La vita è sogno, soltanto sogno, il sogno di un sogno (Edgar Allan Poe)

Archivio per 27 gennaio 2021

Il silenzio

Il silenzio

Il silenzio. Il silenzio di Birkenau.
Il silenzio di Birkenau non assomiglia a nessun altro silenzio: ha in sé le grida di disperazione, le preghiere strangolate di migliaia e migliaia di comunità che il nemico condannò ad essere ingoiate dall’oscurità di una notte infinita, una notte senza nome.
Il tacere degli uomini congelato nel cuore della disumanità.
Silenzio eterno sotto un cielo azzurro.
Silenzio di morte nel cuore della morte…
Nel regno delle ombre che è Auschwitz nessuno cammina lentamente; la morte si getta contro la sua preda.
Non ha tempo, la morte: dev’essere contemporaneamente dappertutto.
La vita, la morte: tutto si unisce in una folle velocità.
Il futuro si limita qui all’attimo che precede la selezione; qui bisogna correre dietro al presente, perché non scompaia del tutto.
Si corre a lavarsi.
Si corre mentre ci si veste.
Si corre alla distribuzione del pane, della margarina, della zuppa.
Si corre all’appello, si corre al lavoro, si corre da un blocco all’altro, alla ricerca di uno sguardo famigliare.
Alla ricerca di una parola di consolazione.
L’abbaiare dei cani… le grida dei carnefici, il rumore dei randelli di gomma che si abbattono sulla nuca dei prigionieri.
Il dolore rende muti gli uomini affamati e deboli; la loro umiliazione pesante come una maledizione.

Elie Wiesel, Per non dimenticare Auschwitz

 

 

 


C’è un paio di scarpette rosse

C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede
ancora la marca di fabbrica
“Schulze Monaco”.

C’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio
di scarpette infantili
a Buchenwald.

Più in là c’è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane
a Buchenwald.
Servivano a far coperte per i soldati.
Non si sprecava nulla
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas.

C’è un paio di scarpette rosse
di scarpette rosse per la domenica
a Buchenwald.
Erano di un bimbo di tre anni,
forse di tre anni e mezzo.
Chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni,
ma il suo pianto
lo possiamo immaginare,
si sa come piangono i bambini.

Anche i suoi piedini
li possiamo immaginare.
Scarpa numero ventiquattro
per l’eternità
perché i piedini dei bambini morti
non crescono.

Joyce Lussu