Tre considerazioni
Prima
Omar Saddiqui Mateen, lo stragista di Orlando era americano.
Certo, di origini afghane, ma americano a tutti gli effetti in quanto era nato su suolo americano a New York. Però le origini afghane hanno prevalso, la religione islamica è prevalsa, il fanatismo dell’ISIS ha preso il sopravvento e quell’uomo, ricordiamo che era americano, ha sterminato 50 suoi connazionali per il solo fatto che erano gay.
Poco importa che questo americano fosse stato controllato tempo addietro dall’FBI e, senza che fossero emersi indizi a suo carico, fosse stato rilasciato e messo in grado di acquistare un’arma da guerra, un AR-15.
Ora si “scopre” che pure il padre era sostenitore dei talebani e che divulgava le sue idee anche in televisione.
Ed a questa gente è stata data la cittadinanza americana.
Questo vuole essere un invito a ripensare la politica dello Ius soli.
Non è certo un pezzo di carta a trasformarti in cittadino, come non lo è il fatto di essere nato in un certo posto.
Quando lo capiranno certe teste di legno che governano il nostro disgraziatissimo paese?
Già, l’omofobia. Si vuol far passare la strage come opera di un “lupo solitario”. Poi salta fuori che il tipo, prima di finire i propri ostaggi e di essere ucciso a sua volta, aveva telefonato al 911 rivendicando il massacro fatto è giurando fedeltà ad al-Baghdadi e citando pure il massacro di Boston fatto dai due fratelli ceceni.
Quindi, è chiaro che l’omofobia è solo una conseguenza della religione praticata da Mateen, e che la causa principale è quindi esclusivamente religiosa.
Le armi… già, dicono che la libera circolazione delle armi sia la causa di tutte queste morti che avvengono in America.
Fermo restando il fatto che è demenziale mettere in libera vendita delle armi da guerra, fermo restando che, pur proibendo la vendita anche di “semplici” pistole, l’unica categoria svantaggiata sarebbe quella delle brave persone che le acquisterebbero solo per la legittima difesa, in quanto i delinquenti potrebbero continuare a trovarle, continuo a sostenere che chi uccide non è l’arma in se stessa, ma chi la impugna…
Se una persona è determinata ad ammazzare qualcuno, non serve un’arma da fuoco: può farlo con un coltello, con un bastone, con le semplici mani…
Ma anche questo discorso resta lettera morta.
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Inviato dal Veloce promemoria
Islam
Non venitemi a parlare di Islam moderato
Nessuna voce di dissenso si è levata a condannare tutte le efferatezze compiute dalle frange estremiste dell’Islam, che di tratti di alQaida, Isis, Boko haram, talebani e formazioni simili.
Dal rapimento di ragazzine cedute come schiave, agli sgozzamenti di ostaggi, all’uccisione di presunti omosessuali gettati da torri altissime, al pilota giordano bruciato vivo in una gabbia, all’utilizzo di ignare bambine come bombe umane, alle stragi nelle chiese cristiane, cui si aggiungono gli atti di “ordinaria amministrazione” come lapidazioni e frustate. E il peggio è vedere come vengono “istruiti” bambini e ragazzini in età scolare.
Non dimentichiamo anche la distruzione di antichissimi reperti storici: i Buddha di Bamiyan sgretolati, la distruzione delle mura di Ninive, adesso il rogo della biblioteca di Mosul.
Qui non si tratta più di questioni religiose, ma di frustrazioni che trovano il proprio sfogo nella violenza e di crassa ignoranza.
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Inviato dal Veloce promemoria
Dopo Parigi
Non ho molta voglia di scrivere…mi limito a riportare un brano di Toni Capuozzo
E’ piuttosto avvilente il riflesso condizionato con cui la correttezza politica obbliga in fretta a sostenere, sin dalle dichiarazioni a caldo che la strage di CharlieHebdo apre le porte al rischio di islamofobia. Dunque: viene attaccata la libertà e chi sono le vittime ? Non i disegnatori, non i giornalisti, non i francesi, non tutti noi. Ma i musulmani. Ora non c’è dubbio che i musulmani rischiano di essere vittime di un accresciuto pregiudizio, e di sospetto, e di una malevola attenzione. Non è qualcosa che nasca oggi: le decapitazioni, gli attentati, i sequestri avevano già prodotto qualcosa. E certo, la condizione femminile nell’Islam, i matrimoni forzati, le mutilazioni genitali, il velo e tutto il resto, diffuso anche in tanto Islam moderato, non accresce la simpatia. Ma i rischi che si corrono, al mio parere di non islamofobo, sono altri.
Il primo è l’oblio: ci siamo dimenticati di Theo Van Gogh, e nessuno ha mai citato Pim Fortuyn, sepolto in Italia. Abbiamo dimenticato Hina, la ragazza uccisa a Brescia da un consiglio di famiglia perché voleva vivere all’occidentale. Dimentichiamo perché vogliamo illuderci, perché non riusciamo a capire, perché un conto è celebrare la Malala del Pakistan, un conto è guardare distratti alle stragi di Boko Haram, altra cosa è considerarli atti, crimini e culture con cui condividiamo il tempo e il luogo: è scomodo. Preferiamo sorprenderci, come se non sapessimo della fuga degli ebrei di Francia. Come se i pensieri beneauguranti della correttezza politica fossero una protezione. In un certo senso siamo tutti delle Pippa Bacca con il suo abito da sposa insanguinato in Turchia, o delle volontarie partite entusiaste per la Siria.
Il secondo rischio è considerare queste imprese criminali un’opera di folli. No, dietro a quello che è successo ci sono reti organizzate, arricchite dallo spontaneismo del fai da te. Ma l’appello a fare da soli –auto o coltello o kalashnikov non importa- è venuto dall’alto, e il disordine delle cento scuole criminali rende solo più difficile la difesa, non esclude né il brodo di cultura, né i contatti organizzati. Per dire: i due di Parigi hanno provato a dirigersi verso il Belgio. Dove ci sono imam radicali, già distintisi nella protesta contro le vignette danesi. Il più noto è Ahmed Abou Laban. Accanto a lui Najb Bilhami, algerino ch emolti anni fa soggiornò ad Arezzo. Un terzo imam “belga” è Bassam Ajachi che, di ritorno dalla Siria, sarebbe agli arresti in Italia. Il minore tr ai due fratelli assassini di CharlieHebdo, Sherif, sarebbe stato iniziato allo jihad in una moschea salafita di Tunisi, e poi addestrato in un campo di Ansar Al Sharia al confine con l’Algeria. Suo mentore era Abou Baker El Hakim. Entrambi, Sherif e Abou Baker, vengono arrestati in Francia, mentre cercava nodi andare a Damasco per raggiungere l’Iraq, nel 2005. Sherif viene condannato a tre anni – che toppa, la polizia francese – Abou Baker, a sette anni. Esce di prigione e rientra in Tunisia. Partecipa all’uccisione di due politici laici, traffica in armi con la Libia e, quando la Tunisia imbocca una strada che non è la sua, va in Siria. Sono nomi e storie note agli investigatori. Come in Italia sono noti i nomi degli “italiani”, tra i foreign fighters. Il fatto è che, a suo tempo, li hanno lasciati andare. Non per liberarsene, ma perché contro Assad facevano comodo.
Il terzo rischio è quello dell’islamoindifferenza. In nome dell’ecumenismo e della correttezza politica, e della “follia” dei criminali, si salva anche l’acqua torbida che li ha allevati. Un atteggiamento leale e rispettoso dell’interlocutore musulmano deve tallonarlo, convocarlo a un confronto franco, tracciare delle linee rosse: la condizione della donna, la violenza, la libertà di critica. Possiamo anche bere un tè nel deserto, e descrivere un Islam di pace e amore, come ci piacerebbe e come molti buoni musulmani insistono a credere. Non è così, purtroppo: l’Islam è una religione che arriva oggi, in una crisi identitaria globale, a contraddizioni che altre religioni hanno sepolto nel tempo grazie a un secolod ei lumi che l’Islam ha saltato a piè pari : la commistione tra potere spirituale e temporale, la confusione tra legge di Dio e legge degli uomini, la conversione forzata, piuttosto che l’opera di convincimento. In altre religioni rimangono poche tracce del passato, e riguardano la condizione della donna, il sesso, la tentazione di far diventare legge dello Stato un convincimento profondo che non può che essere individuale. Possiamo baloccarci con il multiculturalismo, e in una gioiosa debolezza far finta che Sottomissione sia solo il titolo di un film di Van Gogh e non anche la traduzione di Islam. Certo, la sottomissione alla volontà di Dio – inch Allah – al destino, ma alla fine, agli uomini che se ne fanno interpreti più fedeli. Qualcuno, ogni tanto, si sorprende che tra i ranghi di questa rete criminali si arruolino rapper, o delinquenti comuni. L’Islam oggi assegna identità semplici, e forti, e una morale univoca, a fronte della confusione occidentale, e dell’incertezza di sé, della solitudine esistenziale di noi europei, capaci di sussulti solo davanti a una redazione insanguinata. La nostra libertà a volte annaspa, il musulmano militante, che sia violento o no, ha a disposizione un’agenda quotidiana di certezze, e una demografia trionfante. Andate a sera in una chiesa e vedrete poche donne anziane. Andate il venerdì all’uscita della preghiera di mezzogiorno davanti a una moschea: uomini, vecchi e giovani, senza neanche un conflitto generazionale. Il terrorismo non ha fede, si dice, o è una fede a sé. Non sono lontani gli anni del terrorismo cattolico dell’Ira, vero. Ma se è ovvio dire che non tutti i musulmani sono terroristi, bisogna pur ricordare che i terroristi, oggi, sono quasi tutti musulmani. Ti diranno che è colpa degli sbagli dell’Occidente, e in qualche misura è vero. Potresti rispondere che forse una qualche spiegazione la si trova anche nella religione, ma non si può dire. Con qualche mio amico musulmano, vero musulmano e vero amico, sostenevo che il mio Dio – a dirla tutta il Dio con cui sono cresciuto a dottrina, e poi basta – è più forte del suo, anche se poi gli diamo nomi diversi, ma preghiamo tutti verso l’alto. Perché ? Perché il suo governa i fedeli. Il mio mi ha insegnato che tutti, fedeli o peccatori, sono “il prossimo”, sono figli suoi. E il mio non solo non teme di farsi degradare con il ritratto ingenuo dei presepi e dei santini, ma non ha neanche paura che si ritraggano gli animali, senza esclusioni: sono tutte creature. Ma non sono un prete, e mi tengo il mio Dio che può essere un bambino o un vecchio o una pubblicità del caffè, e so che anche il peggiore degli uomini ha un vincolo di fraternità con me, fede o non fede. Ci sono equivoci nelle parole, perfino: per loro il martire è uno che si sacrifica per uccidere gli altri, per noi chi si lascia morire per non rinnegarsi ma non uccide nessuno. E forse la presenza di una donna, Maria, in quelle lezioni di catechismo, ci ha aiutati a essere un po’ meno peggiori con le donne.
L’ultimo rischio è, adesso sì, l’islamofobia. Il sospettare tutti. No, bisogna stanare, e diffidare delle giaculatorie di principio, e della dissimulazione, predicata nell’Islam. Molti musulmani dicono, dopo Parigi: questo non è Islam. Anche a sinistra si diceva che le Brigate Rosse erano la Cia, o qualcosa altro da sé, un compagno non può averlo fatto. Incominciò a cambiare quando si riconobbe il cancro interno: Lotta Continua con l’intervista di Gad Lerner e Andrea Marcenaro al figlio di Casalegno, il PCI con la morte di Guido Rossa. Ecco, all’Islam non servono prese di distanza, né sguardo imbarazzato e sdegnato. Servono dei Guido Rossa, un impegno fatto di nomi, di collaborazione, di pentimenti, di denunce. Serve che riconosca il male come interno a sé, e si domandi il perché, e lo combatta, e sia aiutato, sollecitato a farlo. Non basta il pilota giordano sbranato in Siria, serve l’impegno di ogni credente a essere intollerante con gli intolleranti. Non sono credenti che sbagliano: sono assassini che hanno per trofeo la libertà occidentale, ma anche quella dei tunisini, degli sciti, e di tanti musulmani indocili. Ma possiamo insegnarglielo noi, che della tolleranza abbiamo fatto un alibi ? Diciamo che siamo tutti Charlie, è già qualcosa.
Oggi…. je suis Charlie
Dimentichiamo per un giorno le prossime dimissioni di Napolitano ed i probabili candidati alla presidenza, dimentichiamo Renzi, il patto del Nazzareno, le diatribe politiche e calcistiche, l’Expo 2015, financo la questione del funerale di Pino Daniele. Dimentichiamo i vigili di Roma e l’assenteismo, i ponti appena costruiti che crollano, il freddo polare, i traghetti che bruciano e i capitani presunti eroi.
Oggi un pezzo della libertà è morta. La libertà di espressione, la libertà di satira. Il massacro a Parigi non solo del direttore e dei vignettisti di Charlie Hebdo, ma anche di semplici impiegati del settimanale satirico francese e di un poliziotto spero che serva ad aprire gli occhi agli europei del pericolo che rappresentano certi fanatismi che ci stiamo covando in seno come serpi velenose.
L’Europa ha la memoria corta, troppo corta. Nessuno ricorda più l’attentato terrificante a Madrid, con 192 vittime, quello di Londra del 2005 con 52 morti, quello di Tolosa e Montauban del 2012… I morti non ci hanno insegnato nulla.
Siamo come le tre scimmiette, non vediamo, non sentiamo e non parliamo, e chi parla paga assai caro. L’Europa è inerme, senza difese, ma solo perché le sfere in alto, mosse da non so quali interessi, vogliono così. L’Europa non esiste, è una pura identità geografica (una volta lo si diceva solamente dell’Italia), un’entità senza comuni origini e tradizioni, l’Europa dei banchieri e dei tecnocrati, come spesso viene definita, lacerata da forti dissidi interni. E se non si è compatti ed uniti, non si può vincere questo nemico che ci sta invadendo subdolamente…
Allora non posso che riportare un passo di chi aveva già previsto tutto con molto, molto tempo di anticipo…
Il declino dell’intelligenza è il declino della Ragione. E tutto ciò che oggi accade in Europa, in Eurabia, ma soprattutto in Italia è declino della Ragione. Prima d’essere eticamente sbagliato è intellettualmente sbagliato. Contro Ragione. Illudersi che esista un Islam buono e un Islam cattivo ossia non capire che esiste un Islam e basta, che tutto l’Islam è uno stagno e che di questo passo finiamo con l’affogar dentro lo stagno, è contro Ragione. Non difendere il proprio territorio, la propria casa, i propri figli, la propria dignità, la propria essenza, è contro Ragione. Accettare passivamente le sciocche o ciniche menzogne che ci vengono somministrate come l’arsenico nella minestra è contro Ragione. Assuefarsi, rassegnarsi, arrendersi per viltà o per pigrizia è contro Ragione. Morire di sete e di solitudine in un deserto sul quale il Sole di Allah brilla al posto del Sol dell’Avvenir è contro Ragione.
Oriana Fallaci
Medio Oriente
Il Medio Oriente ormai sta per esplodere.
Dopo la Tunisia e la Libia, ora è la volta dell’Egitto, con tutte le sue contraddizioni: da una parte l’esercito che sostiene le forze laiche e progressiste contro la maggioranza “democraticamente” eletta e fanaticamente religiosa dei Fratelli Mussulmani, legati ad Al Qaida, che vogliono imporre la sharia trasformando lo stato in un altro Iran.
Poi c’è la Siria.
Ormai la rivolta siriana va avanti da troppo tempo, dalla primavera del 2011, ed ha già causato decine di migliaia di morti ed un continuo esodo di sfollati che si riversano nei paesi limitrofi.
Difficile dover scegliere tra una dittatura e tra il fanatismo religioso, perché ambedue sono pericolosi. Verrebbe voglia di dire che sono affari interni loro e che devono sbrogliarsela da soli, ma si può rimanere indifferenti al cospetto di tanta violenza?
Intanto non si hanno le prove certe su chi abbia usato i gas nervini. Ognuna delle due parti accusa quella avversa, e sembra che Putin sia in possesso delle prove che incriminerebbero i ribelli. L’unica cosa sicura è che i ribelli, chiamati chiaramente terroristi dal governo, hanno attaccato gli ispettori dell’ONU che indagano sull’uso di armi chimiche.
Davanti a tanti morti, davanti a tanti orrori Obama, premio Nobel per la pace (?) sembrerebbe intenzionato ad attaccare, spalleggiato da Cameron e probabilmente anche da Hollande. Sia gli USA che la Gran Bretagna hanno già numerose unità navali in zona: cacciatorpediniere armati di missili Tomahawk a lunga gittata gli USA, e navi da guerra e probabilmente anche un sottomarino nucleare la Gran Bretagna, ed inoltre portaerei e portaelicotteri, che godrebbero dell’appoggio logistico delle basi in Turchia, Cipro e Giordania.
Certo che se le cose dovessero andare come in Kossovo, in Libia o in altre parti dove c’è stato un intervento armato, la soluzione sarebbe ancora più deleteria di un non intervento.
L’unica cosa che appare davvero incomprensibile è come mai i paesi occidentali sostengano i ribelli che vogliono imporre un regime strettamente islamico, con tutte le conseguenze che questo comporterebbe, terrorismo innanzitutto e la dichiarata intenzione di cancellare lo stato di Israele dalla faccia della terra (ma quest’ultima posizione è sostenuta pure da Assad, alleato fedele dell’Iran, che non è divenuto per nulla moderato dopo le ultime elezioni) e la distruzione di chiese cristiane con il conseguente massacro di fedeli.
Per tre anni l’Occidente ha lasciato agire indisturbato Assad, che ha così potuto imprigionare, torturare, sterminare migliaia di persone. Qui in Occidente si è creduto troppo ingenuamente che in quei paesi si potesse instaurare una democrazia almeno apparentemente simile alle nostre, ma così non è stato, e non è certo inviando i missili “intelligenti” o, peggio, fornendo armi ai ribelli che si potrà sanare la situazione.
Islam…
…religione d’amore e di tolleranza…
I nostri “fratelli” mussulmani, come li ha chiamati qualche nostro politico ed il Papa, che ha pure augurato loro un buon Eid-al-Fitr, si danno molto da fare per sterminare i cristiani e distruggere chiese, cattoliche o protestanti, in Nigeria, nelle Filippine, in Algeria, così come in Egitto in occasione del “venerdì della collera” (dicitura che esprime tutta la loro “tolleranza”), ma anche tra di loro si scannano allegramente, tra le varie “correnti” sciite e sunnite.
Adesso iniziano anche a compiere violenze e vandalismi in Europa, come l’aggressione a Torino del cristiano copto che predicava per strada (http://www.tempi.it/cristiano-copto-aggredito-torino-magdi-cristiano-allam#.Ug-rHdK-2So ) o ad Hannover dove hanno bruciato una chiesa…
Ed a Milano per la festa di fine Ramadan, cui ha partecipato un delegato del sindaco Pisapia, è stato incaricato della predica un Iman che sostiene il terrorismo islamico ed il suicidio dei martiri, incluso quello delle donne e dei bambini….Ma qui, per i milanesi, l’importante è stato festeggiare…Il tutto a buon prezzo…
un gesto poco opportuno
Essendo agnostica, sono senza dubbio la persona meno indicata per commentare l’avvenimento in questione, ma il fatto che il nuovo Papa si sia recato in un carcere minorile per effettuare la tradizionale lavanda dei piedi del giovedì santo a dei ragazzi, tra i quali alcuni di fede islamica, non lo ritengo opportuno, solo perché tra le due religioni – cristiana e musulmana – non esiste reciprocità ed anche perché i musulmani riterrebbero il gesto come un atto di sottomissione al loro credo, venendo travisata da loro questa azione, interpretandola come umiliazione anziché atto di umiltà.
Resta inteso che è una mia personalissima opinione…
l’Eurabia si avvicina
DA “l Giornale” di oggi…articolo di Magdi Cristiano Allam
Ormai in Italia si prega Allah in chiesa per iniziativa e volontà del sacerdote che dovrebbe aver votato la propria vita per testimoniare la verità unica ed esclusiva in Gesù Cristo. È successo a Cantù, in provincia di Como, martedì scorso 30 agosto, in occasione della Festa dell’Eid al-Fitr, seconda festa più importante della religione islamica che conclude il mese di digiuno del Ramadan. Nella Basilica di San Paolo il prevosto emerito di Cantù, don Lino Cerutti, ha fatto trovare su un tavolo all’inizio della navata centrale e ha fatto distribuire dei volantini contenenti preghiere islamiche per celebrare la fine del Ramadan scritte dal filosofo Sejjed Hossein Nasr, dal mistico Rabi’a e dal poeta Hafez, in cui si tessono le lodi di Allah e si esalta l’islam come la religione eccelsa.
È vero che nello stesso giorno il capo dello Stato Napolitano ha ritenuto di inviare gli auguri ai musulmani, arrivando a sostenere che il dialogo con l’islam sarebbe «indispensabile presupposto affinché la società italiana sappia interpretare le sfide del mondo contemporaneo e divenire sempre più libera, aperta e giusta». Che Il vice-sindaco di Milano Maria Grazia Guida si è recata a omaggiare gli islamici in preghiera con il velo in testa e che anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha visitato la Grande Moschea di Roma.
Ma un conto è prostrarsi agli islamici in moschea, un altro conto è trasformare la chiesa in moschea. In linea di principio si è cristiani perché si crede nella verità di Gesù Cristo, del Dio che si è fatto uomo, nato, morto e risorto per redimere l’umanità, il suggello della profezia e il compimento della rivelazione.
Significa che se si crede in Gesù non si può in alcun modo credere né che Maometto è un profeta autentico né che l’islam è una religione veritiera. O si crede in Gesù o si crede in Maometto; o si è cristiani o si è musulmani. Ma non si può assolutamente sostenere di credere in Gesù e al tempo stesso legittimare Maometto come profeta; così come non ci si può professare cristiani e al tempo stesso legittimare l’islam come religione. Chi lo fa non è cristiano. Non si tratta di essere più o meno sincretisti. Semplicemente non si è più cristiani. E se a legittimare Maometto e l’islam è un sacerdote, ebbene commette un’eresia ed è passibile di apostasia.
Perché non si può relativizzare la verità storica e sacra di Gesù: o ci credi o non ci credi.
L’errore capitale in cui è incorso don Lino è di aver aderito all’ideologia del relativismo religioso che è la conseguenza della trasposizione acritica della dimensione delle persone con la dimensione della religione. L’immaginare cioè che per amare il prossimo, laddove l’amore per il prossimo è il fondamento della fede cristiana, il comandamento nuovo portatoci da Gesù, si debba sposare la religione del prossimo. Quindi per amare i musulmani come persone si debba legittimare l’islam come religione, a prescindere dai suoi contenuti, da ciò che è scritto nel Corano e da ciò che ha detto e fatto Maometto.
Tutto ciò avviene in un contesto dove il relativismo religioso, a partire dal Concilio Vaticano II, sta dilagando all’interno della Chiesa; mentre dall’altra parte, intendo dalla parte dei musulmani e dell’ortodossia islamica, non solo non hanno nulla a che fare con il relativismo ma, all’opposto, condannano noi ebrei e cristiani come eretici perché avremmo deviato dalla retta via, fortunatamente ritrovata con la rivelazione divina affidata a Maometto elevando così l’islam ad autentico suggello della profezia.
Siamo pertanto doppiamente ingenui e illusi: immaginiamo che relativizzando il cristianesimo per legittimare l’islam loro si renderanno più disponibili nei nostri confronti, mentre all’opposto finiamo per essere percepiti come una landa deserta che merita di essere occupata dai musulmani.
Come? Con la proliferazione delle moschee. E anche qui la nostra ingenuità e vocazione al suicidio ci porta a offrirgliene noi prima ancora che le chiedano loro. Noi vorremmo veder sorgere delle grandi moschee con cupola e minareto a Milano, Bologna, Firenze, Napoli e ovunque in Italia. Loro, più furbescamente, ci dicono che preferiscono delle piccole moschee diffuse sul territorio, per potersi spartire il bottino considerando che tra loro non vanno affatto d’accordo tranne che sull’obiettivo di islamizzare l’Italia, l’Europa e il mondo libero, democratico e civile. Ci siamo trasformati in islamici più degli islamici stessi prima ancora di essere costretti a convertirci all’islam. Che cosa possono volere di più gli islamici da noi italiani ingenui, stolti, ideologicamente collusi e votati al suicidio?
Cosa ne pensate?