La vita è sogno, soltanto sogno, il sogno di un sogno (Edgar Allan Poe)

Archivio per febbraio, 2020

Nuvole

               I   

Non vi sarà mai cosa che non sia
una nube. Lo son le cattedrali
di vasta pietra e bibliche vetrate
che il tempo spianerà. Lo è l’Odissea,
che cambia come il mare. Se la riapri
sempre cambia qualcosa. Anche il riflesso
del tuo viso è già un altro nello specchio
ed il giorno è un dubbioso labirinto.
Siamo chi se ne va. La numerosa
nuvola che si disfa all’occidente
è nostra effigie. Incessantamente
la rosa si tramuta in altra rosa.
Sei nuvola, sei mare, sei l’oblio.
Sei anche tutto quello che hai smarrito.

                              II

Vanno per l’aria placide montagne
oppure cordigliere d’ombre tragiche
che oscurano il giorno. Le chiamiamo
nuvole. Hanno sempre forme strane.
Shakespeare ne osservò una. Somigliava
a un drago. Quella nube di una sera
risplende e brucia nella sua parola
e ancora seguitiamo a rivederla.
Le nuvole che sono? Architettura
del caso? Forse Dio ne necessita
per eseguire l’opera infinita:
sono i fili della Sua trama oscura.
Forse la nube non è meno vana
dell’uomo che la guarda nel mattino.

Jorge Louis Borges


Le finestre

Non so se era l’alba
o la sera
forse mezzanotte
non so.
Tutte le finestre della mia vita
sono rientrate alla mia stanza
con tendine e senza tendine
mi piacciono le tendine di cotone
ma ce n’erano anche di tulle
e stoini neri
li tiravo e li lasciavo
e li tiravo di nuovo
qualcuno non è più sceso
qualcuno non è più salito
e finestre con i vetri rotti
mi son ferito a una mano
e qualcuna senza vetri.
Le finestre senza vetri mi commuovono
come gli occhiali senza lenti.

Nazim Hikmet


Uomo e umanità

Siediti come un sultano tra le lune di Saturno e prendi l’uomo solo, molto in astratto: ti sembrerà un prodigio, una grandezza e un dolore. Ma dallo stesso pulpito prendi l’umanità in massa e, nella maggior parte, ti sembrerà un’accozzaglia di duplicati superflui, sia contemporanei che ereditari.

 

Herman Melville, Moby Dick

 


Febbraio

Ogni anno, mentre scopro che febbraio
È sensitivo e, per pudore, torbido,
Con minuto fiorire, gialla irrompe
La mimosa.

 


Giuseppe Ungaretti


Ritratto di un premier

Giuseppe Conte non è. Non è un leader, non è un eletto, non è un politico, non è un tecnico, non è nulla. È il Nulla fatto premier. E lo conferma ogni giorno adattandosi come acqua corrente alle superfici che incontra. È la plastica rappresentazione che la Politica, dopo lo Scarso, lo Storto, il Pessimo, ha raggiunto lo Zero, la rappresentazione compiuta del Vuoto.
Luogotenente del Niente, Conte è oggi il fenomeno più avanzato della politica dopo i partiti, i movimenti, le ideologie, la politica e l’antipolitica, i tecnici e i populisti, le élite e le plebi. È la svolta avvocatizia della politica che pure è da sempre popolata di avvocati: ma Conte non scende in politica, assume solo da avvocato l’incarico di difendere una causa per ragioni professionali; ma i clienti cambiano e così le cause. Andrebbe studiato nelle università del mondo perché segna un nuovo stadio, anonimo e postumo della politica. Non si può esprimere consenso né dissenso nei suoi confronti perché non c’è un argomento su cui dividersi; lui segna la fine del discorso politico, la fine della decisione, la fine di ogni idea, di ogni fatto. È la somma di tante parole usate nel gergo istituzionale, captate e assemblate in un costrutto artificiale. È lo stadio frattale del moroteismo, il suo dissolversi. Ogni suo discorso è un preambolo a ciò che non accadrà, il suo eloquio è uno starnuto mancato, di cui si avverte lo sforzo fonico e il birignao istituzionale ma non il significato reale. Altri semmai decideranno, lui si limita al preannuncio.
Ogni volta che un tg apre su di lui, non c’è la notizia, è solo una presenza che denota un’assenza; si spalanca una finestra nel vuoto. I fatti separati dalle opinioni, si diceva; lui è nello spazio intermedio dove non ci sono i fatti e non ci sono le opinioni. Dopo che Conte avrà parlato lascerà solo una scia di silenzi e di buchi nell’acqua. Non darà risposte, sceneggerà un ruolo e dirà lo Zero virgola zero. Nelle sue citazioni saccenti vanifica l’autore citato, lo rende vuoto e banale come lui. Conte non rientra in nessuna categoria conosciuta, eppure abbiamo avuto una variegata fauna di politici al potere. Lui non è di parte, eccetto la sua, è piovuto dal cielo in una sera senza pioggia.
Conte è portatore sano di politica e di governo, perché lui ne è esente. È contenitore sterile di ogni contenuto. Non ha una sua idea; quel che dice è frutto del luogo, dell’ora e delle persone che ha di fronte. Parla la Circostanza al suo posto, la Circumstancia, per dirla con Ortega y Gasset; Conte è la somma dell’habitat in cui è immesso, traduce il fruscio ambientale in discorso.
Figurante ma senza neanche figurare in un ruolo, è l’ologramma di una figura inesistente, disegnato in piattaforma come un gagà meridionale degli anni 50. Un po’ come Mark Caltagirone, il fidanzato irreale di Pamela Prati; è solo una supposizione. Trasformista, a questo punto, sarebbe già un elogio, comunque un passo avanti, perché indicherebbe un passaggio da uno stadio a un altro. Conte, invece, è solo la membrana liquida che di volta in volta riveste la situazione, producendo un molesto acufene in forma di eloquio. Conte cambia voltura a ogni utente e rispetto a ogni gestore (non fu un caso nascere a Volturara).
Conte è fuoco fatuo, rappresentazione allegorica del niente assoluto in politica, ma a norma di legge. Quando apparve per la prima volta dissero che aveva alterato il curriculum e in alcune università da lui citate non era mai stato, non lo conoscevano; ma Conte è un personaggio virtuale, il curriculum può allungarsi, allargarsi, restringersi secondo i desiderata occasionali.
Conte non ha una storia, non ha eredità e provenienze, non ha fatto nessuna scalata. È stato direttamente chiamato al Massimo Grado col Minimo Sforzo, anzi senza aver fatto assolutamente nulla. Una specie di gratta e vinci senza comprare nemmeno il biglietto, anzi senza aver nemmeno grattato. Da zero a Palazzo Chigi. Come Gregor Samsa una mattina si svegliò scarafaggio, lui una mattina si svegliò premier. Un postkafkiano.
Conte è di momento in momento di centro di destra di sinistra cattolico laico progressista, medieval-reazionario con Padre Pio, democratico-global con Bergoglio, fido del sovranista Trump e al servizio degli antisovranisti eurolocali; è genere neutro, trasparente, assume i colori di chi sta dietro. Un passe-partout. Il Conte Zelig, come lo battezzammo agli esordi, ha assunto di volta in volta le fattezze gradite a tutti i suoi interlocutori: merkeliano con la Merkel, junckeriano con Juncker, trumpiano con Trump, macroniano con Macron, chiunque incontra lui diventa quello; è lo specchio di chi incontra. In questa sua capacità s’insinua e manovra.
Conte non dice niente ma con una faticosa tonalità che sembra nascere da uno sforzo titanico, la sua parlata cavernosa e adenoidea è una modalità atonica, priva di pensieri o emozioni, pura espressione vanesia di un dire senza dire, il gergo della premieralità. Il suo vaniloquio è simulazione di governo, promessa continua di intenti, rinvio sistematico di azioni; è un riporto asintomatico di pensieri, la somma di più uno e meno uno. Indica con fermezza che si adatta a tutto e non comunica niente.
Dopo Conte non c’è più la politica; c’è la segreteria telefonica, il navigatore di bordo, la cellula fotoelettrica. Il drone. Conte però ha una funzione, e non è solo quello di cerniera lampo tra sinistra e M5S, punto di sutura tra establishment e grillini. È la spia che la politica non c’è più, nemmeno nella versione degradata più recente. Lui è oltre, è senza, è il sordo rumore del nulla versato nel niente.

Marcello Veneziani
(da Panorama)


Soledades, XI

Dentro il cuore avevo
la spina di una passione;
riuscii a strapparla un giorno:
non sento più il mio cuore.


Antonio Machado


Prato

La terra
s’è velata
di tenera
leggerezza
Come una sposa
novella
offre
allibita
alla sua creatura
il pudore
sorridente
di madre.

Giuseppe Ungaretti

 

 


Mi porto la gioia sul petto

Mi porto la gioia sul petto
aperta, urlante
come un mazzo di papaveri ardenti.
Lungo le strade dell’infanzia
chiedevo al lume degli astri
il tuo nome,
approdai alla tua orma
e fu l’esatto risolversi
di una formula esatta.
Adesso so che esisti
e mi vuoi accanto
a spartire insieme i nostri pensieri
nudi come l’acqua
caldi come il pane.

 

Ketty Daneo


Silenzio

Quell’uomo mi ha offerto, una sera, un bellissimo momento di silenzio.

Non lo dimenticherò tanto presto.

E’ uno dei miei ricordi migliori dell’anno.

C’è chi serba il ricordo delle sue conversazioni, io rammento quel silenzio.

 

Nina Berberova

 

Dipinto di Edward Hopper

 


L’ultima canzone

Finisci allora quest’ultima canzone
e separiamoci.

Dimentica questa notte
ora che la notte è finita.

Chi cerco di serrare tra le braccia?

I sogni non si possono far prigionieri.

Con mani avide stringo al mio cuore
il vuoto, ed esso mi ferisce il petto.

Rabindranath Tagore

 

Dipinto di Albert Edelfelt


Incoscienza

Il presidente della regione Toscana è più competente, in materia di sanità, dell’immunologo Roberto Burioni, quindi via libera ai 2500 cinesi rientrati in Toscana.
Del resto la sanità in Italia è quanto mai strana.
Si impedisce, secondo me giustamente, ai bimbi e ragazzi di accedere a scuola se non vaccinati in quanto potrebbero infettare altri coetanei non vaccinabili perché privi di adeguate difese immunitarie.
Però se qualcuno giunge dalla Cina (o, peggio, dall’Africa, dove certe misure di sicurezza non vengono applicate) è libero di scorrazzare ovunque e contagiare tranquillamente un sacco di persone  anche a sua insaputa, dato il tempo di incubazione piuttosto lungo o a casi di infezione asintomatica; però se qualcuno si azzarda a parlare di quarantena, ecco che automaticamente scatta l’accusa di razzismo condito di “fascioleghismo” (quest’ultima accusa ci sta sempre bene).  Il buonismo del “facciamo sbarcare tutti” si coniuga benissimo con le teorie dei genitori no-Vax e con l’ottimismo del  “Tanto, cosa vuoi che capiti proprio a noi?”.
Io sono per non drammatizzare la situazione, ma questa politica dell’accoglienza a tutti i costi e del non controllo significa proprio andare a cercarsi le rogne anche quando si potrebbero evitare.
Intanto in Lombardia siamo a 6 contagiati…


Autobus

L’autobus è come il mondo.
Non sai mai chi sale o chi scende
chi ti trovi accanto, se ti saluta
contento o tutto scocciato…
 
A volte è faticoso trovare un posto adeguato,
è bello cederlo a chi dal bisogno è segnato.
 
Se non hai nel cuore il senso d’avventura
ogni viaggio è una noia o può fare paura.
Ma se hai gli amici giusti vicino
in autobus arriveresti fino a Pechino…

Davide Rondoni


Sogni

Verso mattina

i bidoni son pieni

di sogni interrotti.

Jan Skàcel


Un grande se ne è andato.


“E voi, massa di pecoroni invigliacchiti, sempre pronti a inginocchiarvi, a chinare la testa davanti ai potenti! Adesso inginocchiatevi, e chinate la testa davanti a uno che la testa non l’ha chinata mai, se non davanti a questo strummolo qua [la ghigliottina]!

Inginocchiatevi, forza! E fatevi il segno della croce!
E ricordatevi che pure Nostro Signore Gesù Cristo è morto da infame, sul patibolo, che è diventato poi il simbolo della redenzione! Inginocchiatevi, tutti quanti! E segnatevi, avanti!
E adesso pure io posso perdonare a chi mi ha fatto male. In primis, al Papa, che si crede il padrone del Cielo.
In secundis, a Napulione, che si crede il padrone della Terra. E per ultimo al boia, qua, che si crede il padrone della Morte. Ma soprattutto, posso perdonare a voi, figli miei, che non siete padroni di un cazzo!
E adesso, boia, mandami pure all’altro mondo, da quel Dio Onnipotente, Lui sì padrone del Cielo e della Terra, al quale – al posto dell’altra guancia – io porgo… tutta la capoccia!”

Don Bastiano, Il Marchese del Grillo.


Ciao, gioia ❤️

Ci sono persone con le quali si crea un immediato feeling.
Minuta, capelli sale e pepe, tagliati cortissimi per via delle innumerevoli chemio cui doveva sottoporsi, una vitalità eccezionale, Marina non passava certo inosservata.
La vita non era stata generosa con lei:  fin da ragazza era stata colpita da sclerosi multipla, una forma fortunatamente meno grave che non le impediva una vita normale. Poi il suo compagno di vita e di lavoro era morto con i suoi 3 bambini (che lei considerava come figli suoi) in un terribile incidente, causato da un camionista ubriaco, solo pochi giorni prima delle nozze. Si era ritrovata così senza il suo compagno, senza lavoro e pure senza casa, in quanto i parenti di lui non si erano fatti scrupolo di sfrattarla. Era quindi tornata a vivere con i genitori, finché 5 o 6 anni fa la diagnosi di un carcinoma,  iniziando così la trafila solita in questi casi: operazioni, chemio, ancora operazioni per l’asportazione del tumore, ancora chemio. Il cancro nonostante tutto aveva fatto metastasi.
Lei, coraggiosamente, viveva ogni giorno con il sorriso.
Ci si incontrava qui a Milano presso il banco-libri di un comune amico.
“Ciao, gioia” il suo saluto… E si chiacchierava del più e del meno, si rideva, si scherzava, quasi l’ombra della malattia non incombesse su di lei. Le traversie però non erano terminate : la malattia del padre, con il successivo decesso, e lei così fragile e nel contempo così forte, si sobbarcava interminabili viaggi tra casa, clinica in day hospital e casa di riposo per accudire il papà, poi a casa c’era la mamma, molto anziana pure lei. Come facesse a far tutto, non lo so. Morto il padre, altra tegola, lo sfratto, ma fortunatamente era riuscita ad avere l’assegnazione di una casa popolare.
A causa del trasloco a settembre non era stato possibile incontrarci, però ci sentivamo spesso su whats app, qualche notizia, qualche vignetta, qualche battuta,
abbracci, baci…
Poi un’ultima triste notizia nella quale mi avvisava di essersi aggravata, di non chiamare perché si sarebbe fatta sentire lei.
Poi il silenzio… Dai primi di dicembre. 
Ora qui  a Milano abbiamo chiesto notizie anche al nostro comune amico, ma anche lui non sapeva nulla, e solo in quel momento abbiamo realizzato che nessuno sapeva il suo cognome. Una speranza c’era, pur se flebile, ma volevamo avere la certezza.
Ci siamo quindi recati presso la clinica dove faceva la chemio, e lì una cortese assistente ci ha confermato il decesso, anche se non era avvenuto il quella struttura, e ci ha pure comunicato il cognome. Tramite una ricerca, ho potuto appurare che era morta pochi giorni dopo il messaggio che mi aveva mandato, e la tristezza è calata di colpo.  Ora vorrei rintracciare la mamma, se mi sarà possibile.
Ciao, gioia, spero che adesso tu possa avere la serenità che ti è mancata in vita.
L’unico rimpianto è non averti potuto abbracciare un’ultima volta e di non avere neppure una tua foto. 😢


L’ultima Thule

Io che ho doppiato tre volte capo Horn e ho navigato sette volte i sette mari e ho visto mostri ed animali rari, l’anfesibena, le sirene, l’unicorno.
Io che tornavo fiero ad ogni porto dopo una lotta, dopo un arrembaggio, non son più quello e non ho più il coraggio di veleggiare su un vascello morto.
Dov’è la ciurma che mi accompagnava e assecondava ogni ribalderia? Dove la forza che la circondava? Ora si è spenta ormai, sparita via.
Guardo le vele pendere afflosciate con i cordami a penzolar nel vuoto, che sbatton lenti contro le murate con un moto continuo, senza scopo.
E vedo in aria un’insensata danza di strani uccelli contro il cielo bigio cantare un canto in questo mondo grigio, un canto sordo
ormai, senza speranza.
E qui da solo penso al mio passato, vado a ritroso e frugo la mia vita, una saga smarrita ed infinita di quel che ho fatto, di quello che è stato.
L’Ultima Thule attende al Nord estremo, regno di ghiaccio eterno, senza vita, e lassù questa mia sarà
finita nel freddo dove tutti finiremo.
L’Ultima Thule attende e dentro il fiordo si spegnerà per sempre ogni passione, si perderà in un’ultima canzone di me e della mia nave anche il ricordo.

Francesco Guccini

 

 


Ho conosciuto in te le meraviglie

Ho conosciuto in te le meraviglie
meraviglie d’amore sí scoperte
che parevano a me delle conchiglie
ove odoravo il mare e le deserte
spiagge corrive e lí dentro l’amore
mi sono persa come alla bufera
sempre tenendo fermo questo cuore
che (ben sapevo) amava una chimera.

Alda Merini


Febbraio

Febbraio è sbarazzino.

Non ha i riposi del grande inverno,

ha le punzecchiature,

i dispetti

di primavera che nasce.

Dalla bora di febbraio

requie non aspettare.

Questo mese è un ragazzo

fastidioso, irritante

che mette a soqquadro la casa,

rimuove il sangue, annuncia il folle marzo

periglioso e mutante.

Vincenzo Cardarelli


Le belle persone

Le belle persone restano sempre belle.
Anche se passano gli anni,anche se sono senza trucco,
se sono stanche,se hanno le rughe.
Perchè la bellezza che è dentro di noi non invecchia mai.
Diventa con gli anni più fragile e preziosa.
Le belle persone non smettono mai di brillare.

dal web, Agostino Degas


Istanbul 1933

È l’alba. S’illumina il mondo
come l’acqua che lascia cadere sul fondo
le sue impurità. E sei tu, all’improvviso
tu, mio amore, nel chiarore infinito
di fronte a me.
Giorno d’inverno, senza macchia, trasparente
come vetro. Addentare la polpa candida e sana
d’un frutto. Amarti, mia rosa, somiglia
all’aspirare l’aria in un bosco di pini.
Chi sa, forse non ci ameremmo tanto
se le nostre anime non si vedessero da lontano
non saremmo così vicini, chi sa,
se la sorte non ci avesse divisi.
È così, mio usignolo, tra te e me
c’è solo una differenza di grado:
tu hai le ali e non puoi volare
io ho le mani e non posso pensare.
Finito, dirà un giorno madre Natura
finito di ridere e di piangere
e sarà ancora la vita immensa
che non vede non parla non pensa.

Nazim Hikmet


Ortensia rosa

Chi immaginò quel rosa? Chi seppe anche
che in questi globi era raccolto?
Come cose indorate che si adorano
smorzando adagio il rosso, quasi consumandolo.

 

 


Rainer Maria Rilke


Incontri

Anche se quel giorno non ci fossimo incontrati tutto sarebbe andato nello stesso modo.
Ci eravamo incontrati perché doveva succedere, e anche se non fosse stato quel giorno, prima o poi ci saremmo sicuramente incontrati da qualche parte.
Naturalmente questa idea non si fondava su niente, ma era quello che sentivo.

Murakami Haruki, Norwegian Wood


Io sono

Io non sono una donna. Sono una cosa neutra.

Sono un bimbo, un paggio e una decisione ardita,

sono un raggio ridente di sole scarlatto…

Io sono una rete per tutti i pesci voraci,

sono un calice a onore di tutte le donne,

sono un passo verso il caso e la rovina,

sono un salto nella libertà e nel sé…

Io sono il sussurro del sangue nell’orecchio dell’uomo,

sono una febbre dell’anima, della carne voglia e rifiuto,

sono una targa d’ingresso a nuovi paradisi.

Io sono una fiamma, che cerca vivace,

sono un’acqua, fonda, ma audace fino al ginocchio,

sono fuoco e acqua in rapporto leale, e senza condizioni.

 

Edith Södergran


Catena

L’anello debole di una catena è anche l’anello forte, perché alla fine spezza la catena.

Ralph Waldo Emerson