5 giugno
Lunedì mattina molte librerie sono chiuse, quindi stamane è stato dedicato al solito giro alla ricerca di titoli che a Bolzano non si trovano, nemmeno ad ordinarli.
In alcuni negozi ho ricercato, ma invano, il libro di Biagioni che tanto intrigava Mario, relativo alla “vera” storia della ragazza di Bube, ma non c’è stato niente da fare…
introvabile perfino presso il Libraccio di via Vittorio Veneto. Ho comunque trovato “Mattatoio n.5”, del quale aveva parlato il Masticone nel suo blog…
ma se non mi dovesse piacere, lo mangio vivo! (Infatti ero rimasta molto delusa, parecchio tempo fa, dal libro “Ghiaccio 9”, anche se l’idea iniziale era davvero buona).
Dal tram abbiamo visto che la bancarella di libri usati del “Mitico” era finalmente aperta,
ed ho lasciato lui l’incarico di ricercare il libro di Biagioni, e ci siamo intrattenuti con lui, all’ombra del chiosco, per circa 2 ore a chiacchierare di tutto un po’, specialmente delle sue condizioni di salute, che non sono delle migliori, ma anche per l’età ormai piuttosto avanzata…
Poi a piedi verso casa per il corso Buenos Aires…e là mi girano i sacrosanti, anche se non ce li ho…
Negozio di moda,ed esposti jeans stracciati, stinti, stropicciati che nemmeno al mercato dell’usato li vorrebbero, e con prezzi da capogiro.
Ma c’è ancora gente tanto c…retina da comperarli e disposta a buttare via dei soldi per simili stracci? Vabbè, sarò retrograda, non seguirò la moda, ma se compero qualcosa vorrei che fosse in buono stato…poi a rovinarlo ci penso io!
Porta Venezia
Come ho spesso scritto, la “mia” zona a Milano è piazza Oberdan, quella di Porta Venezia, perché da lì iniziava appunto la strada che conduceva alla città lagunare, ma il nome le venne attri buito definitivamente solo nel 1860, in onore di questa città dopo la seconda guerra d’Indipendenza .
E’ menzionata anche ne “I promessi sposi” col nome originario di Porta Orientale, anche se la porta più ad est era la vecchia Porta Tosa. La delimitano due bei caselli daziari,costruiti tra il 1827 ed il 1828 che, persa la loro originaria funzione, ospitano adesso l’Associazione dei Panificatori di Milano, che ne ha curato anche il restauro.
Da porta Venezia inizia, dal lato interno alla città, il corso omonimo, quello che ricorda tanto la Milano di Stendhal, fiancheggiato da bellissimi palazzi, tra i quali quello che ospita il Museo di scienze naturali e la palazzina sede del Planetario, dono dell’editore Ulrico Hoepli alla città.
http://informando.infm.it/galois/msi/cielo/planet_milano.htm
http://milan.arounder.com/it/musei-storici/musei/planetario-di-milano.html
Per un tratto il corso confina con i giardini pubblici, uno dei polmoni verdi della città, dove le mamme portano i bambini a giocare o gli adulti si recano a fare joggin, a prendere un filo di sole nelle prime giornate di primavera o a ricercare un po’ di sollievo durante l’afa estiva.
Invece recandosi verso la periferia, corso Venezia prosegue con corso Buenos Aires, zona altamente commerciale, che termina in piazzale Loreto.
Tutta la zona è comunque descritta, anche se ovviamente riferita ai tempi seicenteschi, nel capolavoro di Manzoni. In una via traversa (via san Gregorio), si trova quello che resta del Lazzaretto, che oggi è diventato un piccolo monastero russo-ortodosso. Il Lazzaretto originale aveva forma quasi quadrata, era cinto da mura di cotto, misurava 378 metri di lunghezza e 370 di larghezza e fu edificato nel XIV secolo, dopo la grande epidemia di peste che si verifico’ nel 1348 durante la signoria di Luchino Visconti.
La parte interna era costituita da un chiostro a colonne sul quale si affacciavano le celle.
Oggi di tutte le stanze restano solamente 5 celle quadrate, del lato di m.4,75, in ognuna delle quali venivano stipati, nel periodo di maggior contagio, fino a 30 appestati. Davanti ad essa c’e’ ancora una porzione della roggia che circondava il Lazzaretto per le esigenze igieniche.
La maggior parte della costruzione fu demolita alla fine del 1800, vittima delle speculazioni edilizie seguite all’Unita’ d’Italia.
Una piccola curiosita’: nel 1700, dietro proposta di alcuni cittadini, venne promulgata dal Comune la legge chiamata usualmente “servitù del Resegone”, per cui tra porta Venezia e Porta Nuova era proibito edificare case che sorpassassero l’altezza dei Bastioni consentendo così la vista dei Alpi e Prealpi nelle giornate limpide.
Altro nome con il quale era conosciuta porta Venezia era Porta Renza, da un’etimologia ancora più antica, derivante da porta Argentia. Sui Bastioni, nei tempi napoleonici, si svolgeva il transito delle carrozze delle dame che imputavano al francese la responsabilità del freddo di Milano a causa della strada del Sempione che, a loro detta, lasciava via libera ai venti del nord fino ad allora trattenuti dalla cerchia delle Alpi.
Milano 19 settembre
La mia “zona” a Milano corre da Loreto ad Oberdan lungo l’asse di corso Buenos Aires e zone laterali. Il corso l’avrò percorso a piedi migliaia di volte: ho visto nascere nuovi negozi e morire (o trasferirsi, che è quasi la stessa cosa) botteghe storiche, Collini ad esempio. Come pure ho percorso tantissime volte la Felice Casati, dove abitavamo, viale Regina Giovanna ed infine via Eustachi, nei pressi della quale si lavorava. Sempre a piedi, l’auto la usavo per pochi spostamenti in periferia, dove rischiavo quasi sempre di perdermi. Non c’era il Garmin, in quel periodo, quindi era opportuno tenere a portata di mano la guida di Milanocity allegata all’elenco telefonico.
Quindi, uno dei primi itinerari che percorriamo, inevitabilmente, gravita su queste zone. Stavolta la passeggiata includeva la piazza Benedetto Marcello, dove si tiene il mercato del sabato, con il suo giardinetto arricchito da una fontana,
ed i suoi alberghetti da una sola stella, leggermente equivoci. Da lì, di buon passo, percorrendo la via Vitruvio, fino al Pirellone e quindi all’Isola, altra zona che ha conservato la sua identità meneghina, nonostante una decisa presenza di immigrati. Da lontano, i nuovi grattacieli di Expo 2015, che ammireremo con calma più avanti… Con il tram della linea 7 infine, siamo tornati fino a Precotto, e da lì a casa a piedi, senza prendere il metrò. Quattro passi a piedi fanno sempre bene. Dopo pranzo altro giretto, stavolta però usando la metropolitana. Una rabbia vedere le carrozze nuove di zecca imbrattate dagli scarabocchi dei soliti IMBECILLI. A me i graffiti personalmente piacciono, li ritengo veramente una forma artistica, pari ai murales sardi o ai dipinti sulle case tirolesi, Basquiat lo adoro…però i disegni fateli sugli spazi consentiti, sui muri di fabbriche dismesse, su manufatti di cemento grigio, non su vetture, case o, peggio, monumenti. Ed ora parlo del sud… A Milano? Certo, perché in corso Vittorio Emanuele erano esposte gigantesche fotografie dedicate alla Sicilia… Tutte bellissime, paesaggi stupendi, mari cristallini, una scogliera bianca che nemmeno a Dover se la sognano,
templi greci incantevoli, paesini abbarbicati sulle montagne. Ma una foto mi ha letteralmente entusiasmato: un sole rosseggiante che sta tramontando nel mare, in controluce la silhouette di un pescatore nell’acqua fino a mezza coscia e, librata nell’aria, come una leggera nuvola di pizzo, un’enorme rete lanciata a mano…e dei riflessi indescrivibili sulle onde.
Cosa ne pensate?