Portami il girasole
Portami il girasole ch’io lo trapianti
nel mio terreno bruciato dal salino,
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
del cielo l’ansietà del suo volto giallino.
Tendono alla chiarità le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche. Svanire
è dunque la ventura delle venture.
Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.
Eugenio Montale
Fiori di ciliegio
Se solo potessimo cadere
come i fiori di ciliegio in primavera,
così puri, così luminosi
Okabe, pilota kamikaze pattuglia Shinpu
Primavera?
Forse è davvero primavera.
Giornata tiepida, anche se il vento che passa sulle montagne innevate porta un’aria frizzantina.
Dappertutto, ciangottio di passerotti, inclusi quelli che, come abitazione, hanno scelto l’alloro nel cortile sotto casa.
Naturalmente, ricorrendo la nascita di Lucio Battisti, non potevo esimermi dal postare anche la sua canzone.
emozioni
I sentimenti più dolorosi e le emozioni più pungenti, sono quelli assurdi: l’ansia di cose impossibili, proprio perché sono impossibili, la nostalgia di ciò che non c’è mai stato, il desiderio di ciò che potrebbe essere stato, la pena di non essere un altro, l’insoddisfazione per l’esistenza del mondo.
Fernando Pessoa
Velieri
«Quando non può lottare contro il vento e il mare per seguire la sua rotta, il veliero ha due possibilità: l’andatura di cappa che lo fa andare alla deriva, e la fuga davanti alla tempesta con il mare in poppa e un minimo di tela. La fuga è spesso, quando si è lontani dalla costa, il solo modo di salvare barca ed equipaggio. E in più permette di scoprire rive sconosciute che spuntano all’orizzonte delle acque tornate calme. Rive sconosciute che saranno per sempre ignorate da coloro che hanno l’illusoria fortuna di poter seguire la rotta dei carghi e delle petroliere, la rotta senza imprevisti imposta dalle compagnie di navigazione. Forse conoscete quella barca che si chiama desiderio.»
Henri Laborit – Elogio della fuga, 1982
https://youtu.be/nGv2Ldkd4D8
Il veliero va
e ti porta via,
in alto mare e già sei meno mia.
Inevitabile oramai,
ma come faccio a immaginare che sarai
di un altro uomo!
Il veliero va
e mi porta via,
spumeggiando va,
è giusto e sia.
Ma mi domando come può
il mio destino fare in modo che sarò
di un’altra donna!
Il veliero va,
tutti quanti su,
prua al mare va non torna più!
Lo smarrimento vince sempre lui,
mamma paura come sempre non lasci mai
i figli tuoi!
Trenzaré mi tristeza
“Mia nonna diceva che quando una donna si sentirà triste, quello che potrà fare è intrecciare i suoi capelli: così il dolore rimarrà intrappolato tra i suoi capelli e non potrà raggiungere il resto del corpo. Bisognerà stare attente che la tristezza non raggiunga gli occhi perché li farà piangere e sarà bene non lasciarla posare sulle nostre labbra perché ci farà dire cose non vere; che non entri nelle tue mani, mi diceva, perché tosterà di più il caffè o lascerà cruda la pasta: alla tristezza piace il sapore amaro. Quando ti sentirai triste, bambina, intreccia i capelli: intrappola il dolore nella matassa e lascialo scappare quando il vento del nord soffia con forza. I nostri capelli sono una rete in grado di catturare tutto: sono forti come le radici del vecchio cipresso e dolci come la schiuma della farina di mais. Non farti trovare impreparata dalla malinconia, bambina, anche se hai il cuore spezzato o le ossa fredde per ogni assenza. Non lasciarla in te, con i capelli sciolti, perché fluirà come una cascata per i canali che la luna ha tracciato nel tuo corpo. Intreccia la tua tristezza, mi disse, intreccia sempre la tua tristezza. E domani, quando ti sveglierai con il canto del passero, la troverai pallida e sbiadita tra il telaio dei tuoi capelli”.
(Paola Klug, La Pinche Canela)
Trenzaré mi tristeza
Decía mi abuela que cuando una mujer se sintiera triste lo mejor que podía hacer era trenzarse el cabello; de esta manera el dolor quedaría atrapado entre los cabellos y no podría llegar hasta el resto del cuerpo; había que tener cuidado de que la tristeza no se metiera en los ojos pues los harìa llover, tampoco era bueno dejarla entrar en nuestros labios pues los obligaría a decir cosas que no eran ciertas, que no se meta entre tus manos- me decía- porque puedes tostar de más el café o dejar cruda la masa; y es que a la tristeza le gusta el sabor amargo. Cuando te sientas triste niña, trénzate el cabello; atrapa el dolor en la madeja y déjalo escapar cuando el viento del norte pegue con fuerza.
Nuestro cabello es una red capaz de atraparlo todo, es fuerte como las raíces del ahuehuete y suave como la espuma del atole.
Que no te agarre desprevenida la melancolía mi niña, aun si tienes el corazón roto o los huesos fríos por alguna ausencia. No la dejes meterse en ti con tu cabello suelto, porque fluirá en cascada por los canales que la luna ha trazado entre tu cuerpo. Trenza tu tristeza, decía, siempre trenza tu tristeza…
Y mañana que despiertes con el canto del gorrión la encontrarás pálida y desvanecida entre el telar de tu cabello.
Trecce
Le bionde trecce e gli occhi azzurri e poi
Le sue calzette rosse…
No, non è la “Canzone del sole” di Lucio Battisti.
È la nostra ministra dal ritorno dal Congo.
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Inviato dal Veloce promemoria
per una lira…
Euro? Lira?
Questo è il dilemma!
L’introduzione dell’ euro è stata una solenne fregatura grazie ad un cambio falsato voluto dalla Germania ed accettato supinamente da Prodi. Però un ritorno alla lira sarebbe davvero una tragedia per noi. Innanzitutto ce lo sogniamo un cambio ” di ritorno” al valore di 1936,27… Poi la svalutazione, alla quale molti si aggrappano, non sarebbe di certo una soluzione. L’inflazione schizzerebbe alle stelle, vanificando ancora quel poco risparmio che ci resta. L’unica via percorribile rimane quella di stringere i denti, resistere, resistere e resistere, ma nel contempo diminuire drasticamente la spesa pubblica, cosa che col ritorno alla lira nessuno si bisognerebbe di fare (anzi verrebbe coniata nuova moneta alimentando sempre più l’inflazione), ma accompagnandola alla richiesta di dilazionare il raggiungimento del pareggio di bilancio in un periodo leggermente più lungo, per non strozzare del tutto l’economia.
Solamente la Germania vuole un euro forte rispetto al dollaro, ma in questo modo vengono penalizzate le esportazioni, avvantaggiando i paesi emergenti che possono contare su costi di lavoro notevolmente inferiori. Come svincolarsi dall’abbraccio mortale della Frau? Monti sembra intenzionato a richiedere l’introduzione degli Eurobond, ma da quell’orecchio la “dolce” (?) Angela non ci sente. Allora o si impuntano i piedi, magari con l’appoggio non solo dei paesi più deboli, ma anche con l’aiuto della Francia nella persona di Hollande o davvero per l’euro sembra suonare l’ultima campana…
19 marzo
Da bambina per varie ragioni aspettavo con ansia il 19 di marzo. Prima perché essendo san Giuseppe era festa quindi le scuole rimanevano chiuse, e questo andava bene anche ad una “quasi” secchiona come me. Poi c’era sempre qualche Giuseppe con il quale festeggiare l’onomastico. Ma la ragione principale era che, dopo la pausa invernale, riaprivano finalmente le gelaterie. In quegli anni c’erano ben pochi gusti: vaniglia, cioccolato, fragola e limone (con i relativi nocciolini)… Qualcuno si arrischiava con la nocciola, ma erano pochi.
Noi bambini, agghindati a festa (si usava ancora in quegli anni, almeno da noi in provincia), andavamo all’assalto cn le monetine strette nella mano e le immancabili raccomandazioni delle mamme : “Cerca di non sporcarti”.
Oggi le gelaterie hanno in tutto il corso dell’anno (per fortuna, dico io) un assortimento semplicemente mostruoso. Si resta là, perplessi, passando in rassegna almeno una trentina di gusti, valutando anche gli abbinamenti, mentre il banconiere aspetta, impaziente, con la paletta in mano che ciascuno faccia la sua scelta.
Il mio pensiero però ritorna al carrettino montato sul triciclo, con gli alti coperchi metallici messi a protezione delle vaschette che custodivano le fredde delizie, il contenitore dei coni e la vaschettina delle palettine di legno mentre al grido “Gelatiiiiiiiiiiiiii” i bambini accorrevano a frotte….
Cosa ne pensate?