Crazy heart
Un bellissimo film con un grande interprete.
La storia si può riassumere in poche parole: la caduta del cinquantasettenne cantante country Bad Blake, preda dell’alcool e del fumo, e la sua successiva resurrezione grazie all’amore per una donna, anche se la storia tra loro due non avrà un buon fine.
Spettacolari le musiche, incredibili i paesaggi del Texas, con quelle praterie sterminate, percorse da strade diritte e vuote, tanto che ad un certo punto Bad alla domanda “Dove ti trovi?”, risponderà “Non lo so, sono disperso nel nulla”.
Cieli infiniti, con nuvole che vagano piene di riflessi rosati o color d’oro, città con grattacieli altissimi (Houston), oppure le tipiche cittadine di provincia con i bar che hanno preso il posto dei saloon western, in cui gruppetti di aficionados si radunano per ascoltare la musica preferita.
Bad Blake è un cane sciolto: dopo aver avuto il suo momento di gloria ed aver lanciato un altro cantante, Tommy, che è diventato più famoso di lui, vede che la sua parabola ha iniziato a prendere un andamento discendente e si rifugia nell’alcool e nelle sigarette. Per racimolare un po’ di soldi si accontenta quindi di interpretazioni in piccoli paesi che raggiunge a bordo della sua station wagon. Non ha una sua band, e si fa accompagnare quindi sempre da artisti locali. In uno di questi paesi conosce un tastierista che si ricorda della sua fama passata e che gli propone di farsi intervistare da sua nipote Jean, giornalista presso una testata locale. Bad fino a quel momento non ha dato molta importanza alla sua salute, vivendo giorno per giorno, cercando anzi di autodistruggersi. Ma l’incontro con questa donna cambia totalmente la sua visione della vita: la cerca, le telefona anche quando è lontano, la chiama nel momento in cui, dopo un incidente automobilistico, si frattura una caviglia e lei lo accoglie in casa sua dove vive con il figlioletto di quattro anni. Tutto sembra andare per il meglio: Bad addirittura ottiene, in qualità di ospite “speciale”, di aprire un concerto prima del suo ex-pupillo Tommy (che lo ricorda sempre con affetto e riconoscenza, pur non ricambiato). Un giorno però, quando Jean gli affida il piccolo per un pomeriggio, Bad si ferma in un bar a bere e perde di vista il bambino: questo verrà poi ritrovato dalla polizia, ma Jean, pur amandolo, non vorrà più saperne di lui. Bad si rifugia sempre di più nell’alcool, ma dopo una gravissima crisi, decide di disintossicarsi, con l’aiuto di un amico che gestisce un locale. Sarà dura e lunga, ma ce la farà. Nel frattempo ritrova la sua vena artistica e si rimette a comporre canzoni per Tommy, che le lancia, ottenendo un grandissimo successo, guadagnando anche un bel po’ di soldi grazie ai diritti. Passato qualche anno, dopo un concerto di Tommy al quale ha assistito, ritrova Jean e le comunica di essere cambiato, e a parziale risarcimento per quanto aveva combinato smarrendo suo figlio, la obbliga ad accettare una parte dei diritti d’autore che gli spettano. Lei ormai è già con un altro uomo, ma si dice felice della rinascita del cantante…
Jeff Bridges, per questa interpretazione, ha vinto l’Oscar quale attore protagonista, anche se nel doppiaggio si perde tutto l’impegno messo nell’influenza dialettale.
Una vera sorpresa invece sentir cantare sia Jeff Bridges che Colin Farrell, che interpreta Tommy…tutte canzoni country, una più bella dell’altra…
Bruges – prima parte
Confesso che il Belgio non ci aveva mai attirato più di tanto, finché un paio di anni fa abbiamo visto un film, un thriller interessante e psicologico, (In Bruges – La coscienza dell’assassino, con Colin Farrell e Brendan Gleeson) in cui veniva mostrata la città di Bruges, anzi Brugge, come la chiamano i locali in lingua olandese.
È nata così l’idea di visitare questa città. Contrariamente alle nostre abitudini, abbiamo alloggiato proprio in centro città, a pochi metri di distanza dal Markt, da quale ci separava solo una stretta stradina. Anzi, la torre che sovrastava i tetti era visibilissima dalla nostra stanza, situata proprio in una mansarda all’ultimo piano e con un magnifico sguardo sui tetti delle case circostanti.
Un pizzico di storia
Per conoscere meglio la città è bene sapere anche qualcosa sulla sua storia.
Bruges è una cittadina relativamente recente. Non ha infatti radici romane, come Treviri, Colonia, Aquisgrana. Due millenni fa non era conosciuta affatto, essendo probabilmente solo un piccolo insediamento di poca importanza. Ma nella prima metà del IX secolo si verificò una scorreria normanna tramite il braccio di mare dello Zwin arrivando fino all’interno del paese, e gli invasori chiamarono questo posto Bryghia, che nella loro lingua significava “approdo”.
Il conte Baldovino 1° (detto “dal Braccio di Ferro”)
fece costruire una fortezza entro le mura della quale si rifugiarono gli abitanti conservando il nome datole dai Normanni. Intorno a questa fortezza si sviluppò piano piano tutta la città. Con il passare del tempo Bryghia divenne Brugge e divenne un centro fiorente per il commercio tra le vie del Nord e de Sud, ma specialmente tra i commercianti dell’Ovest e dell’Est (Oesterlingen), ai quali è dedicata una piazza, in quanto furono i promotori della Lega Anseatica. Il periodo di maggior splendore fu il XV secolo, quando le manifatture tessili e le ditte commerciali incrementarono molto la ricchezza della città, tanto che essa diventò, grazie anche ai grandi banchieri italiani che vi si insediarono, specialmente della famiglia Medici, l’equivalente dell’odierna Francoforte. Non per altro l’etimologia della parola “Borsa” deriva dalla famiglia van den Bursen, di Bruges, che sul frontone della casa aveva tre borse scolpite.
Nella piazza antistante alla dimora si tenevano le contrattazioni dei commercianti, molti dei quali veneziani, così il luogo del mercato e delle contrattazioni divenne “la Borsa”. Nel contempo si svilupparono anche le arti, con i pittori della corrente dei “Fiamminghi Primitivi” che, unitamente alla pittura italiana, rappresentarono una delle più importanti scuole pittoriche di quell’epoca.. Tanto importante allora la città che perfino Dante la cita nel XV canto dell’Inferno
Quali Fiamminghi tra Guizzante e Bruggia,
temendo ‘l fiotto che ‘nver lor s’avventa,
fanno lo schermo perché ‘l mar si fuggia;
Purtroppo alla fine dello stesso secolo iniziò il lento declino della città. Un poco le vicende politiche e sociali, ma in principal modo l’insabbiamento del canale che collegava la città al mare, costituirono la causa del suo decadimento. Piano piano tutte le attività si spostarono verso le altre città anseatiche, specialmente ad Anversa che iniziò a fiorire. Questo periodo nero durò per circa quattro secoli. Non essendoci più nessuna attività, gli abitanti cercarono semplicemente di sopravvivere, lasciando tutto inalterato, anche per mancanza di denaro; paradossalmente la miseria di allora è diventata la ricchezza odierna di Bruges, in quanto il centro medievale si è conservato inalterato, diventando così patrimonio dell’Unesco.
La rinascita però è merito degli inglesi. Molti di loro si recavano in una sorta di pellegrinaggio per visitare Waterloo dove Napoleone era stato sconfitto e si fermavano a Bruges, dove il costo della vita, data la condizione miseranda della città, era meno cara.
Molti di loro decisero così di trasferirsi definitamente a Bruges dove, con la loro piccola pensione, potevano comunque vivere bene. Furono loro a riscoprire e valorizzare le bellezze della città e a far conoscere i primitivi Fiamminghi al mondo dell’arte. Un’altra corrente di turisti fu stimolata dal romanzo “Bruges la morta” di Georges Rodenbach, un romanzo simbolista che oggi sarebbe etichettato come un “noir”, dove viene evidenziato l’aspetto tetro e lugubre della città.
Verso il 1900 re Leopoldo II di Sassonia-Coburgo decise di costruire un porto (Zeebrugge) aprendo contemporaneamente un canale che arrivava fino in città. Sempre in quel periodo Brugge venne gemellata con Norimberga, anch’essa con un centro storico magnificamente conservato, gemellaggio ancora molto attivo ai giorni nostri.
La prima guerra Mondiale non arrecò particolari danni a Bruges, tranne la chiusura dei canali da parte degli inglesi per impedirne l’utilizzo ai sottomarini tedeschi.
Ci fu infine la seconda guerra mondiale e qui si può dire che una santa mano salvò la città per ben due volte. La prima volta fu progettata una linea difensiva lungo il canale che da Zeebrugge arrivava fino in città, per fermare un eventuale sbarco degli alleato lungo la costa. Il comandante tedesco però, vista l’inutilità di una Battaglia per Brugge, convocò il sindaco dicendo che qualora lo sbarco fosse avvenuto i tedeschi si sarebbero ritirati per evitare di finire accerchiati. Naturalmente sapeva che il borgomastro avrebbe avvertito gli americani, che invece si diressero qualche chilometro più a sud della città, risparmiando così quelle antichissime abitazioni. Ancora più eccezionale invece fu il secondo avvenimento. Immo Hopman, il comandante al quale era stato ordinato di distruggere a cannonate la città, si rifiutò di eseguire l’ordine, con la scusante che Bruges non aveva nessuna importanza strategica…e fortunatamente i suoi superiori gli dettero ragione, salvando così la città dalla distruzione. Così oggi possiamo ammirare questa cittadina dove, almeno entro “l’uovo”,
il tempo sembra essersi fermato, passeggiare lungo i suoi canali e riacquistare un’altra dimensione.
Cosa ne pensate?