La vita è sogno, soltanto sogno, il sogno di un sogno (Edgar Allan Poe)

la mia terra

Una ca..ta pazzesca

cane-bisogniA Bolzano ne hanno studiata un’altra.

Dal primo gennaio, tutti i proprietari di cani saranno obbligati a versare l’importo di 65 euro per mappare il DNA del proprio cane, ed individuare così chi non raccoglie gli escrementi del proprio animale.

Premesso che per quanto concerne i cani Bolzano è una città pulita e che gli incivili che non raccolgono le deiezioni sono davvero pochi, l’amministrazione provinciale OBBLIGA a pagare 65 euro per una ca..ta simile? Penso agli anziani con pensione ai limiti della sussistenza che tengono un cagnolino per compagnia: costringerli ad un simile esborso è una vigliaccata. Poi, come fare con i turisti?

In città ci sono ben altre storture: immondizie voluminose (materassi, frigoriferi, televisori ed altro, stamattina anche un attaccapanni) lasciate accanto ai cassonetti, quando con una telefonata ed una modica spesa gli addetti si incaricano di portarle via; extracomunitari che orinano e defecano nelle viette laterali (a loro il DNA non viene mappato); borseggi ed altri reati cosiddetti “minori” , baby gang e bulletti vari, cantine svaligiate (nel periodo natalizio ci sono state parecchie “visite” indesiderate): queste sono le cose che indignano i cittadini. La cacca del cane, pur fastidiosa, è l’ultimo dei problemi. A pagare poi non saranno solo i proprietari di cani (io non ne ho), ma tutta la collettività: il costo dei 65 euro pro-cane non coprirà certo le spese delle analisi, poi vorrò vedere chi verrà incaricato del delicato compito di raccogliere le deiezioni canine: si useranno i soliti “operatori ecologici”, magari con la mansione “specializzato”? Oppure verrà assunto altro personale?

Non sarebbe stato meglio spendere diversamente determinati fondi senza inventarsi manovre astruse e senza alcun senso?


Grrrr

Da lunedì altre tre settimane di duro confinamento a Bolzano, negozi nuovamente tutti chiusi, obbligo di mascherina FFP2 se si entra nei supermercati o sugli autobus, divieto di uscire dal comune di residenza con l’auto (a piedi o in bicicletta si può)…manovre a dir poco DEMENZIALI, e multe che fioccheranno a bizzeffe.

Però se chi si accalca sono i giornalisti per intervistare Conte e compagni, allora va tutto bene…

Vi risulta ci sia mai stata una moria di fotografi e/o giornalisti?


Cronache da Bolzano.

Nell’ultima ordinanza del governatore altoatesino Kompatscher è CONSIGLIATO (non obbligatorio) l’uso delle mascherine Ffp2 qualora ricorrano le circostanze implicanti una maggiore probabilità di contrarre il Covid (ospedali, cliniche, mezzi pubblici affollati e simili).
Già da questa mattina la maggior parte delle persone, simili ad un gregge di pecore, dismesse le mascherine chirurgiche, sfoggiava le nuovissime Ffp2, anzi ho visto addirittura cose allucinanti, tipo gente che portava le Ffp2 sopra le chirurgiche.


Questo perché camminando per le strade bisogna scavalcare le migliaia di cadaveri schiattati durante una passeggiata mentre centinaia di ambulanze sfrecciano a sirene spiegate verso l’ospedale dove i reparti covid sono ormai al collasso. (ovviamente sono sarcastica).


Nel frattempo, sono stati nuovamente chiusi (tranne che per l’asporto) ristoranti e bar, fatta eccezione per le mense (!?) ma non gli altri esercizi commerciali, perché è noto che il Covid si diffonde solamente in quei posti, mentre schiva attentamente ferramenta, estetisti, lavasecco, fiorai, parrucchieri, negozi di giocattoli, cartolibrerie, le scuole ecc. ecc. Ricordo inoltre che l’ordinanza URGENTE, è stata firmata martedì, però entrerà in vigore solamente domenica, perché in questo lasso di tempo il virus si riposa in attesa di sferrare l’attacco definitivo da domenica mattina…alla faccia dell’impellenza.


L’ultima neve di primavera?

Beh, forse le manifestazioni dei giovani servono davvero a raffreddare il clima. 🙂

Stamattina, montagne intorno alla città spruzzate di neve, mentre alberi e cespugli lungo le strade erano fioriti.

Inizio di primavera o ultimi giorni d’inverno?


Ricorrenza

Voglio sganciarmi dalla solita retorica per il 4 novembre. Non la ritengo una festa per la Vittoria, per me significa solo la fine di un conflitto che ha causato tanti morti al fronte, tante distruzioni, tanto dolore anche tra chi non ha combattuto, ma ha perso un marito, un figlio, un fratello ed ha avuto la casa distrutta.
Seicentocinquantamila morti, oltre un milione di mutilati, una intera generazione di giovani in età lavorativa decimata… che bel risultato. Un disastro economico che in sé fece germinare nazismo e fascismo.
Un conflitto che non ha sanato le divergenze, anzi le ha inasprite, ridisegnando i confini europei in maniera assurda e dissennata, e la mia provincia ne è la prova concreta, con l’astio tra la popolazione autoctona tirolese e quella forzatamente importata per italianizzare la zona durato decenni.
Lo so, tantissimi criticheranno quanto ho scritto ma il Sudtirolo, dove non fu sparato un sol colpo, venne però assegnato all’Italia solo in virtù di presunti confini naturali disegnati dalle Alpi.
Per Trento era diverso, la zona era italofona, anche se non tutti gli abitanti anelavano a congiungersi all’Italia.
Per quanti si indignano per la fine di Cesare Battisti, c’è da considerare un punto di vista pienamente valido in TEMPO DI GUERRA: Battisti a tutti gli effetti era cittadino austriaco (pure mio nonno, trentino, funzionario delle Ferrovie Austroungariche, lo era) quindi PER GLI AUSTRIACI era ovviamente un disertore ed un traditore, anche perché era deputato presso il Parlamento viennese. E la fine atroce di Battisti fu anche quella di tanti irredentisti che credevano in un’Italia unita.
Pietà per gli irredentisti morti per una causa che ritenevano giusta, pietà per chi ha combattuto una guerra che giusta non era (anche per i vari motivi economici che ne stanno dietro, perché le guerre convengono sempre a qualcuno), pietà per chi, accusato di codardia, veniva comunque spinto a combattere con le buone o le cattive o, peggio, fucilato alla schiena.
Io cambierei nome a questa ricorrenza: Giornata del Ricordo delle vittime di guerra, perché alla conclusione di una guerra, alla conta dei morti, nessuno risulta vincitore, e tutti sono sconfitti.
Mi sta bene invece ricordare le Forze Armate, che anche in questi giorni stanno dando prova di abnegazione assieme alle altre organizzazioni civili, ed a tutti loro va il mio ringraziamento.


Verkaufte Heimat

Santo subito

Di chi parlo?

Del mitico Salvatore Aranzulla, al quale ricorro ogni volta che ho dei problemi con il PC e con internet. Sul suo sito posso davvero trovare di tutto, ed ho risolto delle rogne per le quali avrei dovuto rivolgermi ad altre persone più competenti, se non addirittura all’assistenza di Andrea, il tecnico al quale mi rivolgevo da sempre e che purtroppo ha appena chiuso il suo esercizio.

Questa volta avevo bisogno di salvare del filmati di You Tube ai quali tenevo particolarmente.

Si tratta della serie di “Verkaufte Heimat” (Patria venduta), 4 episodi che ho potuto vedere a spizzichi e bocconi, vista la lunghezza di oltre 7 ore, serie che sarebbe rimasta visibile su You Tube, grazie alla convenzione della Provincia di Bolzano, ma solo fino al 31 dicembre di quest’anno.

Ci tenevo davvero tanto, perché narra, anche se in forma romanzata, le vicende del Südtirol, dall’epoca fascista, durante la quale agli abitanti venne negato perfino l’uso della lingua tedesca e delle vessazioni cui furono sottoposti, attraverso le vicende di tre famiglie, i Rabensteiner (poi italianizzati in Pietracorvo), i Tschurtschenthaler e gli Oberhollenzer.

La vicenda si snoda attraverso gli anni, toccando temi come quelli degli optanti per la Germania, contrapposti ai Dableiber,(letteralmente “i rimasti qui”) che invece preferirono rimanere nella terra natia, dell’occupazione dei masi rimasti liberi da parte di famiglie meridionali con lo scopo di italianizzare la zona, fino ad arrivare agli anni dell’irredentismo sudtirolese, iniziato con la “notte dei fuochi” del 1961 con i primi attentati terroristici, in quanto l’autonomia promessa era rimasta solo sulla carta, senza trovare attuazione. L’ultima puntata è la più tragica, quando agli attentatori nostrani, – che si erano limitati a minare tralicci anche se era stata causata accidentalmente la morte di un innocente stradino dell’ANAS – si affiancarono terroristi neonazisti provenienti dalla Germania, che volevano strumentalizzare le ambizioni separatiste del Südtirol e causarono moltissimi attentati con vittime, specialmente tra le forze dell’ordine: questo causò la rappresaglia italiana, con arresti ed anche torture di quanti vennero imprigionati.

Filo conduttore, più o meno accentuato, la storia di Anna Tschurtschenthaler che, contro il volere della famiglia, sposa un carabiniere di origini meridionali. La morte di quest’ultimo, in un attentato cui avevano partecipato i due fratelli di Anna, la mette in contrasto con il figlio che a tutti i costi vuole vendicare la morte del padre.

Bellissimi i paesaggi, nella fattispecie quelli della Val Venosta, dove è ambientata la vicenda, con i campi ripidi dove le coltivazioni sono problematiche; belli gli interni delle case, con le classiche Stube riscaldate dalle Kachenhofen. Un certo momento si vedono anche le cave di marmo di Lasa.

Grandi sono le figure femminili, (Paula, Gerda) spesso in disaccordo con le decisioni dei mariti, quando ad esempio vogliono emigrare in Germania o progettare attentati, ma che poi restano comunque a fianco dei loro uomini, e importante anche il personaggio del parroco che, pur ritenendo giuste le rivendicazioni, disapprova ogni forma di violenza.

Le prime due puntate sono state dirette dalla regista Karin Brandauer, le due successive da Gernot Friedel. Tutti gli episodi, girati sia in italiano che in tedesco, sono fortunatamente sottotitolati nella lingua non usata nel parlato, perché anche se riesco a seguire quando viene usato l’Hochdeutch, il dialetto invece è parecchio ostico e sono riuscita a capire ben poco.

Così fortunatamente sono riuscita a scaricare e salvare (usando due programmi…non si sa mai) tutte le quattro puntate in modo da poterle poi rivedere di seguito con calma in tempi successivi .


Il “cavaliere delle rose”

E dopo Tonino, il personaggio che stazionava in Piazza delle Erbe con il suo motocarro “attrezzato” vendendo giocattolini e souvenir (del quale avevo scritto il 26 febbraio 2014), dopo una lunga malattia se n’è andato anche Filippo Rizzo, al quale avevano dato il romantico titolo di “cavaliere delle rose”.

Anche lui era un tipico personaggio della Bolzano di un tempo, e per circa 40 anni ha gestito il banchetto all’angolo di via Goethe con piazza Domenicani. Piccolino, rotondetto, sempre sorridente sotto i suoi baffoni, assai gentile (e per questo l’appellativo di “cavaliere” gli si confaceva benissimo), vendeva fiori, specialmente rose, che amava particolarmente, essendo anche i fiori preferiti dalla moglie deceduta anni fa, coltivandole anche nel suo giardino in Sicilia.

Personaggi della mia città, sconosciuti alle generazioni più giovani, ma che le persone di una certa età ricorderanno con simpatia e nostalgia.

 


Doppio passaporto

Quante polemiche per il doppio passaporto che dovrebbe essere consegnato, su richiesta, a quanti, di lingua tedesca o ladina, ne facciano richiesta.

Allora ho fatto delle ricerche su internet, ed ho scovato una cosuccia interessante, trovando la legge 8 marzo 2006 n.124.

Bene, con la succitata legge si permette alle persone già residenti dal 1940 al 1947 in terre che furono italiane come l’Istria e la Dalmazia, territori diventati jugoslavi in forza dei trattati di Parigi del 10 febbraio 1947 e di Osimo del 10 novembre 1975, di ottenere la cittadinanza italiana in aggiunta a quella attualmente posseduta, beneficio esteso ai loro discendenti.

Quindi una cosa è buona e giusta se la permettiamo noi ma non va bene invece se a richiederla è un altro stato straniero nei confronti di persone che nella mia provincia parlano la lingua tedesca. 

Ho sempre ribadito, pur essendo io italiana, che il Tirolo è tedesco.

Un po’ di storia.

Il primo conte di Tirolo di cui si abbia notizia è Mainardo II che nel 1259 ereditò la contea dal padre Mainardo I, mentre al fratello Alberto I spettarono i territori di Istria, Gorizia , Friuli.

Il Tirolo era un territorio posto in posizione strategica tra le ricche zone di commercio venete e padane ed il nord Europa. Mainardo II si adoperò per rendersi indipendente dai principati vescovili di Trento e di Bressanone, sminuendo nel contempo l’influenza della nobiltà locale con l’assegnazione dei territori ai contadini e l’affidamento di compiti amministrativi a persone anche di censo plebeo. Finanziariamente favorì una tassazione basata più sui dazi e sulla zecca piuttosto che sulle rendite fondiarie, privilegiate dalla nobiltà.

Il Tirolo divenne quindi una nazione che, per quanto piccola, era finanziariamente solida, con una moneta forte, la cui economia si reggeva più che altro sugli scambi commerciali e sulle estrazioni di argento e salgemma. I confini del Tirolo stabiliti in quell’epoca da Mainardo rimasero pressoché immutati fino al 1918.

Le varie vicissitudini politiche e le successioni dinastiche, troppo lunghe da riferire, portarono il Tirolo ad essere governato dagli Asburgo.

La sconfitta degli Asburgo ad opera di Napoleone nel 1805 determinarono una scissione della contea del Tirolo: una parte venne assegnata alla Baviera, l’altra, che gravitava attorno alla zona di Bolzano, fu assegnata invece al Regno d’Italia Napoleonico, costituendo il dipartimento dell’Alto Adige (ecco da dove proviene il nome, non certo un’invenzione del fascista Ettore Tolomei come molti credono).

Già in quel periodo si verificarono insurrezioni, specie ad opera di Andreas Hofer che, per l’indipendenza della sua patria, combatté contro francesi e bavaresi, finché venne arrestato e fucilato a Mantova.

Con la Restaurazione e la conseguente caduta di Napoleone, il territorio venne riunito, ma passò interamente sotto il regno d’Austria (1814), divenuto poi impero austro-ungarico (1867),

Come si può notare, il Tirolo non fu mai italiano in senso stretto: fu solo il trattato di Saint-Germain del 1915 a smembrarlo, assegnando la parte meridionale del Tirolo all’Italia solo per il principio della “frontiera naturale” costituita dalla catena delle Alpi, senza tener conto della lingua e delle tradizioni della gente che abitava questo territorio. Territorio quindi “assegnato” e non conquistato, dove non venne sparato neppure un colpo…contrariamente a quanto pensano alcuni che confondono il Trentino – pur appartenente in parte al Tirolo, ma prevalentemente italofono – con l’Alto Adige.

La concessione del doppio passaporto è, per mio conto, una questione puramente formale, in quanto ormai in Europa vige la libera circolazione tra gli stati membri. Semplicemente restituirebbe un’identità a chi a tutt’oggi si sente tirolese a tutti gli effetti.

Un ultimo appunto, Suedtirol, come dice una nostra politica, ist nicht Italien (il Sudtirolo non è Italia), però, aggiungo io, non è nemmeno Austria: è Tirolo e basta.


Mercatino

Aria di Natale, primi turisti in attesa del pienone in occasione del ponte dell’Immacolata


Lo scempio

Lo scempio si è finalmente compiuto.

Il bassorilievo sito sul frontale del Palazzo degli Uffici Finanziari, rappresentante Benito Mussolini a cavallo, con la scritta “Credere, Obbedire, Combattere”e varie altre scene, opera tra l’altro dello scultore sudtirolese Hans Piffrader, è stato “depotenziato”, come dicono le anime colte, o “deturpato”, come dicono altri, tra i quali anche parecchi esperti d’arte molti dei quali di lingua tedesca, da una scritta luminosa nelle tre lingue della provincia (ladino, tedesco e per ultimo l’italiano) da una frase “attribuita” alla filosofa ebrea Hannah Arendt “Nessuno ha il diritto di obbedire”.

Orbene, la frase mi suona alquanto strana.

DIRITTO di obbedire”?

Cosa significa?

Mi sembrerebbe più logico scrivere “DOVERE”.

Si DEVE obbedire ad un ordine, ma se questo è iniquo, ci si può RIFIUTARE di eseguirlo.

Per la suddetta decontestualizzazione inoltre si sono spesi circa 300mila euro pubblici, quando sarebbe bastato apporre una targa all’ingresso con la frase (astrusa) incriminata.

Poi ci lamentiamo di talebani che abbattono i Buddha e di Isis che distrugge la millenaria città di Petra, quando abbiamo gli iconoclasti tra di noi. E chi distrugge i monumenti, chi crede così di annullare la storia, significa solo che ha paura del passato.

Lungi da me difendere il fascismo, che tanti danni ha causato qui in provincia, ed è la causa primaria del terrorismo che ha insanguinato questa terra per lungo tempo: parlo solo dal punto di vista artistico.

Piccola soddisfazione: alla cerimonia erano presenti un centinaio di persone, per lo più personaggi pubblici della Provincia e Forze dell’Ordine, pochissimi i cittadini privati…ed è piovuto a dirotto 😀


Talebani


I talebani ed i loro omologhi iconoclasti adepti dell’ISIS sono tra noi.
Non solo quelli che hanno distrutto i Buddha di Bamiyan o la città di Palmira con i suoi antichissimi reperti, decapitandone il curatore Khaled Assad, ma anche quelli residenti in Italia.

Capostipite la nostra presidente che vorrebbe radere al suolo tutti i monumenti fascisti che mettono in imbarazzo i suoi superstiti amici partigiani.
Io di arte e di architettura mi intendo ben poco, però conosco il “razionalismo”, ossia lo stile che ha caratterizzato  buona parte del periodo mussoliniano: uno stile essenziale,  scarno, però spesso arricchito da statue e bassorilievi.
Dovremmo radere al suolo l’EUR con i suoi archi che ricordano il Colosseo?

O il Foro italico?

Qui a Bolzano, pur senza l’assistenza (?) della presidente gli scempi sono già stati compiuti. Basti pensare alla snaturalizzazione del ponte Druso, con le sue aquile ed i bracieri, 

alla scritta luminosa che avvolge una delle colonne del monumento alla Vittoria

 

 

 

 

 

o alla scritta che tra non molto coprirà parte dell’enorme bassorilievo che adorna il palazzo degli Uffici finanziari, una frase di Hannah Arendt che recita “nessuno ha il diritto di obbedire”. Frase per me un po’ astrusa: “diritto”? Io avrei detto “dovere”: se un ordine è palesemente illegittimo è un DOVERE la disobbedienza.

Per non parlare dell’abbattimento di quello che fu il palazzo del Turismo, poi divenuto Cineteatro Corso.

Secondo l’idea della presidente, una buona parte di Bolzano dovrebbe essere rasa al suolo: iniziando dall’edificio del IV Corpo d’Armata e la Fontana dei Legionari, recentemente restaurata, dai palazzi INA, le case INCIS, la Stazione con le statue che l’abbelliscono

il Monumento alla Vittoria con i busti di Battisti, Chiesa e Filzi (già vandalizzati ad opera di estremisti sudtirolesi), oltre alla statua del Redentore,

 

il Tribunale

che fronteggia i sunnominati Uffici Finanziari, lo Stadio,

il Lido,

le case ex GIL, ora sede di altre strutture,

 

ma anche le fabbriche della zona industriale e tante case popolari e private.

Praticamente una follia.

 

Foto tratte dal web

 

 

Razionalismo (dal web) Foto tratte dal web

Questa architettura si sviluppa negli anni dopo la prima guerra mondiale in America e in particolare a Chicago, distrutta da un incendio.
Le sue due caratteristiche fondamentali sono: il misticismo utopistico e il culto della logica. Le sue matrici fondamentali sono: l’esperienza della Bauhaus in Germania, De Stijl in Olanda, il Cubismo francese; dalle quali riprende la tendenza alla sintesi estrema degli elementi. La necessità di costruire edifici capienti in modo rapido porta all’utilizzo di materiali innovativi quali: il ferro, il vetro e il cemento armato. Utilizzati senza ornamenti ma lasciati a vista.
Il calcestruzzo armato rivoluziona i metodi costruttivi poiché utilizzandolo è possibile sia costruire edifici di notevoli dimensioni e senza ricorrere a vari accorgimenti strutturali per evitare il soprappeso, sia di creare spazi interni indipendenti dalla struttura portante, sia infine di costruire un edificio sollevato da terra. Il calcestruzzo armato è formato da cemento, sabbia, ghiaia, impastati con acqua; il composto così ottenuto viene colato all’interno di strutture in legno con al centro un’armatura di ferro.
Il primo ad utilizzare questo nuovo materiale fu Francois Hennebique per realizzare solai, ma il primo ad utilizzarlo a vista fu Auguste Perret con il palazzo di Rue Franklin a Parigi. L’architettura razionalista nasce per la risoluzione di alcuni importanti problemi: modificare i dormitori abitati dagli operai rendendoli luoghi più abitabili. Frenare la speculazione edilizia con dei piani regolatori. Risolvere i problemi legati al traffico delle automobili. Creare un’architettura migliore che rifletta una società migliore. Le radici di questo nuovo tipo di architettura vanno ricercate nelle soluzioni semplicistiche adottate nel passato come: nella romanità, nel rinascimento, nell’illuminismo. Questo stile si tramuterà poi nell’International Style, con diverse degenerazioni dovute a due principali cause:
-Idee architettoniche applicate senza tenere conto del paesaggio circostante e delle sue caratteristiche.
-Quando non vengono prese in considerazione l’importanza dell’armonia d’insieme e della funzione e della forma.
A Bolzano si trovano esempi di architettura razionalista negli edifici di Piazza della Vittoria – Piazza IV Novembre -Coroso Libertà – Piazza Mazzini – Corso Italia – Piazza Tribunale – Piazza Cristo Re – Piazza Adriano – Viale Druso – via Trieste.


Povera la mia città

alto adige13516521_10157025491070542_5134019838557530425_nOra forse i bolzanini si renderanno conto di quanto andavo dicendo da anni, constatandolo di persona in altre parti d’Italia. Ormai la situazione sta sfuggendo di mano, i reati aumentano sempre di più, ed ora si sta raggiungendo il massimo, con scontri tra bande rivali per il predominio sul territorio comunale, cosa mai avvenuta nella mia tranquilla e pacifica città.

Così gruppi di extracomunitari (non certamente profughi) si combattono tra loro in maniera cruenta per faccende di droga. I feriti vengono trasportati al locale nosocomio ove sono curati gratis, bypassando magari gli italiani che aspettano le terapie. Se scattano denunce a loro carico, forniamo loro anche gli avvocati, sempre gratuitamente ed a spese di noi cittadini., ed il più delle volte vengono pure rilasciati e li ritroviamo nuovamente per strada a spacciare droga ai nostri ragazzi.

Ah, naturalmente alloggio in ex hotel a 4 stelle, wi-fi gratis, pasti gratis, ad alcuni anche le gite in montagna e le terme.

Ormai l’intolleranza sta salendo…

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http://altoadige.gelocal.it/bolzano/cronaca/2016/06/28/news/bolzano-scontro-tra-bande-in-viale-treno-con-spranghe-bastoni-e-coltelli-1.13736102?ref=fbfaa


Celebrità

Bolzano cittadina di provincia, certamente, ma qui hanno soggiornato parecchi grandi nomi.

Iniziamo da Wolfgang Amadeus Mozart

La prima volta è stato qui il 23 dicembre 1769, ancora tredicenne, ospite dell’allora borgomastro Stockhammer. Una targa posta a lato del portone dell’abitazione in via Talvera ricorda la visita.

Ansitz_Stockhammer_in_Bozen,_Talfergasse_2_-_Gedenken_an_den_Besuch_von_Wolfgang_Amadeus_MozartI soggiorni successivi ebbero luogo nel 1771 e nel 1772. Ambedue le volte dovrebbe aver soggiornato all’albergo “Zur Sonne” (Al Sole), che ormai non esiste più, che si trovava in piazza delle Erbe, ed aver frequentato padre Vincent Ranftl, presso il convento dei Domenicani, nell’omonima piazza, dove ora c’è il Conservatorio Monteverdi ove si tiene annualmente il concorso pianistico Ferruccio Busoni. Forse per il tempo inclemente,il giovane compositore non fu ben impressionato dalla città, definendola chiaramente un “luogo di merda” (sigh!)…Del resto, come risulta da varie lettere, per quanto belle siano le sue composizioni, erano in aperto contrasto con le lettere che scriveva alla cugina, con frasi a dir poco scurrili. https://obiettivi.wordpress.com/2014/03/16/scurrile-e-giocoso-epistolario-di-mozart-con-la-cugina-anna-maria/

Questo però non gli impedì di abbozzare la sua sinfonia K155.

Restando sempre nel campo musicale (ne avevo accennato in un mio precedente post), risiedette qui a Bolzano anche il valente pianista Arturo Benedetti Michelangeli, ove insegnò sempre presso il conservatorio Monteverdi, per ben nove anni, dal 1950 al 1959.

Tra gli scrittori è d’obbligo ricordare Johann Wolfgang Goethe

Lui però non fu dello stesso parere di Mozart,anzi restò entusiasta, e così descrive il suo arrivo “Giunsi a Bolzano con un bel sole allegro”, così scrive Goethe durante il suo viaggio in Italia, quando pervenendo dal Brennero l’11 settembre del 1786 vi si ferma per una sosta. “. Il vivace e colorato mercato c’è ancora oggi in piazza delle Erbe nel centro storico di Bolzano. “

Cosa vuol dire una bella giornata, fa vedere tutto sotto una luce diversa  🙂 .

Non potevano mancare i pittori, rappresentati in questo caso dal grande Albrecht Dürer. All’artista, oltre ad una via in piena zona industriale, è dedicato un sentiero, ossia la strada alternativa che percorse per raggiungere Trento in quanto la piana dell’Adige era completamente allagata per un’alluvione.

Per ultimo, come non menzionare il celebre Giacomo Casanova? Fuggito dai Piombi veneziani nella notte tra il 31 ottobre ed il 1^ novembre 1756, fece sosta a Bolzano per 6 giorni circa, solamente perché non aveva con sé il guardaroba e non sapeva come vestirsi.

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In quei sei giorni restò sempre rinchiuso nella sua stanza nella locanda “Al Sole” (la stessa di Mozart!) da dove usciva solo per acquistare le stoffe e per provare i vestiti (in quel periodo a Bolzano c’erano ben 24 sartorie accreditate presso l’equivalente dell’odierna Camera di Commercio). I soldi per pagare questi acquisti (sappiamo che Casanova di certo non poteva vestirsi come un comune mortale, ed a Bolzano era stato già riconosciuto) li ottenne a credito dal negoziante Menz, che li ebbe rimborsati da un certo Bragadin veneziano che trasmise una lettera di credito a favore dell’avventuriero di ben 100 zecchini d’oro. Rifornito il guardaroba e la scarsella, Casanova riprese il viaggio verso Monaco. Questa parte è raccontata anche nel mio romanzo preferito, “La recita di Bolzano”, di Sàndor Màrai, del quale parlerò probabilmente più avanti.


San Nicolò

Si avvicina il periodo delle feste. Ho già accennato alla tradizione della corona dell’avvento, ed ora invece scriverò delle altre festività che precedono il Natale.
Qui in Alto Adige, come avevo scritto tempo fa, la prima è quella di San Nicolò, che si festeggia il 6 di dicembre. Nella notte del 5 i bambini buoni ricevono allora un sacchetto pieno di dolcetti, (solitamente di panpepato ricoperti dall’immagine del santo), mandarini, arachidi, un piccolo giocattolino. Il vescovo, originario della città di Myra, in Turchia, è raffigurato spesso con tre biglie d’oro nella mano, a simboleggiare tre miracolo che avrebbe compiuto.

san-nicola-interoIl primo sarebbe relativo al salvataggio di un vascello in preda alla tempesta, e per questo è il protettore dei naviganti; il secondo – cui si ricollega l’usanza dei doni – è quello di aver lasciato sull’uscio di casa la dote a tre sorelle molto povere; con il terzo miracolo infine avrebbe fatto resuscitare tre ragazzi uccisi da un malvagio assassino, ed è quindi ricordato come protettore dei giovani. Con il tempo, la figura del santo è diventata quella di Santa Claus (Sanctus Nicolaus), ossia Babbo Natale, non più vestito dei paramenti, ma con il costume rosso per esigenze di marketing di una nota bibita 🙂 .

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Accanto a san Nicolò, troviamo i Krampus,personaggi che definire dispettosi è riduttivo: hanno lunghe corna, indossano vesti lacere di lana caprina, lanciano urla terrificanti accompagnandosi con il suono di campanacci e l’agitare di grosse catene. Inoltre spesso fanno schioccare le fruste, e povero il malcapitato che si trova a prendere una scudisciata. I Krampus inoltre ai bimbi cattivi consegnano un sacchettino di carbone: da anni si usano grossi pezzi di zucchero scuro a simulare il carbone, ma prima si usava quello vero…

krampus


Avvento

…da Adventus, ossia venuta, arrivo.

Quindi il periodo in cui ci si prepara alla venuta del Natale.

A simboleggiare il trascorrere del tempo, si usa una corona di rami di pino intrecciati tra di loro, nella quale sono infisse quattro candele, ognuna delle quali verrà accesa in una delle domeniche che precedono il Natale. La corona, di forma circolare, indica l’eternità del tempo, come pure l’abete, con i suoi rami perennemente verdi.

corona avvento

Una leggenda narra che in queste domeniche un angelo scendeva dal cielo. Ciascuno di loro indossava una veste di colore differente. Il primo angelo è ricoperto da un manto blu, a simboleggiare pace e silenzio: poche persone si accorgono di lui, solamente le persone più sensibili che ascoltano il messaggio divino. Nella seconda domenica, arriva il secondo angelo, con una veste rossa che indica l’amore, ed in mano ha un cestino intessuto con i raggi del sole. Egli passa di casa alla ricerca dell’amore puro e, quando lo trova, lo depone nel cesto, lo porta nel firmamento dove l’amore verrà tramutato nella luce delle stelle. Il terzo angelo invece è vestito di bianco e in mano reca un raggio di sole, con il quale tocca il cuore della gente, portando gioia e felicità. Nell’ultima domenica arriva l’angelo simboleggiante l’amore profondo: la sua veste è colorata di viola, ed il suo compito è di annunciare l’arrivo di Gesù cantando una melodia ed accompagnandosi con una cetra dorata.


Cronache dalla mia città

Dopo una prima votazione che ha avuto esito negativo per un solo voto in quanto una consigliera SVP , non seguendo le direttive del suo partito, ha dato parere contrario alla costituzione della nuova giunta comunale, ieri sera, poco prima della mezzanotte, (termine ultimo dopo di che si sarebbe dovuto procedere al commissariamento del comune ed indire nuove elezioni), il sindaco ormai al suo terzo mandato è riuscito a racimolare altri due voti per raggiungere la maggioranza, rinnegando in parte il programma per il quale era stato eletto.

L’esultanza per la mancata formazione della giunta è quindi durata nemmeno ventiquattro ore.  La nuova giunta è  stata varata grazie al sostegno dei verdi ed il ricatto è  già iniziato. Il progetto Benko sul quale i due nuovi entrati erano contrari, è stato accantonato in quanto il sindaco “ci ha ripensato”.
Ma se la sua dichiarazione non mi stupisce,  (cosa non si fa per assicurarsi altri 5 anni di governo ), sono perplessa sull’appoggio riconfermato dalla SVP che inizialmente aveva dichiarato “mai più con gli eco-sociali e con i verdi” che bloccano ogni rinnovamento della città.
Cari “amici” tedeschi: avete avuto un forte calo di voti, e non vi rendete conto che è dovuto proprio a questo abbraccio mortale con le estreme sinistre. Pensateci bene… riflettete.

Conclusione

La nuova giunta di Bolzano mi ricorda la raccolta differenziata: molti bidoni di ogni colore e dimensione.

Ai verdi,  ovviamente, uno dei più  piccoli: quello dell’umido.


Mercatino di Bolzano

 

 

Contrariamente agli altri anni in cui chiudeva alla vigilia di natale, quest’anno il Mercatino di Bolzano proseguirà la propria attività fino al 6 di gennaio, analogamente ai mercatini delle altre città. Noi bolzanini abbiamo un rapporto ambivalente: se da un lato lo apprezziamo e ne andiamo fieri (è stato il primo in Italia del suo genere, copiato dai mercatini nordici, in particolare quelli della Germania), dall’altro proviamo spesso un senso di fastidio per l’enorme massa di gente che si riversa in città, con conseguente traffico ed inquinamento.

 

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Bicicletta

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Oggi…Bolzano in bicicletta.

Dalle 9 alle 16.30 la città è stata occupata dappertutto dalle due ruote. Nulla da dire, una bella iniziativa, rallegrata anche da bancarelle, musica, palloncini per i più piccini però a Bolzano di certo non se ne sente la necessità, in quanto abbiamo già moltissime ciclabili che consentono di spostarsi da tutte le parti, dal centro fino in periferia ed oltre, collegandosi alle ciclabili “provinciali” che raggiungono il confine. Poi le interviste… “Che bello, vorrei che fosse così tutti i giorni”…e allora come la mettiamo con le automobili che pagano già salato in termini di assicurazione e bollo, con i rifornimenti ai vari negozi? (Tra parentesi: dall’inizio del mese è pure vietato ai corrieri di entrare in centro con i furgoncini, cosicché si sono attrezzati con biciclette elettriche che possono trasportare fino a 150 chili di merce).

 

Dimenticavo: solitamente, pur possedendo due automobili, in città ci spostiamo sempre a piedi o con la bicicletta…l’automobile solo una volta ogni tanto se c’è da fare la spesa all’iper, piuttosto distante da casa nostra.


In giro per Bolzano – passeggiata del Guncina

Se c’è una cosa della quale a Bolzano andiamo particolarmente fieri è il verde cittadino.

Innanzitutto le storiche passeggiate del Guncina, ideate dal sindaco di Gries, Lintner, e patrocinate dall’arciduca Heinrich d’Asburgo,

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(Foto tratta dal sito “Bolzano scomparsa” di Ettore Frangipane)

 

portate poi a compimento dall’ingegnere Weyersberg, che ne progettò il tracciato, e dal Giardiniere Imperiale Conte Wenzel Vikary che studiò quali piante interrare.

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L’itinerario parte da Gries, antico borgo climatico ora inglobato nella città, particolarmente apprezzato per la mitezza della temperatura anche in inverno, arrivando quasi al paese di San Genesio; il percorso funge un poco anche da orto botanico in quanto ci sono moltissime varietà di piante, ognuna catalogata con la denominazione in tre lingue: italiano, tedesco e quello scientifico latino: piante tipiche del luogo ma anche varietà mediterranee, quali ad esempio  fichi d’India, palme ed eucalipti. Queste piante vegetano comunque bene, in quanto la collina è riparata dai venti del nord ed è molto esposta al sole, così il porfido, riscaldandosi, accumula calore, rilasciandolo nelle ore più fredde.

Lungo il percorso, panchine di legno per riposarsi, poste sul sentiero per ammirare il panorama o in angolini appartati. Panchine ormai intagliate con date e iniziali incise all’interno di cuori intrecciati o trafitti da frecce.

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Salendo, si può ammirare una bella veduta panoramica della conca di Bolzano e, sullo sfondo, il gruppo dolomitico del Catinaccio (Rosengarten).

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Gries, come ho scritto prima, era un centro climatico ed in esso sorgevano varie strutture alberghiere, caffè ed altri ritrovi frequentati dai turisti (tra questi  molti appartenenti all’aristocrazia austriaca), che vi affluivano numerosi. Molti tra i cittadini e frequentatori del paese offrirono contributi sostanziosi per la realizzazione della passeggiata; tra i più generosi ci fu appunto l’arciduca Enrico d’Asburgo, al quale fu intitolata l’opera. Il nobile purtroppo non fu in grado di presenziare all’inaugurazione di questa sua opera, avvenuta verso la fine del 1892, in quanto era morto poco tempo prima ed anche il busto a lui dedicato scomparve durante l’ epoca fascista.

A metà circa della passeggiata si trovava l’Hotel Germania, (purtroppo demolito tempo addietro)

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dove si interruppe la prima parte del percorso. Questo fu fatto infine proseguire nel 1899 fino all’hotel Reichrieglerhof.

Qualche anno di splendore ancora, quindi prima la Grande Guerra, poi l’avvento del fascismo fecero perdere importanza alla stazione climatica e pure la passeggiata (Heinrichpromenade) cambiò di nome, diventando semplicemente “passeggiata del Guncina”. Questa però restò sempre un’area molto curata dalla giardineria comunale, ed è ancor oggi apprezzata per la varietà di piante e per il panorama del quale si gode.

 

 


In giro per Bolzano

Devo iniziare a guardare la mia città con gli occhi del turista.

Ogni volta che dico di essere di Bolzano, tutti si premurano di dirmi quanto è carina la mia città, ordinata, pulita e tante altre belle cose. Invece io, che ci abito, sono sempre propensa a trovarne i difetti, a scrivere che è molto provinciale (il che è vero, ma non necessariamente è un difetto), che non c’è abbastanza offerta culturale, almeno in confronto ad altre località, e quella che c’è viene necessariamente suddivisa tra i due gruppi linguistici, italiano e tedesco.

Allora mi sono proprio detta che devo imparare ad osservarla sotto un’altra prospettiva.

Ho iniziato dal centro: non i soliti Portici, la solita piazza Walther, il solito Duomo, il solito monumento alla Vittoria che un po’ tutti conoscono, ma dalle stradine limitrofe.

La mia preferita è la via dott.Streiter, sorta sull’antico fossato (poi interrato nel 1277 ad opera di Mainardo II) che difendeva la città.

Anticamente si chiamava via dei Carrettai, in quanto per quella strada passavano i carri che trasportavano le merci destinate alla parallela via dei Portici, alla quale è collegata da vari caratteristici passaggi.

 

carrettaiLe botteghe sotto i portici infatti avevano il retro proprio su questa stradina, e là erano ubicati i magazzini. La via infatti inizia dalla via Bottai, dove erano situate molte cantine (ora sostituite da trattorie e ristoranti) : i bottai, data la prevalenza dell’attività di viticoltura di questa zona, costituivano una corporazione molto considerata e potente.

Nonostante la via dr Streiter sia stretta e relativamente corta, è molto frequentata: vi si trovano infatti vari ristorantini caratteristici e dei bar, alcuni all’aperto, che le danno un’aria quasi “parigina”.

bolzano coboIl più caratteristico è quello situato presso gli antichi banchi del pesce: grandi vasche marmoree

 

vasche pescheriaora circondati da tavolini e piante verdi, dove esercita un noto vignettista nostrano, Cobo, grande conoscitore della storia locale e che ha disegnato vari scorci bolzanini su cartoline umoristiche, ormai da collezione, dove dei panciuti piccioni illustrano, sia in italiano che in tedesco, la città ed evidenziano a volte i difetti di noi bolzanini.

http://www.weinstrasse.com/it/video/cobo-e-la-sua-bolzano/

In uno dei passaggoi suddetti c’è il primo Municipio di Bolzano, che fu sede dell’amministrazione comunale dal 1455 al 1907, trasferito in seguito in piazza Municipio, alla fine dei Portici e nuovamente traslocato in epoca recente in vicolo Gumer.

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In questo edificio è attualmente ospitato l’Archivo storico della città di Bozano. L’ala verso la via Portici è decorata con affreschi di Konrad Waider, originario della Baviera, mentre le sale verso la via dr. Streiter sono state affrescate da Georg Mueller, proveniente dalla Franconia.

Nell’archivio storico vengono conservati tutti i documenti e gli atti notarili inerenti la vita della città. Il più antico porta la data del 2 aprile 1223 ed è relativo alla vendita di una cantina murata sita a Vanga -San Giorgio (pressappoco dove ora c’è l’uscita autostradale di Bolzano nord) ed è redatto in latino. Solo nel 1300/1400 il volgare italiano ed il tedesco sostituiranno il latino, che era un po’ la lingua franca del medioevo.

Alla fine, la via dr. Streiter si collega con la via dei Francescani, che prende il nome dal convento situato ancora oggi in questa strada.


Un giallo altoatesino

 

 

 

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Am 16 Juli 1876 wurde

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Nello scorso luglio, visto il clima sempre inclemente, ovviamente non si poteva andare al lago a fare il bagno, quindi ci siamo recati, tempo permettendo, in montagna: almeno qualche fungo in saccoccia siamo riusciti a metterlo. Una di queste volte, sui tornanti che portano allo Stelvio ho notato una lapide murata sulla massicciata che fiancheggia la strada. La scritta mi ha incuriosito, così ho cercato di documentarmi su chi fosse questa Madeleine de Tourville, uccisa da marito il 16 luglio del 1876.

La signora era la seconda moglie del conte Henri Perreau de Tourville, nato a Valenciennes, in Francia, ma naturalizzato inglese. La coppia risiedeva a Londra e il 15 luglio 1876 si recò in Val Venosta per un periodo di ferie, per la precisione a Spondigna. Già il giorno seguente i due coniugi si recarono sullo Stelvio per una gita, ma alla sera in albergo ritornò solo il marito, dicendo prima che la moglie era stata vittima di una disgrazia poi, modificando la deposizione, affermando che la donna si era tolta la vita gettandosi in un dirupo. Le versioni del conte però insospettirono la polizia: si trovarono alcuni testimoni che smentirono le sue dichiarazioni asserendo di aver visto con i propri occhi il marito spingere la moglie nel baratro. Il processo si tenne a Bolzano: vi assistettero giornalisti venuti da tutto il mondo, inviati da giornali quali il New York Times, il Glasgow Herald, Le Figaro. Quest’ultimo descrisse l’imputato, allora quarantenne, come un ragazzo elegante, col sorriso sulle labbra, l’aria sicura ed il volto incorniciato da una barba nera, mentre i capelli sulle tempie erano appena ingrigiti.. Tutto questo interesse della stampa non era tanto per la morte di Madeleine, quanto per il fatto che Henri era finito sotto il mirino di Scotland Yard , poiché anni prima era stato accusato della morte della ricchissima suocera, Elizabeth Brigham, madre della sua prima moglie, uccisa da un colpo di pistola alla testa, ma era stato assolto perché le cause del decesso erano state considerate accidentali: il colpo sarebbe partito per errore e la signora, anziana, era anche molto inesperta. La giuria bolzanina, pur non raggiungendo l’unanimità (un giurato infatti diede parere opposto), non credette alle coincidenze e il 2 luglio 1877 condannò a morte per impiccagione il conte. La condanna fu però commutata in 20 anni di carcere con tanto di lavori forzati, ma l’uomo si spense 14 anni dopo. Le cronache di quel tempo addossarono a de Tourville molti altri crimini: la morte della prima moglie e quella di altre sette donne, tanto che il 23 febbraio 1890 il New York Times titolò “ Uno dei più straordinari criminali dei tempi moderni ha appena interrotto la sua vita in una cella della prigione di Karlau, a Graz, in Austria”.

 

Ma l’ho visto con i miei occhi”, mormora il pastore armeggiando timidamente al proprio cappello di feltro. “Ha spinto di proprio pugno la gentile signora nella gola.”


Il Palazzo Mercantile

 

Consiglio di guardare il link accluso  

http://www.camcom.bz.it/it-IT/ALTRISERVIZI/museo_mercantile.html  

dove si può ammirare meglio il Palazzo Mercantile. Cliccando sull’immagine in basso al testo e sulle freccette, si può seguire tutto un interessante itinerario del palazzo.

 

Per dare una sede adeguata all’istituzione del Magistero Mercantile, stante l’importanza ormai consolidata sia delle fiere sia dell’ente stesso, nel 1660 fu affittato un edificio dalla famiglia Zallinger, acquistandolo poi definitivamente nel 1708. Due anni dopo l’architetto veronese Francesco Perotti venne incaricato di progettare un nuovo palazzo dove spostare la sede del Magistero; Perotti, veronese, fu coadiuvato nell’esecuzione dei lavori dai fratelli Giovanni Battista e Giuseppe Delai, maestri muratori. L’opera fu completata nel 1716, ma già nel 1718 fu deliberato l’ampliamento del fabbricato dai Portici (i Portici Italiani, o Walschegewoelben (nb:Walsche in dialetto tirolese sta per “bastardo”) verso la via Argentieri. L’opera venne poi completata nell’anno 1727.

Pur essendo di stile barocco, l’edificio si inserisce assai bene nella struttura urbana dei portici, anche se fu riscontrata una difficoltà iniziale dovuta al dislivello evidente tra le due strade, soluzione brillantemente risolta con le scalinate con i due pregevoli portoni di ingresso che danno sulla via Argentieri.

 

 

a4e04c4f63Il fabbricato, , non essendo stato commissionato da nessuna famiglia gentilizia, è piuttosto rigoroso nel suo aspetto esterno, senza il fasto che caratterizza solitamente lo stile barocco.

L’ingresso, come sopra detto, ha due scalinate gemelle ciascuna con un portone ornato da un fregio e sovrastati da un lungo balcone. L’edificio si articola su tre piani, contornanti un cavedio sovrastato da un grandissimo lucernario che illumina a giorno gli interni con un bellissimo effetto.

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Appena entrati, dopo un piccolo corridoio, si arriva nel cortile interno adornato da due statue .

 

palazzo4407270732_7b67647eb9_oDa lì si dipartono le scale che portano ai vari piani ed alle stanze che li compongono. In una di queste appunto era sistemata la mostra dei dipinti di Ulrich Glantschigg della quale ho scritto poco tempo fa; altre stanze ospitano una pregevole biblioteca con tanti atti notarili dell’epoca accuratamente codificati ed i manoscritti degli ordinamenti delle fiere. In alcune altre sale sono esposti vari documenti e dipinti relativi alla famiglia Menz, che si occupava principalmente del commercio di tessuti, assai importante nella vita sia economica che artistica della città. In una sala ci sono quindi esposti i “cataloghi” delle stoffe, grossi registri sui quali venivano incollati scampoli di tessuto di vario genere e colore e di diverse fantasie.

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Ci sono inoltre le copie degli ordini di acquisto, le bolle di consegna, le fatture, i libri mastri a partita doppia ed altri documenti di spesa, tutti redatti con una scrittura regolare ed elegante. Nella saletta a fianco un grandissimo dipinto, ad opera di Martin Knoller, raffigurante tutta la famiglia durante un suo trasferimento da Bolzano a Milano.

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Nelle altre stanze, tavolinetti intarsiati, sedie e divanetti imbottiti bellissimi scrittoi e negli angoli di alcune sale delle stupende Kachelofen, ossia le stufe di materiale refrattario rivestite in ceramica allegramente colorata oppure bianche ma con fregi in oro nello stile “veneziano” dell’epoca,

 

museo-mercantile-bolzanostufe caratteristiche della regione tirolese presenti anche nelle case più modeste, dove solitamente erano ricoperte da semplici mattonelle di maiolica verde bottiglia.

All’ultimo piano, il Salone d’onore che ospitava il tribunale mercantile: un vasto locale dove venivano tenute le riunioni dei Magistrati mercantili cui assistevano i commercianti. In una nicchia piuttosto vasta e rialzata rispetto al salone, il tavolino e le poltrone dove sedevano i giudici.

 

lunga-notte-dei-musei-a-bolzano-2012-rivista (1)766aa8f961Nella grande sala invece una serie di tavoli intarsiati affiancati e disposti in forma rettangolare, e alle pareti ben 27 quadri di vari autori con cornici barocche riccamente decorate e dorate raffiguranti personaggi importanti dell’epoca. Molti dei tavoli e dei mobili presenti nel palazzo sono opera del falegname Anton Katzler, che operò nel primo trentennio del Settecento.

Dal soffitto pendono enormi lampadari di cristallo, come pure le piccole ma numerose appliques sulle pareti.

Infine le cantine. La loro origine è antecedente alla costruzione del palazzo, in quanto risalgono addirittura al XIII e XIV secolo, però i costruttori le preservarono comunque, anche se con delle modifiche. Altri cambiamenti furono apportati in epoche successive, costruendo dei solai, modificando la disposizione delle sale costruendo dei muri ed abbattendone altri ed aggiungendo delle scale di legno, piuttosto ripide, data la profondità delle stanze.

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http://www.camcom.bz.it/it-IT/ALTRISERVIZI/museo_mercantile.html

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Le fiere di Bolzano

 

 

 

Nonostante fosse meno importante di Trento e Bressanone, ambedue principati vescovili, Bolzano, per la sua posizione relativamente vicina al passo del Brennero e all’incrocio delle grandi vie di comunicazioni tra nord e sud, diventò ancora in epoca medievale un importante centro per il commercio: qui si incontravano infatti mercanti provenienti dall’area lombardo-veneta con quelli delle regioni tedesche. Oltre ai mercati settimanali, che interessavano solamente le popolazioni residenti, si tenevano infatti diverse fiere, le più importanti delle quali erano quelle di metà Quaresima che aveva luogo ovviamente in primavera, e la fiera di san Bartolomeo che si teneva invece il 24 di agosto(*), cui si aggiunsero in epoca più tarda  quelle di sant’Andrea e quella del Corpus Domini.

*( inizialmente nata come fiera di san Genesio che si teneva il 25 di agosto.)

In vari atti notarili del 1237 sono citati commercianti provenienti non solo dal vicino Trentino (principalmente Rovereto e lago di Garda), dal Friuli, dal Veneto (Padova e Verona) dalla Germania (Muenchen, Regensburg, Augsburg, Kostanz) .

I commercianti scambiavano per lo più i prodotti locali come vino, pelli, cuoio, con le merci provenienti da fuori: stoffe di lana grezza che veniva poi lavorata e tinta in loco,  cotone e seta, cereali, olio. Molti di questi scambi che avvenivano per lo più con la forma del baratto compensando le differenze in moneta, causavano ovviamente delle controversie, per dirimere le quali fu istituito il Magistero Mercantile.

Artefice dell’operazione fu Claudia de’ Medici, arciduchessa vedova di Leopoldo V, reggente del Tirolo per conto dei due figli ancora minorenni, che aveva istituito i privilegi sui mercati bolzanini.

Il Magistero constava di due Istanze presiedute da  un Console e da due consiglieri, scelti tra i contrattanti che dovevano iscriversi in un apposito registro. Per garantire equità nei giudizi, se la prima istanza era presieduta da un console di lingua tedesca i due consiglieri dovevano essere di lingua italiana, e nella seconda istanza i ruoli venivano scambiati. Questo per evitare cause che comportassero l’intervento di avvocati, senza dover corrispondere onorari e anche perché i magistrati, essendo scelti tra i commercianti stessi, erano competenti in materia. Le spese “legali” venivano saldate con i proventi dei dazi imposti sulle merci che i mercanti pagavano alle dogane  della città, sui ponti presso il torrente Talvera ed il fiume Isarco.

Esiste un corposo archivio concernente tutte queste cause, meticolosamente registrate e protocollate a cura del Cancelliere.

Via via le fiere bolzanine acquisirono sempre maggior importanza e nel 1734 si contarono ben 85 iscritti nei registri dei commercianti che per avere questa registrazione dovevano aver partecipato almeno a due manifestazioni.  Nel 1718 si rese necessario adeguare la disciplina cambiaria a quella degli altri mercati, Venezia ed Augsburg e tale ordinamento venne confermato pure dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria. In base ad un ordinamento del 1775, i prodotti provenienti dall’estero vennero assoggettati a dazi pesanti, incluse le merci movimentate tra il Tirolo e l’Austria.

 

 

 

Nel 1780 il regime daziario fu ulteriormente inasprito dall’imperatore Giuseppe II, che istituì ben 4000 stazioni daziarie. Questo regolamento causò notevoli danni alle fiere di Bolzano tanto che il Magistero Mercantile, dietro le pressanti richieste dei commercianti locali, si fece interprete delle loro lagnanze e riuscì a far abrogare le norme vessatorie. Il Magistrato mercantile era dotato di un proprio sigillo il cui emblema, con il motto “Ex merce pulchrior” è stato raffigurato anche in un quadro sito nel Salone d’onore del Palazzo Mercantile.

 

 


Bolzano

Un gradito omaggio da una cara amica

Isabella Scotti

Comincio  qui  un  viaggio  tra  alcune delle  nostre  più  belle  città  italiane,  attraverso  la  voce  non  solo  mia  ma  soprattutto  quella  ben  più  importante  di  personaggi  famosi  che  le  hanno  visitate  spesso  in  tempi  anche  lontani, o  che  vi  hanno  vissuto  o  addirittura  vi  sono   nati.  Talvolta  potrò  parlare  anche  di  piatti  tipici,  sperando  sempre  di  riuscire  a  stimolare  il  vostro  interesse.  Iniziamo  dunque  il  viaggio  partendo  da  Bolzano  che  ho  visitato  anni  fa  da  ragazzina  una  prima  volta,  per tornarvi  più  tardi  con mio marito  e  i  miei  figli  piccoli  e  che  mi  piace  molto.  Una  città  nata  nel  1100  attorno  ad  un  mercato  che  si  teneva  in  quel  triangolo  di  terra  che  si  protende  tra  il  torrente  Talvera  e  il  fiume  Isarco.  Qui  è  il  centro,  di  questo  luogo  ameno,  da  cui  partono  le  vecchie  strade,  i  vicoli,  gli  archi  e  gli   sporti   ( cornicioni,  mensole)  così  cari …

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