Clandestini
Quando era ancora Ministro dell’Interno, in uno dei suoi rari momenti di obiettività Alfano annunciò che in Africa c’erano centinaia di milioni di persone pronte ad imbarcarsi dalla Libia per arrivare in Europa e che c’era da aspettarsi un flusso di immigrati pari ad oltre centomila persone all’anno, previsione purtroppo non solo avverata, ma anche superata.
Tra gli immigrati che entrano clandestinamente nel nostro paese ci sono anche i cinesi. In quale modo entrino non lo so. Nessuno li va a prendere, nessuna nave li va a recuperare, nessuna ONG si muove per loro.
Perché?
Mi sorge un dubbio.
Forse perché i cinesi LAVORANO?
Tra di loro ci sono certamente casi di sfruttamento, però una volta pagato il loro debito li vedi subito aprire una piccola attività e lavorare indefessamente senza giorni di riposo.
Quindi, a parte all’inizio e tra connazionali, non gravano su nessuno e nessuno lucra su di loro.
Adesso poi non li si vede neppur più vendere cianfrusaglie per strada come accadeva anni fa, men che meno li si vede elemosinare.
Nessuno di loro è ospitato nei centri di accoglienza e quindi non sono a carico della nostra collettività.
Si potrebbe obiettare che la loro microeconomia manda in malora molti nostri esercizi ma resta sempre il fatto che non pesano sul nostro bilancio e molti italiani frequentano i loro bar, ristoranti, negozi di PC, parrucchieri, grandi magazzini, sartorie : tutto a prezzo ultraconcorrenziale, in quelle attività nelle quali si sono gettati a capofitto e lasciate libere da noi italiani. Mantengono le loro tradizioni, ma non cercano di imporcele.

CAPODANNO CINESE A MILANO IN VIA PAOLO SARPI (MATT CORNER, MILANO – 2013-02-10) p.s. la foto e’ utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e’ stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate – CAPODANNO CINESE A MILANO IN VIA PAOLO SARPI (MATT CORNER, MILANO – 2013-02-10) p.s. la foto e’ utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e’ stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate -> SAVOIA CATTANEO FARAVELLI
Certo dispiace ad esempio vedere l’AUMAi in piazzale Loreto al posto dell’UPIM, o piccole attività che prendono il posto di negozietti locali che erano là da una vita, però credo che pure gli italiani abbiano avuto la loro bella convenienza.
Per gli africani invece è esattamente l’opposto: le ONG ci guadagnano e c’è la corsa ad accaparrarsi una così lucrosa fonte di denaro.
I clandestini allora non sono tutti uguali.
Africani e nordafricani andiamo a prelevarli quasi fin sulle coste libiche.
Arrivano qui, non fanno un tubo, ci costano bei soldoni per ospitarli, vestirli, nutrirli, curarli, dotandoli di “mediatori culturali” e di servizi giuridici e, spesso, si lamentano ed inscenano proteste per cibo ed alloggio non confacenti alle loro pretese (nb: pretese, non “richieste”). Non contenti, stanchi di bighellonare per strada, tampinano la gente chiedendo lamentosamente soldi “per mangiare”, quando sanno benissimo che ci sono un sacco di associazioni umanitarie istituite allo scopo.
E non voglio menzionare i casi di violenze e stupri oltre al pericolo di radicalizzazione islamica.
C’è quindi molta differenza tra queste due categorie.
I cinesi magari evaderanno l’IVA, però molti si integrano bene e si danno da fare per rendersi autonomi. Tanto per dire, lo scorso anno a Bolzano scolastico i voti più alti all’esame di maturità li hanno presi studenti cinesi.
Gli uni che vogliono solo essere assistiti (a spese nostre, ovviamente), gli altri invece che si danno da fare attivamente.
Che c’entrino le ONG?
A pensar male spesso ci si azzecca.
Considerazioni
Chissà perché, i maggiori problemi per quello che concerne l’integrazione sorgono quasi esclusivamente dalle etnie nord- e centrafricane.
Dall’oriente provengono cinesi e filippini, un po’ meno vietnamiti e srilankesi, persone che non hanno mai domandato aiuti statali, che lavorano, che si sono inserite abbastanza bene (ed anzi le seconde e le terze generazioni sono perfettamente integrate). Nessuno di loro ha nemmeno mai preteso di sovvertire le nostre abitudini e tradizioni, nessuno ha mai contestato le nostre usanze.
Qui invece c’è la farsa dei barconi, con gente che asserisce di sfuggire a fame, guerre, persecuzioni e tutti, chissà perché, sono privi di documenti e, non appena alloggiati curati e rifocillati, iniziano subito a pretendere.
Poi un’altra considerazione: il nigeriano ammazzato…tutti si danno da fare per aiutare la vedova (anche se sposata solamente in chiesa); Mattarella ci ha elargito il solito discorsetto pieno di retorica, Renzi si è rammaricato ed ha subito inviato Alfano, la Boldrini con voce rotta dalla commozione ha reso noto che presenzierà alle esequie.
E per le nostre vedove? Per i nostri connazionali vittime di violenze e stupri? Nemmeno una parola, anzi, a volte invece se si DIFENDONO vengono pure messi sotto processo e condannati per eccesso di legittima difesa per aver voluto salvaguardare la propria vita, dei loro cari, le loro proprietà, mentre se uno insulta la tua compagna (cosa del resto da provare, anche se assai probabile) l’altro è autorizzato a svellere un palo di ferro con il quale picchiare a più non posso,e se l’altro reagisce e finisce male, se la passa pure brutta.
Su questa vicenda non voglio spendere parole: i fatti non sono affatto chiari,anche se ormai è palese che la sposina non abbia detto tutta la verità.
Io di questa Italia sono più che stufa. Per me e, purtroppo, per i miei figli è ormai tardi, ma spero tanto che mia nipote, se non dovessero cambiare le cose, se ne possa andare al più presto.
Parabola
Immagino un bicchiere, contenente del vino per 3/4.
Poi ci aggiungiamo dell’acqua.
Prima qualche goccia, poi qualche cucchiaino da caffè, poi cucchiai da minestra.
Il vino si diluisce ed il bicchiere va pian piano colmandosi.
Ad un certo punto il liquido inizierà a tracimare.
C’è un limite infatti al liquido che il bicchiere può contenere.
C’è anche un limite oltre il quale il vino, troppo diluito, perde il suo sapore.
L’Italia è come quel bicchiere.
C’è un limite all’accoglienza dei “profughi”, considerando che molti, troppi, non lo sono?
C’è un limite all’integrazione di altre etnie senza che le nostre peculiarità vengano cancellate?
Ecco, io ho fatto una domanda, ma so che non otterrò risposta.
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Inviato dal Veloce promemoria
terminologia
Bisognerebbe spiegare ad alcuni dei nostri politici che integrazione non significa integralismo.
Il giorno dopo… Charlie vive ed è con noi
“Dipingi un Maometto glorioso, e muori.
Disegna un Maometto divertente, e muori.
Scarabocchia un Maometto ignobile, e muori.
Gira un film di merda su Maometto, e muori.
Resisti al terrorismo religioso, e muori.
Lecca il culo agli integralisti, e muori.
Prendi un oscurantista per un coglione, e muori.
Cerca di discutere con un oscurantista, e muori.
Non c’è niente da negoziare con i fascisti.
La libertà di ridere senza alcun ritegno la legge ce la dà già,
la violenza sistematica degli estremisti ce la rinnova.
Grazie, banda di imbecilli”.
– Charb – (DIrettore di Charlie Hebdo, ucciso nell’attentato di Parigi)
“Erano irriverenti”, “Se la sono cercata”, “Hanno provocato”,ci mette la sua anche il Financial Times “I giornalisti di Charlie Hebdo sono stati stupidi”.
Certo,ma erano solo parole, vignette, e per questo bisogna ammazzarli? Giornalisti armati solo di matita contro i kalashnikov…
Se qualcuno viene da me e mi dà della stronza o della figlia di buona donna, sono autorizzata a sparargli? Che razza di ragionamenti sono questi?
Ma con i fanatici non si possono fare ragionamenti, anche perché dalla loro parte hanno quella fetta di popolazione (magistrati, politici, ecclesiastici) che mettono tutte le religioni sullo stesso piano.
Adesso siamo tutti Charlie, difensori della libertà di stampa, di satira e di espressione. Ma quanti giornalisti, non solo satirici, sono stati oggetto di attentati? E non solo giornalisti. Penso alle varie fatwe lanciate da “tribunali” islamici contro scrittori come Salman Rushdie, Oriana Fallaci, Magdi Cristiano Allam o contro registi come Theo van Gogh, che ha pagato con la vita l’aver girato il film “Submission”.
Poi mi fanno specie le dichiarazioni di alcuni nostri esponenti politici…non le riporto, perché sono facilmente reperibili in rete o sui giornali.
In molti a discettare che i terroristi erano “francesi” e che quindi il pericolo non viene dall’immigrazione che si sta verificando.
Però se ALLORA non ci fosse stata l’immigrazione, ora non ci sarebbero le successive generazioni
Anni fa, parecchi, proprio all’inizio dell’immigrazione selvaggia che assieme alle altre cose sta devastando l’Italia, di fronte all’insofferenza di molti cittadini, la parlamentare Livia Turco disse di portare pazienza perché i disagi causati dagli immigrati sarebbero terminati con la seconda generazione, in quanto si sarebbe finalmente verificata l’integrazione. Il più delle volte però questo non è accaduto. La seconda ed in alcuni casi anche la terza generazione non solo non si è integrata, ma si è rivelata anche più pericolosa. I nuovi “italiani” infatti sono più istruiti, ed abbinano le conoscenze acquisite al fanatismo instillato in loro da imam giunti da paesi dove impera il fondamentalismo di matrice islamica. Lo stesso è successo in Francia, lo stesso anche in Gran Bretagna, dove addirittura in certi quartieri girano le Ronde islamiche.
http://www.lettera43.it/stili-vita/londra-le-ronde-musulmane_4367580836.htm
Quello che temo, è che l’avvenimento di ieri (e di quelli che l’hanno preceduto, senza prestare molta attenzione) sia solo l’inizio di qualcosa di molto più tragico che sta maturando in quei luoghi dove già da bambini si pratica il lavaggio del cervello, predicando l’odio contro i non islamici , incitando all’assassinio ed addirittura al “martirio” se questo fosse reso necessario dalla causa.
Integrazione
Vocabolario Treccani
Integrare – verbo transitivo, dal latino integrare, derivato di integer (integro)
Fare entrare, incorporare un elemento nuovo (cosa o persona) in un insieme, in un tutto, così che ne costituisca parte integrante e si fonda con esso: integrare una zona, una regione nel territorio dello stato. In particolare, soprattutto nel linguaggio sociale e politico, inserire uno o più individui in un gruppo, o uno o più gruppi in un organismo, in una struttura, in una società costituita, di cui prima non facevano parte o da cui erano esclusi: integrare un gruppo etnico nella comunità nazionale; le lunghe lotte dei neri per essere integrati nella società dei bianchi; e in frasi polemiche:tentare di integrare in un sistema la classe degli intellettuali, le categorie lavoratrici. Più comunemente il riflessivo e intransitivo pron. integrarsi, inserirsi, entrare a far parte stabilmente di un gruppo, di una struttura, di una società o comunità, assimilandosi e fondendosi con chi già ne faceva parte: emigranti, lavoratori del Sud che si sono bene integrati (o che non sono riusciti a integrarsi) nella popolazione locale; strati sociali che rifiutano di integrarsi nel sistema capitalistico, nella società dei consumi.
E’ quindi palese che chi si deve integrare è l’elemento estraneo; la persona proveniente da altri paesi è quindi tenuta ad accettare e soprattutto a rispettare leggi, usi , costumi, tradizioni, cultura del paese che lo ha accolto.
Non è questione di razzismo: è questione di educazione di chi si inserisce in un altro tessuto adeguarsi all’altro che lo accoglie. Ma qui in Italia imperversa il multiculturalismo falsato, per cui all’ALTRO viene concesso di tutto e di più, pena l’accusa di egoismo e xenofobia.
Noi stiamo facendo più di quello che ci spetta, e per tutto ringraziamento il più delle volte veniamo presi a pesci in faccia, derisi, oltraggiati.
Questo atteggiamento di pretesa da parte di chi invece ci dovrebbe solamente riconoscenza deve cessare: se qui in Italia da tempo abbiamo un certo modo di pensare, di agire, di mangiare, di festeggiare, non vedo perché dobbiamo abbandonarlo per paura di “offendere la sensibilità altrui”.
Non vi va di festeggiare il Natale? Non festeggiatelo, mi sta bene, ma non impedite a noi di farlo. Non volete mangiare maiale? Ottimo, mangiate altro, però se noi vorremo, dobbiamo poter continuare a farlo. Stiamo cedendo piano piano a tante richieste effettuate con prepotenza da parte di immigrati che sono arrivati qui perché loro hanno bisogno di noi e non viceversa. Non vedo perché dobbiamo essere noi ad integrarci alla loro cultura e non loro alla nostra.
Non vi piace? Tornatevene ai vostri paesi….Non siamo noi a dover (o voler) cambiare.
Piccolo apologo
Dal personale al generale
Abbiamo un’amica con l’ossessione della pulizia della casa ed ogni volta che ci rechiamo a trovarla ci invita gentilmente ad usare quelle scomodissime pattine in feltro per evitare di rigare i pavimenti. Tenendo alla sua compagnia ed alla sua amicizia, facciamo ciò molto volentieri perché siamo suoi ospiti e sottoporci al “rito” delle pattine è solo un modo per ringraziarla per la sua accoglienza.
Allora perché quando arrivano gli extracomunitari (anzi, clandestini, perché la maggior parte di loro è senza documenti, anche quelli che si dichiarano profughi), invece di dimostrarsi riconoscenti in quanto non solo spesso andiamo addirittura a prelevarli dai loro barconi fatiscenti, diamo loro un tetto, pure se provvisorio, li rifocilliamo e curiamo, diamo loro perfino una paghetta superiore a quanto percepiscono i nostri pensionati al minimo, ci “ringraziano” mettendo a soqquadro i centri di accoglienza bruciandone gli arredi?
Non c’è quindi da meravigliarsi se anche la civilissima Norvegia ha cambiato registro ed ha svoltato a destra, infastidita dall’incremento non solo degli extracomunitari, ma dalle loro pretese e dall’aumento della delinquenza.
Questo non interessa minimamente la nostra ministra che invece è infastiditi dalla canzoncina “I watussi”, tanto da querelare, sembra, Edoardo Vianello… Chissà allora se dovesse sentire “Bingo Bongo”; almeno quello “stare bene solo in Congo” e…. (meglio che mi fermi qui).
E se a qualcuna non piace la canzone seguente…. si tappi le orecchie.
Ius soli
Giovanni Sartori se la prende con il Corriere della Sera. Tutto questo perché il suo articolo, critico nei confronti della ministra Kyenge, non è stato messo in prima pagina a sinistra, come editoriale, bensì di spalla, cioè a destra. Questione di posizione, dunque, non critica per una diversa visione del giornale sull’argomento trattato. Sartori infatti ha solo espresso il convincimento che la Kyenge in quanto oculista non sia la persona più adatta ad occuparsi di integrazione e tanto meno di ius soli. Ne fa pure una questione linguistica riferendosi all’espressione “paese meticcio” pronunciata dalla ministra, in quanto meticcio significa nato da due razze diverse.
Sartori scrive poi quanto segue “La nostra presunta esperta di integrazione dà per scontato che i ragazzini arabi ed africani nati in Italia siano ipso facto cittadini integrati. Questa è da premio Nobel. Non ha mai sentito parlare del sultanato di Dehli, che durò dal XIII al XVI secolo, e poi dell’impero Moghul che controllò il continente indiano fino all’arrivo della compagnia delle Indie? Eppure indù e mussulmani non si sono mai integrati. La prova sta nel fatto che quando gli inglesi se ne andarono furono costretti a creare uno stato islamico che da allora è costantemente sul piede di guerra con l’India”.
In effetti sullo ius soli ci sarebbe da scrivere un trattato intero. Di integrazione qui in Italia se ne vede ben poca, e non perché manchino le strutture per attuarle (scuole ed altro), ma proprio per la resistenza della maggior parte degli stranieri a volersi integrare nel tessuto della nostra società, preferendo “autoghettizzarsi”, con scuole proprie (tipo le madrasse) e quartieri propri. La cittadinanza infatti, più che un fatto “territoriale” è una condizione dovuta alle proprie radici, comprendenti le usanze e le tradizioni proprie dei componenti la famiglia. Difficilmente un immigrato rinuncerà a queste sue “radici”, e la riprova risiede anche nel fatto della forte coesione che esiste negli italiani emigrati all’estero, dove hanno formato comunità ristrette. Ci sono volute generazioni ( non solo due o tre) perché questo legame si spezzasse. Per coerenza allora dovremmo togliere la cittadinanza anche a quegli italiani nati all’estero.
C’è inoltre la forte componente religiosa degli islamici, che privilegiano lo ius sanguinis per cui tutti gli “altri” sono infedeli, e proibiscono ad esempio il matrimonio tra persone di un credo diverso pena la sharia.
Come si può pretendere che queste persone, anche a fronte di un giuramento di fedeltà alla Costituzione, si possano definire integrate se molte delle loro credenze sono in palese disaccordo con le nostre usanze, prima fra tutte sul ruolo della donna, considerata da loro un essere inferiore?
Il giuramento di fedeltà richiede infatti un pieno adattamento alle nostre leggi, la conoscenza della nostra lingua, cultura, storia… Chi verifica che tutto questo verrà fatto osservare ed attuato?
Diventare cittadini solo per effetto dello ius soli in sostanza significa acquisire tutta una serie di imprinting che contrasteranno con l’imprinting che verrà loro trasmesso dalla famiglia e si giungerà al paradosso che si sentiranno estranei sia in famiglia che in società.
E chi ci garantirà che, nati italiani per forza, fuorviati e indottrinati da altri, non compiano atti terroristici? Gli atti di violenza recentemente verificatisi specie in Gran Bretagna sono stati compiuti da giovani di seconda se non addirittura di terza generazione.
L’uguaglianza è una bella cosa, ma bisogna anche considerare fino a che punto sia fattibile e pure la disponibilità, anche economica, dell’Italia ad “assorbire” una massa sempre crescente di stranieri.
Cosa ne pensate?