Entra e in breve parla
Io sono il boccio pressato in un libro,
ritrovato dopo duecento anni…
Sono l’artefice, l’amante, il guardiano…
Quando la giovinetta affamata
siede alla tavola
siede proprio accanto a me…
Sono cibo nel piatto del prigioniero…
Sono acqua che scorre veloce alla sorgente,
e riempie la brocca fino a che trabocca…
Sono il paziente giardiniere
di un arso e trascurato giardino…
Sono il gradino di pietra,
il chiavistello, e il cardine efficiente…
Sono il cuore contratto dalla gioia…
i capelli più lunghi, bianchi
prima del riposo…
Sono là, nel cesto di frutta
offerto in dono alla vedova…
Sono la rosa muschiata che s’apre
inattesa, la felce sulla cima paludosa…
Sono colei il cui amore
ti sovrasta e già ti è accanto
proprio quando tu pensi di chiamarmi…
Jane Kenyon
Tre piccole arance
La mia vecchia camicia di flanella, coi gomiti lisi,
una spalla strappata…Invece di metterla via
col bucato pulito, ne ho fatto
stracci, ne ho tolto le braccia aprendo le loro
cuciture, sforbiciando attraverso il petto
e sopra il dorso, poi lacerando il sottile
tessuto del busto in lunghi rettangoli.
Una immensa tristezza d’improvviso…
Mentre facevo cena, ascoltavo notizie
dalla guerra, di tortura dove l’aria
a mezzogiorno è nera di petrolio in fiamme,
e d’un mercato a Baghdad, colpito
per errore, dove ieri un vecchio
portava nel suo cesto un po’ di pesce
avvolto nei giornali legati con lo spago
e tre piccole acerbe arance verdi.
Jane Kenyon
(foto Elena Tatulyan)
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