La vita è sogno, soltanto sogno, il sogno di un sogno (Edgar Allan Poe)

Franco Zeffirelli

Franco Zeffirelli era un grande, non valorizzato quanto meritasse in Italia per via della sua dichiarata propensione per una parte politica avversa a quella che, in quegli anni, deteneva il monopolio della cultura. Lo hanno apprezzato maggiormente all’estero ottenendo, unico italiano, la nomina a Sir (baronetto) di Inghilterra per aver divulgato nel mondo intero le opere di William Shakespeare, ed ottenendo ben 14 nomination agli Oscar, di cui ben due per la regia. Indimenticabili infatti le sue due pellicole dedicate a “Romeo e Giulietta”, dove per la prima volta vennero utilizzati attori poco più che adolescenti come in effetti erano i due innamorati veronesi, e alla “Bisbetica domata”, con una sorprendente prova dei coniugi Burton – Taylor che, essendo perennemente in lite, erano quindi molto idonei ad interpretare Petruccio e Caterina.
Molto credente, ci ha lasciato anche il “Gesù di Nazareth”, che ora tutti conoscono come il “Gesù di Zeffirelli”, per distinguerlo da pellicole affini, e la bellissima biografia di san Francesco e santa Chiara (Fratello Sole, sorella Luna), ma è anche ricordato per le sue numerose regie teatrali ed operistiche, e per questo strinse una solida amicizia con Maria Callas. L’ultima sua opera, l’allestimento della “Traviata” sarà rappresentata a Verona tra pochi giorni, il 21 giugno prossimo, aprendo la stagione operistica dell’Arena.

Dichiaratamente omosessuale, deprecava però le manifestazioni del Gaypride, in quanto sosteneva che la sessualità andasse vissuta senza ostentazioni ed esternazioni volgari.

Un amante del bello, in tutte le sue forme, come si vedeva anche nelle scenografie, nelle “location”, nei costumi dei suoi film, tutti ricostruiti con un’attenzione maniacale e rigorosa.

Amava tantissimo la sua Firenze, ma non ne era abbastanza ricambiato, e giunse perfino a rifiutare il “Fiorino d’oro”, quel riconoscimento da sempre tributato da Firenze ai suoi concittadini più illustri, ma che era sempre stato negato ad Oriana Fallaci. L’allora sindaco di Firenze, Matteo Renzi, conservò però il Fiorino, e lo consegnò al regista quando questi regalò alla città un considerevole archivio consistente in 10 mila volumi e 4000 foto di scena, in aggiunta a numerosissimi bozzetti relativi alle pellicole ed alle rappresentazioni teatrali.

” Quando sento che mi prende la depressione, torno a Firenze a guardare la cupola del Brunelleschi…Se il genio dell’uomo è arrivato a tanto, allora anche io posso e devo provare a creare, agire, vivere “.

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