Luna
La luna venne alla fucina
col suo sellino di nardi.
Il bambino la guarda, guarda.
Il bambino la sta guardando.
Nell’aria commossa
la luna muove le sue braccia
e mostra, lubrica e pura,
i suoi seni di stagno duro.
Fuggi luna, luna, luna.
Se venissero i gitani
farebbero col tuo cuore
collane e bianchi anelli.
Bambino, lasciami ballare.
Quando verranno i gitani,
ti troveranno nell’incudine
con gli occhietti chiusi.
Fuggi, luna, luna, luna
che già sento i loro cavalli.
Bambino lasciami, non calpestare
il mio biancore inamidato.
Il cavaliere s’avvicina
suonando il tamburo del piano.
nella fucina il bambino
ha gli occhi chiusi.
Per l’uliveto venivano,
bronzo e sogno, i gitani.
le teste alzate
e gli occhi socchiusi.
Come canta il gufo,
ah, come canta sull’albero!
Nel cielo va luna
con un bimbo per mano.
Nella fucina piangono,
gridano, i gitani.
Il vento la veglia, veglia.
Il vento la sta vegliando.
Federico Garcìa Lorca
(dedicata a M. perché per le mamme i figli sono sempre bambini )
Luna
E tu, luna! Vidi anche te. Sempre amica mi fosti, o luna. Certe volte ti vidi fra brandelli di nubi in movimento. Certe volte ti scopersi all’improvviso, falce sottilissima nei fuochi del tramonto; quasi trasparente. Da ragazzo ti guardavo a lungo, appoggiato al davanzale, e tu mi parlavi, mi parlavi in un linguaggio che io non intendevo. Ma adesso non mi parli più. È successo qualcosa fra noi. O assai di rado mi dici qualche parola nel tuo linguaggio che io nemmeno ora intendo. Ma subito mi stanco di guardarti.
Luna casalinga. Certe volte sei proprio domestica e semplice. Il mondo sembra una casa e tu stai al posto tuo.
Certe volte cammini in un cielo che sembra coperto di lucidi aghi di pini.
Fraternizzi coi ruderi, conosci il segreto dei castelli incantati.
Quando non c’è nessuno scendi silenziosa nei cortili imbiancati delle moschee deserte.
Luna caliginosa. Anche te dovevo vedere, in un cielo color lavagna.
Per il fatto di essere nato.
Ho potuto così sapere che c’è la stella Sirio.
Se no, pensate, non ne avrei saputo niente.
Certe volte, luna, te la fai con un cielo ingombro dei rottami di nuvole bianche, sul mare tutto bianco di spume e in disordine.
Eri la luna.
Io avevo sempre creduto che tu fossi la luna.
Un bel giorno sento dire: non è la luna è un atomo; è un elemento d’un atomo, di cui il sole è l’elettrone. Nell’universo, è zero; è un punto infinitamente piccolo.
Possibile?
Oh, luna, ti avevo messo nel mio cielo, in un posto d’onore.
Non ti vidi più. Il pensiero ti aveva nascosta, eri scomparsa. Distrutta.
Ma ora capisco: la luna è la luna.
Che vuole il pensiero fra me e te?
(Achille Campanile)
Vuoto
Una piazza deserta
senza passi,
senza voci.
Solo un volo d’uccelli
che si allontanano tra nubi indifferenti
che vagabondano
in uno scialbo cielo
in compagnia
di una luna sbiadita
appena distinguibile,
che pare aver smarrito la sua strada.
Ti cerco,
Non ci sei…
O forse sì, ma solo
nei miei ricordi.
Cosa ne pensate?