no comment
Il politicamente corretto vorrebbe che dei morti si parlasse bene o, in alternativa, non si parlasse affatto.
Io non ci riesco.
È morto un assassino liberticida.
Amen.
Da sempre idealizzato, è stato il simbolo, assieme al Che Guevara, di un guerriero romantico dell’epoca moderna. In realtà fu tutt’altro: i cubani passarono semplicemente dalla dittatura di Fulgencio Batista a quella comunista del líder maximo, assai peggiore, praticamente come cadere dalla padella nella brace.
Molti dei primi “rivoluzionari”, che lo avevano inizialmente seguito, con il solo pensiero di ripristinare la costituzione sospesa da Batista e di poter tornare ad elezioni democratiche, si dissociarono da lui e divennero suoi oppositori, subendo carcere, torture e spesso la morte. Il regime castrista si dimostrò subito per quello che era: abolita definitivamente la costituzione e, con essa, la possibilità di votare (alle opposizioni rispose arrogantemente “Elezioni? A che serve votare? “), soppresse il diritto di sciopero (“Il sindacato non è un organo rivendicativo”), nazionalizzò forzatamente le campagne dei latifondisti invece di distribuirle tra i contadini, mandando a morte gli oppositori o rinchiudendoli nei campi di rieducazione istituiti da Guevara sul modello dei gulag sovietici. Istituì poi la DSE, una efficiente polizia segreta, tuttora attiva, suddivisa in varie sezioni che controllano tutta la società cubana: arte, sport, membri dell’amministrazione pubblica e del corpo diplomatico, trasporti, economia, comunicazioni (con l’intercettazione di lettere e telefonate) mentre una sezione apposita “indirizza” per bene i turisti affinché credano di trovarsi in un paradiso socialista. Non solo, ma al DEM fa capo una vasta rete di informatori infiltrati sia tra la popolazione civile che nell’esercito, ed una sua branca si occupa dell’eliminazione fisica di avversari particolarmente invisi Castro e da lui personalmente indicati.
I più fortunati finiscono nei campi di rieducazione (gli UMAP) dove sono stati rinchiusi cattolici (ma il Papa queste cose le sapeva?) protestanti, testimoni di Geova, omosessuali, ritenuti di rappresentare potenzialmente un pericolo per la società, dove avvenivano torture con eletttochoc, finte esecuzioni, privazione del sonno.

1998 – In una foto d’archivio del 22 gennaio 1998 Giovanni Paolo II, in visita a Cuba, incontra Fidel Castro all’aeroporto dell’Avana. ANSA / MICHEL GANGNE
Sotto il regime di Batista, illiberale e liberticida anch’esso, Cuba era comunque un’isola ricca, mentre ora il PIL pro capite si aggira sui 4500 dollari annui (tanto per un confronto, in Albania, uno dei più poveri in Europa, il PIL è di 5500 dollari, e pure la Colombia perseguitata da terrorismo e droga, il PIL è di 7500 dollari).
Molti sostenitori di Cuba vantano l’eccellenza del sistema sanitario, ma pure questo è un bluff. Infatti ai medici fu impedito l’espatrio, requisendo loro il passaporto, e molte disfunzioni si sono registrate in vari ospedali: dall’invasione di scarafaggi, alla mancanza di medicinali – finanche l’aspirina!- ed equipaggiamenti medici e di ambulanze, ai black-out, alle liste di attesa lunghissime ed alla burocrazia snervante e corrotta che impedisce cure tempestive.
L’unica cosa che Cuba ha “esportato”, sono i guerriglieri: sempre presenti in nazioni quali l’Angola, il Nicaragua, il Mozambico e l’Etiopia, forse anche nel Salvador, con l’ETA in Spagna e le FARC della Colombia.
Il fatto che Castro abbia intrattenuto rapporti d’affari con Chavez prima e Maduro poi (che ha trasformato il Venezuela ad un paese ridotto alla fame), dovrebbe dare da pensare…
Così come il fatto che per sfuggire al suo regime, migliaia di cubani espatriarono dall’isola a bordo di ogni tipo di imbarcazione cercando rifugio negli Stati Uniti, cosa mai successa con Batista.
Ora la palla è nelle mani del fratello Raul, che da sempre è stato uno zerbino sotto i piedi di Fidel. Non credo che le cose cambieranno molto presto. Io lo spero.
(dis)informazione
Qualche giornale ne ha scritto, ma non tutti, e per lo più si sono limitati ad un piccolo articolo. Le televisioni fino all’altro giorno hanno ignorato del tutto la notizia, prese com’erano dal festival di Sanremo (sigh!), dalle olimpiadi invernali a Sochi, dal nuovo governo, con l’appendice dell’incontro tra Renzi e Grillo, dalla rivolta a Kiev.
Di quanto succede in Venezuela sembra non interessare nessuno. Una nazione già ricca per le riserve petrolifere, per oro, uranio, ferro e ridotta in malora prima da Chavez ed ora dal suo successore Maduro, che sta attuando una feroce repressione contro i suoi oppositori. La stampa venezuelana propagandista dà notizia che i poveri stanno con il presidente mentre la classe ricca è all’opposizione, ma non è assolutamente vero. Adesso anche i generi di prima necessità, cibo e medicine, scarseggiano, ma all’esterno trapelano poche notizie, perché Maduro ha chiuso le varie emittenti televisive ed ha pure negato la carta per stampare i giornali. Non solo, ha espulso pure tre diplomatici Statunitensi, mentre ha chiamato in aiuto del suo esecutivo moltissimi soldati cubani. (Tra parentesi, con i soldi delle tasse dei venezuelani, hanno regalato a Castro un aereo privato e tutto il petrolio che gli serve e così pure a molti paesi dell’America Latina che però si fano pagare a caro prezzo mais riso e pollame che rivendono al Venezuela a caro prezzo). Sono i soldati cubani ad avere sparato sulla folla che manifestava contro il governo e le sue decisioni. In questi giorni quattro persone sono morte, ma ci è voluta l’uccisione di Genesis Carmona , la studentessa ventitreenne già miss Turismo, per destare l’attenzione dei mass-media.
Si sa, una ragazza giovane e bella attira l’attenzione ed essendo un personaggio noto nell’America Latina il suo assassinio non poteva esser messo sotto silenzio. Degli altri morti, sconosciuti ai più, non può fregare di meno all’estero, tanto più che tutto questo avviene dall’altra parte del pianeta e non alle porte dell’Europa come a Kiev.
La situazione è tragica, perché il petrolio è stato dato in concessione ai cinesi: i tecnici locali allontanati perché le infrastrutture sono state nazionalizzate, e quindi adesso non c’è nessuno in grado di farle funzionare, né le industrie estrattive, né le raffinerie.. Lo stesso per le ditte private, espropriate di tutto (in mano a “sporchi borghesi”).
Ai contadini è stata regalata la terra, vero, ma questi in maggior parte preferiscono non lavorare e percepire invece una pensione misera dallo stato, le riserve auree, una volta cospicue, finite in tasca ai vari dirigenti. Ecco come si riduce in miseria una nazione ,già florida, in nome del “socialismo reale”, come già è successo a Cuba alla fine degli anni ’50.
Quello che è più triste è che pochi se ne interessano, tantomeno gli organi che dovrebbero essere preposti all’informazione.
Panem et circenses…e così addormentiamo le coscienze della gente.
http://www.vivereperraccontarla.com/blog/fuoco-e-fiamme-nelle-principali-citta-venezuelane/
http://www.vivereperraccontarla.com/blog/venezuela-non-ti-arrendere/
Libertà e violenza
Sono passati un paio di giorni dalla morte di Nelson “Madiba” Mandela ed ora voglio esporre alcune mie considerazioni: si possono condividere o meno, non lo so, ma sono solo opinioni personali.
La lotta da lui intrapresa contro l’apartheid in Sudafrica e per il conseguimento di una effettiva parità tra bianchi e neri è stata giusta e sacrosanta, però bisogna ricordare che il fine è stato raggiunto solo a prezzo di un grande numero di uccisioni. Lo stesso Mandela nella sua biografia (Lungo il cammino verso la libertà) enumera gli attentati – con mine ed autobombe in centri commerciali, su autobus, negli stadi – cui diede il placet in qualità di membro del comitato esecutivo dell’ANC e le vittime che queste azioni causarono.
In misura minore si è verificato lo stesso in Alto Adige dove, per raggiungere l’autonomia, vennero effettuati vari attentati che causarono, oltre ad ingenti danni materiali, anche un gran numero di morti specialmente tra gli appartenenti alle forze dell’ordine.
Ora è ovvio che non tutti i cambiamenti possano essere effettuati con metodi gandhiani, ma è anche necessario ricordare che eliminare esseri umani, che il più delle volte sono solo delle vittime innocenti, è solo da vigliacchi. La concessione nel 1993 del premio Nobel per la pace a Mandela, istigatore di tanti attentati, mi aveva lasciato perplessa. Per lo stesso motivo allora dovrebbero essere insigniti del premio – concesso non so a quale titolo ad Obama – anche ai terroristi irlandesi dell’IRA o a quelli dell’ indipendenza basca, l’ETA.
Il maggior merito di Mandela consiste nell’essere stato il catalizzatore di un cambiamento epocale e di aver saputo guidare il passaggio dall’apartheid verso un regime democratico multirazziale, anche se ancora oggi la maggioranza nera è ancora ben lontana dal benessere del quale godono i bianchi. Quanti lottano per una giusta causa, che sia l’indipendenza della propria terra o la lotta contro la discriminazione razziale o religiosa, dovrebbero prima di tutto ricordare che la vita umana viene prima di tutto. Mandela, amico di leaders come Yasser Arafat, Saddam Hussein, Muhammar Gheddafi, Fidel Castro, ha lasciato dietro di sé tante belle parole, molte frasi nobili (diventate aforismi), però i fatti hanno in parte sconfessato questa sua nobiltà. Lo ricordiamo, giustamente, solo per il risultato raggiunto ma abbiamo cancellato le tracce di sangue che a questo traguardo hanno condotto.
Eroi per le loro idee di libertà ed indipendenza, per mio conto, sono la birmana Aung San Suu Kyi incarcerata per circa 15 anni oppure il cinese Liu Xiaobo, promulgatore di Charta 08 e per questo in carcere dal 2008, Nobel per la pace 2010, ambedue senza aver mai commesso atti di violenza. Ma per la similitudine della lotta contro la discriminazione razziale, il mio idolo resta sempre Martin Luther King, anch’egli Nobel per la Pace nel 1964, anche lui difensore dei diritti civili e per questo vessato ed imprigionato. Ma a Martin Luther King non si addebita alcuna morte, anzi, rimase egli stesso vittima della violenza che aveva sempre rifiutato, cosa che invece Mandela, con la sua frase “Non vi è alternativa alla rivoluzione violenta, non vi è spazio per una lotta pacifica” e pur dietro la pressione internazionale che l’aveva fatto rilasciare, non aveva comunque mai rinnegato.
— Inviato dal Veloce promemoria
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