto allo studio, ma altrettanto vero è che non tutti possiedono la medesima intelligenza.
Quindi le menti più brillanti non vengono valorizzate al meglio, cosa che invece potrebbe accadere se ci fossero dei corsi e dei percorsi seri studiati appositamente per loro utilizzando criteri davvero selettivi.
Oggi molti accedono all’università però non sono in grado di scrivere e parlare correttamente: almeno questo dovrebbe essere garantito, ma si vedono certi laureati commettere errori non solo di sintassi, ma anche di semplice ortografia, e questo non è ammissibile, anche perché molti di questi diventeranno i futuri insegnanti, con quale esito è facile immaginare.
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Inviato dal Veloce promemoria
Considerazioni personali
Compito della scuola è l’ISTRUZIONE.
L’EDUCAZIONE invece spetta alla famiglia, sia che si tratti di educazione religiosa che di educazione sessuale o altro. La scuola si limiti ad insegnare, possibilmente bene, le varie materie (iniziando magari dalla lingua italiana).
Ai miei tempi (come odio scrivere questa frase 🙂 ) la mia compagna di classe protestante all’ora di religione usciva dall’aula e veniva affidata alla sorveglianza della bidella (allora si chiamava ancora così è non “operatrice con qualcos’altro al seguito”). Lo stesso deve essere possibile per quei genitori che non desiderano che i loro figli seguano lezioni di “genere”.
E i sinistroidi che hanno marciato a Roma, con il sindaco in testa, per il gay pride (che spesso si risolve in una carnevalata oscena) poco hanno da recriminare per la manifestazione in favore della famiglia. Questa si chiama DEMOCRAZIA, parola a loro sconosciuta, perché il nostro è un paese dove si ciancia di libertà, ma non la si pratica; che dice di voler uguali diritti per tutti, ma all’atto pratico ti mette al bando se esprimi la tua personale opinione, perché questa è consentita solamente a senso unico; un paese dove sempre per esprimere il proprio pensiero si viene bollati come omofobi e razzisti. Un paese dove la libertà non è un diritto,ma un privilegio concesso dal potere, che quindi ci rende sudditi e non persone libere. La libertà è tale quando, esercitandola, non si ledono le libertà altrui, altrimenti diventa anarchia.
Personalmente però esercito un “distinguo”.
Per quanto riguarda le unioni civili, sono convinta che sia un pieno diritto degli omosessuali raggiungere la parità con le coppie regolari.
Sostengo invece fermamente quanti ieri hanno sfilato per il “Family day” per quanto concerne l’educazione dei bambini: è un diritto dei genitori poter rifiutare, come ho esposto poco sopra, l’insegnamento ai loro figli delle teorie “gender” nelle scuole.
Piano piano, i vari governi che si sono succeduti hanno provveduto ad esautorare la famiglia da quelli che sono i suoi compiti principali, primo fra tutti quello dell’educazione dei propri figli: questo sì che è antidemocratico.
Qualcuno addirittura ha visto in questo addirittura un tentativo di collettivizzazione con un fine prettamente politico di indottrinamento fin dalla più tenera età. Non mi spingo fino a tanto, ma dico solo che la scuola dovrebbe insegnare prioritariamente il rispetto verso gli altri, in particolare per i più deboli e per i diversi, invece molto spesso veniamo informati di atti di bullismo nei confronti dei soggetti maggiormente disagiati, spesso sotto lo sguardo disinteressato degli stessi insegnanti. E questo compito, la scuola attuale è del tutto inadatta a svolgerlo.
Grasso che cola.
Oggi a Bolzano primo giorno di scuola. Ricordo le vecchie foto in bianconero, che si assomigliano un po’ tutte. Conto le scolarette con il grembiulino nero ed il fiocco bianco al collo: 29… ma almeno due bambine mancano all’appello, il che porta ad un totale di 31 alunne, tutte affidate ad un’unica maestra, fatta eccezione per l’ora di religione e, dalla seconda elementare, l’insegnamento del tedesco. Per le medie e le superiori lo stesso: classi sempre di una trentina di studenti.
Poi guardo le foto dei miei figli: 19 scolari in una e solo 17 nell’altra. Alle superiori c’erano classi al massimo di 22 studenti.
Ci vengono a parlare di assunzioni nella scuola: non è che in molti casi la scuola sia stata solo un comodo sistema per sistemare tanta gente? Con le stesse somme non sarebbe stato meglio ristrutturare certi edifici spesso fatiscenti?
Per non parlare dell’istruzione. I miei figli hanno avuto qualche insegnante valido, ma anche qualcuno che non era adatto per questa professione, tanto da dover essere io a spiegare loro certe cose di matematica e geometria, riprendendo in mano i miei vecchi libri…
Tagliare le spese nel comparto pubblico è un’ottima cosa ma è necessario vagliare bene in quali settori.
Non si può equiparare ad esempio un dipendente comunale che sta seduto 36 ore alla scrivania ( quando non è in pausa bar) a chi rischia la pelle per la stessa cifra.
Son rimasta esterrefatta ad esempio nel leggere che cambiare il vestiario dei commessi parlamentari che percepiscono diecimila euro al mese verrà speso un milione e mezzo di euro mentre carabinieri e poliziotti devono pagarsi le divise di tasca propria mediante ritenuta sugli stipendi da 1500 euro mensili.
Poi iniziamo a quantificare quali sono i costi di Quirinale e Parlamento. Solo dopo si potrà parlare di razionalizzazione della spesa pubblica.
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Inviato dal Veloce promemoria
Parere personale
Non ho nulla contro gli omosessuali, a patto che vivano serenamente la propria condizione senza provocazioni, esibizionismi e carnevalate.
Mi riferisco, ovviamente, a lla messa in scena volutamente messa in atto da Luxuria in occasione delle Olimpiadi invernali di Sochi. Ora, in Russia un omosessuale non è perseguito, almeno formalmente, come tale: sono invece proibiti comportamenti ed esibizioni che pubblicizzino in maniera esplicita, in presenza di minori, il comportamento omosessuale. E Vladimiro Guadagno (per me resterà comunque sempre e soltanto un uomo “travestito” almeno fino a che non si sottoporrà ad un’operazione di cambiaento di sesso) si è recato in un paese violando esplicitamente questo divieto che, volente o no, là è vietato. (E sempre secondo me, questi sono comportamenti che più recano danno al movimento omosessuale)
Poi c’è la questione nostrana, dove la scuola si sta ingerendo sempre più massicciamente nell’educazione che dovrebbe invece essere impartita dai genitori, la cui funzione formativa viene sempre più sminuita e snaturata. Ci sono infatti delle decisioni (e non certamente “scelte” come alcuni le hanno definite), che vengono imposte sempre più frequentemente.
La scuola ha il compito di istruire, l’educazione spetta alla famiglia. Invece ci si sta avviando verso una cultura dell’omologazione sessuale (spacciata per “progressismo”, “omogenitorialità” e “cultura della differenza”), estraniando del tutto i genitori dall’educazione dei figli. C’è un orientamento preciso per questo argomento, (*) che prevede corsi di educazione obbligatoria sui diritti dei LGBT sia per gli insegnanti che per il personale non docente, ossia addetti alla segreteria e bidelli.
L’educazione sessuale di base, come materia scolastica, (in questo caso sarebbe appunto meglio parlare di istruzione sessuale) va bene, però certi argomenti sono di stretta competenza della famiglia. In questo modo viene completamente cancellata l’infanzia dei bambini, investendoli con problemi a loro estranei e che ciascuno di loro dovrebbe affrontare a tempo debito (non tutti maturano allo stesso momento) per entrare gradualmente nel mondo degli adulti.
Ci sono infatti delle decisioni (e non certamente “scelte” come alcuni le hanno definite), che vengono imposte sempre più frequentemente, quando, nemmeno tanto velatamente, si instilla la cultura del “diverso”. Ora, il diverso è tale in quanto esula dalla normalità. Non è detto che sia un male, ma di certo la maggioranza delle persone non è così. Trovo quindi assurdo voler plasmare ( per non dire plagiare) la mente di bambini ancora in tenera età (parlo di scuole dell’infanzia ed elementari) inculcando loro tramite favolette create all’uopo o addirittura semplici problemi di matematica questa problematica che dovrebbero affrontare in epoca più matura.
Questo inizia con la proposta di storielle dove un pulcino ha due mamme galline o dove una bambina va al supermarket con i suoi due papà e compra tre lattine di bibite e deve calcolare quanto spenderà per questo acquisto. Una maniera che io definisco subdola per inculcare l’idea che il diverso sia la normalità.
(*) progetto in mano al gruppo di lavoro LGBT formato da 29 associazioni tutte affiliate all’Arcigay
e “controllata” dall’OSCAD, (Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori), una forza composta da polizia e carabinieri che tanto ricorda le polizie dei regimi dittatoriali, anche se dal 2010 in poi sono state fatte solamente 83 denunce per reati relativi all’orientamento sessuale (aggressioni, offese, minacce, ) il che non configura certamente un’emergenza nazionale come vorrebbe far credere Scalfarotto, estensore di un progetto di legge contro l’omofobia. Questo contrasterebbe in sostanza con l’art.3 della costituzione in cui si dice che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale (ecc.ecc…) senza distinzione di sesso (ecc.ecc)…” mentre in tal modo si creerebbe una categoria di cittadini con maggiori tutele rispetto agli altri.
Il bel paese dove il sì suona
Spero che il prossimo governo, di qualsiasi colore sia, metta mano ad una seria riforma della scuola. Innanzitutto una scuola che insegni a parlare ed a scrivere almeno decentemente l’italiano.
Ritengo inammissibile leggere blog di diplomati e laureati infarciti di strafalcioni che fanno rizzare i capelli sulla testa. Il congiuntivo, si sa, è ormai in via di estinzione e così pure l’uso degli accenti, mentre tantissimi sbagliano anche a mettere gli apostrofi. E’ ormai invalsa l’abitudine di scrivere “gli” (a lui) per “le”(a lei), però io non mi ci rassegno ed infatti non lo userò mai. Pure grammatica e sintassi sono misconosciute, ma che venga rispettata almeno l’ortografia! Non ammetto che molti scrìvano “o” per “ho” e cose simili, non posso credere che si scriva “che centra” (ma sei al tirassegno?) invece di “che c’entra”, oppure “c’è nè” (visto con i miei occhi su un blog) al posto di “ce n’è”. Sono cose che fanno rabbrividire… e non sono errori di battitura, perché spesso reiterati.
(Un errore di battitura può scappare a tutti, anche se bisognerebbe rileggere sempre quanto si è scritto – ed io odio il correttore automatico, che a volte compie modifiche davvero ridicole-).
Non parliamo poi dei monosillabi: da molte parti impera il “si” al posto di “sì”, “ne” al posto di “né”, qui e qua accentati che fanno tanto nipoti di Paperino e via dicendo, veri e propri obbrobri linguistici.
Spero inoltre che venga rivalutata la tanto vituperata scuola professionale. E’ indubbio che non tutti abbiano le medesime capacità di apprendimento e la medesima voglia di applicarsi allo studio. Allora, perché intestardirsi a prendere per forza il “pezzo di carta”, magari stazionando per anni negli atenei come fuori corso, quando molti potrebbero sfruttare al meglio le capacità manuali, trovando magari anche soddisfazioni maggiormente appaganti sia nel campo del lavoro che in quello finanziario? Non è detto inoltre che chi svolge un lavoro manuale debba per forza essere un illetterato e sta alla scuola fornirgli le necessarie basi perché si sviluppi in lui la voglia di incrementare le proprie conoscenze.
Però ho i miei seri dubbi che questo possa avvenire.
Del resto basta ascoltare certi politici nostrani per rendersi conto della loro pochezza, in senso linguistico, ovviamente: sgrammaticature accompagnate inoltre da una povertà lessicale da semianalfabeti. E dire che molti provengono dal mondo accademico, il che fa capire quali insegnanti abbiano avuto…
Bambina giudiziosa
Questo settembre la nipotina andrà a scuola per la prima volta.
Compito dei nonni qual è?. Quello di comperare il primo zainetto, ovvio.
Quindi questa mattina siamo andati in cartoleria per sceglierne uno.
Lei ne avrebbe voluto uno di quelli con Hello Kitty
(che mi è cordialmente antipatica), le Winkx
(spero di averlo scritto giusto) oppure le varie principesse Disney,
ma ho pensato che fosse meglio un marchio pìù conosciuto per la sicurezza e la salute che per le varie mode che imperano tra le bambine, quindi ne ho preso uno della Scout, (tra l’altro notevolmente più caro).
Però vedendo che non era contenta, pur essendo uno zainetto coloratissimo eccetera eccetera, abbiamo raggiunto un compromesso. L’astuccio lo ha scelto lei (Hello Kitty, naturalmente) inoltre abbiamo decorato lo zaino con vari adesivi con diversi personaggi. E così il sorriso è ritornato sul suo visino….
Povero Cristo
I recenti fatti avvenuti in Giappone e nell’Africa che si affaccia sul mediterraneo, nella fattispecie la “missione umanitaria” (?) in Libano, hanno fatto passare in secondo piano due sentenze che riguardano la presenza del Crocifisso nelle aule dei Tribunali e in quelle scolastiche.
La Camera dei Diritti dell’uomo di Strasburgo ha infatti stabilito che l’esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche, contestata a suo tempo da una cittadina finlandese naturalizzata italiana per via del matrimonio, Soile Lautsi, non lede il principio della libertà religiosa anche se la questione dovrà nuovamente essere affrontata da un Collegio di 17 giudici che dovranno stabilite se il simbolo religioso è anche l’emblema di una cultura e di una tradizione ormai consolidata in Italia, ma anche in Europa.
A suo tempo la legislazione italiana aveva espresso il concetto che l’esposizione del Crocifisso rappresenta in modo sintetico i principi che ispirano l’ordine costituzionale e che rappresentano i fondamenti dell’ordine civile, principi che si applicano anche ai non credenti. Strasburgo, precedentemente aveva emanato una sentenza favorevole alla signora Lautsi, che è stata completamente ribaltata i questi giorni di marzo. La Corte ha infatti ritenuto che “se è vero che il crocifisso è prima di tutto un simbolo religioso, non sussistono tuttavia nella fattispecie elementi attestanti l’eventuale influenza che l’esposizione di un simbolo di questa natura sulle mura delle aule scolastiche potrebbe avere sugli alunni”.
Invece per quanto concerne l’esposizione del Crocifisso nelle aule di giustizia è stata la Cassazione ad esprimersi favorevolmente, disponendo altresì la destituzione dall’incarico del giudice Crescentini che aveva chiesto la rimozione del simbolo non solo dall’aula che gli era stata messa a disposizione, ma anche da tutte le aule di Tribunale in Italia. La Corte ha infatti rimarcato che la presenza di Crocifisso non intacca l principio di laicità dello Stato, che nn viene minimamente messo in dubbio, ma anzi resta uno dei fondamenti del nostro ordinamento costituzionale.
Del resto, anche per i non credenti, la base culturale e filosofica, come espresso da Benedetto Croce nel suo saggio “Perché non possiamo non dirci cristiani”, è quella stabilita dalla dottrina cattolica e dall’osservanza dei suoi comandamenti.
http://www.sneap.altervista.org/Contributi/CULTO/B.CROCE.pdf
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