La vita è sogno, soltanto sogno, il sogno di un sogno (Edgar Allan Poe)

Archivio per dicembre, 2019

Ultimo brindisi

Che lo vogliamo o no
abbiamo solo tre alternative:
ieri, il presente, e domani. E neppure poi tre
perché come dice il filosofo
ieri è ieri
ci appartiene solo nel ricordo:
alla rosa che ha perso le foglie
non puoi levarle un altro petalo. Le carte da giocare
sono solo due:
il presente e il giorno di domani.
E neppure due
perché è un fatto ben stabilito
che il presente non esiste
se non nella misura in cui si fa passato
e già passò…
come la gioventù.
Riassumendo
ci resta solo il domani:
io sollevo la mia coppa
per questo giorno che non arriva mai
che però è l’unico
di cui realmente disponiamo.

Nicanor Parra   

E con questo brindisi auguro a tutti un felice 2020


Qui sono al sicuro

Qui sono al sicuro, qui ci sono querce intorno ai muri,
qui scintilla lo stretto tra monti corrosi dal mare.
Se me ne sto in piedi alla finestra
le querce immense hanno
una profonda tonalità oleosa
come un dipinto antico,
sul cielo di smalto azzurro
nubi ritardatarie
si rincorrono dal mare.
Querce nel sole d’autunno!
Terra azzurra, terra di monti, terra di mare
ed ere alle mie spalle
in una festa di colori
e ardore.
Oggi ci sono freddo e fiocchi di neve nell’aria,
i rami nudi si protendono come artigli
verso il caldo e l’ultimo ozono.
Mi inoltro nella terra azzurra
sotto le foglie che cadono.
E un giorno sarà spoglio Yggdrasil.


Olav H. Hauge


Senza titolo

Ho faticato molto
per conquistare il tuo cuore,
solo per
dormire in lui.
Io sono colei
che ti ha trattenuto per un bottone
e ha legato il suo destino…
con un sorriso. 


Maram al Masri

 

Illustrazione di Fabian Perez


Seguo questo corso di sabbia

Seguo questo corso di sabbia che scorre
tra i ciottoli e la duna
la pioggia d’estate piove sulla mia vita
su me la mia vita che mi sfugge mi insegue
e finirà il giorno del suo inizio.

Caro istante ti vedo
in questa tenda di bruma che indietreggia
dove non dovrò più calpestare quelle lunghe soglie mobili
e vivrò il tempo di una porta
che si apre e si richiude.

Samuel Beckett


Il vento di nome Jaromìr

Un giorno
Andremo insieme, lo promettemmo un tempo
Sul tarassaco negli occhi gialli di un merlo.
Lasceremo a casa le buone mogli
e ce ne andremo a pescare il verso,
quello che il fiume impreca sulle pietre
quando inciampa nella notte scura.


E forse in tutta notte non prenderemo nulla.
Ma gocce d’acqua cadranno nell’erba
Come lacrime di principesse
Dal bosco uscite scalze.

E forse in strada ti domanderanno
Maestro, a quando un libro nuovo?
E tu gli dirai dopo il diluvio
Se ci sarà un bel fango.

E forse i cieli si impietosiranno
e ci scroscerà nella poesia e nelle scarpe,
nubi fredde come trote maculate
ci sorvoleranno le teste.
E daremo al vento il nome di Jaromír
E torneremo sull’acqua allegra.

Jan Skàcel


Berlino 1961

Ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia

è la mia nostalgia

cresciuta sul ramo inaccessibile

è la mia sete

tirata su dal pozzo dei miei sogni

è il disegno

tracciato su un raggio di sole

ciò che ho scritto di noi è tutta verità

è la tua grazia

cesta colma di frutti rovesciata sull’erba

è la tua assenza

quando divento l’ultima luce all’angolo della via

è la mia gelosia

quando corro di notte fra i treni con gli occhi bendati

è la mia felicità

fiume soleggiato che irrompe sulle dighe

ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia

ciò che ho scritto di noi è tutta verità.

Nazim Hikmet


Canto di Natale…a modo mio

Vorrei ritornasse il primo Spirito del Natale, quello dei Natali passati.
I Natali con la neve, con le strade sfolgoranti di luci, con gli alberi addobbati (bene o male non importa) con fragili palline di vetro, le ghirlande sulle porte d’ingresso, le musiche di Stille Nacht o White Christmas in sottofondo, il presepe con il muschio vero e il laghetto fatto con lo specchio, i regali ammucchiati sotto l’abete che profumava ancora di resina, gli occhi dei miei figli che li scartavano con gioiosa impazienza, tutti intorno alla tavola apparecchiata con la tovaglia rossa ed il servizio buono, noi, i figli e i miei genitori. Il profumo dei cibi quando ancora non c’erano problemi di colesterolo, l’aroma delle bucce d’arancio sulla stufa…
Ogni abitazione era un piccolo, gioioso mondo a sé: addobbi, luci, profumi dai quali percepivo chi abitasse in quell’appartamento.

Ora guardo dalla finestra e mi accorgo che non è più il natale di un tempo.
Forse perché nel condominio e nel cortile di fronte non ci sono più bambini e abitano molti extracomunitari per i quali Natale è un giorno come un altro.
Su nessuno dei balconi, su nessuna finestra risplendono le lucine intermittenti, presso i bidoni dei rifiuti si vedono pochissime scatole vuote, nastri ed incarti di regali.
Nessun profumo particolare di arrosti e paste al forno, pastiere o torte Sacher, o semplici panettoni messi a scaldare quell’attimo necessario per esaltarne il profumo.
Neve neppure a parlarne, solo una spruzzata sulle montagne circostanti.
I figli sono lontani, hanno la loro vita, com’è giusto che sia: un augurio per telefono, qualche messaggio, un abbraccio da lontano.
Siamo rimasti solo noi due, e questo è il regalo più bello.
Buon Natale, amore mio.

 


Il vecchio Natale

Mentre la neve fa, sopra la siepe,
un bel merletto e la campana suona,
Natale bussa a tutti gli usci e dona
ad ogni bimbo un piccolo presepe.

Ed alle buone mamme reca i forti
virgulti che orneran furtivamente
d’ogni piccola cosa rilucente:
ninnoli, nastri, sfere, ceri attorti…

A tutti il vecchio dalla barba bianca
porta qualcosa, qualche bella cosa.
e cammina e cammina senza posa
e cammina e cammina e non si stanca.

E, dopo avere tanto camminato
nel giorno bianco e nella notte azzurra,
conta le dodici ore che sussurra
la mezzanotte e dice al mondo: È nato!

 

Marino Moretti


L’oste

Cercherò di ricordare. Non è facile tenere a mente tutti i clienti. E poi in quei giorni di confusione!
Il mio albergo era situato alle porte di Betlem, sulla strada che viene da Nazaret.
Posso dire, senza esagerare, che esso fosse il primo albergo della città.
Era formato da un gran cortile quadrato e porticato.
I viaggiatori entravano in quel cortile, si sceglievano il posto sotto il portico. Legavano il loro cavallo o il loro asino a una campanella.
Io intanto davo voce ai servi, i quali portavano un bel fascio di fieno odoroso per le bestie, e un fastello di paglia ben secca per gli uomini. Paglia di prima scelta, dorata, mai usata!
Nel mezzo del cortile c’era il pozzo. I servi vi attingevano l’acqua perché i viaggiatori si potessero lavare i piedi.
Di notte, specie d’inverno, nel cortile non mancava mai un bel fuoco. Si volevano maggiori comodità?
Una parte del colonnato, chiusa da muretti e da tende, formava alcune “camere private”. Ma quelle erano per i clienti di riguardo!
Per mangiare, i viaggiatori consumavano le loro provviste, raccolti in circolo, sotto il loggiato, seduti sulla paglia.
Io fornivo buon vino e ottimo pane. Betlem veniva chiamata “la casa del pane”. Attorno al paese si stendevano a perdita d’occhio campi d’orzo, e nel mio forno si cocevano eccellenti pagnotte: pane d’orzo, d’ottima qualità!
Sì, ora ricordo, ma, vi ripeto, non è facile tenere a mente tutti i clienti. E poi, i clienti di quei giorni! Che trambusto! Che via vai! Augusto, il grande Imperatore romano, aveva emanato un editto per il censimento. Voleva sapere quanti cittadini popolassero il suo grandissimo Impero. Anche la Palestina si trovava sotto il suo dominio. Noi Ebrei avevamo, è vero, un re nostro. Si chiamava Erode, e risiedeva a Gerusalemme, la capitale del Regno. Ma sopra di lui c’era l’Imperatore romano, che contava più di lui. Bisognava obbedire. Perciò tutti tornavano al paese di origine, per farsi segnare nelle liste della propria tribù.
Ve l’ho detto, furono giorni di grande affluenza, di grande confusione, e, devo ammetterlo, di grande guadagno.
Il cortile era pieno di animali e di gente. I servi non ce la facevano a servire tutti.

Si era giunti alle ultime forcate di fieno, e quanto alla paglia, lo dico con vergogna, molte volte fui costretto a ridistribuire quella già usata. Una sconvenienza, lo so, ma come volete che facessi?
Fu una sera, sull’ora di notte. I servi vennero a dirmi che alla porta si erano presentati due nuovi clienti. Detti in giro un’occhiata. Sotto il portico la gente si pesticciava. Chiesi ai servi: – Che gente è? Persone di riguardo?
Scrollarono il capo.
– Poveri, – mi risposero – un operaio e una donna sopra un asino.
– Se vogliono buttarsi in un canto, – dissi indicando i portici affollati.
– Chiedono una camera particolare, – mi fu risposto.
– Allora mandateli con Dio. Bella pretesa; una camera particolare in questi momenti, e per gente povera.
– La donna è stanca dal viaggio, – mi disse un vecchio servo.
– E che cosa ci posso fare? Anch’io sono stanco. Non ne posso più. Se fossero stati clienti buoni…. Ma con certa gente ci si rimette spesso anche la paglia.
I servi erano incerti. Allora mi feci io sulla porta.
– Mi dispiace, – dissi col migliore dei modi. – Mi dispiace, ma non c’è posto. Con questo benedetto censimento! Anche voi siete qui per l’editto?
– Sì, – mi rispose l’uomo, un tipo di operaio.
– Di che famiglia siete?
– Della famiglia di David.
Lo guardai sorpreso. La famiglia dell’antico profeta era famiglia reale.
– E non avete parenti in città?
L’uomo abbassò gli occhi. Guardai la donna raccolta sull’asino. Che viso pallido e bello! Sotto la coperta che le ricadeva sulle spalle, nella semi oscurità, sembrava che facesse luce.
– Sono dolente, – dissi ancora, – ma non c’è posto. Neppure nel cortile; una camera particolare poi è impossibile.
Questa donna è stanca, – disse sommessamente l’uomo.
La riguardai. Ella abbassò le ciglia.
– Sentite, – dissi loro, – se volete restare soli e passare una notte al coperto, vi consiglio una cosa. Sul fianco del colle ci sono alcune grotte che servono da stalla. In mancanza di meglio possono servire come camere particolari. Non ve ne offendete. Così risparmierete anche quei pochi.
I due non fiatarono. L’uomo tirò la cavezza all’asino, che si mosse zoppicando. Il lume di quel volto di donna affaticata sparve nel buio.
Rimasi sulla porta, ascoltando lo zoccolìo dell’asino che si allontanava. Mi invase una grande tristezza. Li avrei voluti richiamare. Ma come era possibile ospitarli? Vi assicuro che non c’era più posto sotto il portico; e di. camere particolari, neppure da parlarne.
Con tutto ciò ero triste. Rientrai. Avevo una pietra sul cuore.

Piero Bargellini


 

A tutti, i miei più cari auguri per un felice Natale. Loredana


Quarta domenica di Avvento


Ortensie

Alla fine ho accettato un’ortensia azzurra.

Ho sempre avuto un debole per le ortensie: sono uno dei pochi fiori che rimangono belli anche quando non sono più freschi.

Anche quando perdono un po’ di colore, restano intatti.

Le ortensie sono fiori scompigliati, ma con una resistenza ammirevole. 

 


Hilary Belle Walker


Silenzio

Passa, sono sepolti…
Una nuvola scivola sul disco del sole.

La fame è un alto edificio
che si sposta di notte
nella camera si apre l’oscura
tromba dell’ascensore verso le viscere.
Fiori nel fossato. Fanfara e silenzio.
Passa, sono sepolti…
Le posate d’argento sopravvivono
in grandi frotte
a grandi profondità dove l’Atlantico
è nero.

Tomas Tranströmer 

Dipinto di John Constable


Pilloline

Landing of migrants in the port of Salerno, Italy on April 19, 2017. The Gregoretti ship carried about 400 migrants form Subsaharian to port of Salerno, on the ship there are more than two corpses, 354 man and 40 women. (Photo by Paolo Manzo/NurPhoto via Getty Images)

Credo proprio di aver bisogno di spiegazioni, perché è tutto abbastanza complicato.

Parlo della questione della nave Gregoretti per il qual caso è stata richiesta l’incriminazione di Salvini .

Innanzitutto se sequestro ci fu la magistratura doveva intervenire immediatamente, in quanto per questo tipo di reato mi risulta che ci sia l’obbligatorietà di intervenire, specie in presenza di flagranza.

Salvini mantenne la nave al largo per 3 giorni, facendo però sbarcare ammalati, minori e donne incinte, e rifornendo i restanti migranti di medicinali e viveri.

Il Tribunale dei ministri di Catania ha chiesto l’autorizzazione a procedere contro Salvini, mentre la procura di Catania ritiene che l’ex ministro dell’Interno non debba andare a processo in quanto non si è verificata nessuna limitazione della libertà personale. Del resto credo che in caso di incriminazione debba andare a processo tutto il Consiglio dei Ministri, in quanto queste sono decisioni prese collegialmente.

Allora pure il ministro Lamorgese dovrebbe essere messa sotto accusa per aver “sequestrato” per 11 giorni la nave Ocean Viking, con 104 migranti (tra i quali 14 minori – di cui 2 bimbi sotto l’anno – e 2 donne incinte).

La medesima situazione si presentò qualche mese prima con la nave Diciotti, (la nave con gli “scheletrini” a bordo, rivelatisi poi giovanottoni pasciuti), caso poi caduto nel nulla come era ovvio.

Di mezzo ci si mette pure Luigi Di Maio che raffrontando i casi Diciotti-Gregoretti dice che il primo fu un avvertimento all’Europa (sob), mentre nel secondo era palese l’interesse personale di Salvini (!?!?)

L’unica cosa chiara è che viene utilizzata una certa magistratura per colpire un avversario politico rivelatosi assai pericoloso.

Poi ci sono i pentastellati che non si accorgono di venir presi costantemente per i fondelli. Il loro guru Grillo ha dichiarato in sintesi “Io c’ho i soldi, Casaleggio pure…quindi noi siamo noi e voi non siete un caxxo”. E la conclusione qual è? Che tutti i parlamentari portati in Parlamento dal duo barbuto sono, tranne rare eccezioni, una massa di persone impreparate improvvisatesi parlamentari, manovrate come marionette che, per mantenersi il posto caldo e ben remunerato piovuto dal cielo come la biblica manna, saltano quando e dove i due padroni comandano e ripetono slogan a pappagallo. I quali padroni vanno dove loro più conviene, non certo dove conviene all’Italia ed agli elettori. E gli elettori sono stati bellamente presi per i fondelli: una parte se ne è accorta, ma altri credono ancora alle balle del guru barbuto che li ha mandati già a quel paese (anzi, come è nel suo stile, al Vaffa) perché lui in ogni caso i soldi ce li ha e se li tiene, mentre gli altri possono al massi o sperare nel reddito di cittadinanza.


La tua nostalgia

La tua nostalgia è un mare che puoi navigare,
la tua nostalgia è un terreno su cui puoi camminare,
perché te ne stai allora inerte e scorata
fissando il vuoto?
Verrà un mattino con un orizzonte più rosso
di tutti gli altri,
verrà un vento a porgerti la mano:
mettiti in cammino!

 


Edith Södergran


Un paio di ali

Siamo le ali di un pensiero

che appena si innalza,

quest’uccello precipita

se uno le separa.

Siamo un paio di ali, ma tra le nuvole

non possiamo volare se non insieme,

a ritmo preciso, coordinato

del nostro battito di cuore.

Vola con me quindi, col battito d’ali all’unisono!

Eravamo da soli penne svolazzanti,

insieme siamo un paio di ali.

 

 

Váci Mihály, traduzione di Agnes Preszler


Amore

È assurdo
dice la ragione.
È quel che è
dice l’amore.
È infelicità
dice il calcolo.
Non è altro che dolore
dice la paura.
È vano
dice il giudizio.
È quel che è
dice l’amore.
È ridicolo
dice l’orgoglio.
È avventato
dice la prudenza.
È impossibile
dice l’esperienza.
È quel che è
dice l’amore.


Erich Fried


Sera di neve

Getta via la tua oscurità e sarai ricco.
Come una sera dopo la neve.
Il campo è ricco, e la brughiera,
ovunque aghi di pino,
e le case sono ricche, sicure
per la vita e il calore.
La terra addormentata conosce
il proprio splendore.
Le sopracciglia brinate del cielo
sono piene di stelle. 
Olav H. Hauge


Terza domenica di avvento.


Ubriaco

Troppo lontane le anime
e le stelle di cui ho bisogno.
Morirò ubriaco in un angolo.

Charles Cros

Dipinto di Amedeo Modigliani

 

 

 

 

 


Non devi amarmi

Non devi amarmi
solo perché
sei tutte le donne
che ho mai voluto

Sono nato per seguirti
ogni notte
mentre sono ancora
in tanti uomini che ti amano

Ti incontro ad un tavolo
Prendo tra le mani il tuo pugno
in un solenne tassì
Mi sveglio solo
con la mia mano nella tua assenza
all’Hotel Discipline

Ho scritto tutte queste canzoni per te
Ho consumato candele rosse e nere
a forma di uomo e di donna
Ho sposato il fumo
di due piramidi di legno di sandalo.

Leonard Cohen


da “Moby Dick”

Il giro del mondo! In questa frase c’è di che ispirare orgogliosi sensi; ma dove mai conduce tutta questa circumnavigazione? Attraverso pericoli innumerevoli, solamente allo stesso punto dal quale siamo partiti, dove coloro che ci siamo lasciati dietro, al sicuro, sono sempre stati davanti a noi. Se questo mondo fosse una pianura senza fine, e navigando a est potessimo raggiungere sempre nuove lontananze e scoprire visioni più dolci e strane di tutte le Cicladi o le Isole del Re Salomone, allora sì che il viaggio prometterebbe qualcosa. Ma inseguendo quei misteri che popolano i nostri sogni, o torturandoci a dar la caccia a quello spettro diabolico che prima o poi nuota innanzi a tutti i cuori umani; andando così a caccia intorno a questo globo, queste cose o ci trascinano in sterili labirinti o ci lasciano, sommersi, a mezza strada.

 

Herman Melville, Moby Dick


La strada che non presi

Due strade divergevano in un bosco giallo

e mi dispiaceva non poterle percorrere entrambe
ed essendo un solo viaggiatore, rimasi a lungo
a guardarne una fino a che potei.

Poi presi l’altra, perché era altrettanto bella,
e aveva forse l’ aspetto migliore,
perché era erbosa e meno consumata,
sebbene il passaggio le avesse rese quasi simili.

Ed entrambe quella mattina erano lì uguali,
con foglie che nessun passo aveva annerito.

Oh, misi da parte la prima per un altro giorno!
Pur sapendo come una strada porti ad un’altra,
dubitavo se mai sarei tornato indietro.

Lo racconterò con un sospiro
da qualche parte tra anni e anni:
due strade divergevano in un bosco, e io –
io presi la meno percorsa,
e quello ha fatto tutta la differenza.

Robert Frost


Viaggiare

Viaggiare! Perdere paesi!
Essere altro costantemente,
non avere radici, per l’anima,
da vivere soltanto di vedere!
Neanche a me appartenere!
Andare avanti, andare dietro
l’assenza di avere un fine,
e l’ansia di conseguirlo!
Viaggiare così è viaggio.
Ma lo faccio e non ho di mio
più del sogno del passaggio.
Il resto è solo terra e cielo.

Fernando Pessoa