Spese sanitarie
Che un politico (nella fattispecie l’assessore alla sanità della regione Lazio Alessio D’Amato) ed un costituzionalista (un certo Alfonso Celotto) auspichino che i non vaccinati, nel caso venissero contagiati, si paghino degenza e cure è semplicemente obbrobrioso,
– non solo perché la maggior parte della gente paga fior di contributi avendo in cambio una mediocre assistenza sanitaria;
– non solo perché il pagamento non è mai stato richiesto nei riguardi di chi si è rovinata la salute grazie a pessime condotte di vita (alcol, fumo,droga, cibo, sport estremi);
– non solo perché la Costituzione (che viene citata solo quando fa comodo, altrimenti la si considera carta straccia) garantisce a tutti l’assistenza sanitaria;
– non solo perché lo stato (volutamente minuscolo) non si assume nessuna responsabilità in caso di danni causati dal vaccino;
ma specialmente perché nessuno considera il fatto che lo stato (sempre volutamente minuscolo) è il primo a rovinare la salute della gente con lo SPACCIO dei tabacchi, anche se si lava la coscienza con le scritte e le fotografie terroristiche sui pacchetti di sigarette.
Ed ero ubriaco
Ed ero ubriaco è vero.
Ho gridato di odiarti
nelle strade della città,
sono arrivato sotto
casa tua
e ho suonato il campanello
ripetutamente.
Volevo dirtelo in faccia
che ti odiavo,
poi hai aperto e cazzo,
io ero ubriaco
ma tu eri ugualmente bellissima
e io ti amavo.
E così quando mi hai chiesto
cosa ci facessi li al posto di dire
“Vaffanculo Ti Odio”
mi è uscito un
“Vaffanculo Ti Amo”..
Charles Bukowski
Le nostre mani nell’acqua
Noi agitiamo quest’acqua. In essa
Le nostre mani si cercano,
Talvolta si sfiorano, forme spezzate.
Più in basso, è una corrente, è qualcosa d’invisibile,
Altri alberi, altre luci, altri sogni.
E guarda, sono anche altri colori.
La rifrazione trasfigura il rosso.
Era un giorno d’estate? No, è il temporale
Che “cambierà il cielo”, e fino a sera.
Noi immergevamo le mani nel linguaggio,
Vi afferrarono parole delle quali non sapemmo
Che fare, non essendo che i nostri desideri.
Noi invecchiammo. Quest’acqua, nostra trasparenza.
Altri sapranno cercare più nel profondo
Un nuovo cielo, una nuova terra.
Yves Bonnefois
Leggi, questi sono i nomi delle cose
Leggi, sono questi i nomi delle cose che
lasciasti – me, libri, il tuo profumo
sparso per la stanza; sogni una metà e dolori il doppio, baci per tutto il corpo come tagli profondi
che non si rimargineranno mai; e libri, nostalgia,
la chiave di una casa che non è mai stata la
nostra, una vestaglia di flanella blu che
indosso, quando faccio questo elenco:
libri, risa che non riesco a mettere in ordine,
e rabbia – un vaso di orchidee che
amavi tanto senza che io sapessi perché e
che forse per questo non tornai ad innaffiare; e
libri, il letto disfatto per tanti giorni,
una lettera sul tuo cuscino e tanta
afflizione, tanta solitudine; e in un cassetto
due biglietti per un film d’amore che
non hai visto con me, e altri libri, e anche
una camicia sbiadita con la quale dormo
di notte per stare più vicino a te;
e, da tutte le parti, libri, tanti libri, tante
parole che mai mi hai detto prima della
lettera che scrivesti quella mattina, e io,
io che ancora credo che tornerai, che
ritorni, sia pure solo per i tuoi libri.
Maria do Rosario Pedreira,
Dipinto di William Merritt Chase
Fate domande
Fate domande
ma senza chiedere risposte,
baciate la sua nuca
all’improvviso,
cantate passando
da una stanza all’altra,
stupitevi che c’è un frigorifero
e che lo potete aprire,
lasciate la confidenza ai respiri,
siate contenti
qualche volta
del suo nervosismo
e anche del vostro,
non forzate l’amore
a essere l’amore,
trattate bene la vostra solitudine
e la sua.
Franco Arminio
dipinto di Ron Hicks
Uomini
Non ci sono norme.
Tutti gli uomini sono eccezioni a una regola che non esiste.
Fernando Pessoa
Senza titolo
Mia madre cuoceva nel forno il mondo intero
Mia madre cuoceva nel forno il mondo intero per me
in dolci torte.
La mia amata riempiva la mia finestra
con uva passa di stelle.
E le nostalgie sono racchiuse in me come bolle d’aria
nel pane.
Esternamente sono liscio, silenzioso e bruno.
Il mondo mi ama.
Ma i miei capelli sono tristi come i giunchi nello stagno
che va prosciugandosi.
Tutti i rari uccelli dalle belle piume
fuggono via da me.
Yheuda Amichai
Immagine di Jeffrey T. Larson
All’alba
Come la donna affonda e dice vieni
dentro più dentro dov’è largo il mare
Come la donna è calda e dice vieni
dentro più dentro dov’è caldo il pane
E dirla noi vorremo mare pane
la donna sfatta che ci prese all’alba
dentro il suo petto e ci nutrì di sonno.
Alfonso Gatto
C’è molto sole
C’è molto sole
sui paesi dell’Islam:
un sole bianco,
violento che acceca.
Ma le donne musulmane
non lo vedono mai:
i loro occhi
sono abituati all’ombra
come gli occhi delle talpe.
Dal buio del ventre materno,
esse passano
al buio della casa paterna,
da questa
al buio della casa coniugale,
da questa
al buio della tomba.
Oriana Fallaci
Fotografia di Steve McCurry
Mercato
Oggi ho inventato
Che Lei era con me al mercato
c’erano tanti fiori
avevamo gli occhi di tutti i colori.
Vivian Lamarque
Salomè e la luna
La luna è una sorella
di Salomè. (Signora
che in un’antica storia
morde una bocca morta.)
Salomè era il tramonto.
Un tramonto di occhi
e labbra.
La luna è il perpetuo
tramonto.
Sera continua
e delirante.
L’amore sconfinato
di Salomè per l’oro
non fu per le parole,
fu perché la sua testa,
medusa del deserto,
era una luna nera,
una luna impossibile
fosca e sonnolenta.
Salomè è la crisalide
e la luna il bozzolo,
crisalide d’ombra
sotto un palazzo oscuro.
La luna trema sull’acqua,
Salomè trema sull’anima.
Oh sublime bellezza
voler fare di un bacio
una stella!
A mezzogiorno
o nella notte buia,
se parlate di Salomè,
spunterà la luna.
Federico Garcia Lorca
Sono io
Le donne graziose si chiedono dove si nascondano i miei segreti.
Non sono carina e non ho le dimensioni di una modella
Ma quando comincio a raccontarli
Pensano che stia dicendo bugie.
Dico
Che è nell’ampiezza delle mie braccia
Nella larghezza dei miei fianchi
Nel suono del mio passo
Nelle linee delle mie labbra.
Sono una donna
Fenomenale.
Donna fenomenale,
Sono io.
Maya Angelou
dipinto di Fernando Botero
Racconto sulla pioggia
Tutto il giorno la pioggia non mi lascia.
“Vattene!”, io le dico rozzamente;
fa quattro passi indietro, poi, devota,
mesta mi segue come una bambina.
Come un’ala, la Pioggia alla mia schiena
s’è incollata. “Vergognati!”, le dico;
“l’ortolano t’invoca lacrimando,
corri dai fiori! Che hai trovato in me?”
Intanto in giro regna un’afa cupa;
dimenticando ogni altra cosa al mondo,
la Pioggia è qui con me, mentre d’intorno
mi danzan i bambini, quasi fossi
la macchina per innaffiare i prati.
M’infilo in un caffè, dentro una nicchia.
Alla finestra, come un accattone,
mi aspetta. Ed all’uscita mi castiga
con uno schiaffo umido sul viso;
ma subito la Pioggia audace e triste
mi lascia sulle labbra un bacio fresco,
che ha il profumo del cucciolo bagnato.
Son buffa col mio fradicio scialletto
legato al collo, mentre sulla spalla
siede la Pioggia come una bertuccia,
e la città si turba; con un dito
mi solletica un lobo. Tutto è secco.
Io sola son bagnata fino alle ossa.
Bella Achatovna Achmadulina
Ma se il tramonto
Ma se il tramonto dura sulle cime
degli alberi che chiudono la pianura
soffocata da brume estive, il cielo
è una leggera arida spoglia inerte.
Eterno giorno, che cos’è la morte
quando sui visi radianti si posa
la maschera lucente
del tramonto lentissimo di luglio?
Attilio Bertolucci
Frammento afroamericano
Così remota, Così lontana l’Africa. Non un ricordo più in vita Oltre quelli nati dai manuali di storia, Oltre quelli che i canti Tornano a farti pulsare nel sangue – Pulsanti dal sangue come tristi parole cantate In una strana lingua non negra – Così remota, Così lontana L’Africa. Soggiogati e senza tempo I tamburi – eppure Da un’immensa nebbia di razza Questo canto Che non comprendo, Questo canto di una terra atavica, Di struggenti brame perdute Senza luogo – Così remoto, Così lontano Il volto scuro dell’Africa. Langston Hughes
Rosa purpurea
Ti avevo cantato una canzone.
Tu tacevi. La tua destra tendeva
con dita stanche una grande,
rossa, matura rosa purpurea.
E sopra di noi con estraneo fulgore
si alzò la mite notte d’estate,
aperta nel suo meraviglioso splendore,
la prima notte che noi godemmo.
Salì e piegò il braccio oscuro
intorno a noi ed era così calma e calda.
E dal tuo grembo silenziosa scrollasti
i petali di una rosa purpurea.
Hermann Hesse
dipinto di Robert Coombs
La strada è molto lunga

XKH204880 Young Farmer sitting in the Forest, 1878 (oil on paper laid on canvas) by Herbst, Thomas Ludwig (1848-1915) oil on paper laid on canvas 44.5×35.4 © Hamburger Kunsthalle, Hamburg, Germany German, out of copyright
La strada è bellissima – disse il ragazzo
La strada è assai faticosa – disse il giovane
La strada è molto lunga – disse l’uomo
Il vecchio si adagiò sul ciglio della strada.
Un tramonto d’oro e di rubino gli colora la canizie
L’erba brilla ai suoi piedi, rugiada della sera
L’ultimo uccello del giorno canticchia sopra la sua testa:
ti ricordi ancora quanto era bella, faticosa e lunga, la strada?
Leah Goldberg
Dipinto di Thomas Ludwig Herbst
Non ti avvicinare
No, non t’avvicinare!
È meglio da lontano
ch’io li ami e desideri i tuoi occhi
solo quando si attende
appare bella la felicità,
e non cercata ci manda un suo cenno.
No, non t’avvicinare!
È molto più suadente
questo fremito dolce di paura e d’attesa.
ed è molto più bello
ciò che a lungo s’insegue
e il suo presentimento che ci turba.
No, non t’avvicinare!
Perché farlo e a che scopo?
Soltanto da lontano tutto splende
come una stella, tutto
ci incanta da lontano.
No, non avvicinarmeli i tuoi occhi.
Desanka Maksimovic
La luce che mette in corsivo la nostra vita
Ma vorrei ricordare la luce
che entra dalle grandi vetrate a quest’ora del giorno
e mette in corsivo ogni cosa che tocca:
i piatti, le teiere, le tovaglie immacolate,
così come i morbidi capelli bruni della cameriera
con la camicetta bianca e la corta gonna nera,
quella che ora sorride mentre porta una tazza di riso
e carne affettata con aglio al mio tavolo preferito, nell’angolo.
Billy Collins
Carità cristiana

German born physician and philosopher, Albert Schweitzer (1875-1965) pictured in Lambarene, Gabon circa 1960. (Photo by Rolls Press/Popperfoto via Getty Images/Getty Images)
In gioventù c’è stato un personaggio che mi affascinava, il dottor Albert Schweitzer.
Le prime notizie sulla sua vita e sulle sue opere le avevo lette sul Reader’s Digest, una pubblicazione mensile che vendeva molto in quegli anni, parlo degli anni dal 1955 al 1965.
Sarà che da giovani si è molto idealisti, ma leggere di questo straordinario personaggio davvero mi aveva conquistata: filosofo (anche se in quel tempo di filosofia non sapevo ancora nulla), organista, teologo, pastore luterano (che auspicava una riunione di tutte le religioni cristiane) ma soprattutto medico. Avevo letto tutto di quanto aveva fatto in Africa, nel Gabon, delle persone che, con l’aiuto della moglie infermiera, aveva accolto e curato, del lebbrosario che aveva costruito nel villaggio di Lambarené con fondi raccolti tra amici e sostenitori.
Mi aveva impressionato molto la questione del lebbrosario, in quanto allora la lebbra incuteva ancora molta paura per le menomazioni che causava, ma c’erano ancora altre terribili malattie che colpivano quelle popolazioni che lo avevano accolto con diffidenza, fidandosi solo dei loro stregoni: imperversavano ancora la febbre gialla, il vaiolo, la malaria, ed altri morbi endemici di quei paesi.
Una vita tutta dedicata alla cura dei malati, tanto da essere insignito nel 1952 del premio Nobel per la pace, con i proventi del quale costruì un villaggio per i lebbrosi. Un uomo generoso e coraggioso…per questo quando su internet ho trovato la foto di un cartello affisso sulla porta di una chiesa di Casale Monferrato sono rimasta allibita e senza parole.
Che dire…un vero esempio di carità cristiana.
Il poeta solitario
Ogni mattina all’alba questa luce di viole
Suscitando profumi nei giardinetti immobili
Si riversa dai tetti sulle prime automobili
E accende i vetri rotti sparsi fra le aiole;
Sugli alberi gli uccelli che dormivano tranquilli
Si svegliano e si salutano con delicati strilli…
È il momento migliore del mondo materiale
Che rinasce lavato dalla notte spirituale
Dai rami polverosi scende qualche soffio di vento
E il poeta solitario, fisicamente contento
Passeggia per le strade, come Adamo il primo giorno
Guardando attorno al suo nuovo soggiorno
E inserendolo nel suo ragionamento,
Mentre ascolta le voci più o meno profonde
Con cui il mondo a se stesso risponde.
Juan Rodolfo Wilcock
dipinto di Giovanni Fattori
Quando penso a me stessa
Quando penso a me stessa,
Quasi muoio da quanto rido,
La mia vita è una barzelletta
Una danza già ballata
Una canzone già cantata,
Rido così tanto che quasi mi soffoco
Quando penso a me stessa.
Maya Angelou
Dipinto di Giacomo Balla
Alla povera mia fragilità
Alla povera mia fragilità
tu guardi senza dire una parola.
Tu sei di marmo, ma io canto,
tu – statua, ma io – volo.
So bene che una dolce primavera
agli occhi dell’Eterno – è un niente.
Ma sono un uccello, non te la prendere
se è leggera la legge che mi governa.
Marina Ivanovna Cvetaeva
Terra e mare

Fishermen at Sea exhibited 1796 Joseph Mallord William Turner 1775-1851 Purchased 1972 http://www.tate.org.uk/art/work/T01585
Quando sull’azzurro dei mari,
Zèfiro soffia la sua brezza
Sulle vele dei fieri vascelli
E le barche sull’onde accarezza,
Lasciato il peso dei pensieri,
Nell’inerzia io posso annegare.
Dimentico i canti delle muse,
M’è più caro il mormorio del mare.
Ma quando contro la riva l’onde
Schiumose ruggiscono e fremono,
E il tuono rimbomba nel cielo,
E i lampi nel buio balenano,
Allora i più ospitali querceti
Io ai mari preferisco;
La terra mi sembra più fedele,
E il grave pescatore compatisco:
Vive su una fragile imbarcazione,
Trastullo della cieca corrente,
Mentre io nel silenzio sicuro
Ascolto il fruscio d’un torrente.
Aleksandr Puškin
Dipinto di Joseph Mallord Turner
Cosa ne pensate?