Dagli al razzista!
Se siete un conducente di bus e un extracomunitario vi picchia, sui giornali appare solo un trafiletto. Se per caso succede la stessa cosa ad un agente di polizia o ad un carabiniere, questi non può nemmeno reagire, e sulla stampa il fatto viene appena accennato.
Se siete pensionati “non colorati” e vi bersagliano con delle uova, nessuno vi considera.
Se venite rapinato in casa da rom o clandestini, la notizia passa inosservata.
Se un marocchino vi occupa casa o dei ragazzini rom bullizzano dei coetanei italiani, se una ragazza viene stuprata selvaggiamente, la notizia viene riportata ma già il giorno seguente non se ne parla più. Per avere l’onore della cronaca il fatto deve essere davvero efferato, come nel caso di Pamela, la ragazza stuprata e tagliata a pezzi …
Però, sia ben chiaro, nessuno parla di RAZZISMO, sono solo casi di ORDINARIA CRIMINALITÀ, anche perché gli extracomunitari, poverini, non sono a conoscenza delle nostre leggi e consuetudini…
Nel caso inverso però l’accusa di razzismo e xenofobia scatta immediatamente.
Undici casi in dieci giorni: ci stanno massacrando i timpani con vicende che in alcuni casi di razzista non hanno proprio nulla, come nel caso dell’atleta di colore a Torino il cui occhio è stato leggermente danneggiato da un frammento di guscio d’uovo (e non “selvaggiamente picchiata”, come subito ha twittato Matteo Renzi), o nell’altro caso dell’operaio ferito da un piombino, dove lo stesso ferito esclude il razzismo (e, tra l’altro, il feritore era un argentino). Lo stesso per il marocchino picchiato, e deceduto, non perché extracomunitario, ma semplicemente perché era uno scassinatore.
Certo, qualche stupido razzista si trova sempre, anzi mi stupisco che siano relativamente pochi, considerando l’alto numero di clandestini che siamo stati costretti ad ospitare dai precedenti governi.
Però, per i mass-media, allineati ad una certa linea politica, il clima di razzismo è colpa di Matteo Salvini.
Ma andate a quel paese, e restateci, giornalai da strapazzo.
A Clemente
Mi fanno male le nuvole nel petto
le finestre rotte degli occhi
il cuore che ha luce dura
di stazioni, viavai,
(lo sai,
lo sai)
amare è l’occupazione
di chi non ha paura.
Davide Rondoni
Sonno
Scivoliamo
nel sonno, nel
calmo sogno,
scivoliamo -due
pagnotte di pasta nel
buon forno da panettiere
che si chiama notte.
E svegliarsi poi
al mattino
due dorate
pagnotte di frumento!
(Olav H.Hauge – La terra azzurra)
La vita in versi
Metti in versi la vita, trascrivi
Fedelmente, senza tacere
Particolare alcuno, l’evidenza dei vivi.
Ma non dimenticare che vedere non è
Sapere, né potere, bensì ridicolo
un altro voler essere che te.
Nel sotto e nel soprammondo s’allacciano
Complicità di visceri, saettando occhiate
D’accordi. E gli astanti s’affacciano
Al limbo delle intermedie balaustre:
Applaudono, compiangono entrambi i sensi
Del sublime – l’infame, l’illustre.
Inoltre metti in versi che morire
E’ possibile più che nascere
E in ogni caso l’essere è più del dire.
Giovanni Giudici
La scala di Jacob
Siamo portati su una scala mobile,
ne scorriamo i gradini stando fermi
fino a che rientra l’ultimo scalino.
Ti lascio, figlio, una scala di legno;
è una scala a pioli fatta a mano
eretta in verticale verso il cielo:
devi scalarla come un sesto grado.
Ogni gradiente ne genera un altro
perché è una scala che non può finire
finchè senti il bisogno di salire.
Corrado Calabrò
Il Vangelo secondo Matteo
Sono agnostica, quindi probabilmente sono anche la persona meno qualificata a commentare una simile notizia.
Famiglia Cristiana mette in copertina Salvini parificandolo addirittura a Satana (vade retro!), proprio nel giorno in cui il ministro propone di esporre il Crocifisso in tutti gli edifici pubblici.
Come c’è scritto sulla copertina del settimanale, “Nulla di personale o ideologico, si tratta solo del Vangelo”.
Allora mi vengono in mente la Bonino, grande esecutrice di aborti e promotrice della legge 194, considerata da questo papa come “grande donna dell’Italia di oggi “, o i colpevoli silenzi della Chiesa di fronte alle atrocità naziste, o le visite di stato dei Papi a dittatori di ogni colore, quali Castro, Erdogan ed altri, ed infine le oscene coperture di prelati pedofili.
In questi casi il Vangelo viene dimenticato?
Quindi è solo una questione politica.
Ho sempre avversato l’ingerenza religiosa nelle questioni politiche, come nel caso della DC nell’immediato dopoguerra – anche se servì a salvarci dall’essere inglobati nell’orbita comunista – mentre oggi il massimo lo si vede nell’Islam, dove stato e religione sono un tutt’uno.
E mi viene pure il dubbio che sia anche una questione economica, in quanto varie associazioni caritatevoli traggono il proprio sostentamento dal businness dell’accoglienza.
Nessun “vade retro” nei confronti dei politici di altre nazioni che fino ad ora hanno chiuso le frontiere all’immigrazione incontrollata; nessun “vade retro” nei confronti di chi, indossando la veste talare, insidia i bambini; nessun “vade retro” per chi rinnega le radici cristiane del nostro paese ed accetta invece che vengano sopraffatte da quelle di altri credo.
Non dico di tornare ai tempi della scomunica per chi votava comunista, però su quel settimanale la parola “CRISTIANA” di cristiano ha ben poco, e strumentalizza l’operato di Salvini che, ricordiamolo, ha sempre detto che l’accoglienza spetta ai veri profughi che fuggono da guerre e persecuzioni, e che rappresentano una minoranza nella marea di gente che è arrivata negli ultimi anni.
Non giudicate se non volete essere giudicati.
A Franco Basaglia
Il vento, la bora, le navi che vanno via
il sogno di questa notte
e tu
eterno soccorritore
che da dietro le piante onnivore
guardavi in età giovanile
i nostri baci assurdi
alle vecchie cortecce della vita.
Come eravamo innamorati, noi,
laggiù nei manicomi
quando speravamo un giorno
di tornare a fiorire
ma la cosa più inaudita, credi,
è stato quando abbiamo scoperto
che non eravamo mai stati malati.
Alda Merini
Sogno
È quel sogno che portiamo in noi
che qualcosa di miracoloso avvenga
che debba avvenire –
che il tempo si apra
che il cuore si apra
che le porte si aprano
che la roccia si apra
che le sorgenti scaturiscano –
che il sogno si apra,
che un mattino penetriamo
in una baia di cui nulla sapevamo.
Olav H.Hauge
Senza titolo
Si perdono lontani i rilievi delle teste degli uomini:
là io rimpicciolisco – non mi vedranno più,
ma nei libri cari e nei giochi dei bambini
risorgerò per dire come il sole splende…
Osip Mandel’stam
Un grande personaggio
Quando Sergio Marchionne prese in mano le redini della FIAT, subito dopo la morte di Umberto Agnelli, questa era un’azienda decotta, piena di debiti e con modelli non in grado di reggere il confronto con la concorrenza estera. E lui si mise subito al lavoro, con professionalità e competenza, stravolgendo tutto il sistema.
Ebbe il coraggio di uscire da Confindustria e di mettersi contro il potentato della CGIL-FIOM per far funzionare le cose secondo il disegno che aveva in mente. Lo scontro con il sindacato fu durissimo, però ne uscì vincitore.
In questo modo riuscì a salvare numerosi posti di lavoro, 4700 a Pomigliano d’Arco, 3800 a Mirafiori, 7500 a Melfi, 4300 a Cassino e 3000 a Grugliasco, per non parlare dell’indotto. La sua ricetta fu semplice: aumenti salariali svincolati dall’inflazione e legati alla produttività. A Pomigliano gli operai venivano da 3 anni di cassa integrazione, e Marchionne propose loro di guadagnare di più a fronte di una maggiorazione dell’orario di lavoro con la riduzione delle pause. Il sindacato ritenne provocatoria questa richiesta indicendo un referendum per la sua approvazione, ma venne sconfitto, registrando un’adesione positiva alla proposta del manager del 63%. Nel 2015 la fabbrica di Pomigliano, che aveva fatto da battistrada per tutto il gruppo FIAT, risultò la più efficiente in Italia.
Merito non solo degli aumenti salariali, ma anche delle migliori condizioni di lavoro: lo stesso Marchionne disse che nei giorni di chiusura girava per gli stabilimenti per rendersi conto di persona di come fossero strutturate le mense, le docce, le officine, gli spogliatoi, i gabinetti, perché un ambiente di lavoro gradevole migliora l’efficienza del lavoro.
La sua è stata una visione completamente opposta a quella della FIOM e della politica assistenzialista di sinistra: il sindacato richiedeva nazionalizzazione e il ripianamento delle perdite – ovviamente a carico della collettività, come era sempre stato fatto in passato – lui invece internazionalizza tutto il gruppo e lo porta in attivo. La FIAT, da azienda decotta che poteva essere acquistata per quattro soldi, diventa anche grazie all’acquisizione di Chrysler, (ripianando anche i debiti della fabbrica americana) uno dei più forti gruppi sul mercato mondiale. E tutto questo in un periodo in cui il mercato automobilistico registrava una pesantissima crisi.
Abruzzese per nascita….Canadese, per studi ed educazione… Americano per visione. Svizzero, per cittadinanza. Ed a questa sua cittadinanza si è attaccato meschiamente Enrico Rossi, governatore piddino della Toscana. Vorrei solo rammentargli che la medesima cittadinanza ce l’ha la tessera n.1 del PD, quel Carlo De Benedetti, manager pure lui che però, a differenza di Marchionne, è ricordato maggiormente per questioni fallimentari. Ed a Rossi dedico questa massima
“Non provare pietà per i morti. Prova pietà per i vivi e soprattutto per coloro che vivono senza amore”
[J.K. Rowling]
Le sue frasi
La leadership non è anarchia. In una grande azienda chi comanda è solo. La collective guilt, la responsabilità condivisa, non esiste.
I leader, i grandi leader, sono persone che hanno una capacità fenomenale di disegnare e ridisegnare relazioni di collaborazione creativa all’interno dei loro team.
Siate come i giardinieri, investite le vostre energie e i vostri talenti in modo tale che qualsiasi cosa fate duri una vita intera o perfino più a lungo.
Il diritto a guidare l’azienda è un privilegio e come tale è concesso soltanto a coloro che hanno dimostrato o dimostrano il potenziale a essere leader e che producono risultati concreti di prestazioni di business
Il carisma non è tutto. Come la bellezza nelle donne: alla lunga non basta.
Quello che ho imparato da tutte le esperienze di amministratore delegato negli ultimi dieci anni è che la cultura aziendale non è solo un elemento della partita, ma è la partita stessa. Le organizzazioni, in sintesi, non sono null’altro che l’insieme della volontà collettiva e delle aspirazioni delle persone coinvolte.
Se ho un metodo è un metodo che si ispira a una flessibilità bestiale con una sola caratteristica destinata alla concorrenza: essere disegnato per rispondere alle esigenze del mercato. Se viene meno a questa regola è un metodo che non vale un tubo.
Non credo assolutamente alla regola che più sono giovani più sono bravi. Anzi. Sono per il riconoscimento delle capacità delle persone, che abbiano trenta o sessant’anni.
Ai miei collaboratori, al gruppo di ragazzi che sta rilanciando la Fiat, raccomando sempre di non seguire linee prevedibili, perché al traguardo della prevedibilità arriveranno prevedibilmente anche i concorrenti. E magari arriveranno prima di noi.
Canto alla Luna
“La luna geme sui fondali del mare,
o Dio quanta morta paura
di queste siepi terrene,
o quanti sguardi attoniti
che salgono dal buio
a ghermirti nell’anima ferita.
La luna grava su tutto il nostro io
e anche quando sei prossima alla fine
senti odore di luna
sempre sui cespugli martoriati
dai mantici
dalle parodie del destino.
Io sono nata zingara, non ho posto fisso nel mondo,
ma forse al chiaro di luna
mi fermerò il tuo momento,
quanto basti per darti
un unico bacio d’amore.”
Alda Merini
Incredulità
Ho seguito qualche sera fa un programma su Rete 4 incentrato sulola questione delle ONG e della nave Open Arms in particolare. Sono rimasta allibita quando un “volontario” ha asserito di “conoscere bene le persone che porta in Italia con questa nave”.
Adesso i sedicenti “naufraghi” – ricordiamolo bene, arrivano qui senza documenti – sono persone note ai soccorritori? Hanno forse “prenotato” il viaggio?
Lo stesso mi è successo con la dichiarazione di un addetto al Centro di Accoglienza di Pozzallo, quando ha detto “Prima sapevamo quando sbarcavano, il giorno e l’ora, ora siamo in crisi perché non abbiamo più orari”.
Allora i “naufragi” erano programmati, come già sospettavo?
Intanto su internet viaggiano su tutti i social le fotografie di Josefa, la presunta naufraga che, dalle immagini, appare con lo smalto intatto, senza alcuna sbeccatura, e con le mani lisce come il culetto di un bambino, quando a me, se lavo i piatti a mano, questione di pochi minuti, mi si macera subito la pelle…
Eh no, cari signori: dopo aver visto le fotografie di bimbi truccati da feriti e morti, dopo aver letto le testimonianze di giornalisti a bordo di navi ONG e di altre persone, dopo aver visto un filmato in cui i “naufraghi” in prossimità delle navi tagliavano i gommoni, non credo più a queste messe in scena. E la riprova è data dal fatto che Open Arms, dopo aver strombazzato ai quattro venti che avrebbero denunciato sia lo Stato Italiano che la Libia, si è accorta che le sue accuse non avrebbero trovato conferma.
Estate
L’estate non si fa annunciare,
se è estate vera non ha false partenze
come la primavera, o l’autunno
che è quasi tutto un annuncio.
L’estate viene in un solo giorno.
Un temporale, la polvere, l’asfalto.
E’ il fresco delle due di notte
quando pensi che l’estate sta passando.
(Gian Mario Villalta)
Gli occhi, le mani
Gli occhi, certo, più di tutto,
quando offrono e prendono sguardo,
quando del loro colore ti vestono.
Ma hanno le mani riconoscenza
per quello che immensamente
vorrebbero prendere e sempre
perdono in ogni carezza.
Gian Mario Villalta
Notte d’estate
L’acqua della fonte
suona il suo tamburo
d’argento.
Gli alberi
tèssono il vento
e i fiori lo tingono
di profumo.
Una ragnatela
immensa
fa della luna
una stella.
Federico Garcìa Lorca
Senza titolo
Vorrei che la mia anima ti fosse
leggera
come le estreme foglie
dei pioppi, che s’accendono di sole
in cima ai tronchi fasciati
di nebbia –
Vorrei condurti con le mie parole
per un deserto viale, segnato
d’esili ombre –
fino a una valle d’erboso silenzio,
al lago –
ove tinnisce per un fiato d’aria
il canneto
e le libellule si trastullano
con l’acqua non profonda –
Vorrei che la mia anima ti fosse
leggera,
che la mia poesia ti fosse un ponte,
sottile e saldo,
bianco –
sulle oscure voragini
della terra.
Antonia Pozzi – 5 dicembre 1934
La scala di cristallo
Figlio, ti dirò che la mia vita
non è stata una scala di cristallo
ma una scala di legno tarlato
con dentro i chiodi e piena di schegge
e gradini smossi sconnessi
e luoghi squallidi
senza tappeti in terra.
Ma ho sempre continuato a salire,
ed ho raggiunto le porte
ed ho voltato gli angoli di strade,
e qualche volta mi sono trovato nel buio,
buio nero, dove mai è stata luce.
Così ti dico, ragazzo mio,
di non tornare indietro,
di non soffermarti sulla scala
perché penoso è il cammino,
di non cedere, ora.
Vedi io, continuo a salire…
E la mia vita,
non è stata una scala di cristallo.
Langston Hughes
Vuoti a perdere
Leggo un articolo su un quotidiano, dove parla Giuseppe Spagnuolo, l’unico abitante di Roscigno Vecchia, un paesino nel Cilento in provincia di Salerno abbandonato da tutti i suoi abitanti, e per questo intervistato perfino da National Geographic.
Già, perché moltissime persone lasciano i paesini per recarsi in città o, almeno, in paesi molto più grandi.
Così, piano piano, molti bellissimi borghi si trasformano in paesi fantasma.
Case che piano piano si svuotano, un fenomeno che riguarda praticamente tutta la nostra nazione.
Che sconforto vedere finestre senza vetri ed ante, come orbite vuote… Che tristezza vedere che, piano piano, la natura si impossessa nuovamente di questi borghi, ricoprendo di erba ed arbusti le stradine, che diventano impraticabili, mentre i rampicanti ricoprono le pareti e le sgretolano… Che malinconia aggirarsi tra vecchi edifici che diverranno presto dei ruderi, mentre intorno si aggira solo un silenzio irreale…
Ed allora mi viene in mente una “Centaura” di Marcello Veneziani, che riporto qui sotto.
LIV
Case senza famiglia,
disabitate d’anime, nascite e cuori;
non case, ma vuoti a perdere.
Confini
Parrà strano, però coloro che oggi teorizzano un mondo con ponti e senza muri, quelli che – come Gino Strada o Claudio Amendola -minacciano di lasciare l’Italia perché poco “accogliente”, sono gli eredi di coloro che hanno creato le barriere, non per evitare che estranei entrassero, ma per impedire ai propri cittadini di uscire. Sono quelli che esaltavano i regimi totalitari, quali quello dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, dove non solo non si poteva espatriare, ma era necessario avere anche il passaporto per i movimenti interni al paese; quelli che giustificavano la costruzione del muro di Berlino che tagliava in due parti una città; quelli che esaltavano la Cuba di Castro e la Cina maoista o i paesi del blocco comunista. Nazioni dalle quali era difficilissimo “evadere” e dove chi non riusciva in quell’intento rischiava la vita o, nel migliore dei casi, una lunga prigionia.
Perché scagliarsi contro i confini?
Su larga scala, i confini sono l’equivalente della porta di casa: quando usciamo o rientriamo, è naturale chiudere la porta per evitare che intrusi vi si introducano. E questo desiderio di protezione è tanto radicato in noi che via via, aumentando i reati, abbiamo reso le porte sempre più sicure mediante blindature varie.
A nessuno piacerebbe rientrare a casa e trovarla saccheggiata oppure occupata da estranei che ci impongano le loro abitudini: e come nella nostra abitazione teniamo a conservarle, così nella nostra nazione abbiamo cura di salvaguardare le nostre usanze e tradizioni: il mondo sarà anche stato creato senza confini, ma gli uomini per primi si sono resi conto che avrebbero potuto proteggere solo una frazione di territorio in cui riunirsi per affinità di costumi e di pensiero.
Quindi non vi piace questa Italia poco(?) accogliente? Andatevene pure, a molti di quanti rimangono, non dispiacerà certamente.
1977
Ricordate il 1977?
Il Ministro dell’Interno era Giorgio Napolitano, mentre Presidente del Consiglio era Romano Prodi.
Bene, l’Italia allora era presa d’assalto dai gommoni albanesi che attraversavano lo stretto di Otranto per raggiungere la nostra nazione. Dire “presa d’assalto” oggi sembra quasi un’esagerazione, visto che i clandestini erano in numero molto inferiore a quelli che si sarebbero imbarcati dall’Africa dopo la tragedia libica.
Comunque, stante la situazione, le navi della Marina Militare furono autorizzate a pattugliare le acque territoriali dell’Adriatico e furono autorizzate a rispondere al fuoco (qualora si fosse verificato un simile evento) e ad intercettare i gommoni, non certo a trasbordare i clandestini verso l’Italia.
Finì che il 28 marzo di quell’anno (data che ricordo in quanto era il compleanno del mio secondogenito) una corvetta italiana speronò ed affondò una imbarcazione stracarica di albanesi, causando 81 morti, mentre i sopravvissuti furono 32. Per questa tragedia furono condannati sia il comandante dell’imbarcazione albanese che il comandante della corvetta italiana Sibilia. Le cariche dello Stato ne uscirono indenni, anzi non furono neppure sfiorate dall’inchiesta.
Nel caso attuale, la nave Diciotti avrebbe forse dovuto limitarsi a scortare il cargo della Vos Thalassa, innanzitutto per garantire l’incolumità dell’equipaggio, fino a raggiungere nuovamente le acque libiche.
Qualcuno però ha deciso diversamente.
Parlate agli uccelli – Marcello Veneziani
Vorrei fare un discorsetto serio a quella razza superiore che giudica dall’alto il mondo, il prossimo e chi non la pensa come loro. Dico alla sinistra e alle loro insopportabili autocertificazioni di superiorità. Lo dico dopo la catastrofe elettorale del 4 marzo, la caduta di Renzi e del renzismo, l’esodo delle Boldrini, dei Grasso, dei governanti dalle istituzioni. Ma lo dico partendo alla larga e da lontano, da altri ambiti non politici. Per esempio, io non ce l’ho con le attrici, gli attori, i registi e i cineasti di sinistra che s’indignano contro il sessismo e le violenze alle donne e poi non solo tolleravano ma trescavano coi produttori maiali e il loro disgustoso mercato del sesso; molti di loro sapevano, facevano e tacevano. Io non ce l’ho poi contro i cantanti di sinistra che portavano i soldi guadagnati in nero in Svizzera o in qualche paradiso fiscale, dopo aver predicato per la giustizia e i più deboli.
E ancora. Io non ce l’ho con gli intellettuali di sinistra che hanno goduto di privilegi, cattedre e carrozzoni coi soldi pubblici da cui mungere soldi, viaggi e premi, o che pretendono di essere pagati in nero, salvo tuonare contro i privilegi e i ricchi. Io non ce l’ho con gli intellettuali e gli scrittori di sinistra sorpresi a plagiare testi altrui. Non ce l’avevo nemmeno con gli intellettuali di sinistra che furono fascisti, ebbero cattedre, giurarono fedeltà al regime e alle leggi razziali, ma esercitarono poi un intransigente magistero antifascista e toglievano la parola e la dignità a chi non si professava antifascista. Io non ce l’ho con tutti loro, a volte amo le loro canzoni, leggo i loro testi, mi confronto con le loro idee, vedo i loro film e in ogni caso so distinguere il loro lato umano miserabile dalle loro qualità, che riconosco quando non sono palloni gonfiati. No, non ce l’ho con loro.
Ce l’ho col loro ditino. Quel ditino ammonitore che ruota nell’aria quando pretendono d’insegnare agli altri la morale e la coerenza che non praticano o peggio quando disprezzano, ignorano, escludono chi sta a destra, i populisti o i cattolici, i moderati, comunque non nella loro brigata. È quel ditino che decreta solo per appartenenza i lodati e i dannati, le opere e gli autori da recensire e da premiare, e quelli da ignorare e vituperare. Ma ora che sappiamo quanto prendevano, come prendevano, dove portavano, da dove copiavano, come si facevano strada, a prezzo di cosa, quel ditino non lo sopporto più. Non voglio vedervi in galera, alla gogna, censurati, ma col ditino abbassato. Non li mettiamo all’indice, ma all’indice voi non mettete più nessuno.
Fatta quest’ampia premessa sul brutto vizio della sinistra “culturale” scendiamo sul terreno della sinistra politica o di quel che ne resta. Anche qui non ce l’ho con la sinistra di governo che ci ha lasciato in eredità un paese a pezzi, ingovernabile, coi grillini primo partito e il rancore come sentimento pubblico prevalente. Salvo inveire contro i populisti, fingendo di non sapere che tutto quanto essi denunciano come abnorme, patologico, eversivo – dal neofascismo presunto al nazismo immaginario, dai berlusconiani ai leghisti fino ai grillini – è nato in reazione e per rigetto al loro modo di essere, di fare e di governare, alla loro presunzione e alla loro cecità, all’aver ceduto la dignità di un paese, all’aver barattato la morale tradizionale col moralismo ideologico bigotto, all’aver tradito le istanze popolari e sociali senza mai diventare classe dirigente, ma restando sempre – come diceva Gramsci – classe dominante. E lo dico riferendomi ad ogni sinistra: infatti l’unica cosa che accomuna Renzi ai suoi nemici di sinistra e alla vecchia casta radical-progressista o ex-pci, compreso l’episcopato a mezzo stampa e tv, è la spocchia, l’arroganza, il complesso di superiorità. Quella che Giacomo Noventa già nei primi anni 50 definiva “boria”. O “l’albagia” come ama dire di sé e del suo teo-narcisismo il marcescibile Eugenio Scalfari.
Vi sorprenderà, ma io credo che il segreto del fallimento di Renzi non sia stato quello di essersi discostato dalla sinistra ma, al contrario, di esserne stato figlio e prototipo. Renzi ha perduto per la sua arroganza, per la presunzione di usare gli altri come corrimano o materiale di scarto; per il culto di sé, l’autoincoronazione di Migliore e di Predestinato che può permettersi tutto. Anche di piazzare mezze calzette al potere. In una parola, si è reso indisponente per quel vizio antico della sinistra di ritenersi superiori e rivelarsi antipatici – per dirla con Luca Ricolfi. Renzi e il suo cerchio magico si sono resi insopportabili, così come fu per i D’Alema e gli altri sinistrati, fino ai radical chic di lotta e di salotto.
Non mettiamo all’indice nessuno, non alziamo il ditino contro nessuno. Ma ora che siete ridotti a quattro ossa elettorali, cenere politica e fumo intellettuale, smettetela di dare lezioni agli altri, come ancora fa il Frankenstein creato da Renzi, quel Martina che spiega al mondo come si pensa seguendo una visione… Erano insopportabili le lezioni col ghigno dei trionfatori, ma sono insopportabili e grottesche le lezioni con la boria dei nobili decaduti, la vanteria dell’élite sconfitta dalla vile plebe populista, che lascia le ultime istruzioni alla servitù e ai parvenu. Non fate più i maestrini, please.
Siate francescani, e non nel senso di rifugiarvi sotto la tonaca di Papa Francesco. Recuperate del poverello l’umiltà e l’ascolto. E come Francesco, parlate agli uccelli, perché la gente non vi vuole più sentire”.
Marcello Veneziani
Economia spicciola
Tutti quei soldi per Cristiano Ronaldo?
A prima vista possono sembrare un’enormità, però un giocatore al giorno d’oggi non è una persona ma una merce, quindi quanto più il prodotto vale tanto più lo si paga.
Già, perché intorno a quei piedi (o mani, nel caso di un portiere), ruota tutta un’economia. A parte gli abbonamenti allo stadio, ci sono i diritti televisivi e le sottoscrizioni alle pay-tv, i gadget – magliette, bandiere, sciarpe, distintivi -, gli sponsor, le pubblicità di prodotti anche se non legati al mondo del calcio, i trasporti per le trasferte, gli stipendi di chi vende le bibite o i gelati allo stadio.
Lo stesso criterio è valido per attori, cantanti, gente dello spettacolo in genere.
Costoro muovono l’economia? Bene, li si paghi anche per questo. E se proprio non vi va, liberi di non seguirli.
Disordine
Entra pure,
prego,
fa come fossi in cuor tuo,
siediti,
serviti,
lo so, c’è un po’ di disordine
e non hai visto la testa,
lì c’è un casino…ma la metterò a posto.
Charles Bukovski
Geordie
Mentre attraversavo London Bridge
un giorno senza sole
vidi una donna pianger d’amore,
piangeva per il suo Geordie.
Impiccheranno Geordie con una corda d’oro,
è un privilegio raro.
Rubò sei cervi nel parco del re
vendendoli per denaro.
Sellate il suo cavallo dalla bianca criniera
sellatele il suo pony
cavalcherà fino a Londra stasera
ad implorare per Geordie
Geordie non rubò mai neppure per me
un frutto o un fiore raro.
Rubò sei cervi nel parco del re
vendendoli per denaro.
Salvate le sue labbra, salvate il suo sorriso,
non ha vent’anni ancora
cadrà l’inverno anche sopra il suo viso,
potrete impiccarlo allora
Né il cuore degli inglesi né lo scettro del re
Geordie potran salvare,
anche se piangeran con te
la legge non può cambiare.
Così lo impiccheranno con una corda d’oro,
è un privilegio raro.
Rubò sei cervi nel parco del re
vendendoli per denaro.
Rubò sei cervi nel parco del re
vendendoli per denaro.
Cosa ne pensate?