Vizi privati e pubbliche virtù
Forse gli altarini cominciano a scoprirsi.
Blitz di 170 poliziotti nella sede della Deutsche Bank di Francoforte, accusata di riciclaggio nell’ambito dell’inchiesta dei Panama Papers ed allo scandalo della filiale estone della Danske Bank. Deusche Bank che in un recente passato aveva già dovuto pagare multe per 18 miliardi.
Quindi la Grande Germania non è poi così limpida come sembra e come vuol far credere. Del resto lo aveva già scritto in un suo saggio Michael Braun, dove asseriva che l’economia tedesca era stata praticamente drogata dal 1999 con l’instaurazione dell’euro, incrementando in maniera esagerata il surplus commerciale, investito nelle economie deboli dei paesi dell’eurozona.
Solo con la Grecia, negli anni dal 2010 al 2015,la Germania ha guadagnato 100 miliardi (circa 300 punti di spread) * ed ora sta provando a ripetere lo stesso giochetto con l’Italia.
C’è da considerare che le regole dell’euro hanno favorito, e di molto, la Germania. Dal 2010 in poi in debito pubblico tedesco è praticamente raddoppiato, ma è passato dal 60 all’85% in mani straniere. Nel medesimo periodo l’Italia (ricordiamo che siamo contribuenti NETTI del bilancio UE , con un saldo passivo di circa 5 miliardi annui), è stata costretta ad emettere ben 60 miliardi di titoli per finanziare il fondo “salva stati”, titoli che concorrono nel computo del rapporto debito/PIL. La Germania ha sì contribuito al fondo con 80 miliardi, però senza emettere nuovi titoli, forte del fatto che la BCE ha acquistato, per via del QE, un maggior numero di Bund rispetto ad altri titoli di debito. Quindi i tedeschi si fanno finanziare dagli altri paesi dell’eurozona i propri surplus monetari, in violazione delle regole europee e senza venir per questo sanzionata, ma accumulando surplus monetari per oltre 400 milioni.
C’è poi il fatto relativo alle banche: ben 6 sono pubbliche (Landersbänken), non sottoposte al controllo della BCE, che sostengono l’economia tedesca in concorrenza diretta con le imprese italiane. Queste banche hanno in carico 680 MILIARDI di euro DETERIORATI (titoli tossici) non computati nel debito pubblico e, se dovessero fallire, verrebbero salvate dallo Stato, cosa assolutamente proibita dalle regole comunitarie che riguardano esclusivamente le banche private, soggette invece al bail-in (quello che ha rovinato i clienti ed investitori di Banca Etruria).
Vogliamo parlare della Cassa Deposito e Prestiti? La nostra ha 300 miliardi di debiti, coperti con emissioni di titoli garantiti dallo Stato che, ovviamente, entrano nel computo del debito pubblico.
La Kreditanstalt Für Wiederaufbau è a capitale per l’80% del governo federale, mentre il restante 20% appartiene ai Länder. Ha ben 500 miliardi di debito che però, chissà per quale ragione, non sono compresi nel debito pubblico.
Altro vantaggio viene da un trucco non ammesso, ma attuato spesso: se l’asta dei Bund dovesse andare deserta, nessun problema. I titoli li acquista la Bundesbank (in spregio ai trattati della UE), che si incarica poi di ricollocarli presso i risparmiatori privati.
Infine la questione del pareggio di bilancio: da noi, con il Patto di stabilità, ogni ente pubblico, Regione, Provincia o Comune, DEVE avere il bilancio in pareggio.
In Germania l’unico che ha tale obbligo è il bilancio federale. I Länder hannno 600 miliardi di debiti, ma decideranno se ripianarli solo entro il 2020, in caso contrario interverrà la Bundesrepublik. Poi ci sono i comuni, con altri 140 miliardi di debiti, ma questi chissà quando e come decideranno di ripagarli.
Sommiamo tutte queste cifre
680 delle Landersbänken
500 della KFW
600 dei vari Länder
140 dei vari comuni
Il totale fa 1.920 miliardi di euro NON COMPUTATI nel debito tedesco, che dovrebbero sommarsi a quelli effettivamente dichiarati (2.108 miliardi) giungendo ad un totale di 4.028 miliardi di debito totale.
Forse è per questo che, sempre più spesso, si sente parlare di una patrimoniale da applicare a noi italiani che, in termini di risparmio e di proprietà immobiliari, siamo primi in Europa.
Speriamo che questo scandalo contribuisca a ristabilire le debite proporzioni in ambito europeo, ridimensionando i tedeschi.
* fonte Hall Institute for economic Research di Francoforte
Ricetta
Scaccia la paura
e la paura della paura.
Per qualche anno le cose basteranno.
Il pane nel cassetto
e il vestito nell’armadio.
Non dire mio.
Hai preso le cose solo in prestito.
Vivi nel tempo e capisci
che poche cose ti servono.
Accasati.
E tieni pronta la valigia.
È vero quello che dicono:
ciò che deve succedere, succederà.
Non andare incontro alla pena.
E quando arriva,
guardala tranquillamente.
È effimera come la felicità.
Non aspettare nulla.
E abbi cura del tuo segreto.
Anche il fratello tradisce
se si tratta di te o di lui.
Prendi la tua ombra
come compagna.
Pulisci bene la tua stanza.
E saluta il tuo vicino.
Aggiusta il recinto
e anche il campanello alla porta.
Tieni aperta la ferita dentro di te
sotto il tetto delle cose che passano.
Strappa i tuoi piani. Sii saggio
e credi nei miracoli.
Sono iscritti da tanto tempo
nel grande piano.
Scaccia la paura
e la paura della paura.
Mascha Kaléko
La pioggia
Ebbi una volta amori.
Oggi è dì di ricordi.
Ebbi una volta amori.
Ebbi sole e allegria,
Un dì, ormai lontano…,
ebbi sole e allegria.
Di tutto, che mi è rimasto?
Di colei che mi amava,
di tutto, che mi è rimasto?
L’aroma del suo nome,
il ricordo degli occhi,
e l’aroma del nome.
Manuel Machado
Memento
…nel 2013, Bertolucci ammise che lui e Brando avevano agito senza il consenso e senza aver informato prima Maria Schneider: “Non volevo che Maria mostrasse la sua umiliazione, la sua rabbia, volevo che Maria la sentisse. Volevo una sua reazione e sapevo che poi mi avrebbe odiato per tutta la vita”. Poi il regista aggiunse: “Quando Maria è morta, ho pensato, Dio, sono così dispiaciuto di non essermi scusato con lei per quello che Marlon e io le facemmo con quella scena, decidendo di non avvertirla. Il suo senso di umiliazione era reale, ma penso che quello che la offese davvero è che non le fu permesso di prepararsi a quella scena come un’attrice. Ma io volevo la sua reazione come persona, non come attrice”. Quella confessione destò grande scalpore e riprovazione nel mondod el cinema. Molte star di Hollywood si dichiarano disgustate.
Il 30 dicembre 1972 “Ultimo tango a Parigi” fu sequestrato per “esasperato pansessualismo fine a se stesso”. Finito in tribunale, il 2 febbraio 1973 ci fu una sentenza d’assoluzione in primo grado. La pellicola venne dunque dissequestrato e proiettata sia in Italia che all’estero. Nel secondo processo d’appello (il primo era stato annullato per vizio di forma) il 20 novembre 1974 si arrivò alla condanna, e il 29 gennaio 1976 la Cassazione confermò la sentenza, ordinando la distruzione della pellicola. Franco Arcalli (sceneggiatore), Alberto Grimaldi (produttore), Bernardo Bertolucci (regista) e l’attore Marlon Brando furono condannati a due mesi di prigione con la condizionale. Alcune copie della pellicola vennero salvate come “corpo del reto”. Bertolucci fu condannato per offesa al comune senso del pudore. Nel 1987, dopo 11 anni dalla condanna, la censura riabilitò il film, permettendone la distribuzione nelle sale e, dopo poco, anche il passaggio in tv…
Nessuna “femminista” in difesa di Maria, tutte con le lacrime agli occhi a ricordare Bertolucci. Ah già loro erano della medesima fazione!
Ci vuole…

Marc Chagall http://www.tuttartpitturasculturapoesiamusica.com
Ci vuole pazienza nell’amore
e anche impazienza,
luce ma lasciare
spazio anche per l’ombra.
Lo sa il vecchio pino, alto, nel cortile
che ha veduto dalle finestre
e fermato il volo
di parole che per tristezza volevano buttarsi
e poi ha veduto
vetri spalancarsi al sole
spinger via paura, stanchezza
e il morire delle case.
*Lo sa che ha trattenute appese
le voci cambiate dei ragazzini
e le occhiate delle donne
sole a fumare alle finestre.
Ci vuole pazienza nell’amore
e anche furia,
la furia bella dei bambini
che ridono e capriòlano
quando ritorna qualcuno,
e fan le corse in corridoio, si fan notare
e quella del pino antico che nel gelo
e nel cupo silenzio della città
stringe le radici, nascoste
come un ferito le sue cicatrici.
Davide Rondoni
pensierino
L’UE chiedeva, anzi ORDINAVA, e noi ci inchinavamo (a 90 gradi, ovvio).
Germania e Francia acquisivano le nostre aziende a prezzi stracciati lasciando in mutande un sacco di famiglie italiane? Tutto va bene, madama la marchesa, questo è quello che ci chiede l’Europa.
L’UE voleva riempirci di “migranti? (?), e noi accettavamo in cambio di una certa flessibilità per regalare 80 euro ad alcune categorie e 500 euro ai docenti ed ai neodiciottenni.
L’UE chiedeva di essere indulgenti con le “risorse” che commettevano reati, anche con quelli che trucidavano le donne in quanto rientrava nei loro “canoni culturali (?), e noi proni ad adempiere ai loro desideri.
Il nostro presidente pontificava che i confini non esistono, e tutti applaudivano, perché le sue parole erano quelle che la UE voleva che noi intendessimo.
Lo spread allora era poco sopra il livello 100, ma la nostra dignità era invece sotto i piedi.
Già…
Normalità
Non è normale che sia normale.
No.
Non è normale che in una società civilizzata, nell’anno di grazia 2018, sia necessaria una campagna contro la violenza su noi donne.
Nubi
Non vi sarà mai cosa che non sia
una nube. Lo son le cattedrali
di vasta pietra e bibliche vetrate
che il tempo spianerà. Lo è l’Odissea,
che cambia come il mare. Se la riapri
sempre cambia qualcosa. Anche il riflesso
del tuo viso è già un altro nello specchio
ed il giorno è un dubbioso labirinto.
Siamo chi se ne va. La numerosa
nuvola che si disfa all’occidente
è nostra effigie. Incessantamente
la rosa si tramuta in altra rosa.
Sei nuvola, sei mare, sei l’oblio.
Sei anche tutto quello che hai smarrito.
Vanno per l’aria placide montagne
oppure cordigliere d’ombre tragiche
che oscurano il giorno. Le chiamiamo
nuvole. Hanno sempre forme strane.
Shakespeare ne osservò una. Somigliava
a un drago. Quella nube di una sera
risplende e brucia nella sua parola
e ancora seguitiamo a rivederla.
Le nuvole che sono? Architettura
del caso? Forse Dio ne necessita
per eseguire l’opera infinita:
sono i fili della Sua trama oscura.
Forse la nube non è meno vana
dell’uomo che la guarda nel mattino.
Jorge Louis Borges
Senza titolo
Ti scrivo per dirti
qualcosa che non so,
un tocco,
qui nevica
la neve è evidente
nevica e te lo dico
neve sottile.
Ti regalo città bianca
di mollica
la neve vede tutti
ogni filo d’erba
contro i muri
ha un piccolo berretto
ghiaccioli al collo dei semafori
la neve vede tutti
ed è evidente
non so dirti nulla
quello che conta è il filo
questo filo di voce,
di scrittura
per dirti quello che non so,
ti voglio un bene
evidente.
Chandra Livia Candiani
Qualche conticino.
Bene bene bene…la sinistra urla e sbraita contro la manovra finanziaria del Governo Conte ed applaude (!?) alle procedure di infrazione comminateci dalla UE…poi si legge attentamente il testo e…SORPRESA…la contestazione è riferita principalmente alle manovre del 2016 e 2017 che non hanno ridotto il debito pubblico! E chi c’era al governo in quel periodo? Sì sì, proprio loro, Renzi e Gentiloni.
Quindi mi fanno ridere tutti i vari piddini che si rivolgono con toni accorati a Giuseppe Conte, a Tria, Salvini e Di Maio perché rivedano le cifre, e propongono ora soluzioni in grado di salvare la Patria: perché queste soluzioni non le avete attuate quando VOI eravate al governo, invece di vergognarvi perché siete i responsabili dell’aumento del debito pubblico?
“Sulla base dei dati notificati e delle previsioni dell’autunno 2018 della Commissione, l’Italia non ha rispettato il parametro di riduzione del debito nel 2016 (gap del 5,2% del PIL) o nel 2017 (gap del 6,6% del PIL)”.
“complessivamente, la mancanza di conformità dell’Italia con il parametro di riduzione del debito nel 2017 fornisce la prova dell’esistenza prima facie di un disavanzo eccessivo ai sensi del patto di stabilità e crescita, considerando tutti i fattori come di seguito esposti. Inoltre, in base ai piani governativi e alle previsioni dell’autunno 2018 della Commissione, l’Italia non dovrebbe rispettare il parametro di riduzione del debito nel 2018 o nel 2019”.
Appare quindi chiaro che se ora la UE apre una procedura di infrazione nei nostri confronti è solo per puro calcolo politico, perché siamo sotto la soglia del parametro del 3% (rapporto tra debito e PIL). Certo, c’è l’altra regola vigente nell’area EURO, ossia il debito non dovrebbe superare il 60% del PIL, limite che noi non abbiamo mai rispettato da quando esiste la moneta unica, però è assai curioso che la UE sia stata indulgente fino ad ora e si risvegli solamente adesso, per giunta criticando una manovra (2019) che deve ancora produrre i propri effetti, mentre i dati relativi all’esercizio corrente che deve ancora chiudersi sono comunque dovuti al DEF approvato dal precedente governo.
Inoltre, oltre all’Italia ci sono altri paesi che hanno un debito oltre il 100% del PIL (Belgio, Cipro, Francia, Grecia, Portogallo e Spagna) mentre almeno altri 3 avranno un debito tra il 60 ed il 90%. Quindi dieci paesi in tutto non rispettano i parametri, ma l’unica ad essere sanzionata sarebbe l’Italia. Strano, vero?
Allora ditelo
Certo, allora ditelo che volete mandare in rovina l’Italia, ridurla come la Grecia che sta svendendo tutti i suoi siti archeologici.
Ditelo che il 2,4% è inferiore al 3%, mentre la Francia sta sforando il parametro da anni.
Ditelo che avete paura di un’Italia che da anni ha un avanzo primario consistente e che va in deficit solo per gli interessi passivi sul debito e che con lo spread volutamente manovrato non fa altro che aumentare questo divario.
Bene, spero che i nostri governanti abbiano abbastanza attributi per contrastare questo andazzo e non si pieghino a 90° come hanno fatto i governi precedenti: ha poco da pontificare l’arrogante Renzi che smentisce di aver barattato la flessibilità con l’invasione, cosa invece confermata tempo fa dalla Bonino e recentemente dalla Fedeli.
È ora di svincolarci prima di tutto dalla Germania, che ha parecchie magagne da nascondere, iniziando dalla Deutsche Bank e dai suoi scandali.
È ora di ricominciare a pensare a noi, tenere duro ed aspettare maggio.
Allora tante cose cambieranno.
senza titolo
Se tardi a trovarmi, insisti.
Se non ci sono in nessun posto,
cerca in un altro, perché io sono
seduto da qualche parte,
ad aspettare te…
e se non mi trovi più, in fondo ai tuoi occhi,
allora vuol dire che sono dentro di te.
Walt Whitman
La notte
So poco della notte
ma la notte sembra sapere di me,
e in più, mi cura come se mi amasse,
mi copre la coscienza con le sue stelle.
Forse la notte è la vita e il sole la morte.
Forse la notte è niente
e le congetture sopra di lei niente
e gli esseri che la vivono niente.
Forse le parole sono l’unica cosa che esiste
nell’enorme vuoto dei secoli
che ci graffiano l’anima con i loro ricordi.
Ma la notte deve conoscere la miseria
che beve dal nostro sangue e dalle nostre idee.
Deve scaraventare odio sui nostri sguardi
sapendoli pieni di interessi, di non incontri.
Ma accade che ascolto la notte piangere nelle mie ossa.
La sua lacrima immensa delira
e grida che qualcosa se n’è andato per sempre.
Un giorno torneremo ad essere.
Alejandra Pizarnik
speriamo…
Sarà l’aria di casa, o forse perché restando fermo per parecchi giorni si è resettato ben bene, resta il fatto che adesso il pc che a Milano sembrava morto del tutto adesso funziona.
È ancora un po’ lento, ma in seguito vedrò di sistemare anche quello.
Per adesso ho aggiornato delle cose in sospeso che avevo registrato sullo smartphone…
Domani è un altro giorno, speriamo bene.
L’amore…
L’amore non semplifica le cose, sai: quello che trova distrugge, ti spezza il cuore. Ma noi, noi non siamo qui per cercare la perfezione. I fiocchi di neve sono perfetti, le stelle sono perfette: non noi. Noi siamo qui per distruggere solo noi stessi, e per spezzare i nostri cuori, per innamorarci delle persone sbagliate e per morire. Dimentica i romanzi d’amore, sono tutte balle! Per favore, vieni di sopra da me, e entra nel mio letto!
(Dal film “Stregata dalla luna”)
Il canto della mia gioia
Un giorno scriverò una poesia che non rammenti l’aria né la notte;
una poesia che ometta i nomi dei fiori, dove non ci siano né gelsomini né magnolie.
Un giorno scriverò una poesia senza uccelli né fontane, una poesia che eviti il mare
e che non guardi le stelle.
Un giorno ti scriverò una poesia che si limiti a passare le dita sulla tua pelle
e che trasformi in parole il tuo sguardo.
Senza similitudini, senza metafore, un giorno scriverò una poesia che profumi di te,
una poesia con il ritmo dei tuoi battiti, con l’intensità struggente del tuo abbraccio.
Un giorno ti scriverò una poesia, il canto della mia gioia.
Darío Jaramillo Agudelo
Stan
Se da bambina sono cresciuta con i personaggi di Walt Disney e del Corrierino, gli anni successivi sono stati appannaggio di Tex Willer e dei Supereroi della Marvel.
Quindi apprendere la scomparsa di Stan Lee, per quanto prevedibile data l’età avanzata (95 anni), mi ha causato un gran dispiacere.
Non solo i fumetti, ma anche le trasposizioni cinematografiche mi sono piaciute molto,e la mia preferenza va all’Uomo Ragno.
Grazie Stan, per tutti i momenti spensierati che hai regalato a tutti i tuoi seguaci.
Parole…
“Allora dovresti dire quello a cui credi», riprese la Lepre Marzolina.
“È quello che faccio”, rispose subito Alice. “Almeno credo a quello che dico, che poi è la stessa cosa”.
“Non è affatto la stessa cosa!” disse il Cappellaio. “Scusa, è come se tu dicessi che vedo quello che mangio è la stessa cosa di mangio quello che vedo!”
Donne
Distesa sul divano, con le mani tra le ginocchia, Mariam fissava i mulinelli di neve che turbinavano fuori dalla finestra.
Una volta Nana le aveva detto che ogni fiocco di neve era il sospiro di una donna infelice da qualche parte del mondo. Che tutti i sospiri che si elevavano al cielo si raccoglievano a formare le nubi, e poi si spezzavano in minuti frantumi, cadendo silenziosamente sulla gente.
“A ricordo di come soffrono le donne come noi” aveva detto. “Di come sopportiamo in silenzio tutto ciò che ci cade addosso”.
Khaled Hosseini
(Mille splendidi soli)
Ritorno al passato
Come al solito, qui a Milano guardiamo dei DVD particolari, anche perché abbiamo un televisore vecchiotto di soli 27 pollici, non certo i 50 ed oltre che abbiamo a casa nostra.
Questa volta tra le altre cose abbiamo portato un vecchio sceneggiato RAI degli anni ’70, “E le stelle stanno a guardare”.
È stata l’occasione per rivedere, giovanissimi, tanti nostri grandi attori e doppiatori, le voci più belle e caratteristiche del nostro teatro e del nostro cinema. Curiosamente i personaggi migliori e con più personalità erano proprio i “cattivi”, come Enzo Tarascio (il padrone della miniera), Adalberto Maria Merli (l’arrivista e approfittatore) e Anna Maria Guarneri, la moglie insoddisfatta e fedifraga del protagonista. Pure gli altri interpreti mi sono piaciuti molto: Anna Miserocchi, molto intensa ed espressiva, Orso Maria Guerrini, Giancarlo Giannini, Andrea Checchi e, in parti di minor rilievo, le due sorelle Goggi, Scilla Gabel, Roberto Chevalier, Franco Volpi e tanti altri.
Erano i tempi in cui la TV adattava per lo schermo grandi capolavori, ed i migliori sceneggiati avevano quasi tutti la firma di Anton Giulio Majano che curava sia la sceneggiatura che la regia.
A quei tempi molte di queste opere non le avevo viste perché in casa non avevamo la TV in quanto mio padre era restio ad acquistarla per una questione di principio, ritenendo migliore la radio. Perciò quando sono stati messe in vendita le serie televisive ne ho acquistate parecchie, e non me ne sono pentita. Tranne una, (Il commissario de Vincenzi – L’albergo delle tre rose), le altre mi sono piaciute tutte.
E in particolar modo ho visto assai volentieri questo sceneggiato perché della storia non ricordavo assolutamente nulla: avevo letto il libro di Cronin quando ero una ragazzina di 12 o 13 anni, preso in prestito dalla biblioteca della parrocchia: ovvio che dopo tanti anni mi fossi dimenticata completamente della trama, ricordando vagamente che trattava di minatori in lotta con i padroni.
La cosa migliore però è stata la recitazione. Spiace dirlo, ma attori di quel calibro, con voci così impostate, non se ne trovano quasi più.
Ricorrenza
Voglio sganciarmi dalla solita retorica per il 4 novembre. Non la ritengo una festa per la Vittoria, per me significa solo la fine di un conflitto che ha causato tanti morti al fronte, tante distruzioni, tanto dolore anche tra chi non ha combattuto, ma ha perso un marito, un figlio, un fratello ed ha avuto la casa distrutta.
Seicentocinquantamila morti, oltre un milione di mutilati, una intera generazione di giovani in età lavorativa decimata… che bel risultato. Un disastro economico che in sé fece germinare nazismo e fascismo.
Un conflitto che non ha sanato le divergenze, anzi le ha inasprite, ridisegnando i confini europei in maniera assurda e dissennata, e la mia provincia ne è la prova concreta, con l’astio tra la popolazione autoctona tirolese e quella forzatamente importata per italianizzare la zona durato decenni.
Lo so, tantissimi criticheranno quanto ho scritto ma il Sudtirolo, dove non fu sparato un sol colpo, venne però assegnato all’Italia solo in virtù di presunti confini naturali disegnati dalle Alpi.
Per Trento era diverso, la zona era italofona, anche se non tutti gli abitanti anelavano a congiungersi all’Italia.
Per quanti si indignano per la fine di Cesare Battisti, c’è da considerare un punto di vista pienamente valido in TEMPO DI GUERRA: Battisti a tutti gli effetti era cittadino austriaco (pure mio nonno, trentino, funzionario delle Ferrovie Austroungariche, lo era) quindi PER GLI AUSTRIACI era ovviamente un disertore ed un traditore, anche perché era deputato presso il Parlamento viennese. E la fine atroce di Battisti fu anche quella di tanti irredentisti che credevano in un’Italia unita.
Pietà per gli irredentisti morti per una causa che ritenevano giusta, pietà per chi ha combattuto una guerra che giusta non era (anche per i vari motivi economici che ne stanno dietro, perché le guerre convengono sempre a qualcuno), pietà per chi, accusato di codardia, veniva comunque spinto a combattere con le buone o le cattive o, peggio, fucilato alla schiena.
Io cambierei nome a questa ricorrenza: Giornata del Ricordo delle vittime di guerra, perché alla conclusione di una guerra, alla conta dei morti, nessuno risulta vincitore, e tutti sono sconfitti.
Mi sta bene invece ricordare le Forze Armate, che anche in questi giorni stanno dando prova di abnegazione assieme alle altre organizzazioni civili, ed a tutti loro va il mio ringraziamento.
4 novembre

Don Camillo e Peppone mentre mangiano durante una puntata della serie tv ambientata a Brescello in provincia di Reggio Emilia
Don Camillo e Peppone, da “Autunno”
“Muoio dal caldo”, sospirò.
“E cavatelo questo pastrano!”.
Peppone si tolse finalmente il pastrano, e allora si vide che Peppone aveva appuntata al bavero della giacca la medaglia d’argento che s’era guadagnato nella guerra ’15-18.
“Be'”, disse don Camillo cavando dal quadretto la sua medaglia d’argento e appuntandosela sulla tonaca. “E’ un’idea”.
Funzionava così, una volta.
Cosa ne pensate?