La vita è sogno, soltanto sogno, il sogno di un sogno (Edgar Allan Poe)

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Figli e migranti

Ho sentito da qualche collega dire che c’è bisogno di immigrazione perché la popolazione europea invecchia, io ho una prospettiva completamente diversa, io penso di essere al governo per aiutare i nostri giovani a tornare a fare quei figli che facevano qualche anno fa e non per espiantare il meglio dei giovani africani per rimpiazzare i giovani europei che per motivi economici oggi non fanno più figli. Magari in Lussemburgo c’è questa esigenza, in Italia invece abbiamo l’esigenza di aiutare i nostri figli a fare degli altri figli e non ad avere nuovi schiavi per soppiantare i figli che non facciamo più. Siamo assolutamente disponibili a dialogare con tutti”. (Matteo Salvini)

La risposta con imprecazione del ministro lussemburghese riportata dai mezzi di informazione italiani è questa: “Occupatevi dei vostri soldi per aiutare a dare da mangiare ai vostri figli”. In realtà la traduzione postata dai media italiani non è precisamente quella del video, che è invece la seguente.

“Ale ale ale” e “bla bla bla”, inizia Asselborn “In Lussemburgo avevamo migliaia di italiani che sono venuti a lavorare da noi, erano migranti che guadagnavano i soldi affinché ne poteste avere per i vostri figli”. “merde alors”

Al che Salvini ha così replicato, dopo aver chiesto di non essere interrotto.

Rispondo pacatamente al suo punto di vista che non è il mio. Se in Lussemburgo avete bisogno di nuova immigrazione, in Italia preferisco aiutare gli italiani a tornare a fare figli”.

Bene bene…il caro ministro lussemburghese Asselborn in tema di immigrazione prima ci bacchetta dicendo che il Lussemburgo ha accolto migliaia di italiani, dimenticando di aggiungere che è stato il Lussemburgo a richiederli, e che i nostri connazionali – povera gente, ovvio, ma non certo delinquenti – arrivavano là per lavorare con tanto di documenti e di contratto di lavoro in tasca e che, finito il periodo di impiego, venivano rispediti in Italia senza tanti complimenti. Poi ha concluso con l’espressione su riportata, davvero  molto elegante.

Come tanti italiani, dovrei ritenermi offesa da quel ministro spocchioso, che paragona i nostri emigranti (con la E davanti) non sono certo equiparabili ai migranti (senza la E) che arrivano sulle nostre coste e che, non possedendo alcuna qualifica, restano parcheggiati nelle strade e molto spesso – per necessità o per indole – finiscono per delinquere.

Consideriamo inoltre che i nostri emigranti (sempre con la E davanti) erano trattati come bestie, e che l’accusa ci viene dal ministro di un “paradiso fiscale” mai sanzionato per questo dall’UE per questo motivo, dove trovano rifugio numerosi evasori fiscali…

Certo è che nell’Unione Europea si sta respirando un’altra aria: erano abituati ad un’Italia che subiva tutto ed accettava supinamente ogni sopruso, ed ora FINALMENTE c’è qualcuno che sta facendo riscoprire l’orgoglio nazionale, il che non è poco.


Emigranti ed immigrati

La parola chiave è “Limite”

Quanto clandestini siamo in grado di accogliere fornendo loro la possibilità di una vita decente? C’è un limite a tutto.

Il nostro è stato un popolo di emigranti, vero, ma i nostri nonni e bisnonni andavano in paesi in crescita, che abbisognavano di nuove strutture, con mercati in piena espansione, non certo in nazioni dove la disoccupazione supera il 12% (dati di aprile 2015 http://www.istat.it/it/archivio/disoccupati ).

Avevano tutti i documenti in regola, una piccola riserva di denaro per fare fronte alle prime necessità in terra straniera, dovevano dimostrare di avere un alloggio, partivano su treni o bastimenti con biglietti regolarmente acquistati, erano sottoposti a minuziosi esami preventivi se sbarcavano ad Ellis Island, che a volte duravano settimane, oppure giungevano per chiamata in Belgio e Germania per lavorare nelle miniere di carbone.

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Marcinelle-Miniera

Non esigevano case, non elemosinavano, non chiedevano soldi, cibo, vestiario. Non pretendevano di cambiare usi e costumi di chi li ospitava: creavano i loro quartieri (a volte veri e propri ghetti), per ritrovarsi tra di loro. Qualcuno delinqueva, come succede in tutte le nazioni, e per questo veniva severamente punito, ma la maggior parte lavorava duramente, per costruire un futuro per i propri figli. Ed accettavano le difficoltà iniziali con pazienza ed umiltà, sperando in un domani migliore.

Adesso l’emigrazione riguarda più che altro i nostri giovani che qui non hanno sbocchi lavorativi (e dovrebbero averne qui in Italia gli extracomunitari?) che si recano in nazioni dove la libera iniziativa ed il merito non vengono tarpati da uno stato inetto, esoso e rapace.

Uno stato che per una distorta visione delle parole altruismo e generosità depreda la maggior parte dei propri abitanti arricchendo una casta di sporchi affaristi, uno stato che prima accoglie i “disperati” (anche se moltissimi non lo sono), per poi fregarsene altamente. Dà loro un’accoglienza iniziale, sopporta le loro angherie ed i loro ricatti (il cibo non è di nostro gradimento, il posto dove ci mettete è troppo distante dai centri abitati, non vogliamo schede telefoniche ma denaro…così  devastano i centri di accoglienza, bruciando materassi etc etc),

La situazione dopo l'incendio provocato da migranti esasperati che ha distrutto oggi, 20 settembre 2011, a Lampedusa, le tre palazzine del Centro di contrada Imbriacola provocando una decina di intossicati, anche tra vigili del fuoco e forze dell'ordine. ANSA/ US SAVE THE CHILDREN

La situazione dopo l’incendio provocato da migranti esasperati che ha distrutto oggi, 20 settembre 2011, a Lampedusa, le tre palazzine del Centro di contrada Imbriacola provocando una decina di intossicati, anche tra vigili del fuoco e forze dell’ordine. ANSA/ US SAVE THE CHILDREN

 

poi li lascia sfuggire dai centri di accoglienza e se ne disinteressa. Se delinquono, poco dopo sono rilasciati perché le carceri sono sovraffollate. Ogni tanto qualche episodio particolarmente grave ed efferato scuote l’opinione pubblica, poi tutto ritorna nel dimenticatoio..e noi affondiamo sempre più nella melma (eufemismo) ogni giorno che passa.