Due ragazzi.
Due ragazzi, pressocché coetanei, appena ventenne uno e ventitreenne l’altro, ma ai lati contrapposti della barricata.
Un sentore di morte… Uccidere o essere ucciso, ed allora uno di loro spara, intenzionalmente o no, proiettile diretto o deviato, non ha importanza. La minaccia è reale perché l’altro, viso coperto, ha in mano un estintore che può fracassargli la faccia, mentre un suo sodale sta per sfondare il finestrino del Defender con una trave. L’istinto di sopravvivenza ha il sopravvento…Pietà per il morto, ma ancora di più per chi ha sparato, e per questo gesto ha avuto la vita rovinata.
Si ricercano le responsabilità, dicendo che in quel dannato giorno, in piazza Alimonda dovevano essere prese eccezionali misure di sicurezza… Ma quelle c’erano, un sacco di blindati di Carabinieri e Polizia in tenuta da guerriglia. Nessuno va a fondo del problema, che la responsabilità principale va addebitata a chi scatena la violenza, non a chi cerca, con ogni mezzo, di contenerla. Ed è indubbio che Carlo Giuliani, viso coperto come si addice a chi non vuole essere riconosciuto perché consapevole di commettere dei reati, non aveva buone intenzioni…
Già nel 2003 il GIP di Genova archiviò l’accusa di “omicidio”, constatando che fu un chiaro “caso di legittima difesa, in presenza di una causa che esclude la punibilità”.
Adesso la Corte dei diritti umani di Strasburgo, cui si era rivolta la famiglia Giuliani, confidando nella difesa dell’avvocato Giuliano Pisapia, ha dato per la seconda volta (la prima fu nel 2009) ragione a Mario Placanica, il carabiniere che si è trovato in questa situazione, sentenziando che nessun “uso violento della forza” aveva causato la morte di Giuliani. Ero rimasta esterrefatta quando il precedente Governo aveva intitolato a Giuliani l’aula della Camera, quasi fosse un eroe… Un eroe agisce per il bene della popolazione, si sacrifica volontariamente per essa, agisce a viso aperto…Giuliani no, era un violento, magari anche solo temporaneamente, trascinato dall’evolversi della situazione, ma sapeva di agire contro la legalità. Quindi, pur deplorando la sua fine data la sua giovane età, è andato incontro al suo destino. Spero che i genitori si rendano conto di questo, ma loro continueranno a difendere questo figlio che in famiglia ha assorbito i primi semi dell’odio, un odio maturato in certi ambienti d’estrema sinistra, dove militano persone come Francesco Caruso, Luca Casarini e Vittorio Agnoletto (quest’ultimo con una fuorviante faccia da prete che contrasta con i suoi enunciati). Una giustizia che non deve essere a loro favorevole, come sembrano pretendere, ma equa, una giustizia che deve valutare non solo come si siano svolti gli avvenimenti, ma anche le cause e le reazioni concatenate ad esse. Ma questo, certi ambienti, non vogliono accettarlo…
Povero Cristo
I recenti fatti avvenuti in Giappone e nell’Africa che si affaccia sul mediterraneo, nella fattispecie la “missione umanitaria” (?) in Libano, hanno fatto passare in secondo piano due sentenze che riguardano la presenza del Crocifisso nelle aule dei Tribunali e in quelle scolastiche.
La Camera dei Diritti dell’uomo di Strasburgo ha infatti stabilito che l’esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche, contestata a suo tempo da una cittadina finlandese naturalizzata italiana per via del matrimonio, Soile Lautsi, non lede il principio della libertà religiosa anche se la questione dovrà nuovamente essere affrontata da un Collegio di 17 giudici che dovranno stabilite se il simbolo religioso è anche l’emblema di una cultura e di una tradizione ormai consolidata in Italia, ma anche in Europa.
A suo tempo la legislazione italiana aveva espresso il concetto che l’esposizione del Crocifisso rappresenta in modo sintetico i principi che ispirano l’ordine costituzionale e che rappresentano i fondamenti dell’ordine civile, principi che si applicano anche ai non credenti. Strasburgo, precedentemente aveva emanato una sentenza favorevole alla signora Lautsi, che è stata completamente ribaltata i questi giorni di marzo. La Corte ha infatti ritenuto che “se è vero che il crocifisso è prima di tutto un simbolo religioso, non sussistono tuttavia nella fattispecie elementi attestanti l’eventuale influenza che l’esposizione di un simbolo di questa natura sulle mura delle aule scolastiche potrebbe avere sugli alunni”.
Invece per quanto concerne l’esposizione del Crocifisso nelle aule di giustizia è stata la Cassazione ad esprimersi favorevolmente, disponendo altresì la destituzione dall’incarico del giudice Crescentini che aveva chiesto la rimozione del simbolo non solo dall’aula che gli era stata messa a disposizione, ma anche da tutte le aule di Tribunale in Italia. La Corte ha infatti rimarcato che la presenza di Crocifisso non intacca l principio di laicità dello Stato, che nn viene minimamente messo in dubbio, ma anzi resta uno dei fondamenti del nostro ordinamento costituzionale.
Del resto, anche per i non credenti, la base culturale e filosofica, come espresso da Benedetto Croce nel suo saggio “Perché non possiamo non dirci cristiani”, è quella stabilita dalla dottrina cattolica e dall’osservanza dei suoi comandamenti.
http://www.sneap.altervista.org/Contributi/CULTO/B.CROCE.pdf
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