Alfabeto
A Roma ricominciano dall’alfabeto
Alfano
Berlusconi
Casini
…
Chissà se compare Alfio ce la farà (l’uomo al di fuori dai partiti! 😂)
Io credo di no.
—
Inviato dal Veloce promemoria
Pillole
Ho avuto una visione…
La pubblicità in bianconero della Wind … Fiorello emozionato, vestito elegantemente, pettinato ed imbrillantinato…
Sottofondo di organo…
Il sacerdote che dice : scambiatevi gli SMS.
L’attore solleva il velo e sotto appare il viso di
Vendola
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Restyling… Casini, nel simbolo dell’ UDC, sostituisce il proprio nome con Italia,
come se non ci fosse differenza tra i due termini, visti i tempi che corrono.
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Emma Marcegaglia dice che sosterrà un eventuale centro a guida Casini e loda Monti, e vuole qualcuno che riduca le imposte… Probabilmente non ha le idee ben chiare.
tristi prospettive
A scuola ci parlavano di Cincinnnato che, dopo aver salvato la Patria dagli Equi, tornò a coltivare il suo orticello. Non sembra voler fare altrettanto Monti. Il suo governo ha marciato fino ad ora a colpi di fiducia, (34 fino ad ora, un bel record in pochi mesi), lui si propone come l’uomo dellla provvidenza, il salvatore dell’Italia che stava sprofondando nel baratro (oggi invece naviga a gonfie vele, tra fallimenti, disoccupazione, calo della produzione industriale, PIL ridotto sotto zero, entrate fiscali in calo nonostante – o forse a causa – dell’aumento delle tasse, blocco di pensioni e retribuzioni, spread sempre alto anche se la BCE ha acquistato forti quantitativi di titoli, suicidi di imprenditori ed ora anche di lavoratori disoccupati, aumento dei reati legati al patrimonio). Si sussurra che, con l’appoggio del PD, voglia puntare alla Presidenza della Repubblica con un governo a guida PD…
Non è un buon risultato per il “sobrio” professore, che non ha implicazioni di sorta nei bunga bunga, ma che trova comunque le scuse per addossare ad altri alcuni suoi mancati successi. Se lo spread è alto, è colpa delle 3 del rating, (anche se oggi Moody’s ha parzialmente rivalutato l’operato dell’Italia), gli altri interpretano sempre male le sue parole, adesso al meeting di CL, unitamente a Passera, dice che siamo fuori dal tunnel (ma non l’avevo già sentita questa frase? Mah).
Casini, che forse sa qualcosa che è negato a noi comuni mortali, è (peri)patetico nel cercare sempre l’approvazione del premier e nel dargli sempre ragione; lo stesso nel non voler dichiarare anticipatamente le alleanze in caso di elezioni. È palese che cerca di volersi proporre come ago della bilancia e di cercare poltrone ottenendo il massimo dei vantaggi dalla sua modesta percentuale. E Fini che addirittura osa presentarsi a Pieve Tesino quasi a volersi “incoronare” a successore di Alcide De Gasperi, senza averne la statura morale ( ricordiamo che lo statista trentino si presentò alla conferenza per la pace con un cappotto rivoltato, l’altro al massimo può voltare gabbana, perché spesso si è contraddetto ed ha cambiato casacca). La differenza è che De Gasperi era uno statista, Fini nemmeno un politico, ma un politicante, che per puro rancore si è dato la zappa sui piedi senza saper proporre nulla di innovativo.
Che ci vogliamo fare…questa, purtroppo, è l’Italia, la nazione dei battibecchi, dei piccoli interessi personali, delle clientele, dei mugugni, delle piccinerie e via dicendo…..
governo ladro…
Adesso spiegatemi una cosa.
Non passa giorno che Alfano e Bersani critichino l’operato del governo (Casini no, troppo lecchino), ma allora perché continuano ad appoggiarlo? Lo spread è alle stelle, ma nessuno si sogna di chiederne le dimissioni… Con Berlusconi, tutti a dire che la gente arrivava a malapena alla terza settimana del mese, ed ora invece tutti zitti, mentre il premier attuale resta in sella…
Giorno per giorno, dubito sempre più della competenza del bocconiano. Mancano oltre 3,4 miliardi di euro dalle entrate, la maggior parte dovute all’IVA… Ma lui e la sua banda i conti li sanno fare? Se continuano ad aumentare le tasse, le bollette, la benzina, le imposte indirette come l’IVA etc etc, tenendo fermi i redditi che, in termini reali, diminuiscono di parecchio, ovvio che la gente spenda sempre meno e che i consumi, quindi la produzione, abbiano una contrazione. Meno soldi, meno introiti, meno tasse da incassare: una equazione semplicissima, perché il contrarsi dei consumi e delle imposte ad essi relative, superano l’aggravio dell’imposizione fiscale .
L’unica voce che registra un aumento è quella delle imposte di bollo, che ora vessano ogni movimento che operiamo.
Poi, chi prima evadeva, ora lo farà maggiormente, quindi altri soldi detratti allo stato.
La disoccupazione giovanile aumenta? Prevedibile… Se quelli ancora non licenziati o in cassa integrazione si tengono di colpo a lavorare fino a 66 anni, chi farà posto ai giovani? (poi una cosa…che senso ha parlare di disoccupazione giovanile nella fascia 15-25 anni, se la scuola dell’obbligo arriva a 18 anni?).
Nonostante molti (tra i quali il FMI e la Corte dei Conti) abbiano detto e ripetuto che questa tassazione eccessiva porti solo alla depressione, Monti continua incessantemente a parlare di crescita, ma forse più per convincere se stesso che noi altri. Tutti gli ripetono che bisogna diminuire le spese e privatizzare, lui si è limitato ai taxi ed alle farmacie, ma guai a parlare di privatizzare le grandi aziende di stato.
Mi chiedo poi dove siano andati a finire tutti i soldi che fino ad ora ci sono stati estorti… E si prepara, con la scusa del terremoto, a rubarci altri soldi con l’ennesimo aumento dell’IVA nel prossimo ottobre.
Per me, abbiamo iniziato una china che porta al punto di non ritorno…Spero solo di sbagliarmi.
Estratto dal blog di Nicola Porto, riportato su “il Giornale” di oggi
Ieri la ragioneria dello Stato ha comunicato i dati sul gettito fiscale dei primi quattro mesi del 2012. Rispetto a quanto previsto mancano circa 3,5 miliardi. Per inciso si tratta in termini assoluti di quanto lo Stato si attende dal gettito dell’Imu sulla prima casa. Flop, volatilizzati. Nonostante gli aumenti delle imposte sui redditi (le addizionali dei comuni e regioni sono aumentate), nonostante l’incremento di un punto dell’Iva, nonostante in un anno il prelievo sulla benzina sia salito di 20 centesimi al litro, nonostante bolli e nuove tasse su risparmio e rendite finanziarie, nonostante tutto ciò il Tesoro ha incassato meno di quanto previsto in un documento ufficiale di un solo mese fa.
In termini percentuali si tratta di un calo del 3 per cento delle entrate. Tre volte più di quanto sia, per colpa della crisi, diminuito il nostro reddito (misurato dal Pil). Per farla breve l’andamento del gettito fiscale è tre volte peggiore di quanto la crisi ci racconta.
La verità è più semplice e tremenda (dal punto di vista della tenuta dei conti pubblici): il gettito cala perché le tasse stanno ammazzando redditi, consumi e imprese. Il Pil frena anche a causa dell’imposizione.
Facciamo due esempi facili.
1. Il governo si è inventato un superbollo per le auto cosiddette di lusso (sopra i 185 cavalli fiscali). Si attende un gettito di 168 milioni. L’Unrae (associazione costruttori) ha già stabilito che il Tesoro nella migliore delle ipotesi sta perdendo più di 110 milioni in mancata Iva, imposta provinciale e bollo, grazie al fatto che si sono polverizzate le vendite di auto nuove sopra quei cavalli fiscali. Siccome parliamo dell’1 per cento del parco auto in Italia, parliamo di una fascia di popolazione abbiente, meno colpita dalla crisi. Ma che non ha alcuna voglia di farsi fermare ogni tre secondi dalla Finanza e di essere vessata con il superbollo. Su 210mila auto cosiddette di lusso già immatricolate, 40mila hanno già preso il largo verso Paesi stranieri. E anche in questo caso si tratta di manutenzione, ricambi, bolli che non frutteranno più un centesimo al nostro erario. Una somma difficile da quantificare e che rende il bilancio del superbollo negativo per le casse del Tesoro. Bel colpo.
2. Nell’ultimo anno i governi che si sono succeduti hanno aumentato il prelievo fiscale sulla benzina di 20 centesimi: oggi su 1,850 euro di costo medio, più di un euro se ne va in tasse. Sapete qual è la morale? Che i consumi nei primi quattro mesi dell’anno sono crollati del 10 per cento. Come dice il centro studi Promotor, nonostante l’incremento delle imposte, alla fine dell’anno il Tesoro rischia di incassare meno di quanto portato a casa nel 2011 (e pari a 32,5 miliardi).
In Italia le tasse galoppano per stare alle calcagna delle spese. Negli ultimi 8 anni (dati Cgia di Mestre) il costo dei dipendenti pubblici è aumentato del 30 per cento. Alzi la mano quale privato può vantare una simile performance. Il comune di Milano (che pure fa bene a vendersi i gioielli di famiglia) nel 2012 aumenterà le tasse di 250 milioni e le spese degli assessorati di 215. Se fosse stato semplicemente fermo avrebbe fatto un favore a tutti.
quanto sei bella Roma….ma disorganizzata
I capitalini (scritto volutamente cosi’…abitanti della Capitale), sono a volte come bambini viziati.
Pienamente d’accordo col fatto che non siano abituati alla neve, ma se paragono i 20/30 cm di Roma Capitale al metro ed oltre di alcune altre zone, mi viene da sogghignare. Già, perché avere in magazzino delle lame da adattare alle ruspe, trasformandole in spazzaneve e non usarle in quanto non si è a conoscenza della loro esistenza, è sintomo di faciloneria ed incompetenza.
Chiudere le scuole va bene, ma gli uffici pubblici? Che si sappia, le attività private hanno funzionato regolarmente: un dipendente privato è meno privilegiato del pubblico?
Poi la cosa paradossale: chiedere degli spalatori al nord-est. Ora, per spalare la neve non ci vuole chissà quale specializzazione: per spalare, bastano buone braccia e buona volontà, è possibile che in una capitale di 2.800.000 abitanti non si trovi qualche centinaio di disoccupati disposti a tale compito? Oppure, nonostante l’altisonante dicitura “Capitale” non è capace di cavarsela da sola? Del resto, se Alemanno puo’ spalare (*), possono farlo pure gli altri, senza dover invocare la protezione civile (alla quale, finalmente sono state riconsegnate molte competenze) per qualche centimetro di neve! Del resto la capitale era andata precedentemente in tilt anche per qualche acquazzone estivo. In Veneto, Liguria, Piemonte, Sicilia ed altre parti d’Italia interessate da alluvioni e frane, i primi a tirarsi su le maniche sono stati i cittadini stessi.
E pure le televisioni…dopo “l’emergenza” dell’altro giorno, basta con le notizie attimo per attimo, quartiere per quartiere, sulla neve a Roma! Nessuno ad esempio ha parlato della neve caduta in Sardegna, della quale mi ha parlato un amico e documentata dalle fotografie di Serena…
http://serena-ilsuospazio.blogspot.com/2012/02/mostra-non-permanente-scultura.html
(*)vedere Alemanno e Casini che spalano mi sa tanto di operazione mediatica, come quella del guru Dario Fo che si era recato a Milano in via Lecco con scope e spazzoloni al seguito, ma poi avevano pulito gli altri…
liberalizzazioni
Se ho una torta e la divido tra 4 persone, ciascuna di loro avrà una fetta sostanziosa. Se la medesima torta la suddivido tra 5 o 6 persone, la fetta diminuirà di conseguenza. È un problema di semplicità elementare. È quello che sta succedendo con le liberalizzazioni dei bocconiani. Aumentando, per puro esempio, il numero delle farmacie, non è che si aumentino i consumi, a meno che qualche untorello non giri a diffondere dei virus incrementando il numero degli ammalati. Se la torta farmaceutica dovrà essere suddivisa tra qualche migliaia di farmacie in più, diminuendo il ricavato delle vecchie già sul mercato, come faranno i farmacisti che vedono decrementati i loro introiti a praticare degli sconti, favorendo i consumatori? Sono invece favorevole all’estensione dell’orario di lavoro. È impensabile che nei giorni festivi in una città di 100mila abitanti ci sia una sola farmacia di turno! Lo stesso vale per edicole..il quotidiano, come già ho espresso in un post precedente, avrà il medesimo prezzo sia dall’edicolante che nel supermercato… Dove sta il vantaggio per me consumatrice? E l’edicolante invece, possedendo solo quel prodotto merceologico, sarà costretto a soccombere alla grande distribuzione. Invece quella degli ordini professionali, con l’abolizione delle tariffe minime, potrebbe essere una liberalizzazione vantaggiosa, anche perché il cliente potrà richiedere un preventivo. Ma i professionisti hanno delle caste pressocché intoccabili… Altro che abolizione degli ordini, come in tutto il resto dell’Europa! Ed infatti sono già sul piede di guerra. Non mi fido molto delle assicurazioni: di riffa o di raffa trovano sempre il modo di fregarti e di aumentare i premi assicurativi…vedo noi, con la classe minima della RCA auto, mai riusciti ad ottenere una diminuzione. Calava la classe ed il premio aumentava comunque, con ogni tipo di scusa…(e me lo conferma un parente che sta nel ramo!). La benzina? Abolizione dell’esclusività del marchio? Come se io, abituata da sempre ad acquistare la pasta Barilla perché ne riconosco la qualità, mi dovessi accontentare in futuro di un prodotto meno conosciuto, (magari nella medesima confezione). Mi chiedo come faccia Monti ad essere ottimista sbandierando un aumento del PIL del 10%…in quanto tempo? Di certo non in un anno, perché nemmeno la Cina, la “tigre orientale” riesce a fare tanto, fermandosi al 9%… Inoltre sta creando delle nuove Authority, che altro non sono dei carrozzoni di stato mangiasoldi e che di certo non risolvono i problemi.
Ed intanto l’alfabeto filogovernativo (A B C) si spertica nelle lodi a Monti, salvo dire: Alfano che il PDL sosterrà le liberalizzazioni, ma che queste dovranno toccare anche le banche, e nel frattempo si va avanti così perché non c’è una soluzione alternativa; Bersani a chiedere che si faccia in fretta di più e meglio, ma non è dato sapere cosa; Casini, l’unico incondizionatamente “innamorato” del premier, ma lui si sa che sta già preparando un rientro alla grande…
oggi 8 novembre 2011…
(immagine tratta da notiziario ANSA)
Era prevedibile il non raggiungimento della maggioranza al Governo e l’escamotage di approvare il disegno di legge del Rendiconto Generale ricorrendo all’astensione dal voto. Ho già etichettato come topi che fuggono i transfughi (quando si abolirà l’elezione “senza vincolo di mandato”, costringendo alle dimissioni chi cambia bandiera?), ma ho l’impressione che il Terzo polo abbia avuto il solo scopo di far cadere Berlusconi, sfangando però la responsabilità di andare al governo e mirando solo a mantenere il cadreghino grazie ad un eventuale governo di larghe intese (o di unità nazionale o di emergenza o tecnico o… etc etc) che scongiurerebbe nuove elezioni. Già’ perché Casini, da vecchia volpe democristiana, sa bene che nessuno possiede la ricetta per cambiare tutto in breve tempo, non c’è la bacchetta magica per risolvere i problemi, iniziando dallo spread a quasi 500. Un governo tecnico potrebbe solo far approvare misure popolari, ossia la tanto discussa patrimoniale, ma nessuna manovra cosiddetta strutturale, ad iniziare dall’età pensionabile e della modifica del mercato del lavoro. Esauriti questi fondi però si ricomincerà tutto daccapo, se non viene avvertita la necessità di diminuire le spese invece di aumentare sempre le entrate a mezzo le tasse.
Intanto si assiste al ritorno degli zombies, ossia Vincenzo Scotti (detto Tarzan per la sua capacità di saltare da una corrente all’altra nell’ambito della DC) e Paolo Cirino Pomicino. Si potrà dire che è il nuovo che avanza (sic!)…dato che il primo ha 75 anni suonati e l’altro solo 72 . Vabbè, anche Berlusconi ne ha 75 e Bossi 70, ma consideriamo che Casini è del 1955, Rutelli del 1954 e Fini del 1952, Bersani del 1951, Di Pietro del 1950, Vendola del 1958 e sono considerati giovani. Fa eccezione D’Alema che è del 1949…ma forse solo perché è da più tempo in politica pur essendo di solo un anno più vecchio di Di Pietro. Andreotti, che di primavere ne conta 92, resta a guardare…Poco da dire, gli ex DC sono come Highlander, che resisteva agli attacchi del tempo, eliminando gli avversari uno ad uno. Alla fine chi di loro resterà? Non ci resta che aspettare…
Così va il (nostro piccolo) mondo
Matteo Renzi va dicendo quello che in molti, me compresa, pensano e scrivono da parecchio tempo, ossia che l’opposizione è carente di idee ed è tenuta assieme solo dall’antiberlusconismo. Per queste sue affermazioni viene osteggiato anche dal partito cui appartiene, che lo ha “garbatamente” invitato a fare gavetta prima di poter accedere ai posti di comando. Se in linea di massima si può essere d’accordo con i “vecchi” che possono accampare a loro favore lunghi anni di esperienza nel campo politico, ragionando coerentemente invece bisogna chiedersi cosa hanno fatto di concreto i vari D’Alema, Bersani, Franceschini, Veltroni, Bindi e chi ne ha più ne metta (tralascio volutamente Prodi…). Cosa ci hanno saputo offrire? La litania che giornalmente ricorre è “Berlusconi deve dimettersi”, e se per certi versi si può anche convenire con questo, cos’hanno da proporre di diverso se non un governo di unità nazionale e quali decisioni prenderebbero? (a parte che non ce la vedo la Bindi concordare con Vendola o Casini con Di Pietro…). A Berlusconi viene anche imputata la crisi che ormai è planetaria e coinvolge tutti i paesi. In Spagna, Portogallo, Grecia ed Irlanda ( i cosiddetti PIGS) Berlusconi non c’è…eppure vanno male. Nemmeno la Francia con Sarkozy se la cava meglio di noi, anzi le sue banche sono molto più fragili delle nostre. Lo stesso dicasi della Merkel in Germania, e lo stesso Obama non verrà certamente rieletto.
Noi a nostro discapito abbiamo solo un enorme debito pubblico, che data ormai da decenni, e non è certo colpa di Berlusconi, tutti parlano di crisi ma le code non le fanno davanti ai negozi di pasta e pane o di frutta e verdura, ma davanti alle catene della Trony. Nel nostro paese annualmente vengono venduti 23 milioni di telefonini…
Alla faccia del prezzo stratosferico dei carburanti (oggi la blu super Agip costava 1,715 euro), le strade sono intasate dal traffico. In giro vedi bambini delle elementari attaccati al cellulare…qualcosa non mi torna. Tra le affermazioni ottimistiche del Premier e quelle ultranere delle Cassandre dell’opposizione, c’è una enorme zona grigia in cui si colloca di tutto e di più. Siamo un popolo che vive al di sopra delle proprie possibilità. In molti rinunciano al cibo, ma non all’ultimo gadget tecnologico o all’abbigliamento firmato. Compriamo meno libri e cultura, però guai a non rinnovare l’abbonamento alla palestra o a non partire in vacanza per destinazioni esotiche…
Diamo in conclusione più credito all’apparenza che alla sostanza, ma lo stesso mercato richiede questo: quante cose potrebbero essere riparate ma vengono buttate? Chi aggiusta più un ferro da stiro? Lo si butta e se ne compra uno nuovo. Il cellulare che abiamo non è provvisto di determinate funzioni? Via…e se ne acquista un altro! Ovvio che così si incrementano i consumi e in tal modo l’economia “gira”, ma fino a quando potrà reggere questo sistema?
E intanto da noi si incrementa il mercato delle vacche…solo che se è uno Scilipoti a lasciare l’IDV all’opposizione per appoggiare il governo Berlusconi si dice che il parlamentare è un traditore, se altri invece lasciano il PDL per andare all’opposizione, sono persone che dimostrano grande senso di responsabilità…Io li considero topi che lasciano la nave che affonda…
In conclusione, questa è l’Italia dei burattini, dei sor Tentenna, che decide di non decidere, rimandando ogni cosa sine die, e se putacaso qualcuno ha delle idee, subito lo bollano e lo invitano a non scalciare…
Figura…istituzionale
Ricordo quando durante la campagna elettorale in Lazio per l’elezione del nuovo governatore, Fini non intervenì accampando la scusa di essere una figura istituzionale e quindi super partes. Fu quindi lo stesso Berlusconi a scendere in campo per sostenere Renata Polverini (tra l’altro “creatura” di Fini, provenendo dalla CISNAL e dall’UGL) consentendole di vincere le elezioni ancora al primo turno contro Emma Bonino.
Ma allora che ci faceva sabato a Milano il nostro caro presidente della Camera, unitamente a Casini e Rutelli? Sosteneva il candidato sindaco della città, Manfredi Palmeri… Pur di avere visibilità, Fini ha accantonato la “figura istituzionale”, e fa solo una FIGURACCIA.
Dalle stelle alle stalle
Da “il Giornale “ di oggi, articolo di Stenio Solinas
L’idea che qualcuno possa riconoscere in Gianfranco Fini un pensiero politico, mi ha sempre affascinato e il vedere oggi al suo fianco intellettuali e colleghi di partito un tempo suoi fieri avversari, mi conferma nell’idea che non c’è niente di più reale (…)
(…) dell’illusione. Nel suo DoppiFini. L’uomo che ha detto tutto e il contrario di tutto (Vallecchi, 228 pagine, 16 euro) Luca Negri passa brillantemente in rivista un trentennio e passa di politica finiana e si sforza di cavarci una logica: cosa nasconde, sembra chiedersi, questo funambolismo? Si sa che la natura ha orrore del vuoto e, come ogni giornalista che si rispetti, Negri cerca delle risposte. Si può essere, cito a caso, fascista e antifascista? Contro gli omosessuali e a favore degli omosessuali? Contro l’immigrazione perché corrode la nazione e a favore dell’immigrazione perché rinsalda la nazione? Contro la magistratura politicizzata e per la magistratura che fa politica? Cosa c’è dietro, di fianco, davanti?
Nel quindicennio che ha visto lo sdoganamento dell’allora Movimento sociale e l’ascesa politica di Fini, l’unico dato certo è che come segretario di partito è riuscito nell’incredibile impresa di farsi mangiare il partito stesso dal suo alleato di riferimento. Non è accaduto alla Lega di Bossi, non è accaduto all’Udc di Casini: avevano un progetto e un’idea politica e li hanno difesi, pagando dei prezzi, facendo delle scelte. Fini si è lasciato guidare dalla convinzione che un professionista della politica, quale lui si picca di essere, non avesse bisogno di alcuna strategia, potendo contare sulle proprie capacità tattiche. Ha avuto così, e così ha garantito, incarichi importanti e ministeri, in una logica di delfinato, l’unica che conosce per averla praticata con successo, che nella sua testa lo vedeva biologicamente vittorioso. Alla fine si è ritrovato senza regno e senza buona parte della corte, tutto sbagliato e tutto da rifare e, insomma, si ricomincia da capo. Rifondare un partito, diventare opposizione… L’uomo che volle farsi re, potrebbe essere il titolo del nuovo film destinato a sostituire i Berretti verdi della sua giovinezza cinematografica e politica.
Tanti anni fa, mi capitò di definire il Fini allora in corsa per la segreteria missina «un paio di occhiali sul nulla». A qualcuno, molti anni dopo, sembrò ingeneroso: era divenuto vicepresidente del Consiglio, aveva il secondo partito della coalizione, ministri di Alleanza nazionale, l’erede del Msi che fu, erano presenti nell’esecutivo… Il fatto è che si trattava di risultati talmente inimmaginabili ai tempi di quel giudizio, che per essi si poteva tranquillamente parlare di miracolo, elemento che non attiene alla politologia, anche se aiuta.
Va detto altresì, per capire meglio quella definizione, che il nulla, come pensiero politico, ha una sua logica e una sua grandezza. Nell’Italia terminale della Prima Repubblica qualsiasi scelta ideologica, di programma, di alleanze, di strategie avrebbe comportato per l’allora Msi la necessità di un ripensamento critico su se stesso, un sicuro, ulteriore ridimensionamento elettorale a breve termine, un incerto futuro in ripresa a lungo. Scegliendo di non scegliere, scegliendo cioè il nulla, Fini si attestò su una linea funeraria: celebrava le esequie del suo partito, ma ritardava il più possibile il momento del trapasso.
Poi arrivò Tangentopoli e un Msi escluso da tutti i giochi si ritrovò improvvisamente in corsa. Nei due schieramenti che andavano formandosi, il nulla finiano si rivelò un elemento vincente: permise un’alleanza con soggetti non propriamente omogenei (l’anti-italianità della Lega, il capitalismo all’americana di Forza Italia, residui e spezzoni socialisti e democristiani) favorì in un partito orgoglioso quanto sterile in termini di leadership, una concezione gregaria nei confronti del partner più forte della coalizione.
Il capolavoro del nulla fu infine Fiuggi. Così come l’eredità fascista era stata l’unica identità a cui Fini aveva ancorato un Msi ridotto al lumicino, o a fuoco fatuo, vista la logica sepolcrale che ne era alla base, il tributo antifascista fu visto come la sola via d’uscita dal rischio della ghettizzazione sempre, della non accettazione ancora. Cosa questo dovesse e potesse significare in termini politici venne considerato secondario. L’importante era togliersi la camicia nera. Al resto, semmai, si sarebbe pensato dopo. Così, non pensando, il nulla politico celebrò un nuovo soggetto e costruì il proprio trionfo.
Successivamente cominciarono i guai: il «ribaltone», la sconfitta elettorale, il potere giudiziario che sembrava aver messo alle corde Berlusconi… Fini commise allora il suo primo e unico errore, quello di pensare. Pensare politicamente, s’intende. Ritenne cioè che da numero due della coalizione potesse divenire numero uno, o quanto meno smarcarsi: fu il tempo della Coccinella e dell’Elefante. Si sa come finì.
Dopo di allora Fini tornò al nulla da cui era partito e che conosceva come le sue tasche, e per più di un decennio l’ha praticato da par suo. Era un nulla che però lasciava sul terreno alcuni elementi su cui ci si sarebbe dovuti invece interrogare per tempo. Un partito senza identità, per esempio, e senza prospettive autonome, non più identificabile, sottostimato in termini di potere reale. Una sensazione di debolezza, di tutela altrui, in secondo luogo, complice una insufficienza della sua classe dirigente. Ancora, un complesso d’inferiorità culturale, estrinsecantesi in puro e semplice becerismo intellettuale o in supina accettazione della cultura altrui, vista come legittimante della propria recente e improvvisata democraticità. In ultimo, una leadership più interessata al proprio immediato tornaconto, nel senso nobile del termine, che non al patrimonio di una forza politica in quanto tale.
Il risultato finale del nulla politico consisté nell’annullarsi completamente come partito… Avvenne, per la verità, un po’ obtorto collo, ma opporvisi a quel punto avrebbe implicato un pensare politicamente, cosa che, abbiamo visto, Fini non è in grado di fare. Si preferì la favola della cofondazione (e invece, naturalmente, era una colonizzazione), nuovi intellettuali di riferimento gliela spiegarono con la teoria che così si usciva anche, e definitivamente, dall’equivoco post-missino che di fatto ancora impiombava le sue ali di leader, e, come sottofondo, rimase il «mantra del delfino», ancora più delfino visto che Bossi e Casini avevano rifiutato di farsi inglobare nel progetto unitario. Ci fu persino chi teorizzò l’idea della «presa dal potere dall’interno», ma qui siamo sì alle comiche finali…
Ciò che è venuto dopo, è storia risaputa, di cui nel suo libro Luca Negri, come dicevamo all’inizio, cerca di capire il senso: avrebbe dovuto chiedere lumi a quella canzone di Vasco Rossi: «Voglio dare un senso/ un senso a questa storia/ anche se questa storia/ un senso non ce l’ha»… Politicamente parlando, s’intende.
Il fatto è che le uniche tattiche che Fini sa praticare, pensando siano delle strategie, sono quelle già ricordate del delfinato e del nullismo. Come ne esce è un disastro, perché comporta un’elaborazione di pensiero che non gli appartiene; una certa pigrizia fisica e la presunzione, invece tutte sue proprie, complicano poi il tutto. Detto in altri termini, si può anche ipotizzare una destra nuova, di governo o di opposizione (in fondo c’è ancora chi si chiede se ci sia vita su Marte…) e si può anche pensare che la possa incarnare un leader senza idee. Resta però da chiedersi se la tendenza al nullismo non sarà più forte. Quanto al delfinato, Fini ha sessant’anni e sempre di più comincia ad assomigliare a Carlo d’Inghilterra. Senza Camilla, è vero, ma con un cognato.
Cosa ne pensate?