La vita è sogno, soltanto sogno, il sogno di un sogno (Edgar Allan Poe)

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I mattini passano chiari e deserti…

I mattini passano chiari

e deserti. Così i tuoi occhi

s’aprivano un tempo. Il mattino

trascorreva lento, era un gorgo

d’immobile luce. Taceva.

Tu viva tacevi; le cose

vivevano sotto i tuoi occhi

(non pena non febbre non ombra)

come un mare al mattino, chiaro.

Dove sei tu, luce, è il mattino.

Tu eri la vita e le cose.

In te desti respiravamo

sotto il cielo che ancora è in noi.

Non pena non febbre allora,

non quest’ombra greve del giorno

affollato e diverso. O luce,

chiarezza lontana, respiro

affannoso, rivolgi gli occhi

immobili e chiari su noi.

È buio il mattino che passa

senza la luce dei tuoi occhi.

30 marzo ’50

(Cesare Pavese)


(alla mia mamma, nata un 30 di marzo)


viva la mamma (?) ed i giganti

La cavolata di scrivere genitore 1 e genitore 2 sui moduli per l’iscrizione alle varie scuole sta dilagando dalla Francia all’Italia, inizialmente nel comune di Venezia e, a seguire, in quello di Bologna.

Le prime parole che un bambino impara sono mamma e papà… Per generare un figlio ci vogliono un ovulo ed uno spermatozoo. Quindi TUTTI abbiamo un padre ed una madre. Eliminare questi termini, significa snaturare le nostre radici. E il termine genitore solitamente è usato al plurale, indicando madre e padre congiuntamente. Per il medesimo, distorto motivo che sta degenerando verso questa direzione, allora bisognerebbe anche abolire il termine figlio e figlia, mettendo un anonimo “discendente”… senza specificarne il sesso, tanto più che ormai tra uomini, donne, transessuali, transgender, omosessuali, intersessuali c’è una confusione tremenda …

E su internet impazzano le prese in giro, specie per la ministra Kyenge che avalla l’operazione.

Io, per mio conto, preferisco cantare “Viva la mamma” piuttosto che “Viva genitore uno (o due?)”.

Intanto, dopo Letta, pure Saccomanni dice di non chiamarsi Joe Condor. Allora non mi resta che invocare “Gigante, pensaci tu” e portateli via tutti e due…

gigante


oggi…

… Sarebbe il tuo compleanno… Ma sono otto anni che non ci sei più. Un fiore ed un bacio, ovunque tu sia.
Mi manchi, mamma.


Il cestino da lavoro


Un paio di pantaloni nuovi, però lunghi, e quindi l’orlo da è accorciare.

Là, nascosto nell’armadio, c’è un vecchio cestino da lavoro, di legno, che si apre a fisarmonica, mostrando i cassettini pieni di rocchetti multicolori,le cartine degli  aghi, forbici, ditali. Era di mia madre e lo uso ancora io, anzi, l’ho sostituito al mio, di plastica e stoffa. Sul legno consumato c’è ancora la scritta incerta “MAMMA”, che ho inciso da bambina e delle decalcomanie di margherite e fiordalisi. Tra le forbici ce n’è un paio, da ricamo, che ancora adesso mi affascina, con la sua apparenza strana, una cicogna (o un airone) in cui le due lame formano il becco. Le ho conservate, quelle forbicine da ricamo, anche se ormai non tagliano più bene, e di arrotini che le affilino non si trovano più. Tutto è rimasto come allora, e ripenso a mia madre che cuce, vicino alla finestra, o che mi insegna a ricamare, cosa che da bambina mi indispettiva moltissimo per via dei chilometri (mi sembravano così tanti allora) di punto a giorno, per orlare lenzuola che avrebbero dovuto servire per il mio corredo e che ho usato pochissimo, preferendo quelle stampate e colorate. Adesso dalla mio balcone vedo “quella” finestra, e nel cuore arriva un tuffo di commozione di nostalgia per la mamma, casa mia ed i tempi spensierati dell’infanzia