La vita è sogno, soltanto sogno, il sogno di un sogno (Edgar Allan Poe)

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C’è una dolcezza…

C’è una dolcezza giù nella vita

che non cambierei con niente

di ciò che appartiene al cielo.

È quando chissà da che, perché cominciano

tra due bocche estranee sino ad allora

i miracoli tiepidi d’aurora

dei baci.

 

 

Giuseppe Conte.

Dipinto di Marc Chagall


Le stagioni della terra

MARE 85be8f01f55c0375053300cdc17440daCi pensi, non ho mai piantato un albero, 
non ho mai avuto un figlio. 
Tanto assomiglio al mare, 
solitario, sterile. 
Né un crespo cipresso, né un salice 
umido e lento, né un’euforbia 
diramata a delta, né un pesco 
né un susino né un melo 
ho mai fatto crescere, né un ramo 
rosa o candido a marzo, né un piccolo 
di uomo. 
Come l’onda percuote la riva 
senza fecondarla, senza lasciarvi 
altro che alghe e consunte radici 
così –non lo dici?– io percuoto 
la vita. 
Eppure l’ho amata, la 
terra, ti ho amata. 

 

Giuseppe Conte 


Il cellulare lasciato sul copriletto

Sibila il cellulare
lasciato sul copriletto
nella mia camera d’albergo
simile ad un insetto
levigato, ingigantito.
Mi risveglio e lo prendo.
E’ la voce che attendo.
Ti dico grazie, vita.
Domenica mattina
e tu mi sei vicina
da un mare all’altro mare
va chiara la tua voce.
Forse tu mi vuoi ancora.
Miracolo che continua.
Luce di un’altra aurora.

 

Giuseppe Conte


Stati Generali! Stati Generali!

Un governo di incompetenti che si avvale di innumerevoli task force e comitati di esperti a volte più incompetenti dei governanti stessi. E per rimediare invita (?) personaggi estranei alla politica, all’economia, alla nostra nazione per discutere su cosa fare, per giunta in un contesto che non può essere considerato istituzionale, nonostante Conte affermi il contrario: la sede “fisica” è istituzionale, l’iniziativa e gli invitati invece no.
Le opposizioni, giustamente, hanno declinato l’invito, riconoscendo come valida l’unica opzione possibile, quella parlamentare, ove avevano presentato proposte mai prese in considerazione dal governo.
Quindi avremo passerelle con Ursula von der Leyen, che probabilmente esporrà il metodo per spolparci meglio, e architetti (?), (che c’entrano come i cavoli a merenda in quanto si discuterà di economia), del calibro di Boeri, Fuksas e Piano, quest’ultimo anche senatore a vita che non mi risulta abbia mai presenziato in parlamento.
Stati Generali che dureranno la bellezza di 10 giorni, quando invece c’è urgenza di rimettere in piedi economicamente e finanziariamente questo paese, ascoltando per di più opinioni e proposte di gente che niente ha a che fare in questo campo e dopo aver pagato fior di soldi alla task force guidata da Colao per poi accantonare in un cassetto le sue proposte, alcune magari davvero opinabili, ma almeno da prendere per base con le opportune modifiche, per un progetto di rilancio. Siamo infatti ad una caduta della produzione industriale del 42% su base annua, e solo il comparto auto registra una recessione del 100%, mentre il governo incentiva l’uso di biciclette e monopattini, questi ultimi provenienti in gran parte dalla Cina.
Stiamo comunque allegri: è in arrivo l’ennesimo DPCM.


Cantiamo vittoria (?)

Da come twitta Giuseppi Conte, sembra che i 750 miliardi dei quali parla Ursula Von Der Leyen siano destinati tutti all’Italia.

Innanzitutto la cifra stanziata è solo una PROPOSTA della commissione europea, e di questa somma solo una parte spetterebbe al nostro paese; 82 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto e 91 miliardi di prestiti da restituire con gli interessi.

Bisogna poi vedere se tutti i paesi europei saranno d’accordo per l’erogazione, il che non sembra proprio, perché i soliti paesi come Olanda Austria Svezia Danimarca Finlandia non sono approvano questa misura, quindi tutto è ancora da vedere.

Infine, dato che il GRATIS in economia non esiste, gli importi a fondo perduto la UE li recupererà dal bilancio comune, e l’Italia, essendo uno dei maggiori contributori, dovrà giocoforza aumentare la propria quota , quindi un tanto (82 miliardi) entrerà), ma un bel po’, circa 55 miliardi da versare anticipatamente, uscirà, mentre i suddetti fondi li vedremo (forse) solo nel 2021, sempre troppo tardi per le nostre necessità.


L’ultimo aprile bianco

Aprile che ritorna e che consuma nei
giardini di ginestre e di acanti, nei
voli di passeri invisibili e nei calendari
aprile che sgretola che versa dalle tiepide

foci le nuove nuvole – sulle
sue carte antiche ridisegna
le rotte per le mille chiglie dorate – che
si posa in questa piega della cadente

Europa su scalinate bianche palmizi e acquitrini, che
mescola i ricordi e i desideri, fu detto, e dà
il mal di capo. Ma ora flotte muovo-
no senza aver mai toccato porti, alzano

vele galeoni volanti, non sanno che
bandiera battono: sconosciuti traversano
– non hanno più piedi del vento, degli scirocchi – le
piazze, le automobili in sosta, i palazzi in

fila le porte dei caffè aperte i pome-
riggi i volti degli uomini e cupole
grigie: i cani abbaiano dai cancelli.
Abbiamo scavato le montagne, gettato i ponti, che

cosa sarà domani di noi? Aprile sa
ritornare, ora consuma, imbeve i giorni come
l’acqua fa della sabbia morta spinge i
cespugli di margherite ad affiorare e alzare

fitte ingigantite corone, oggi le ho guar-
date io che non posso più crescere, io oggi, io
sguardo, io pietra, non ancora e già pietra, che
dovrò imparare a tornare e non

sarà facile, e dovrò uccidere, forse: dovrò
non saper guardare: fluisce, distrugge e
dona il dio zoppo del sole, i suoi diadochi, i
diademi. Aprile che non è contempo-

raneo, che sulle sue carte antiche ridi-
segna le rotte per le mille chiglie di
fiori «non posso più, c’è fame
di vita, di sorrisi da spendere, di gioia»

che uccide le madri, diventano di sale e
sin dai tempi dei vulcani imperanti ruba al
seme i futuri, sa che brucia, che è lava, che
diventa il mare di meduse, io medusa, quello

prima che il mattino fosse acceso ed era
sempre il mattino, io mattino, prima che
amare fosse amare in due, amare il dio, io
dio, fare seccare gli alberi, spegnere i fischi i

flauti che si dovevano suonare e

distruggere

«E intanto i nostri desideri ci cercano
spietatamente dentro i marciapiedi affollati»
aprile lungo i fuochi del viale Sarca, di via Arbe, aprile
che è aprile, che fende sopra i

volti le labbra e le ciglia, che sgretola
che a folate fa praterie dove erano i palazzi in
fila laghi dove in montagnole si stipavano i
rifiuti, aprile che è il poema, che tradisce,

che ci dona canoe e cavalli veri
mentre si muore: che getta gli occhi sui davan-
zali: crescono improvvisi i fiori dei ciliegi, dove
l’erba è a ciuffi schiacciati e i lunghi ghiacci sono

sciolti il verde vaga come un serpente: le
labbra sono umide ora, ora le ciglia tremano,
volano e cadono gli sguardi, si seppelliscono nelle
crepe dei muri: il piacere è debole

«ora tra sconosciuti ci si potrebbe amare per le
strade, venire insieme» è perdere, è tornare dove non si
può tornare: mettere i diademi: non vo-
ler più avere né essere: è il richiamo

delle conchiglie, dei corni, delle sirene
prima del mondo: il richiamo dei gufi dal
ciuffo «hu hu, e he tha!… da vaste
lontananze tu senti il grido del papavero

selvaggio che vuole sbocciare»: il sangue: mani
tese ad attendere la pioggia sono già piogge, i
piedi alti sugli alluci fradici: non
amare, non sapere, non saper

guardare. È già aprile, ancora un aprile

bianco

I galeoni stranieri veleggiano verso queste
rive affondate dalle profezie, non
parlate: sono le pietre ad avere l’anima, le voci
di pietre d’oro, delle montagne d’oro: un

canto c’è ancora oltre il vento che
rovina tra la barriera delle palme lucide e polve-
rose: un sogno fiorisce ancora in basso dove
non si poteva credere ad altre fioriture, un

pino marittimo piegato da tempeste
arcaiche generò le albe: le albe le
danze: non parlate di questo aprile: aprile che è il
poema, che tradisce, che ci dona

canoe e cavalli veri mentre si muore:
fluisce distrugge e dona il sole, i suoi diadochi, i
diademi: io per imparare a morire: imparare a
ridere occorre ora, a distruggere, e a

tornare

Giuseppe Conte


Buon lavoro

Ho ascoltato il discorso integrale del nuovo Presidente del Consiglio Conte, e l’impressione è molto buona: lui visibilmente emozionato, ma anche sicuro nell’esposizione del programma in un discorso di oltre un’ora.

Il suo rapporto ha toccato tutti i punti del contratto stipulato tra le due forze politiche che lo hanno siglato, ed enunciarle tutte sarebbe davvero lungo. Riporto quindi solo le cose salienti che più mi sono piaciute.

La prima cosa è stata quella di parlare di CAMBIAMENTO, che verrà articolato in tre fasi: ascolto, esecuzione, controllo. Ascolto dei cittadini per verificare le loro necessità e bisogni; esecuzione, per potenziare quelle istituzioni delle quali ci sia veramente bisogno e nel contempo eliminare quelle inutili; controllo per verificare che le prime due fasi vengano realmente  effettuate.

Ha quindi citato le parole “populismo” e “antisistema”: populismo è appunto ascoltare la gente, mentre antisistema significa rimuovere le vecchie incrostazioni di potere.

Poi ha parlato dei diritti degli italiani, progressivamente smantellati negli anni (diritti spesso negletti e passati in subordine a quelli di altre etnie o cittadinanze estere, mentre a noi spettavano solo doveri). Quindi, una paga adeguata, con una retribuzione oraria minima, pensioni dignitose. Questo potrà essere effettuato anche mediante una tassazione più equa mediante la flat-tax.

Ha parlato del superamento del trattato di Dublino, che ci penalizza in quanto le responsabilità del problema dell’immigrazione non vengono equamente ripartite tra i vari paesi dell’Unione.

Guarda caso, con il nuovo governo e con l’ascesa di Salvini al ministero dell’Interno, anche la Germania di Angela Merkel ha fatto una parziale marcia indietro, affermando che l’Italia è stata lasciata sola dopo il disfacimento della Libia, non voluta certamente da noi.

E Conte ha ribadito che bisogna ottenere l’effettivo rispetto del principio di equa ripartizione delle responsabilità in materia di immigrazione e realizzare sistemi automatici di ricollocamento obbligatorio dei richiedenti asilo ma anche procedure rapide per l’accertamento dello status di rifugiato per gli aventi diritto.

Ha riaffermato la lealtà dell’Italia all’Alleanza atlantica, ma ha anche avvisato che l’Italia inizierà a trattare anche con la Russia per due motivi: innanzitutto perché quella nazione ha consolidato il suo ruolo nelle crisi geopolitiche (ricordiamo che è stata in prima linea nella lotta al terrorismo islamico), poi per poter rivedere le sanzioni che mortificano la società civile russa ma anche la nostra economia.

Ha ribadito che il debito italiano è sostenibile, anche se alto, ma che va comunque ridotto senza penalizzare i cittadini con le misure di austerità che li hanno impoveriti, ma accrescendo la loro ricchezza.

Una parte è stata dedicata alla giustizia, riducendo la durata dei processi, semplificandoli, ma anche rafforzando le garanzie di tutela dei cittadini, assicurando la certezza della pena e, se necessario, aumentando il numero delle carceri anche per assicurare ai detenuti migliori condizioni di vita.

Questi i temi principali che mi trovano consenziente.

Alcune cose mi lasciano perplessa, come la funzione degli “agenti sotto copertura” che dovrebbero contrastare la corruzione (“spie” a tutti gli effetti) e alcune misure a favore dell’ambiente che, personalmente, ritengo possano condizionare e frenare il processo produttivo,

Le premesse sono comunque buone, e non resta che augurare buon lavoro a tutti.