La vita è sogno, soltanto sogno, il sogno di un sogno (Edgar Allan Poe)

Archivio per 4 Maggio 2018

4 maggio 1949

Quanti anni sono passati, però il ricordo di quella tragedia è ancora nei cuori degli sportivi, quelli veri, che hanno amore per la propria squadra e rispetto per quella degli avversari. Pure io, quando sono stata a Torino nell’ottobre 2015, mi sono sentita in dovere di recarmi a Superga per ricordare quelle vite stroncate in un modo tanto assurdo e crudele. Qui sotto alcune foto e l’elenco dei nomi di quanti perirono tra le lamiere dell’aereo.

GIOCATORI
Valerio Bacigalupo
Aldo Ballarin
Dino Ballarin
Émile Bongiorni
Eusebio Castigliano
Rubens Fadini
Guglielmo Gabetto
Ruggero Grava
Giuseppe Grezar
Ezio Loik
Virgilio Maroso
Danilo Martelli
Valentino Mazzola
Romeo Menti
Piero Operto
Franco Ossola
Mario Rigamonti
Julius Schubert
DIRIGENTI
Arnaldo Agnisetta
Ippolito Civalleri
Andrea Bonaiuti (organizzatore delle trasferte della squadra granata)
ALLENATORI
Egri Erbstein 
Leslie Lievesley
Osvaldo Cortina (massaggiatore)
GIORNALISTI
Renato Casalbore
Renato Tosatti
Luigi Cavallero
EQUIPAGGIO
Pierluigi Meroni
Celeste D’Inca
Cesare Biancardi

Antonio Pangrazi

 

“Tradito dagli strumenti di bordo, il pilota non si accorge di volare diritto contro la scarpata della Basilica di Superga. Nell’urto immane, l’aereo esplode come una bomba. Ai primi soccorritori si presenta uno spettacolo orripilante. Membra umane sono sparse all’intorno con i resti sconciati dell’apparecchio. Identificare i cadaveri è quasi impossibile. Il solo impavido Vittorio Pozzo ha cuore di prendersi questo compito pietoso e orrendo. Una generazione decapitata Di colpo la notizia della sciagura si abbatte sull’Italia e sul mondo. Per tutti è cordoglio e pena. Non era mai accaduto che un’intera squadra perisse a quel tragico modo. Il bilancio è terribile. La città di Torino e l’Italia perdono diciotto fra i migliori atleti che vantasse il nostro calcio. Il vuoto appare subito incolmabile. Un’intera generazione viene decapitata…” (dal web)


A solo di sassofono

Fragorosa sul viale
ecco a un tratto l’orchestra si spegne.
Sull’orchestra in sordina,
canta spiegato un saxofono rauco..

Fin la folla si arresta.
Le case indifferenti
gràvano il cielo intorno.

Vibra la voce barbara.

Ecco che la mia vita
s’è frantumata a terra come un vetro.
La stanchezza che prima la reggeva
è scomparsa nel vortice del suono.
Resta l’anima inutile.
E le note si afferrano più acute
nell’aria, contorcendosi.

È la mia voce stessa
che echeggia questa notte.
Nell’anima smarrita
canta alto, altissimo la solitudine
una canzone ubriaca della vita.
La stanchezza fuggita,
non vivo per un attimo che all’urlo
modulato, esultante.
Tutta l’anima mia
rabbrividisce e trema e s’abbandona
al saxofono rauco.
È una donna in balìa
di un amante, una foglia
dentro il vento, un miracolo,
una musica anch’essa.

Rapido, troppo rapido l’istante.
La voce sovrumana,
barbara di dolcezza solitaria,
che a sollevarmi il capo,
come un amico, impazziva di gioia,
è scomparsa nel gorgo del frastuono.
Da ogni parte riscoppiano i fragori
sprizzando nelle luci.

Io torno a camminare solitario
e quasi m’abbandono.
Dal cielo pesano le case enormi.
E i passanti mi guardano, con occhi
come vuote finestre.

Cesare Pavese

[26 maggio – 5 giugno 1929]