Geordie
Mentre attraversavo London Bridge
un giorno senza sole
vidi una donna pianger d’amore,
piangeva per il suo Geordie.
Impiccheranno Geordie con una corda d’oro,
è un privilegio raro.
Rubò sei cervi nel parco del re
vendendoli per denaro.
Sellate il suo cavallo dalla bianca criniera
sellatele il suo pony
cavalcherà fino a Londra stasera
ad implorare per Geordie
Geordie non rubò mai neppure per me
un frutto o un fiore raro.
Rubò sei cervi nel parco del re
vendendoli per denaro.
Salvate le sue labbra, salvate il suo sorriso,
non ha vent’anni ancora
cadrà l’inverno anche sopra il suo viso,
potrete impiccarlo allora
Né il cuore degli inglesi né lo scettro del re
Geordie potran salvare,
anche se piangeran con te
la legge non può cambiare.
Così lo impiccheranno con una corda d’oro,
è un privilegio raro.
Rubò sei cervi nel parco del re
vendendoli per denaro.
Rubò sei cervi nel parco del re
vendendoli per denaro.
Vaccini sì, vaccini no…
Beh, io sono favorevole: molte malattie esantematiche lasciano a volte strascichi pesanti; altre, come poliomielite e difterite, sono pericolosissime., per non parlare della meningite.
Molti criticano la coattività di questo provvedimento che rende obbligatorie le vaccinazioni e citano paesi in cui queste non vengono imposte per legge: questo perché i genitori di quei paesi sono consapevoli dei rischi che i loro figli corrono e non hanno bisogno di norme per provvedere ad immunizzarli.
Francis Turner
Io non potevo correre né giocare
quand’ero ragazzo.
Quando fui uomo, potei solo sorseggiare alla coppa, non bere –
perché la scarlattina mi aveva lasciato il cuore malato.
Eppure giaccio qui
blandito da un segreto che solo Mary conosce:
c’è un giardino di acacie,
di catalpe e di pergole addolcite da viti –
là in quel pomeriggio di giugno
al fianco di Mary –
mentre la baciavo con l’anima sulle labbra,
l’anima d’improvviso mi sfuggì.
EDGAR LEE MASTER
Antologia di Spoon River
Antico inverno
Desiderio delle tue mani chiare
nella penombra della fiamma:
sapevano di rovere e di rose;
di morte. Antico inverno.
Cercavano il miglio gli uccelli
ed erano subito di neve;
cosí le parole:
un po’ di sole, una raggera d’angelo,
e poi la nebbia; e gli alberi,
e noi fatti d’aria al mattino.
Salvatore Quasimodo
Sale la nebbia sui prati bianchi
come un cipresso nei camposanti
un campanile che non sembra vero
segna il confine fra la terra e il cielo
Ma tu che vai, ma tu rimani
vedrai la neve se ne andrà domani
rifioriranno le gioie passate
col vento caldo di un’altra estate
Anche la luce sembra morire
nell’ombra incerta di un divenire
dove anche l’alba diventa sera
e i volti sembrano teschi di cera
Ma tu che vai, ma tu rimani
anche la neve morirà domani
l’amore ancora ci passerà vicino
nella stagione del biancospino
La terra stanca sotto la neve
dorme il silenzio di un sonno greve
l’inverno raccoglie la sua fatica
di mille secoli, da un’alba antica
Ma tu che stai, perché rimani?
un altro inverno tornerà domani
cadrà altra neve a consolare i campi
cadrà altra neve sui camposanti
Dio? Dio!
Riprendo un appunto che ho pubblicato qualche giorno fa, il 14 novembre, giorno successivo all’attentato di Parigi.
Come si fa a credere in Dio?
Difficile pensare che esista, se permette che vengano effettuate tante atrocità.
Dicono che sia uno, quindi che il suo nome sia Dio, Jahve, Allah o qualsiasi altro non ha importanza.
Dicono che le responsabilità siano solo umane e che noi siamo dotati di libero arbitrio, quindi liberi di scegliere tra bene e male. Siamo perciò responsabili delle nostre azioni.
Ma che colpa hanno quelle persone che sono oggetto della malvagità di altre persone? Loro non hanno avuto la possibilità di scegliere, hanno solo dovuto subire.
Come fa un Essere perfettissimo a permettere che bimbe che dovrebbero solo pensare ai giochi ed alla scuola vengano rapite e stuprate, che innocenti debbano subire una morte orrenda per mano di altri “umani” (?), che genitori uccidano i figli e viceversa, mentre persone immonde e malvage invece sopravvivono, e bene, alle loro vittime?
Ed i miracoli?
Per mio conto sono solo un esercizio di raffinata tortura, nei migliore dei casi una lotteria, una ruota della fortuna. Perché alcuni dovrebbero essere ritenuti più meritevoli di altri, anche se tra gli “altri ” ci sono persone credenti e pie, magari più dei miracolati stessi?
No, non è un miracolo di Dio che ci ha fatto perdere un aereo che poi sarebbe esploso, o che ha fatto inceppare l’arma di un terrorista: è solo il caso…la nostra vita è determinata solo dal caso.
Allora… scrivevo il 14 di novembre, non siamo noi la creazione di Dio, ma è Dio ad essere una nostra creazione.
Lasciamo perdere le primitive personificazioni dei fenomeni atmosferici, verso i quali i nostri antenati provavano un misto di timore reverenziale e curiosità.
Dio, l’unico, è stato creato da noi perché ne sentivamo l’esigenza, ma essendo umani, gli abbiamo spesso attribuito anche sensazioni e comportamenti umani.
Abbiamo creato Dio per un’esigenza di protezione, per un senso di sicurezza, per salvarci dai nostri nemici qualora noi ci fossimo comportati in maniera acconcia da ottenere i suoi favori.
Abbiamo creato Dio per l’esigenza della giustizia, in grado di distinguere il bene dal male.
Abbiamo creato Dio per la nostra esigenza di spiritualità e soprattutto per dare un senso alla nostra esistenza, che dovrebbe poter continuare oltre la morte terrena.
Ma ecco che allora abbiamo mischiato pure le carte in tavola. Il Dio giusto e protettivo è diventato anche vendicativo nei confronti di chi non crede in Lui e/o lo combatte; la vita oltre la morte è diventata un luogo o di eterne delizie o di perpetue dannazioni.
Perché, se davvero ci fosse un unico Dio, e fosse davvero come ce lo siamo immaginato, non permetterebbe che gli uomini si massacrino come hanno fatto fino ad oggi, e soprattutto,se fosse giusto come ce lo immaginiamo, salverebbe gli innocenti e punirebbe quegli assassini.
Per non dover credere in un Dio imperfetto,allora, meglio essere agnostica. Tanti nei momenti difficili hanno trovato nella fede conforto: io l’ho trovato innanzitutto in me stessa e poi nelle persone che più mi sono vicine.
Ed allora, se davvero Dio esiste, spero che capisca questo mio sfogo.
Dio del cielo se mi vorrai
in mezzo agli altri uomini mi cercherai
Dio del cielo se mi cercherai
nei campi di granturco mi troverai.
Dio del cielo se mi vorrai amare
scendi dalle stelle e vienimi a cercare
Dio del cielo se mi vorrai amare
scendi dalle stelle e vienimi a cercare.
Le chiavi del cielo non ti voglio rubare
ma un attimo di gioia me lo puoi regalare
le chiavi del cielo non ti voglio rubare
ma un attimo di gioia me lo puoi regalare.
Dio del cielo se mi vorrai amare
scendi dalle stelle e vienimi a cercare
Dio del cielo se mi vorrai amare
scendi dalle stelle e vienimi a cercare.
Senza di te non so più dove andare
come una mosca cieca che non sa più volare
senza di te non so più dove andare
come una mosca cieca che non sa più volare.
Dio del cielo se mi vorrai amare
scendi dalle stelle e vienimi a salvare
Dio del cielo se mi vorrai amare
scendi dalle stelle e vienimi a salvare.
E se ci hai regalato il pianto ed il riso
noi qui sulla terra non lo abbiamo diviso
e se ci hai regalato il pianto ed il riso
noi qui sulla terra non lo abbiamo diviso.
Dio del cielo se mi vorrai amare
scendi dalle stelle e vienimi a cercare
Dio del cielo se mi vorrai amare
scendi dalle stelle e vienimi a salvare.
Dio del cielo se mi cercherai
in mezzo agli altri uomini mi troverai
Dio del cielo se mi cercherai
nei campi di granturco mi troverai.
Dio del cielo io ti aspetterò
nel cielo e sulla terra io ti cercherò.
Il suonatore Jones
La terra emana una vibrazione
là nel tuo cuore, e quello sei tu.
E se la gente scopre che sai suonare,
ebbene, suonare ti tocca per tutta la vita.
Che cosa vedi, un raccolto di trifoglio?
O un prato da attraversare per arrivare al fiume?
Il vento è nel granturco; tu ti freghi le mani
per i buoi ora pronti per il mercato;
oppure senti il fruscio delle gonne.
Come le ragazze quando ballano nel Boschetto.
Per Cooney Potter una colonna di polvere
o un vortice di foglie significavano disastrosa siccità;
Per me somigliavano a Sammy Testarossa
che danzava al motivo di Toor-a-Loor.
Come potevo coltivare i miei quaranta acri
per non parlare di acquistarne altri,
con una ridda di corni, fagotti e ottavini
agitata nella mia testa da corvi e pettirossi
e il cigolìo di un mulino a vento – solo questo?
E io non iniziai mai ad arare in vita mia
senza che qualcuno si fermasse per strada
e mi portasse via per un ballo o un picnic.
Finii con quaranta acri;
finii con una viola rotta –
e una risata spezzata, e mille ricordi,
e nemmeno un rimpianto.
(Edgar Lee Master – Il violinista Jones – Antologia di Spoon River)
La collina
Dove sono Elmer, Herman, Bert, Tom e Charley,
l’abulico, l’atletico, il buffone, l’ubriacone, il rissoso?
Tutti, tutti, dormono sulla collina.
Uno trapassò in una febbre,
uno fu arso in miniera,
uno fu ucciso in rissa,
uno morì in prigione,
uno cadde da un ponte lavorando per i suoi cari –
tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina.
Dove sono Ella, Kate, Mag, Edith e Lizzie,
la tenera, la semplice, la vociona, l’orgogliosa, la felice?
Tutte, tutte, dormono sulla collina.
Una morì di un parto illecito,
una di amore contrastato,
una sotto le mani di un bruto in un bordello,
una di orgoglio spezzato, mentre anelava al suo ideale,
una inseguendo la vita, lontano, in Londra e Parigi,
ma fu riportata nel piccolo spazio con Ella, con Kate, con Mag –
tutte, tutte dormono, dormono, dormono sulla collina.
Dove sono zio Isaac e la zia Emily,
e il vecchio Towny Kincaid e Sevigne Houghton,
e il maggiore Walker che aveva conosciuto
uomini venerabili della Rivoluzione?
Tutti, tutti, dormono sulla collina.
Li riportarono, figlioli morti, dalla guerra,
e figlie infrante dalla vita,
e i loro bimbi orfani, piangenti –
tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina.
Dov’è quel vecchio suonatore Jones
che giocò con la vita per tutti i novant’anni,
fronteggiando il nevischio a petto nudo,
bevendo, facendo chiasso, non pensando né a moglie né a parenti,
né al denaro, né all’amore, né al cielo?
Eccolo! Ciancia delle fritture di tanti anni fa,
delle corse di tanti anni fa nel Boschetto di Clary,
di ciò che Abe Lincoln
disse una volta a Springfield.
(Edgar Lee Master – Antologia diSpoon River)
Canzone per l’estate
Con tua moglie che lavava i piatti in cucina e non capiva
con tua figlia che provava il suo vestito nuovo e sorrideva
con la radio che ronzava
per il mondo cose strane
e il respiro del tuo cane che dormiva.
Coi tuoi santi sempre pronti a benedire i tuoi sforzi per il pane
con il tuo bambino biondo a cui hai donato una pistola per Natale
che sembra vera,
con il letto in cui tua moglie
non ti ha mai saputo dare
e gli occhiali che tra un po’ dovrai cambiare
Com’è che non riesci più a volare
Com’è che non riesci più a volare
Com’è che non riesci più a volare
Com’è che non riesci più a volare
Con le tue finestre aperte sulla strada e gli occhi chiusi sulla gente
con la tua tranquillità, lucidità, soddisfazione permanente
la tua coda di ricambio
le tue nuvole in affitto
le tue rondini di guardia sopra il tetto.
Con il tuo francescanesimo a puntate e la tua dolce consistenza
col tuo ossigeno purgato e le tue onde regolate in una stanza
col permesso di trasmettere
e il divieto di parlare
e ogni giorno un altro giorno da contare
Com’è che non riesci più a volare
Com’è che non riesci più a volare
Com’è che non riesci più a volare
Com’è che non riesci più a volare
Con i tuoi entusiasmi lenti precisati da ricordi stagionali
e una bella addormentata che si sveglia a tutto quel che le regali
con il tuo collezionismo
di parole complicate
a tua ultima canzone per l’estate.
Con le tue mani di carta per avvolgere altre mani normali
con l’idiota in giardino ad isolare le tue rose migliori
col tuo freddo di montagna
e il divieto di sudare
e più niente per poterti vergognare
Com’è che non riesci più a volare
Com’è che non riesci più a volare
Com’è che non riesci più a volare
Com’è che non riesci più a volare
PRIMO GIORNO D’NVERNO
Alla faccia dei Maya e delle loro profezie…
Carissimi amici, carissimi lettori, domani mattina alle ore 11.11 il nostro sistema solare si troverà allineato con il centro galattico che i Maya chiamavano Hunab Ku, ovvero la Farfalla Cosmica, simbolico riferimento a Sagittarius A, ovvero uno stargate o porta dimensionale, da dove proviene la vita. Moltissimi telegiornali e riviste on-line hanno dedicato ampio spazio a questa fatidica data, esponendo con molta cura le tesi di scienziati e di qualche astronomo che come solito non fanno altro che minimizzare o screditare questo argomento importante. La scienza senza coscienza asserisce che le profezie Maya sono tutte barzellette, una bufala, pur non sapendo che i Maya non avevano profetizzato nulla riguardo la fine del mondo, ma semmai la fine di UN MONDO, il termine di un Ciclo (o Era) e l’inizio di una Nuova Era. Facciamo chiarezza su ciò che accadrà domani.
La civiltà Maya ha dato prova di stupefacenti calcoli astronomici, talmente perfetti che, secondo gli studiosi, il loro celeberrimo calendario risulta addirittura più preciso del nostro, senza contare la perfetta individuazione del movimento del pianeta Venere, dall’orbita eccentrica che non rende agevole il suo calcolo, specie considerando i mezzi alquanto scarni che gli archeologi tradizionalmente attribuiscono a questa antica civiltà.
Il Calendario Maya e’ in effetti una sorta di ruota composta da 3 ingranaggi. Il primo, detta “haab” è suddiviso in 13 mesi e 260 giorni ed è utilizzato come cerimoniale. Ogni giorno ha un significato particolare. La seconda ruota si chiama “tzolkin” e serve a determinare le eclissi e il ciclo di Venere, che dura 180 giorni. Combinando la ruota “haab” e quella “tzolkin”, si crea il calendario circolare di 52 anni. Il Dr.Fosterman ha scoperto che i Maya segnavano il tempo anche con il “Lungo Computo”, che permette di determinare quando avverrà la fine di un mondo, ovvero la fine di un ciclo, ed altre previsioni.
Cosa ne pensate?