La vita è sogno, soltanto sogno, il sogno di un sogno (Edgar Allan Poe)

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Dieci minuti al giorno

 

nicola-porro-in-ondaSe avete Facebook, perdetevi 10 minuti al giorno (in realtà non sono affatto “persi), ed ascoltate la rassegna stampa di Nicola Porro, specialmente adesso che la RAI, che come è noto è democratica ed apartitica, sembra che voglia silurare il suo programma “Virus”.

 


Moriremo di burocrazia

Dal Blog di Nicola Porro

Ricevo da un commensale (che ringrazio) una circolare dell’agenzia delle entrate che è meglio di un trattato di cinquecento pagine, o di un’indagine dei professoroni, sul motivo per il quale l’Italia e l’Europa, se continua così, sono morte. Morte. O diciamo meglio. Se continua così l’unica nostra forma di difesa diventa la ribellione civile.
Delle tasse abbiamo parlato. Ma quasi peggio di esse sono le leggi, le norme, i regolamenti, la burocrazia che ci ammazza. I solerti funzionari, che pagati da noi, ci dicono cosa dobbiamo fare nel minimo dettaglio. Perfino come trattare fiscalmente le patatine fritte. A questo siamo arrivati. Leggere per credere.

OGGETTO: IVA – Cessioni patate prefritte surgelate – aliquota applicabile –
Consulenza giuridica – D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633
Con la richiesta di consulenza giuridica indicata in oggetto, ALFA ha
chiesto chiarimenti in merito all’applicazione dell’aliquota IVA ridotta del 4 per cento alle patate prefritte surgelate, ai sensi del n. 6) della Tabella A, parte II, allegata al DPR 26 ottobre 1972, n. 633.
Quesito ALFA aderisce a Confindustria e rappresenta sul piano nazionale molti e differenziati settori produttivi, tra cui quello dei prodotti surgelati.

Sotto il profilo della qualificazione, per “patate prefritte surgelate” si
intende il prodotto composto esclusivamente da patate che hanno subito un
trattamento di prefrittura e successivo surgelamento.
Pertanto, il prodotto si presenta senza aggiunta di ingredienti diversi da
patate e olio e perciò si distingue da quello preso in considerazione dalla
risoluzione 9 febbraio 2004, n. 13, ossia dalle patate prefritte alle spezie
(ingredienti: patate, olio vegetale, olio extravergine di oliva, sale, spezie – rosmarino, aglio e salvia – e aromi naturali) alle quali è stata riconosciuta applicabile l’aliquota IVA del 10 per cento, ai sensi del punto 70) della Tabella Direzione Centrale Normativa A, parte III, allegata al DPR 26 ottobre 1972, n. 633 [ortaggi e piante mangerecce (esclusi i tartufi) preparati o conservati senza aceto o acido acetico (v.d. ex 20.02)].

Parere dell’Agenzia delle Entrate
In merito all’aliquota IVA applicabile alle cessioni del prodotto “patate
prefritte surgelate”, descritto da ALFA, sulla base del parere tecnico rilasciato ad ALFA dall’Agenzia delle Dogane con nota prot. n. … del … marzo 2012, allegata all’istanza, si esprimono le seguenti considerazioni.
Il prodotto in questione, definito “patate prefritte surgelate”, consiste in
patate surgelate previamente sottoposte ad un processo non più complesso della semplice prefrittura, senza aggiunta di altri ingredienti oltre a patate e olio.
Secondo l’Agenzia delle Dogane, “I prodotti sopra descritti, così come
peraltro confermato da numerose Informazioni Tariffarie Vincolanti rilasciate
recentemente sia dall’Italia che da numerosi stati della Comunità Europea, sono da classificare al codice NC 2004 1010 come “altri ortaggi e legumi preparati o conservati ma non nell’aceto o nell’acido acetico, congelati, diversi dai prodotti della voce 2006; – Patate: — semplicemente cotte”.
A tale classificazione l’Agenzia delle Dogane è pervenuta anche tenendo
conto di quanto indicato dalle Note esplicative alla Nomenclatura Combinata,
che proprio al codice 2004 1010 precisano testualmente: “rientrano in
particolare in questa sottovoce i prodotti di cui alle note esplicative del SA [Sistema Armonizzato di designazione e di codificazione delle merci, ndr], voce 2004, secondo comma, punto 1”. In base a quest’ultimo punto, tra i prodotti più frequentemente posti in commercio della voce 2004.10 (Patate) rientrano le patate (fritte) interamente o parzialmente cotte nell’olio e poi congelate.
La stessa Agenzia delle Dogane precisa, altresì, che, diversamente dal
prodotto cui si riferisce la risoluzione n. 13/E del 2004, nel caso di specie non vi è alcuna aggiunta né di spezie né di altre erbe aromatiche.
Tanto premesso, per quanto concerne l’esatta individuazione dell’aliquota
IVA applicabile alla commercializzazione di tali prodotti, si rileva che il n. 6) della tabella A, parte II, allegata al DPR 26 ottobre 1972, n. 633, prevede l’applicazione dell’aliquota IVA del 4 per cento per “ortaggi e piante mangerecce, anche cotti congelati o surgelati”, richiamando la voce doganale 07.02.
Come precisato dall’Agenzia delle Dogane, “la voce 0702 500 (patate)
con l’entrata in vigore il 1° gennaio 1988 della nuova Nomenclatura Combinata, è stata suddivisa in due nuove voci, la 0710 1000 e la 2004 1010”. In particolare, la voce 0710 1000 individua le patate nell’ambito della voce che comprende gli “Ortaggi o legumi, anche cotti, in acqua o al vapore, congelati”, mentre gli stessi ortaggi o legumi preparati o conservati con procedimenti diversi dalla cottura in acqua o al vapore, rientrano nel Capitolo 20 e, nello specifico, la patate, come sopra ricordato, rientrano nella voce 2004 1010.
Pertanto, in base al richiamo contenuto nel n. 6) della Parte II della
Tabella A alla citata voce doganale 07.02 – corrispondente alla voci 0710 1000 e 2004 1010 della tariffa doganale vigente (Taric), nella quale, in particolare, l’Agenzia delle Dogane ha fatto rientrare il prodotto “patate prefritte surgelate” senza aggiunta di altri ingredienti oltre patate e olio – alle cessioni dei citati prodotti surgelati si rende applicabile l’aliquota IVA del 4 per cento.

IL DIRETTORE CENTRALE

 

Conclusione:  Rido, per non piangere


Fantaeconomia…ma non troppo

Da tempo cercavo tra gli Urania di mio marito un racconto che avevo letto molti anni fa…ed ora me ne ritrovo un estratto sul blog di Nicola Porro, riportato su “il Giornale”.

E’ un racconto carino, che bene si addice a questi tempi 🙂 e che avevo spesso citato agli amici per illustrare simpaticamente l’effetto recessione.

E’ tutta colpa di quel dannato congelatore beige. A Phoebe piace da impazzire.

Niente da fare. Marvin è davvero di cattivo umore. Ha fatto i conti e la piccola economia domestica della sua famiglia non gira. Marvin non perde tempo e annulla l’acquisto. È Jim, il superboss della catena di elettrodomestici, a ricevere la disdetta. Si chiude nel suo ufficetto, ci pensa su e chiama il suo distributore a Phoenix: «Ti ricordi il mio ordine del mese scorso? Bene, riducilo del 10 per cento; ho troppa merce in negozio». Rialza il telefono e, senza colpo ferire, annulla anche l’acquisto della nuovissima Buick a cuscino d’aria che aveva opzionato da Bill Waters.

«Prendiamo tempo» dice tra sé e sé in una giornata di cattiva forma. La storia continua in una spirale micidiale. Anche Waters viene infettato dal virus depressivo: riduce il suo magazzino di auto a Detroit. E alla segretaria che, stupita, lo interpella risponde seccato: «Sento che c’è una tendenza». E annulla il rogito per una nuova casa.


Il romanzo continua. In una gigantesca serie di cause ed effetti. Il ridicolo presidente degli Stati Uniti si chiede perplesso: «Ma cosa sta succedendo in America?». Semplice, gli rispondono. Una famiglia di Tucson ha rinunciato a comprare un frigorifero beige e da lì è scattata una reazione a catena. Sembra la storia delle banane di Johnny Stecchino. È invece un romanzo di fantascienza degli anni ’70 Scritto da Mack Reynolds. Effetto Valanga, si intitola.
Consigliamo vivamente la lettura a chi ci governa. Ieri, per l’ennesima volta, hanno preso tempo sulla cosiddetta Fase due, insomma sul decreto Sviluppo, a cui Corrado Passera, isolato, sembra tenere molto. Nel romanzo di Reynolds la cosa si risolve in modo grottesco: si pensa cioè di inviare due agenti segreti dotati di un po’ di contanti per permettere a Phoebe di comprare il suo amato frigider beige. E rompere così la catena di depressione.

Da noi, forse, basterebbe lasciare in tasca qualche tassa.
Il punto è che oggi ci troviamo in una spirale depressiva molto simile a quella descritta da Reynolds. Certo, la crisi c’è. Le nostre finanze pubbliche sono a pezzi. E la competitività delle imprese non è da favola. Ma c’è un elemento in più che ci frena. È la mancanza di fiducia. Il diffuso umor nero di consumatori e imprese. Il governo (compreso quello precedente con le pazze manovre estive) ci ha messo del suo: svuotando ancor di più le tasche dei consumatori. L’Imu è una tassa il cui effetto depressivo va al di là dei suoi risvolti espropriativi. Non vogliamo certo dire che si debbano scavare buche e poi riempirle così tanto per creare qualche inutile posto di lavoro. Ma ci vuole un salto. Un’idea. La creazione di un ambiente favorevole al consumo e all’investimento. Non sempre e non solo le variabili economiche sono governate dal vincolo di bilancio. Nel lungo periodo certamente è ciò che conta. Ma nel breve ci sono elementi psicologici che rendono la situazione anche peggiore rispetto a quello che la realtà descriverebbe.
Siamo in una trappola di fiducia: se fino a ieri si sottovalutava la crisi, oggi stiamo alimentandola descrivendola peggio di quanto sia.
Quello che insegna la storia economica è piuttosto banale. Le crisi, periodicamente, ci sono. Ma la loro ampiezza dipende dagli errori della politica. Milton Friedman ha spiegato perfettamente nella sua opera monumentale sulla politica monetaria come la Grande Depressione sia stata alimentata proprio da folli decisioni pubbliche.
Non siamo in grado di dire quanto le misure di Passera possano servire alla nostra ripresa. Ma siamo certi che alimentare una speranza e poi frustrarla, o più semplicemente mostrare una certa lunghezza nel trovare la soluzione ad un problema, renda il contesto ancora più deprimente.


governo ladro…

Adesso spiegatemi una cosa.

Non passa giorno che Alfano e Bersani critichino l’operato del governo (Casini no, troppo lecchino), ma allora perché continuano ad appoggiarlo? Lo spread è alle stelle, ma nessuno si sogna di chiederne le dimissioni… Con Berlusconi, tutti a dire che la gente arrivava a malapena alla terza settimana del mese, ed ora invece tutti zitti, mentre il premier attuale resta in sella…

Giorno per giorno, dubito sempre più della competenza del bocconiano. Mancano oltre 3,4 miliardi di euro dalle entrate, la maggior parte dovute all’IVA… Ma lui e la sua banda i conti li sanno fare? Se continuano ad aumentare le tasse, le bollette, la benzina, le imposte indirette come l’IVA etc etc, tenendo fermi i redditi che, in termini reali, diminuiscono di parecchio, ovvio che la gente spenda sempre meno e che i consumi, quindi la produzione, abbiano una contrazione. Meno soldi, meno introiti, meno tasse da incassare: una equazione semplicissima, perché il contrarsi dei consumi e delle imposte ad essi relative, superano l’aggravio dell’imposizione fiscale .

L’unica voce che registra un aumento è quella delle imposte di bollo, che ora vessano ogni movimento che operiamo.

Poi, chi prima evadeva, ora lo farà maggiormente, quindi altri soldi detratti allo stato.

La disoccupazione giovanile aumenta? Prevedibile… Se quelli ancora non licenziati o in cassa integrazione si tengono di colpo a lavorare fino a 66 anni, chi farà posto ai giovani? (poi una cosa…che senso ha parlare di disoccupazione giovanile nella fascia 15-25 anni, se la scuola dell’obbligo arriva a 18 anni?).

Nonostante molti (tra i quali il FMI e la Corte dei Conti) abbiano detto e ripetuto che questa tassazione eccessiva porti solo alla depressione, Monti continua incessantemente a parlare di crescita, ma forse più per convincere se stesso che noi altri. Tutti gli ripetono che bisogna diminuire le spese e privatizzare, lui si è limitato ai taxi ed alle farmacie, ma guai a parlare di privatizzare le grandi aziende di stato.

Mi chiedo poi dove siano andati a finire tutti i soldi che fino ad ora ci sono stati estorti… E si prepara, con la scusa del terremoto, a rubarci altri soldi con l’ennesimo aumento dell’IVA nel prossimo ottobre.

Per me, abbiamo iniziato una china che porta al punto di non ritorno…Spero solo di sbagliarmi.

Estratto dal blog di Nicola Porto, riportato su “il Giornale” di oggi

Ieri la ragioneria dello Stato ha comunicato i dati sul gettito fiscale dei primi quattro mesi del 2012. Rispetto a quanto previsto mancano circa 3,5 miliardi. Per inciso si tratta in termini assoluti di quanto lo Stato si attende dal gettito dell’Imu sulla prima casa. Flop, volatilizzati. Nonostante gli aumenti delle imposte sui redditi (le addizionali dei comuni e regioni sono aumentate), nonostante l’incremento di un punto dell’Iva, nonostante in un anno il prelievo sulla benzina sia salito di 20 centesimi al litro, nonostante bolli e nuove tasse su risparmio e rendite finanziarie, nonostante tutto ciò il Tesoro ha incassato meno di quanto previsto in un documento ufficiale di un solo mese fa.
In termini percentuali si tratta di un calo del 3 per cento delle entrate. Tre volte più di quanto sia, per colpa della crisi, diminuito il nostro reddito (misurato dal Pil). Per farla breve l’andamento del gettito fiscale è tre volte peggiore di quanto la crisi ci racconta.
La verità è più semplice e tremenda (dal punto di vista della tenuta dei conti pubblici): il gettito cala perché le tasse stanno ammazzando redditi, consumi e imprese. Il Pil frena anche a causa dell’imposizione.
Facciamo due esempi facili.
1. Il governo si è inventato un superbollo per le auto cosiddette di lusso (sopra i 185 cavalli fiscali). Si attende un gettito di 168 milioni. L’Unrae (associazione costruttori) ha già stabilito che il Tesoro nella migliore delle ipotesi sta perdendo più di 110 milioni in mancata Iva, imposta provinciale e bollo, grazie al fatto che si sono polverizzate le vendite di auto nuove sopra quei cavalli fiscali. Siccome parliamo dell’1 per cento del parco auto in Italia, parliamo di una fascia di popolazione abbiente, meno colpita dalla crisi. Ma che non ha alcuna voglia di farsi fermare ogni tre secondi dalla Finanza e di essere vessata con il superbollo. Su 210mila auto cosiddette di lusso già immatricolate, 40mila hanno già preso il largo verso Paesi stranieri. E anche in questo caso si tratta di manutenzione, ricambi, bolli che non frutteranno più un centesimo al nostro erario. Una somma difficile da quantificare e che rende il bilancio del superbollo negativo per le casse del Tesoro. Bel colpo.
2. Nell’ultimo anno i governi che si sono succeduti hanno aumentato il prelievo fiscale sulla benzina di 20 centesimi: oggi su 1,850 euro di costo medio, più di un euro se ne va in tasse. Sapete qual è la morale? Che i consumi nei primi quattro mesi dell’anno sono crollati del 10 per cento. Come dice il centro studi Promotor, nonostante l’incremento delle imposte, alla fine dell’anno il Tesoro rischia di incassare meno di quanto portato a casa nel 2011 (e pari a 32,5 miliardi).
In Italia le tasse galoppano per stare alle calcagna delle spese. Negli ultimi 8 anni (dati Cgia di Mestre) il costo dei dipendenti pubblici è aumentato del 30 per cento. Alzi la mano quale privato può vantare una simile performance. Il comune di Milano (che pure fa bene a vendersi i gioielli di famiglia) nel 2012 aumenterà le tasse di 250 milioni e le spese degli assessorati di 215. Se fosse stato semplicemente fermo avrebbe fatto un favore a tutti.


Non commento…

ART. 9 (Revisione del sistema sanzionatorio)

1.Revisione del sistema sanzionatorio penale secondo criteri di predeterminazione e proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti, dando rilievo alla configurazione del reato tributario per i comportamenti fraudolenti, simulatori o finalizzati alla creazione e utilizzo di documentazione falsa; esclusione della rilevanza penale per i comportamenti ascrivibili all’elusione fiscale; revisione del regime della dichiarazione infedele e del sistema sanzionatorio amministrativo al fine di meglio correlare, nel rispetto del principio di proporzionalità, le sanzioni all’effettiva gravità dei comportamenti; possibilità di ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi, o di applicare sanzioni amministrative anziché penali.

2. Definizione della portata applicativa della disciplina del raddoppio dei termini, prevedendo che tale raddoppio si verifichi soltanto in presenza di effettivo invio della denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale effettuato entro un termine correlato allo spirare del termine ordinario di decadenza.

Tratto da: La riforma fiscale oggi in CDM. In allegato il testo del disegno di legge
(Fonte: StudioCataldi.it)

Da “ il Giornale” di oggi, articolo di Nicola Porro

Diciamo subito che si tratta di una misura che va nella direzione giusta e cioè quella di depenalizzare alcune ipotesi di reato fiscale. Il titolo del benedetto articolo è sibillino: «revisione del sistema sanzionatorio». Secondo il principio penale per cui la norma successiva più favorevole prevale, vedrete che si tratta di un vero e proprio condono.

Contiene vari commi e cioè varie misure che il governo si è impegnato ad adottare nei prossimi mesi. E che vi risparmiamo. Ma quella che interessa è la seguente: «esclusione della rilevanza penale per i comportamenti ascrivibili all’elusione fiscale». Tac: nero su bianco il nostro condono. Apparentemente roba per pochi tecnici, ma fondamentale per alcuni processi importanti che si stanno celebrando in queste settimane. Per quello l’abbiamo subito ribattezzata norma Dolce&Gabbana e in modo decisamente più spericolato potremmo anche definirla salva-banchieri. Vediamo perché.
I due supersarti, è inutile entrare nel dettaglio, il prossimo 8 giugno dovranno di nuovo comparire in un processo penale (dopo aver già chiuso con sanzioni la vicenda con l’Agenzia delle entrate) per una presunta elusione fiscale miliardaria. Eppure il tribunale d’appello aveva loro dato ragione: non c’era reato. Ci si è messa la Cassazione, ad annullare il proscioglimento. Ha fatto ripartire tutto daccapo e ha autorevolmente certificato che, in contrasto col giudice d’appello, l’elusione fiscale si ritiene reato.

La questione è tutta qua. C’è una pattuglia di «grandi elusori» pizzicata con le mani nella marmellata dagli uomini di Attilio Befera, dell’Agenzia delle entrate. Befera inizia nei loro confronti durissimi accertamenti che in genere si concludono con salate transazioni.
Nel momento in cui gli accertamenti partono, i pubblici ufficiali hanno l’obbligo di segnalare alle Procure notizie di possibile reato. E così possono partire le indagini penali e nuovi procedimenti nei confronti di coloro che hanno già chiuso la partita con il Fisco.
Ecco qualche altro esempio. La banche e i banchieri fanno al caso nostro. L’Unicredit e il suo ex ad, Alessandro Profumo, avrebbero occultato 750 milioni di profitti e per questo stanno concludendo un accordo con l’Agenzia delle entrate, ma nel frattempo la Procura di Milano ha messo sotto indagine 20 manager che erano al vertice dell’azienda. Banca Intesa, all’epoca guidata da Corrado Passera, oggi ministro, ha chiuso una transazione con il fisco da 270 milioni di euro più interessi. Anche in questo caso gli uomini di Befera hanno inviato notizia di reato fiscale a una pattuglia di Procure (che fine abbiano fatto è questione di ben celato, per una volta, segreto istruttorio). L’Mps ha fatto un accordo da 260 milioni, il Credem da 45, la Popolare di Milano 186 e via discorrendo.

La morale è molto semplice, il governo con il suo articolo nove fa chiarezza. L’elusione fiscale non può essere considerata un reato. Non è materia di indagine per le Procure. Ciò non toglie che si possano configurare degli illeciti amministrativi e che dunque le banche siano tenute a pagare il dovuto alle casse del Tesoro.
Ma non si debbono confondere i due piani. I procuratori potranno entrare in banca, ma dovranno ravvisare un comportamento fiscalmente fraudolento (del tipo contraffazione di documenti) come stanno cercando di fare nel caso di Profumo e dell’Unicredit.
Ma gli avvocati sanno bene che con questa depenalizzazione la strada per molti processi imbastiti negli ultimi mesi sarà per loro molto più facile. La via d’uscita per tutti quei banchieri o industriali che siano coinvolti in un processo penale è dimostrare che la propria condotta più che fraudolenta sia stata elusiva. E il gioco è fatto.

Parliamo sempre e solo del processo penale: per quello tributario il discorso è ovviamente diverso.
Sempre nel nostro benedetto articolo 9, si fa chiaramente riferimento «all’applicabilità di sanzioni amministrative anziché penali» per le fattispecie meno gravi. Occorre ricordarsi che qui si parla sempre di Fisco.

Ebbene sembra una decisa marcia indietro rispetto a quanto previsto (incredibile dictu) dal governo Berlusconi e alle cosiddette manette agli evasori previste da Giulio Tremonti. Le soglie per l’intervento di un giudice penale furono abbassate a 50mila euro per il reato di dichiarazione infedele e a 30mila per quella fraudolenta. Sembra davvero di capire che questi limiti verranno alzati dal governo Monti «nel rispetto del principio di proporzionalità».

Ovviamente quella introdotta con la delega fiscale dal governo Monti è una norma che farà molto discutere. La depenalizzazione viene vista da una certa parte dell’opinione pubblica come l’unica soluzione per fare pulizia nella nostra società. Insomma più manette e galera per tutti.
Il governo evidentemente ha voluto rendere più «prevedibile» la vita di un’impresa in Italia. Ciò non vuol dire impunita: ma semplicemente sanzionata o più velocemente o con strumenti diversi da quello penale.