4 novembre

Don Camillo e Peppone mentre mangiano durante una puntata della serie tv ambientata a Brescello in provincia di Reggio Emilia
Don Camillo e Peppone, da “Autunno”
“Muoio dal caldo”, sospirò.
“E cavatelo questo pastrano!”.
Peppone si tolse finalmente il pastrano, e allora si vide che Peppone aveva appuntata al bavero della giacca la medaglia d’argento che s’era guadagnato nella guerra ’15-18.
“Be'”, disse don Camillo cavando dal quadretto la sua medaglia d’argento e appuntandosela sulla tonaca. “E’ un’idea”.
Funzionava così, una volta.
La mia medicina
Quando sono depressa o anche solamente di cattivo umore, ho un’ottima medicina. Non serve ricetta medica, non bisogna pagare ticket…bastano una poltrona, un angolo tranquillo ed un libro di Giovannino.
Giovannino? Sì, Giovannino. Ormai è di famiglia, lo conosco praticamente da quando sono nata, credo perfino che quando ero bambina mia madre al posto delle favole, per addormentarmi, mi leggesse uno dei suoi racconti. E’ invece certo che mio padre lo usava come libro di lettura durante le vacanze estive che passavamo dalla nonna, e mi ci faceva pure i dettati o mi costringeva a riassumere quello che avevamo letto.
Parlo di Giovanni Guareschi, il “papà” di don Camillo e Peppone e del loro straordinario Mondo piccolo che gravita in quella fetta di Bassa padana piatta ed afosa, che lo stesso Guareschi ha saputo anche rappresentare con pochi tratti di china, disegni essenziali ma molto esplicativi. Naturalmente non parlo solo della saga del Mondo piccolo, ma anche degli altri suoi scritti, quali “La scoperta di Milano”, “Il destino si chiama Clotilde”, i volumi de “L’Italia provvisoria”, “Diario clandestino”, “Il decimo clandestino”, la dolcissima “Favola di Natale” e quello che meglio descrive la sua vita, ossia il “Corrierino delle famiglie”,con la moglie Margherita, la figlia Carlotta, soprannominata la Pasionaria, ed il piccolo Albertino.
Quando mio padre venne a mancare, in cantina conservava ancora intere annate del fogliaccio, ossia il Candido, che riuscii in parte a leggere. Rappresentavano un’Italia che non avevo conosciuto, in quanto lo scrittore morì pochi anni dopo la mia nascita ed egli raccontava moltissimo del periodo della guerra e dell’immediato dopoguerra che non avevo vissuto. Mi ero ripromessa di portare i giornali a casa mia per poterli sfogliare con calma, non solo per leggere gli scritti di Guareschi, ma anche quelli di Carletto Manzoni (quello del surreale signor Veneranda”) e di Giovanni Mosca, ma mia madre, in un momento di scoramento, li buttò tutti via unitamente ad altri ricordi cui tenevo moltissimo.
Qualche anno fa ci siamo recati a Roncole Verdi dove, a poca distanza dalla casa natale di Giuseppe Verdi, c’è il bar, in origine una locanda, di Giovannino, dove abbiamo avuto il piacere di conoscere il figlio Alberto che ci ha fatto personalmente da guida in questa casa-museo, dove sono esposte un sacco di testimonianze della vita e delle opere dello scrittore, tra le quali le svariate edizioni delle sue opere tradotte in un sacco di lingue.
Là, Guareschi amava farsi chiamare “caffettiere”, preparando egli stesso la bevanda alla macchina dell’espresso per amici ed avventori del bar. E là ho acquistato, benissimo rimasterizzati, tutti i DVD della serie di don Camillo.
Preferisco però leggere i suoi racconti, pieni di delicato umorismo e di umanità, a volte venata da tristezza…
Stamattina era appunto uno di quei giorni… e grazie alla mia “medicina” , nella fattispecie alcuni racconti appu to del Corrierino delle famiglie, ho risolto tutto con un sorriso.
Cosa ne pensate?