Senza titolo
Ma non si torna indietro,
le foglie non tornano sugli alberi,
la pioggia non torna alle nuvole”
Dean Young
Mani pulite (?)
Quando nel 1992 scoppiò il caso “Mani pulite”, molti italiani plaudirono entusiasticamente allo smantellamento della “Prima repubblica”. Fu scoperchiato un sistema truffaldino di corruttele, di tangenti, di malaffare che connetteva il mondo dell’imprenditoria a quello della politica. Finalmente un po’ di pulizia, pensarono gli italiani, quelli onesti, che volevano sinceramente la moralizzazione del sistema, e tra questi c’ero pure io, anche se in seguito ho molto ridimensionato la vicenda per le ragioni sotto esplicate.
Il pool (Francesco Saverio Borrelli, Gerardo D’Ambrosio, Gherardo Colombo, Antonio Di Pietro, Piercamillo Davigo , cui si aggiunsero poi Ilda Boccassini, Francesco Greco, Tiziana Parenti Paolo Ielo, Armando Spataro) diventò subito l’idolo dell’Italia, ed i suoi componenti divennero i nuovi eroi.
Borrelli era il magistrato che decideva quando e come partire all’attacco, spesso in momenti inopportuni: ricordiamo l’avviso di garanzia consegnato a Berlusconi nel novembre 1997 mentre presiedeva a Napoli la Conferenza mondiale delle Nazioni Unite.
Pochi però si accorsero che le indagini che colpirono prevalentemente la DC ed il PSI si arenarono non appena si trattò di indagare sul PCI. Le Botteghe Oscure rimasero inviolate e l’unico a restare invischiato, senza confessare mai nulla, fu il “compagno G:”, ossia Primo Greganti.
Molti magistrati in seguito deposero la toga (Di Pietro addirittura in maniera plateale) e palesarono apertamente la loro appartenenza politica. E la ricerca ossessiva di capri espiatori fu dovuta anche alla mania di protagonismo di certi magistrati.
Torniamo a Borrelli.
Celebre la sua frase “Resistere, resistere, resistere come su una irrinunciabile linea del Piave”, pronunciata all’apertura dell’anno giudiziario del 2002, dieci anni dopo l’inizio di Tangentopoli.
Quella frase, oltre a rivelare la politicizzazione fino a quel momento pressoché dissimulata di un organo istituzionale, sancì l’inizio dello strapotere della magistratura, la sua intromissione nel potere legislativo ed esecutivo ma segnò anche l’inizio del declino, oramai irreversibile, della fiducia dei cittadini nella giustizia.
Qualche anno fa, Borrelli, ormai in pensione, disse “Dobbiamo chiedere scusa agli italiani. Non valeva la pena buttare via il mondo precedente, per cadere in quello attuale”. Specialmente, aggiungo io, se si è passata spendere la propria esistenza per combattere la corruzione politica e difendere l’indipendenza e l’efficienza della magistratura, ritrovandosi alla fine una parte della classe politica ancora più corrotta e, soprattutto, una magistratura priva di credibilità.
Mi chiedo se, in tanti anni, abbia avuto non dico un rimorso, ma almeno un pensiero per le tante persone che si sono uccise a seguito delle sue inchieste: Raoul Gardini, Sergio Moroni, Renato Amorese, Mario Majocchi e soprattutto Gabriele Cagliari del quale, su internet, sta circolando copia della struggente lettera che scrisse ai familiari prima di togliersi la vita.
Cosa ne pensate?