Grrrr
Incavolata?
Peggio, inc….ta nera.
Questa volta a Milano ho portato il pc nuovo, che già a casa si era bloccato un paio di volte.
Adesso è praticamente MORTO. Dopodomani vedrò se posso risolvere qualcosa agendo sul bios…sperèm.
Ma non è tutto: non so se per via del tempo.o delle operazioni che Wind dice di star effettuando per migliorare la rete (?) anche gli smartphone sono lentissimi e spesso si disconnettono. D’accordo, siamo in una zona pessima, un cortile chiuso dove il segnale arriva a stento. Avevo provato anni addietro con TIM e Vodafone, ma era sempre andata male. Con Wind, fino alla scorsa estate non avevo mai avuto grossi problemi, però adesso la situazione è peggiorata moltissimo.
Anni fa almeno ogni tanto riuscivo a collegarmi a qualche Wi-Fi libero nel condominio, ma adesso sono tutti criptati. Già caricare qualche testo è difficoltoso, non parliamo di foto o, peggio, di filmati.
Grrrrrr
Milano. Pioggia.
Una settimana a Lubiana (devo ancora postare qualcosa di questo viaggio, ma ho poco tempo ed una pessima connessione), poi una settimana a casa e domenica scorsa subito dopo aver votato, nuovamente in partenza, questa volta tanto per cambiare per Milano.
Fino a ieri ci sono state giornate stupende: cielo terso, temperature ideali, un giorno perfino quasi estive (29 gradi), ma da ieri piove.
Milano mi piace con il bel tempo, ma con la pioggia ha un suo fascino particolare.
L’asfalto ed il pavé, lucidi come specchi, riflettono gli edifici ed i monumenti, ed in tutto quel grigiore spiccano i colori dei tram, le luci dei semafori sembrano gemme ed agli ingressi della metropolitana spuntano i venditori di ombrelli variopinti. I giorni di pioggia sono quelli in cui i musei e le mostre vengono presi letteralmente d’assalto, e per questo noi li evitiamo accuratamente. Meglio farsi un lungo giro in tram, prendendolo possibilmente al capolinea in modo da restare comodamente seduti, e poi fermarsi in un locale a sorseggiare una bevanda calda e fumante, osservando la gente che, nonostante tutto, si muove frettolosamente come negli altri giorni.
Ed ora mi preparo: scarpe in Goretex, giacca impermeabile con il cappuccio, zainetto… e fuori, a sfidare il maltempo.
Non partire
Non partire, mio amore, senza avvertirmi.
Ho vegliato tutta la notte e ora i miei occhi
sono pesanti di sonno.
Ho paura di perderti mentre dormo.
Non partire, amore mio, senza avvertirmi.
Mi sveglio e stendo le mani per toccarti. Ti sento
e mi domando: «È un sogno?»
Oh, potessi stringere i tuoi piedi con il mio cuore
e tenerli stretti al petto!
Non andartene, mio amore, senza avvertirmi.
Via Stilicone
Via Stilicone è a Milano una
Fra le vie più tristi che io conosca
Una fila di case e quasi niente
A confortarle dalla parte opposta
Dove vaneggiano alle notti
Di uno scalo e di un cimitero
Le luci delle sue finestre
Occhi di fatiscente impero
Come la fronte di chi stando
A un nudo tavolo altra fronte
Cerca a cui stringersi posarsi
Ma nessuna gli risponde
E giù si piega e si abbatte
Si fa cuscino delle braccia
Vuole scappare da se stesso
Sparire alla propria faccia
Strada uguale a dove sbando
Più ogni giorno o amica mia
Al Senzafondo al nome Morte
Che ha per compagna Follìa
Via Stilicone è a Milano la via
Più vulnerabile che io conosca
Una fila di case con paura
Del buio dalla fronte opposta.
Giovanni Giudici
Il mio cuore fu tuo
Sì, un momento
passi ancora
per il mio vago pensiero
e ricordarti sarebbe tormento
se immaginare fosse disgrazia.
Sì, in quell’ora
in cui parlammo più guardando
che parlando,
derivò questa cronica esitazione
che ora ho nel ricordarti.
Apparisti
nella mia vita
come una cosa che era alla porta.
Sparisti.
Più tardi seppi del tuo eclissarti.
Tuttavia, tuttavia,
riuscisti
a prendermi un po’ il cuore.
È un cuore triste
e non si intende con tutto
né ha modi
per farsi amare
o per immaginarlo.
Salvo quando
il tuo sguardo
ostinatamente dolce
mi faceva saltare
il cuore in petto.
Ove andavo io?
Già lo scordavo.
Sì, il mio cuore fu tuo
in quel giorno o in un altro…
Neanche vi fosse altra terra o cielo
qualcosa sarebbe accaduto.
Fernando Pessoa
Lubiana – Il castello
Avremmo dovuto salire al Castello di mattina, ma appena alzati c’era nebbia fitta, tramutatasi poi in foschia, quindi dall’alto non si sarebbe potuto gustare appieno il panorama. Siamo saliti quindi nel pomeriggio. La funicolare che porta lassù in circa un minuto percorre una distanza di poco più di cento metri, superando un dislivello di circa 70 metri ed arrivando ad un’altezza di 294 mslm.
Secondo la leggenda, le origini di Lubiana risalirebbero addirittura a Giasone che dal Mar Nero risalì il Danubio, la Sava ed infine la Ljubljanica, dove gli Argonauti smontarono la nave per poi riassemblarla nei pressi dell’Adriatico per far ritorno in patria. Nei pressi della Ljubljanica c’era una grande palude dove dimorava un drago, che venne ucciso dall’eroe greco, il medesimo drago che appare nello stemma e su vari ponti e monumenti della città. Questa la leggenda, ma la storia invece di dice che nel terreno paludoso furono impiantate le prime palafitte ancora nel 2000 a.C., dove poi arrivarono in successione Illiri, Veneti, Celti. Nel 50 a.C. si insediarono i Romani, con un accampamento, che divenne poi l’insediamento di Iulia Aemona, smantellato poi dagli Slavi nell’800 d.C.
Ed ecco che si arriva finalmente al castello.
C’era la possibilità di fare il “giro virtuale” del complesso, ma le guide erano tutte in sloveno o inglese, quindi abbiamo rinunciato, preferendo girare a piedi (e salire non so quanti gradini) fino ad arrivare in cima alla torre da dove, nelle belle giornate, si vede un terzo del territorio sloveno. Beh, essendoci ancora un pochino di foschia, ci siamo accontentati di quello che potevamo vedere.
Poi abbiamo girato il castello: una buona parte è stata ricostruita nel 1960 sulle rovine di fortificazioni preesistenti. Nel corso dei secoli, oltre che a fortezza, fu adibito anche a carcere, ed in esso fu imprigionato per poco tempo pure Silvio Pellico, prima di essere trasferito allo Spielberg.
Abbiamo potuto visitare le celle delle prigioni, quelle dei nobili, chiuse, mentre quelle dei detenuti comuni erano “aperte”. Dappertutto campeggia l’immagine del drago. Nel cortile c’è anche un ristorantino elegante con annesso bar, e qui è successa una scenetta comica. Al castello, come in tutta la città, c’erano tantissimi turisti giapponesi (lo scorso anno li ho fotografati mentre fotografavano), ed una coppia di anziani si è tranquillamente seduta ad un tavolino del bar, ha aperto uno zainetto, ha tirato fuori panini e thermos e si è messa tranquillamente a mangiare sotto lo sguardo sbigottito dei camerieri e degli altri avventori, tra i quali anche noi. Notare che poco distante c’erano panche dove avrebbero potuto pranzare tranquillamente 🙂 .
Opportunismo?
Era il giugno scorso, e il sindaco Sala annunciava orgogliosamente la tavolata “multietnica” che si sarebbe svolta al parco Sempione, ossia il “pasto dei popoli” (come titolava Repubblica) di chi non ha paura della diversità, anzi, sulla diversità ci costruisce il futuro. Tavolata sponsorizzata materialmente da Eataly, Spontini, Alce Nero ed altri e “spiritualmente” da Roberto Saviano che per l’occasione aveva lasciato il suo dorato rifugio newyorkese arrivando con una sostanziosa scorta di sicurezza.
Tavolata presa d’assalto da oltre 10mila persone, dove si poteva accedere solo per varchi con controllo tramite metaldetector – perché “loro” sono quelli che non hanno paura – con grande soddisfazione del borgomastro il quale solo adesso si accorge che c’è differenza tra i vari extracomunitari, definendo gli africani con termini non propriamente lusinghieri.
La cosa mi sembra un pochino sospetta…
Il bacio
Col bacio mi sembrò di berti l’anima,
non di perder la mia;
chè quando mi staccai dalla tua bocca
vacillavo come ebbro cieco,
quasi a me ignoto,
senza più cuore né cervello,
vuoto.
Corrado Govoni
Due pesi e due misure
Nel 2001 ad Arce venne uccisa la diciottenne Serena Mollicone. Solo ultimamente stanno emergendo le responsabilità che gravano sul maresciallo dei Carabinieri Franco Mottola, di sua moglie Anna e del figlio Marco che la ragazza aveva denunciato quale spacciatore. Serena entrò in caserma, però non ne uscì viva. Il cadavere, ritrovato due giorni dopo la scomparsa, presentava segni evidenti di percosse e sevizie. Per anni i carabinieri di Arce hanno depistato le indagini, giungendo perfino a prelevare il padre della ragazza mentre si stavano svolgendo le esequie per tradurlo in stazione, accusandolo dell’assassinio della figlia.
Per 17 anni quest’uomo si è battuto perché emergesse la verità, e la morte della ragazza è quasi certamente collegata al “suicidio” del brigadiere Santino Tuzi, rinvenuto cadavere nella propria auto dopo aver deposto in Procura che Serena si era recata in caserma.
Nessun appartenente all’Arma ha mai domandato scusa per quanto è stato fatto a questa povera ragazza; nessuno le ha intitolato una via o una piazza. Questo perché Serena era una ragazza normale, senza grilli per la testa, non si drogava, non spacciava, non aveva mai avuto problemi con la giustizia e suo padre ha combattuto.con forza la sua battaglia, senza ricorrere a sceneggiate.
Senza titolo
Conducimi fino alla tua bellezza con un violino infuocato,
conducimi attraverso il panico finché non sarò al sicuro.
Sollevami come un ramoscello d’olivo
e sii la colomba che mi riconduce a casa.
Conducimi fin dove finisce l’amore.
Leonard Cohen
Natale
È Natale da fine ottobre.
Le lucette si accendono sempre prima, mentre le persone sono sempre più intermittenti.
Io vorrei un dicembre a luci spente e con le persone accese.
Charles Bukowski
(Fotografia di ieri a Merano)
Lubiana – edifici, piazze e vie
Un’altra piccola carrellata di immagini di Lubiana, palazzi, viuzze e piazze varie. Questa volta sono riuscita anche ad inserire la musica
L’edificio con le gigantografie appese alla parete è la Sinagoga, le piazze principali sono la piazza dei Congressi, dove si affacciano vari importanti edifici – la Chiesa delle Orsoline, la Filarmonica e l’Università – e piazza Preseren, con il monumento all’omonimo personaggio, un famoso poeta sloveno, dietro al quale c’è la Chiesa di san Francesco, mentre sul davanti ci sono i famosi “Tre ponti” pedonali. L’originalissima casa rosa con decorazioni stile mosaico all’inizio delle foto è la Vurnik Hîsa, ora sede della Cooperative Businnes Bank.
Lubiana – 2
Beh, la “vecchietta” ha colpito ancora 😀
Piuttosto di pubblicare un sacco di foto (che poi, siamo sinceri, uno prima o poi si annoia anche) ho preferito fare uno slide, postarlo su you tube (e mi ci sono dovuta pure iscrivere !) per poi metterlo qui su WordPress.
Beh, sono agli inizi, ed infatti ho dimenticato di metterci la musica…ma la prossima volta, prometto, rimedierò.
Parere personale
Tutte quelle mamme extracomunitarie che, a loro dire, non sono in grado di sostenere la spesa per la mensa dei loro figli, non potrebbero ripagare in parte con servizi alla comunità, tipo le pulizie nella scuola stessa? Non mi pare che siano lavoratrici, quindi tempo libero ne hanno…
Problemi tecnici
Due giorni di mal di stomaco… Ambedue i pc avevano problemi: su Chrome molte pagine non si aprivano (facebook, WordPress, Instagram) meltre altre funzionavano regolarmente. Inoltre il pc che gira su Windows10 aveva problemi anche all’accensione, in quanto dopo la pagina iniziale non si posizionava sul desktop, che spesso era irrimediabilmente nera.
Mi sono decisa a portarlo in assistenza (Andrea, dal quale andavo precedentemente, ha purtroppo chiuso il negozio), così mi sono rivolta ad un altro tecnico dal quale andava mio marito anni addietro, e là, sorpresa, il pc funzionava perfettamente…GRRRRRRR.
Torno a casa ed il problema si ripresenta.
In conclusione, era un’anomalia del WI-FI.
Resettato il modem uno dei pc (windows 7) andava perfettamente, l’altro (il 10) si accendeva ma la barra delle applicazioni, incluso il menu START, era bloccata e non c’era verso di sbloccarla e quindi per spegnere il pc dovevo farlo tramite il tasto dell’accensione, cosa non molto raccomandabile.
Beh, piano piano, sfruculiando con lo smartphone su internet , ho trovato un sito (non il solito sant’Aranzulla, ma un altro, “Generazione 2000”) che mi ha dato tutte le indicazioni per poter risolvere il problema, ed ora finalmente ce l’ho quasi fatta.
“Quasi”, perché si apre finalmente il desktop, ma non appaiono le icone che magicamente ricompaiono premendo F4…
Calcolando che sono “vecchietta” e pure autodidatta, posso dire di essere soddisfatta 🙂 .
però, lasciatemelo dire… Maledizione alla tecnologia!
Lubiana
Ci sono posti cui nessuna fotografia, nessun filmato possono rendere l’atmosfera.
Lubiana è uno di questi: una città che bisogna “vivere” per apprezzarla al meglio, passeggiando sulle stradine del centro o per i viali lungo il fiume, tra il brusio delle persone sedute ai tavolini degli innumerevoli localini dai quali escono musiche varie – country, jazz, classica, popolare – e profumi diversi: pesce, carne, dolci, pizza, spezie, mandorle caramellate… Il massimo di questi profumi lo si avverte nella stradina che dal Ponte dei Draghi porta ai Tre ponti, dove ogni venerdì ci sono innumerevoli bancarelle che preparano cibi etnici, che la gente gusta accomodandosi su lunghe panche o sedendosi direttamente sui gradini del passaggio che porta alla Cattedrale di San Nicola.
Ed il fascino di questa città si avverte specialmente all’imbrunire, quando si accendono innumerevoli lucette, la rossa chiesa dei Francescani e i “Tre ponti” si specchiano nelle acque della Ljublianica, i battelli che la solcano accendono i loro fari e pure il Castello, che sovrasta tutta la città, si illumina.
ù
Funambola senza rete
È stata la mia vita un essere-sospesa-sulla-corda.
Pure era ben tesa tra due pali.
Ora però la corda forte è lacerata:
E il ponte mio si sporge sulla terra di nessuno.
Eppure ballo e non voglio saper nulla,
In parte perché avvezza, in parte per fiera rabbia.
La folla fissa rapita e ammaliata.
Però, che Dio mi assista, guardo avanti.
Masha Kaleko
N
Lettera dalla prigione a Munevvér 1948
Benvenuta, donna mia, benvenuta!
certo sei stanca
come potrò lavarti i piedi
non ho acqua di rose né catino d’argento
certo avrai sete
non ho una bevanda fresca da offrirti
certo avrai fame
e io non posso apparecchiare
una tavola con lino candido
la mia stanza è povera e prigioniera
come il nostro paese.
Benvenuta, donna mia, benvenuta!
hai posato il piede nella mia cella
e il cemento è diventato prato
hai riso
e rose hanno fiorito le sbarre
hai pianto
e perle son rotolate sulle mie palme
ricca come il mio cuore
cara come la libertà
è adesso questa prigione.
Benvenuta, donna mia, benvenuta!
Nazim Hikmet
We’ll Meet Again
La canzone sulle cui note si conclude il film “Il dottor Stranamore” è uno dei più famosi brani del periodo della Seconda Guerra Mondiale.
Il testo parla del ricongiungimento tra i soldati e alle loro fidanzate/mogli alla fine del conflitto, ma dato che moltissimi militari non fecero ritorno dal fronte, molti ipotizzano che il posto dove dovrebbe avvenire il ricongiungimento possa essere il paradiso.
CI INCONTREREMO DI NUOVO
Ci incontreremo di nuovo, non so dove, non so quando
Ma so che ci incontreremo di nuovo, in un qualche giorno di sole.
Continua a sorridere, come fai sempre
Finché il cielo azzurro scaccerà lontano le nuvole nere.
Così di’ “ciao” per favore alla gente che conosco
Di’ loro che non sarà per molto tempo
Saranno felici di sapere che quando mi hai visto partire
Stavo cantando questa canzone.
Ci incontreremo di nuovo, non so dove, non so quando
Ma so che ci incontreremo di nuovo, in un qualche giorno di sole.
…’me piöv!
…’me piöv! ‘me fresca la citâ nel piöv!
quèl verd del camion, l’umbrèla che camina,
la lüs sghemba di tram ch’j slisa al vent,
e mì che sogni el nient – va e vègn la mina
süj strâd chì, de Milan, tra ‘l curr di gent
e j urelogg ch’în ferma stamatina –
e la mia vûs la cerca el firmament…
‘me piöv süj mè penser, e sü quj ciar
che mett paüra dai macchin ‘me indurment…
…ah bèl guttà che stagna e desfa i sò mister,
nüm chì càntum amô sensa savèl
de quèl che al quiss del vìv slengua i penser.
Franco Loi
Dipinto Giuseppe Faraone
…come piove! com’è fresca la città nella pioggia!
quel verde del camion, l’ombrello che cammina,
la luce sghemba dei tram che scivolano nel vento,
e io che sogno il vento – vanno e vengono le ragazze
sulle strade, queste di Milano, tra il correre della gente
e gli orologi che sono fermi questa mattina –
e la mia voce cerca il firmamento…
come piove sui miei pensieri, e sui quei chiarori
che mettono paura dalle macchine addormentate…
…ah bel gocciolare che ristagna e scioglie i suoi misteri,
noi che cantiamo ancora senza saperlo
di quello che nell’essenza del vivere disfa i pensieri.
La luce caduta della notte
Spargi sfinge
il tuo pianto sul mio delirio
cresci cosparsa di fiori nella mia attesa
perché la salvezza celebra
l’abbondanza del nulla
spargi sfinge
la pace dei tuoi capelli di pietra
sul mio sangue rabbioso
io non capisco la musica
dell’ultimo abisso
io non so del sermone
del braccio di edera
ma voglio appartenere all’uccello innamorato
che trascina le ragazze
ebbre di mistero
amo l’uccello sapiente in amore
l’unico libero
Alejandra Pizarnik
È l’amore
È l’amore. Dovrò nascondermi o fuggire.
Crescono le mura delle sue carceri, come in un incubo atroce.
La bella maschera è cambiata, ma come sempre è l’unica.
A cosa mi serviranno i miei talismani:
l’esercizio delle lettere, la vaga erudizione,
le gallerie della Biblioteca, le cose comuni,
le abitudini, la notte intemporale, il sapore del sonno?
Stare con te o non stare con te è la misura del mio tempo.
È, lo so, l’amore: l’ansia e il sollievo di sentire la tua voce,
l’attesa e la memoria, l’orrore di vivere nel tempo successivo.
È l’amore con le sue mitologie, con le sue piccole magie inutili.
C’è un angolo di strada dove non oso passare.
Il nome di una donna mi denuncia.
Mi fa male una donna in tutto il corpo.
Jorge Luis Borges
Ngiulina
Chisto è ‘o ritratto e chiste so’ ‘e capille:
na ciocca ‘e seta nera avvellutata.
E cheste songo ‘e llettere: cchiù ‘e mille;
lettere ‘e ‘na guagliona nnammurata.
Ngiulina se chiammava sta figliola
ch’è stata ‘a primma nnammurata mia.
Trent’anne sò passate… Mamma mia!
‘A tengo nnanze a ll’uocchie, pare aiere:
vocca ‘e curallo, ‘na faccella ‘e cera,
‘nu paro d’uocchie verde, ‘e cciglie nere,
senza russetto… semplice e sincera.
Teneva sidece anne e io diciotto.
Faceva ‘a sartulella a ‘o Chiatamone.
Scenneva d’ ‘a fatica ‘mpunto ll’otto,
e mm’aspettava a me sotto ‘o purtone.
Senza parlà, subbeto sotto ‘o vraccio
nce pigliavemo e ghievemo a ffà ammore.
Vicino ‘a casa soia, ‘ncoppa Brancaccio,
parole doce e zucchero int’ ‘o core.
Mettennoce appuiate ‘nfaccia ‘o muro,
a musso a mmusso, tutt’ e dduie abbracciate:
dint’ ‘a penombra ‘e n’ angulillo oscuro,
quanta suspire e vvase appassiunate!
‘A tengo nnanze a ll’uocchie, pare aiere:
vocca ‘e curallo, na faccella ‘e cera;
nu paro d’uocchie verde, ‘e cciglie nere,
senza russetto… semplice e sincera.
Antonio de Curtis (Totò)
Dolce ottobre
Si ripiegano i bianchi abiti estivi
e tu discendi sulla meridiana,
dolce Ottobre, e sui nidi.
Trema l’ultimo canto nelle altane
dove sole era l’ombra e ombra il sole,
tra gli affanni sopiti.
E mentre indugia tiepida la rosa
l’amara bacca già stilla il sapore
dei sorridenti addii.
Cristina Campo
Cosa ne pensate?