l’anno nuovo
Indovinami, indovino,
tu che leggi nel destino:
l’anno nuovo come sarà?
Bello, brutto o metà e metà?
Trovo stampato nei miei libroni
che avrà di certo quattro stagioni,
dodici mesi, ciascuno al suo posto,
un carnevale e un ferragosto,
e il giorno dopo il lunedì
sarà sempre un martedì.
Di più per ora scritto non trovo
nel destino dell’anno nuovo:
per il resto anche quest’anno
sarà come gli uomini lo faranno.
(Gianni Rodari)
messi nel sacco
Solita presa in giro, far pagare ai consumatori i sacchetti al supermercato in cui vengono imbustate frutta e verdura con la scusa della salvaguardia dell’ambiente.
Una questione che personalmente non mi tocca : questi prodotti li acquisto al mercato oppure direttamente nel negozio dell’ortolano, dove posso metterli direttamente nel sacchetto di stoffa che porto sempre con me.
Se veramente questo Stato padre-padrone avesse tanto a cuore la salute sia nostra che dell’ambiente avrebbe semplicemente vietato l’uso dei sacchetti di plastica obbligandoci invece ad adoperare semplici sacchetti di carta, anche a pagamento. Così invece è manifesta l’usuale manovra per incassare altri soldi.
Non chiedere
Non chiedere dov’è la tua bambina
non chiederti chi le dice buonanotte ogni notte
ma prendi il suo sorriso più bello
e assottiglialo fino a ridurlo ad un filo
e con quel filo
strozza le tue domande
Michele Mari
varie
L’ennesima figuraccia nei confronti dei terremotati, quando sono state consegnate delle casette praticamente inagibili: senza allacciamenti elettrici ed idraulici, con sanitari mancanti, infissi che fanno passare spifferi, arredi incompleti, per non parlare dei cavi pendenti e della sporcizia. In alcuni casi si sono trovati perfino dei topi. Il tutto naturalmente molto in ritardo.
Tutt’altra cosa di quando ci fu il terremoto in Abruzzo e furono consegnati in breve tempo degli appartamenti lindi, ordinati, provvisti di tutto, inclusa una bottiglia di spumante per festeggiare l’entrata degli inquilini: appartamenti abitati ancora oggi. Questo grazie al governo Berlusconi.
Nonostante ciò, non mi fido affatto di lui, per il semplice fatto che non sa scegliere le persone. Ha allontanato Antonio Martino, un vero liberale, ed altri politici degni di stima come lui per circondarsi di persone opportuniste che puntualmente gli hanno voltato le spalle, situazione che potrebbe ripresentarsi in quanto anche la nuova legge elettorale non prevede il vincolo di mandato. E che non sappia scegliere le persone, è dimostrato pure dalle mani in cui ha lasciato il Milan, il che, essendo juventina, non è che mi dispiaccia poi troppo. 😀
Sta promuovendo poi una politica economica assistenzialista tutta a discapito della meritocrazia, con idee che nulla hanno da invidiare a quelle dei grillini che lui disprezza tanto. Per quello che concerne l’immigrazione, parla ancora di soluzioni da attuare tramite l’ONU che, ormai è assodato, è ormai in mani islamiche (basti pensare alla presidenza del Comitato consultivo del Consiglio ONU per i diritti umani affidata all’ambasciatore dell’Arabia Saudita).
No, mi dispiace, proprio non ce la faccio a vederlo nuovamente in politica. Spero che a Strasburgo tardino ancora ad emettere la sentenza che potrebbe scaglionarlo, permettendogli di essere eletto nuovamente, e che possa finalmente ritirarsi in quel di Arcore a godersi un meritato riposo.
La terza neve
Guardavamo dalle finestre,
là dove i tigli si stagliavano neri nella profondità del cortile.
Sospirammo ancora,
la neve non veniva,
ed era tempo, ormai, era tempo …
E la neve venne,
venne verso sera.
Essa giù dall’alto dei cieli
volava a seconda del vento
e nel volo oscillava.
A falde sottili come lamine fragili,
era confusa di sé stessa.
La prendevamo delicatamente nelle mani e stupivamo:
dunque, era quella la neve ?
Ma la neve ci rassicurava:
verrà, io lo so, verrà la neve vera.
Non vi turbate mi scioglierò,
non inquietatevi subito …
Dopo sette giorni venne la neve nuova.
Non venne precipitò.
Cadeva cosi fitta, da non potere tenere aperti gli occhi.
A tutta forza vorticava in cerchio, mugliando.
Con pervicace ostinazione voleva inseguire il trionfo perché tutti dicessero concordi:
si, è lei, la neve vera.
Che non dura un sol giorno, o due.
Ma disperò di sé, non resistette e si diede per vinta.
E se non si scioglieva tra le mani,
si scioglieva sotto i piedi …
E noi inquieti, ansiosi,
sempre più spesso scrutavamo l’orizzonte:
quando quella vera verrà ?
Perché era tempo, era tempo …
E un mattino,
appena alzati, pieni di sonno,
ignari ancora,
d’improvviso aperta la porta,
meravigliati, la calpestammo.
Posava, alta e pulita in tutta la sua tenera semplicità.
Era fittissimamente di sé sicura.
Giacque in terra, sui tetti,
e stupì tutti con la sua bianchezza.
Era davvero tanta,
ed era davvero bella.
Cadeva e cadeva,
nel baccano dell’alba,
fra il rombo delle macchine e lo sbuffare dei cavalli
e sotto i piedi non si scioglieva,
anzi diventava più compatta.
Giaceva fresca e scintillante e ognuno ne era abbagliato.
Ed era lei, la neve.
La vera.
L’aspettavamo.
Era venuta.
Evgenij Aleksandrovic Evtushenko
Nostalgia canaglia
Non so se succeda anche ad altri, però la mia cartella immagini trabocca di fotografie, molte doppie o triple per via dei vari backup dai miei molti cellulari o dagli altri computer.
Mi sono messa quindi a ripulire la cartella, già ordinata per argomenti (famiglia, amici, Bolzano, Milano, altri luoghi in cui siamo stati etc), conservando solo le immagini migliori ed eliminando quelle con minor risoluzione.
“Blong”.
L’avviso sonoro del messenger di Facebook mi distrae dal compito appena intrapreso: una signorina mi scrive chiedendomi se in gioventù ho conosciuto M. C. quando ancora viveva nella mia Bolzano.
Rispondo di sì, e così ritrovo un amico della prima adolescenza, anzi più un fratello che un amico, in quanto essendo orfano di madre l’avevamo spesso a casa nostra. Poi essendosi trasferito con il padre in quel di Brescia, ci eravamo persi di vista ed erano quindi anni che non ci vedevamo. Lui non ha Facebook, ed è quindi la figlia (la signorina che mi ha contattato) che fa da intermediaria tra noi due. Un breve discorso, con la promessa di risentirci e rivederci presto, ed un attimo di magone, rivivendo i tempi passati.
Già che ci sono, tralascio per un poco l’operazione riordino e dò una veloce scorsa a Facebook, su una pagina che seguo con interesse. Tra i molti commenti ce n’è uno di un certo R. P., lo stesso nome di un amico d’infanzia, quando passavo le ferie estive dalla nonna. Mi incuriosisco e guardo il suo profilo, ma non è lui.Provo allora con “cerca”: una sfilza di persone si chiama in questo modo, troppe, però non desisto. Mi improvviso detective (?) e spulcio i vari profili. Scarto subito alcuni nominativi, troppo giovani o troppo vecchi, ma alla fine ce n’è uno che, in base ad alcuni parametri in mio possesso, potrebbe corrispondere alla persona da me cercata. Lascio un messaggio, corredato da una fotografia di due “scugnizzi ” di una decina d’anni nei pressi di Casertavecchia. E dopo poco tempo arriva la risposta…è proprio lui, e vedendo la fotografia si è anche emozionato. Ora non abita più in meridione, ma si è trasferito in Lombardia…Prometto di cercare altre fotografie e di mandargliele, cosa che, mi assicura, gli fa molto piacere.
Così lascio il PC, prendo dallo stipo gli album ed inizio a sfogliare le vecchie foto in bianconero…ne ho trovate alcune dove siamo noi due assieme, un’altra dove ci sono anche i rispettivi genitori, sua sorella, mia nonna e la zia…qui ne posto solo un paio, ma solo di me, fatte sul terrazzino della casa dove abitavamo.
Sarà che quando l’età aumenta, ci si aggrappa maggiormente ai ricordi.
E la nostalgia mi assale…
Il film di Natale
Niente film di Natale, ieri sera, come era consuetudine ormai da anni.
I “soliti” film, quali “La vita è meravigliosa” o “Miracolo sulla 34^ strada”, o anche una delle innumerevoli versioni di “Canto di Natale” (da quella animata di Walt Disney a quella moderna interpretata da Bill Murray o a quella classicissima con Albert Finney, la migliore a mio parere) ormai li sappiamo a memoria, anche se è sempre bello rivederli.
No, ieri sera abbiamo voluto cambiare e ci siamo rivisti “Pane e cioccolata”, con un grandissimo Nino Manfredi. È venuto istintivo paragonare come vivono i “profughi” che noi accogliamo all’esistenza che invece conducevano i nostri emigranti nei primi anni ’70, quando si recavano a lavorare in Svizzera, e bastava una sciocchezza per perdere il permesso di soggiorno ed essere rispediti a casa.
Nino Garofalo, il protagonista, è un cameriere in prova presso un ristorante di lusso che perde il posto di lavoro per aver fatto pipì su di un muretto, ed accusato quindi di atti osceni in luogo pubblico, venendo così espulso dal paese. Nino però non si arrende: rimane in Svizzera come clandestino, ospitato temporaneamente da una donna, esule greca, che in casa nasconde pure il figlioletto. Riesce poi a farsi assumere da un miliardario italiano riparato in Svizzera per reati fiscali al quale affida i suoi risparmi da investire, ma la mattina in cui dovrebbe prendere servizio, il miliardario ha fatto bancarotta e si suicida, lasciandolo senza soldi, lavoro e permesso di soggiorno. Si reca a trovare poi un amico che fa l’operaio ed è alloggiato con i compagni di lavoro presso grandi capannoni che ricordano tanto i lager. Con lui ed un altro giovane operaio improvvisa un balletto di travestiti, ma quello che doveva essere un momento di divertimento causa invece u sentimento di disperazione e nostalgia per le famiglie rimaste in patria.
Nino accetta allora di lavorare clandestinamente in un pollaio, ma viste le condizioni in cui vivono i suoi connazionali, abbrutiti da quella vita, lascia anche quel lavoro. Deciso ad integrarsi ad ogni costo, si tinge di biondo i capelli e, recatosi in un bar dove trasmettono una partita tra le nazionali italiana ed elvetica, accetta ogni offesa agli italiani da parte degli svizzeri fingendosi uno di loro, finché un gol segnato dagli italiani lo fa esplodere dalla gioia, quasi a riscattare le umiliazioni subite. Ripreso dalla polizia, viene accompagnato al treno che dovrebbe riportarlo in Italia. In quel momento viene raggiunto dall’amica greca che lo aveva ospitato, che gli consegna l’agognato permesso di soggiorno ottenuto tramite un funzionario svizzero che la corteggiava e che lei aveva sposato. Nino però risale sul treno, deciso a ritornare in patria, accettando la sconfitta. Però arrivato al traforo del Sempione, scocciato dal canto di alcuni emigranti, pure loro sulla via del rimpatrio, decide di fermare il treno e rientrare in Svizzera, riprendendo la sua personale battaglia per un lavoro dignitoso e per dimostrare che gli italiani non sono solo “pizza e mandolino”.
Le musiche poi sono fantastiche…i titoli introdotti dalla “serenata” di Haydn, mentre il figlioletto dell’amica greca suona invece al piano la K545 di Mozart, una delle mie musiche preferite.
Pranzo di Natale
Mio marito ed io passiamo il Natale da soli.
Si pranza quindi al solito ristorantino, dove abbiamo già prenotato qualche giorno addietro.
Non ci sediamo al solito posto, visto l’affollamento, ma ad un tavolo piccolo, giusto per noi due, in un angolo un poco appartato ma a poca distanza da una tavolata di sei persone.
Inquadro subito i commensali, tipi volgari, arroganti e pretenziosi che pensano che il denaro “faccia” il signore, mentre sono solamente dei poveracci ineducati. Continuano a parlare al cellulare ad alta voce, quasi urlando, passandosi i telefonini da un capo all’altro del tavolo e, strano a dirsi, l’unica tranquilla è una bambina di circa sette anni, forse perché troppo intenta a giocare su un tablet.
Il padre mostra con ostentazione di possedere soldi e potere, il figlio maggiore è sulla buona strada per seguire il genitore. “Tu, svelta, porta via questi piatti che ingombrano!”… “Ehi, portaci ancora una bottiglia”… e via con frasi di questo tipo.
Non ce l’ho fatta più: quando una delle tre cameriere, indaffaratissime per l’alto numero di avventori, è stata apostrofata ancora in questo modo perentorio e cafone, e mio marito ed io eravamo già in procinto di alzarci per uscire dal locale, ho detto a voce abbastanza alta perché il giovincello incivile potesse sentire : “Certa gente dovrebbe avere maggior rispetto per chi lavora, permettendoci di passare una giornata in serenità, invece ci sono dei maleducati che credono che tutto possa essere loro permesso”.
L’arroganza di certa gente proprio non la posso sopportare.
Il delfino
In quale oceano in quale notte
la sto perdendo
chiesi al delfino
Disse il delfino:
nell’acqua nera
dove quello che unisce separa
dove il silenzio è boato
dove sei perso anche tu
Michele Mari
Coerenza, questa sconosciuta
Lo so, è Natale, bisognerebbe essere tutti più buoni…però a volte è assai difficile esserlo, specie quando i fatti si scontrano con la coerenza.
Leggo di Virginia Raggi, che chiede aiuto a Parma per incenerire i rifiuti romani, in quell’inceneritore non voluto da Grillo e che costò a Federico Pizzarotti l’esclusione dal Movimento 5 Stelle. 😀
Leggo di Matteo Renzi, che con il referendum sulla riforma costituzionale voleva abolire il Senato…e che si ricandiderà alle prossime elezioni proprio come senatore. 😀
Leggo del giornalisti del Sole 24 Ore che dopo aver scritto e pontificato sui risparmi di spesa, adesso scioperano perché a causa della crisi in cui versa il quotidiano si parla di ridurre i loro stipendi. 😀
Buon Natale, coerentemente
Auguri
A tutti, i miei migliori auguri per un felice Natale.
(come vedete, pure io da bimba, avevo il mio Spelacchio personale) .
Anima mia
Anima mia
chiudi gli occhi
piano piano
e come s’affonda nell’acqua
immergiti nel sonno
nuda e vestita di bianco
il più bello dei sogni
ti accoglierà
anima mia
chiudi gli occhi
piano piano
abbandonati come nell’arco delle mie braccia
nel tuo sonno non dimenticarmi
chiudi gli occhi pian piano
i tuoi occhi marroni
dove brucia una fiamma verde
anima mia.
Nazim Hikmet
dalla prigione di Bursa, 1948
Letterina a Babbo Natale
Càpito per sbaglio su un sito internet tedesco e qui mi si stringe il cuore, perché leggo la letterina a Babbo Natale di un bimbo greco di otto anni. Non conosco il greco, però sono riuscita a tradurre la richiesta dal tedesco, ripresa da Keep Talking Greece. I nostri bambini per questa festa chiedono regali vari, videogiochi, cellulari, tablet i più grandicelli, mentre gli altri si accontentano di bambole, costruzioni, Lego.
Alexis , questo bimbo di Patrasso, non chiede nulla di tutto questo…chiede CIBO, e se domanda un giocattolo, non è per sé, ma per il fratellino ammalato.
In questa società opulenta ma comunque arida, sembra impossibile che in un paese civilizzato ci debbano ancora essere bambini che soffrono per la fame. L’articolo prosegue, parlando della situazione di circa un terzo dei bambini greci che vive in assoluta povertà, a causa delle ristrettezze economiche imposte dalla Troika.
Ho scoperto in seguito che la notizia è stata ripresa pure da alcuni siti italiani, e che molti si sono attivati per aiutare il bambino e la sua famiglia. Per uno che viene aiutato però ce ne sono moltissimi che soffriranno comunque.
Caro Babbo Natale, sono Alexis e sto facendo la quarta elementare. Sono stato un bambino bravo. Quest’anno vorrei che mi portassi molto cibo, così la mia mamma non dovrà più piangere. Non ha il lavoro. Se non puoi, vorrei che portassi un giocattolo a mio fratello che sta male. Ti voglio tanto bene“
La vita
La vita – è il solo modo
per coprirsi di foglie,
prendere fiato sulla sabbia,
sollevarsi sulle ali;
essere un cane,
o carezzarlo sul suo pelo caldo;
distinguere il dolore
da tutto ciò che dolore non è;
stare dentro gli eventi,
dileguarsi nelle vedute,
cercare il più piccolo errore.
Un’occasione eccezionale
per ricordare per un attimo
di che si è parlato
a luce spenta;
e almeno per una volta
inciampare in una pietra,
bagnarsi in qualche pioggia,
perdere le chiavi tra l’erba;
e seguire con gli occhi una scintilla di vento;
e persistere nel non sapere
qualcosa d’importante.Wislawa Szimborska
Doppio passaporto
Quante polemiche per il doppio passaporto che dovrebbe essere consegnato, su richiesta, a quanti, di lingua tedesca o ladina, ne facciano richiesta.
Allora ho fatto delle ricerche su internet, ed ho scovato una cosuccia interessante, trovando la legge 8 marzo 2006 n.124.
Bene, con la succitata legge si permette alle persone già residenti dal 1940 al 1947 in terre che furono italiane come l’Istria e la Dalmazia, territori diventati jugoslavi in forza dei trattati di Parigi del 10 febbraio 1947 e di Osimo del 10 novembre 1975, di ottenere la cittadinanza italiana in aggiunta a quella attualmente posseduta, beneficio esteso ai loro discendenti.
Quindi una cosa è buona e giusta se la permettiamo noi ma non va bene invece se a richiederla è un altro stato straniero nei confronti di persone che nella mia provincia parlano la lingua tedesca.
Ho sempre ribadito, pur essendo io italiana, che il Tirolo è tedesco.
Un po’ di storia.
Il primo conte di Tirolo di cui si abbia notizia è Mainardo II che nel 1259 ereditò la contea dal padre Mainardo I, mentre al fratello Alberto I spettarono i territori di Istria, Gorizia , Friuli.
Il Tirolo era un territorio posto in posizione strategica tra le ricche zone di commercio venete e padane ed il nord Europa. Mainardo II si adoperò per rendersi indipendente dai principati vescovili di Trento e di Bressanone, sminuendo nel contempo l’influenza della nobiltà locale con l’assegnazione dei territori ai contadini e l’affidamento di compiti amministrativi a persone anche di censo plebeo. Finanziariamente favorì una tassazione basata più sui dazi e sulla zecca piuttosto che sulle rendite fondiarie, privilegiate dalla nobiltà.
Il Tirolo divenne quindi una nazione che, per quanto piccola, era finanziariamente solida, con una moneta forte, la cui economia si reggeva più che altro sugli scambi commerciali e sulle estrazioni di argento e salgemma. I confini del Tirolo stabiliti in quell’epoca da Mainardo rimasero pressoché immutati fino al 1918.
Le varie vicissitudini politiche e le successioni dinastiche, troppo lunghe da riferire, portarono il Tirolo ad essere governato dagli Asburgo.
La sconfitta degli Asburgo ad opera di Napoleone nel 1805 determinarono una scissione della contea del Tirolo: una parte venne assegnata alla Baviera, l’altra, che gravitava attorno alla zona di Bolzano, fu assegnata invece al Regno d’Italia Napoleonico, costituendo il dipartimento dell’Alto Adige (ecco da dove proviene il nome, non certo un’invenzione del fascista Ettore Tolomei come molti credono).
Già in quel periodo si verificarono insurrezioni, specie ad opera di Andreas Hofer che, per l’indipendenza della sua patria, combatté contro francesi e bavaresi, finché venne arrestato e fucilato a Mantova.
Con la Restaurazione e la conseguente caduta di Napoleone, il territorio venne riunito, ma passò interamente sotto il regno d’Austria (1814), divenuto poi impero austro-ungarico (1867),
Come si può notare, il Tirolo non fu mai italiano in senso stretto: fu solo il trattato di Saint-Germain del 1915 a smembrarlo, assegnando la parte meridionale del Tirolo all’Italia solo per il principio della “frontiera naturale” costituita dalla catena delle Alpi, senza tener conto della lingua e delle tradizioni della gente che abitava questo territorio. Territorio quindi “assegnato” e non conquistato, dove non venne sparato neppure un colpo…contrariamente a quanto pensano alcuni che confondono il Trentino – pur appartenente in parte al Tirolo, ma prevalentemente italofono – con l’Alto Adige.
La concessione del doppio passaporto è, per mio conto, una questione puramente formale, in quanto ormai in Europa vige la libera circolazione tra gli stati membri. Semplicemente restituirebbe un’identità a chi a tutt’oggi si sente tirolese a tutti gli effetti.
Un ultimo appunto, Suedtirol, come dice una nostra politica, ist nicht Italien (il Sudtirolo non è Italia), però, aggiungo io, non è nemmeno Austria: è Tirolo e basta.
Mi fa male
Mi fa male il mondo, mi fa male il mondo.
Mi fa male il mondo, mi fa male il mondo…
e non riesco a trovar le parole
per chiarire a me stesso
e anche al mondo
cos’è che fa male…
[parlato:] Mi fa male… mi fa male essere lasciato da una donna… non sempre.
Mi fa male l’amico che mi spiega perché mi ha lasciato.
Mi fanno male quelli che si credono di essere il centro del mondo e non sanno che il centro del mondo… sono io.
Mi fa male… quando mi guardo allo specchio.
Mi fa male anche quando mi dicono che mia figlia mi assomiglia molto fisicamente. Mi fa male per lei.
Mi fanno male quelli che sanno tutto, e prima o poi te lo dicono.
Mi fanno male gli uomini esageratamente educati, distaccati, formali. Ma mi fanno più male quelli che per essere autentici ti ruttano in faccia.
Mi fa male essere così delicato, e non solo di salute.
Mi fa male anche il fatto che basta che mi faccia male un dente… che non mi fa più male il mondo.
Mi fanno male gli architetti, gli avvocati, i commercialisti!
Mi fa male l’IVA, le trattenute, il 740, mamma mia come mi fa male il 740!
Mi fanno male le marche da bollo, gli sportelli, gli uffici, le code. Mi fa male quando perdo la patente e gli amici mi dicono ‘condoglianze’. E i funzionari… che quando vai lì e non alzano nemmeno la testa. E poi quando la alzano s’incazzano, certo, perché gli fai perdere tempo. Ti trattano male, giustamente, siamo noi che sbagliamo: l’ufficio è sempre un altro, un altro ancora, e poi le segretarie, i vicedirettori, i direttori, i direttori generali… Mi fa male l’apparato, la sua mentalità, la sua arroganza, la sua idiozia!
Come sono delicato!
Mi fa male il futuro dell’Italia, dell’Europa, del mondo.
Mi fa male l’immanente destino del pianeta Terra minacciato dal grande buco nell’ozono, dall’effetto serra, e da tutte quelle tragedie che al momento poi… a dir la verità… non mi fanno mica tanto male.
Mi fanno male gli spot.
Non è la pubblicità che mi fa male, in sé.
Mi fanno male, Dio bono, i culi nudi, le tette, le cosce, e tutti quei figoni sprecati per il Campari Soda!
Mi fanno male i fax, i telefonini, i computer, e la realtà virtuale… anche se non so cos’è.
Mi fa male l’ignoranza, sia quella di andata che quella di ritorno.
Mi fa male la carta stampata, gli editori… tutti.
Mi fa male che qualsiasi deficiente scriva un libro. E poi lo promuove, firma la copertina, entra in classifica: I°, 2°, 3°… Borges 37°!
Mi fanno male le edicole, i giornali, le riviste coi loro inserti: un regalino, un opuscolo, una cassetta, un gioco di società… “un cappuccino e una brioches”.
Mi fanno male quelli che comprano tutti i giornali.
Non mi fa male la libertà di stampa. Mi fa male la stampa!
Mi fa male che ci sia ancora qualcuno che crede che i giornalisti si occupino di informare la gente.
I giornalisti, che vergogna! L’etica professionale, il sacrosanto diritto all’informazione. Cosa mettiamo oggi in prima pagina. “Ma sì, i morti della Bosnia, è un po’ che non ne parla nessuno!” Tutto, tutto così, mica scelgono le notizie più importanti, no, quelle che funzionano, che rendono di più… per le loro carriere, per i loro meschini tornaconto, i loro padroni, padroncini… Mi fanno male le loro facce presuntuose e spudorate. Mi fa male che possano scrivere liberamente e indisturbati tutte le stronzate che vogliono! È questa libertà di stampa che mi fa vomitare.
Come sono delicato!
Mi fa male chi crede che ci sia ancora qualcuno che pensa agli altri.
Mi fanno male quelli che dicono che gli uomini sono tutti uguali.
Mi fanno male anche quelli che dicono che ‘il pesce più grosso mangia il pesce più piccolo’. Mi farebbe bene metterli nella vaschetta delle balene.
Mi fa male la grande industria, la media industria mi fa malino, la piccola non mi fa praticamente niente.
Mi fa male non capire perché a parità di industriali stramiliardari, un operaio tedesco guadagna 2.800.000 lire al mese ed uno italiano 1.400.000. Ma l’altro 1.400.000, dov’è che va a finire?
Mi fanno male i ladri, quelli privati ma anche quelli di Stato. Mi fa bene quando li prendono, quando li arrestano, quando viene fuori tutto quello che sapevamo! Dopo un po’ però mi annoio.
Mi fa male che l’Italia, cioè noi, cioè io, abbiamo due milioni di miliardi di debito. Questo lo sappiamo tutti. Ce lo sentiamo ripetere continuamente. Sta cambiando la nostra vita per questo debito che abbiamo.
Ma con chi ce l’abbiamo? A chi li dobbiamo questi soldi? Questo non si sa. Questo non ce lo dicono. No, perché se li dobbiamo a qualcuno che non conta… va be’, gli abbiamo tirato un pacco ed è finita lì. Ma se li dobbiamo a qualcuno che conta… due milioni di miliardi! Prepariamoci a pagare in natura.
Mi fa male… mi fa male accendere la televisione, stare lì davanti e non riuscire a spegnerla, vedere fino a che punto… non c’è fondo, non c’è fondo. La gente che telefona, gli sponsor, i giochini demenziali, i presentatori che ridono. E le dentiere, gli assorbenti, preservativi, i Gabibbi, belli spigliati, spiritosi, tutti completamente a loro agio… che si infilano le dita nelle orecchie e che si grattano i coglìoni. Sì, tutti questi geniali opinionisti… che litigano, gridano, si insultano… questi coraggiosi leccaculo travestiti da ribelli!
Mi fa male, mi fa male che si parli fino alla nausea di quante reti… una a te, una a me…. pubbliche, private… e le commissioni, i garanti, i regolamenti… senza mai parlare di quella valanga di merda che ogni giorno mi entra in casa!
Che poi io sono anche delicato, l’ho già detto!
Mi fa male la violenza. Mi fa male la sopraffazione, la prepotenza, l’ingiustizia.
A dir la verità mi fa male anche la giustizia. Un paese che ha una giustizia come la nostra non sarà mai un paese civile. Una giustizia che fa talmente schifo che se una volta in cinquant’anni per caso, o per chissà quale magica ragione, i magistrati fanno il loro normale dovere diventano tutti… Giuseppe Garibaldi.
Mi fanno male anche i collaboratori di giustizia, i pentiti… gli infami, insomma… che dopo aver ammazzato uomini, donne e bambini fanno l’atto di dolore: tre Pater Ave e Gloria e chi s’è visto s’è visto.
Mi fa male la Sicilia. Magari mi facesse male solo la Sicilia. Mi fa male anche la Lombardia, il Piemonte, la Toscana, il Veneto. Roma!
Mi fa male che ‘tutto’ sia mafia.
Mi fa male non capire perché animali della stessa specie si ammazzino tra loro.
Mi fa male chi muore in Jugoslavia. Chi muore in Somalia, in Ruanda, in Palestina. Mi fa male chi muore.
Mi fa male chi dice che gli fa male chi muore e fa finta di niente sul traffico delle armi che è uno dei pilastri su cui si basa il nostro amato benessere.
Mi fa male la mafia bianca, quella dei dottori, delle medicine, degli ospedali, dei professori, dei primari.
Mi fa male chi specula sulla vita della gente. Sì, quelle brave persone che ti fanno fare le analisi, anche se non ne hai bisogno, e ti mandano dall’amico specialista, tutto un giro, uno scambio d’affari, una grande abbuffata di pazienti. Sì, tutti quegli avvoltoi che si buttano sui moribondi per tirargli fuori gli ultimi spiccioli: i chirurghi dal taglio facile e redditizio… quelli che tagliano tutto, gambe, braccia… e quando non ne hanno abbastanza… testicoli, ovaie, seni, uteri! Che gliene frega di un utero in più o in meno!
Certo, mi fa male il cancro. Ma mi fa più male che il cancro sia il più grosso affare economico del secolo.
Mi fa male chi crede che ci sia ancora qualcuno che pensa agli altri.
Mi fa male qualsiasi tipo di potere, quello conosciuto, ma anche quello sconosciuto, sotterraneo, che poi è il vero potere. Mi fanno male le oscillazioni e i rovesci dell’alta finanza. Più che male mi fanno paura, perché mi sento nel buio, non vedo le facce. Nessuno ne parla, nessuno sa niente: sono gli intoccabili. Personaggi misteriosi che tirano le fila di un meccanismo invisibile, talmente al di sopra di noi da farci sentire legittimamente esclusi. È lì, in chissà quali magici e ovattati saloni che, a voce bassa e con modi raffinati, si decidono le sorti del nostro mondo: dalle guerre di liberazione, ai grandi monopoli, dalle crisi economiche, alle cadute dei muri, ai massacri più efferati.
Mi fa male quando mi portano il certificato elettorale.
Mi fa male la democrazia, questa democrazia che è l’unica che io conosco.
Mi fa male la prima repubblica, la seconda, la terza, la quarta.
Mi fanno male i politici, più che altro… tutti, sempre più viscidi, sempre più brutti. Mi fanno male gli imbecilli, i ruffiani. E come sono vicini a noi elettori, come ci ringraziano, come ci amano. Ma sì, io vorrei anche dei bacini, dei morsi sul collo… per capire bene che lo sto prendendo nel culo. Tutti, tutti, l’abbiamo sempre preso nel culo… da quelli di prima, da quelli di ora, da tutti quelli che fanno il mestiere della politica.
E mi fa male che ci sia qualcuno che crede ancora che ‘loro’ facciano qualcosa per noi, per le nostre famiglie, per il nostro futuro. No, non c’è una scelta, una scelta politica che sia fatta pensando a cosa serve al Paese. No, solo quello che conviene di più al gruppo, al partito… Per contare di più, per avere più potere. Certo, lo fanno solo per se stessi, per il loro schifosissimo interesse personale. Farebbero qualsiasi cosa, venderebbero i colleghi, gli amici, i figli. Cambierebbero colore, nome, nazionalità, darebbero delle coltellate ai compagni di partito pur di fottergli il posto. Non c’è più niente che assomigli all’esilio, alle lotte, alla galera. C’è solo l’egoismo incontrollato, la smania di affermarsi, il denaro, il potere, l’avidità più schifosa!
E voi credete ancora che contino le idee? Ma quali idee…
La cosa che mi fa più male è vedere i nostri figli con la stanchezza anticipata di ciò che non troveranno.
E mi fa ancora più male sentire che la colpa è anche nostra. Sì, abbiamo lasciato in eredità forse un normale benessere, ma non abbiamo potuto lasciare quello che abbiamo dimenticato di combattere e quello che abbiamo dimenticato di sognare.
Una sconfitta definitiva?… No, non credo proprio. Se è vero che questa è la nostra realtà, guardarla in faccia non può far male a nessuno. Basta non farsi prendere dalla stupidità dello sconforto. È la non consapevolezza che crea malesseri nascosti e uccide per delega. Se un uomo conosce con chiarezza il suo male, qualsiasi esso sia, ha anche la forza per combatterlo.
Bisogna assolutamente trovare il coraggio di abbandonare i nostri meschini egoismi e cercare un nuovo slancio collettivo, magari scaturito proprio dalle cose che ci fanno male, dalle insofferenza comuni, dal nostro rifiuto. Perché un uomo solo che grida il suo no, è un pazzo. Milioni di uomini che gridano lo stesso no, avrebbero la possibilità di cambiare veramente il mondo.
Mi fa male il mondo
mi fa male il mondo.
Mi fa male il mondo
mi fa male il mondo…
Mi fa bene comunque credere
che la fiducia non sia mai scomparsa
e che d’un tratto ci svegli un bel sogno
e rinasca il bisogno di una vita diversa.
Mi fa male il mondo, mi fa male il mondo…
Mi fa bene comunque illudermi
che la risposta sia un rifiuto vero
e che lo sfogo dell’intolleranza
prenda consistenza e ridiventi un coro.
Mi fa male il mondo, mi fa male il mondo.
Ma la rabbia che portiamo addosso
è la prova che non siamo annientati
da un destino così disumano
che non possiamo lasciare ai figli e ai nipoti.
Mi fa male il mondo, mi fa male…
Mi fa male il mondo, mi fa male il mondo…
Mi fa bene soltanto l’idea
che si trovi una nuova utopia…
litigando col mondo.
Grande Giorgio Gaber, che ci dà uno specchio dell’Italia che purtroppo non cambia.
Lei avanza in bellezza, come la notte
Lei avanza in bellezza, come la notte
di climi tersi e di cieli stellati,
tutti i pregi della luce e della tenebra
s’incontrano nel suo aspetto e nei suoi occhi:
così addolciti a quella luce tenera
che il cielo nega allo sfarzo del giorno.
Un’ombra ancora, un raggio in meno,
forse avrebbero mutato la grazia senza nome
che ondeggia a ogni treccia corvina,
o dolcemente le illumina il volto,
dove pensieri limpidi e soavi svelano
quanto pura e preziosa la loro dimora.
Su quella guancia, e su quella fronte,
così dolci e calme ma eloquenti,
i sorrisi che vincono, i colori accesi,
parlano solo di giorni nel bene,
di un’anima in pace con tutto,
di un cuore innocente al suo amare.
Lord George Byron
Offese
Ci sono quelle persone che, incapaci di sostenere “civilmente” una discussione, trascendono ed iniziano ad offendere. Si credono degli dei in terra, mentre invece non sono altro che poveri ometti o povere donnette. E purtroppo sui social è facile incontrare questo tipo di persone.
Parlare e offendere, per certuni, è precisamente la stessa cosa. Sono pungenti e amari; il loro stile è misto a fiele e assenzio: lo scherno, l’ingiuria, l’insulto sbavano dalle loro labbra come saliva. Sarebbe utile per loro essere nati muti o imbecilli: quel tanto di vivacità e arguzia che hanno nuoce loro più di quanto non riesca a nuocere a qualcun altro la stupidità. Non sempre si accontentano di replicare con asprezza, spesso attaccano con insolenza; colpiscono tutto ciò che si trova sotto la loro lingua, sia sui presenti sia sugli assenti; si scagliano contro come montoni, di fronte e di fianco: si richiede forse ai montoni di non aver corna? Allo stesso modo non si spera di riformare, con questa illustrazione, temperamenti così duri, così feroci, così indocili. Il meglio che si possa fare, appena li si scorge da lontano, è fuggirli con tutte le proprie forze e senza voltarsi indietro.
(Jean de La Bruyère)
Alba
Amore mio, nei vapori d’un bar
all’alba, amore mio che inverno
lungo e che brivido attenderti! Qua
dove il marmo nel sangue è gelo, e sa
di rinfresco anche l’occhio, ora nell’ermo
rumore oltre la brina io quale tram
odo, che apre e richiude in eterno
le deserte sue porte?… Amore, io ho fermo
il polso: e se il bicchiere entro il fragore
sottile ha un tremitìo tra i denti, è forse
di tali ruote un’eco. Ma tu, amore,
non dirmi, ora che in vece tua già il sole
sgorga, non dirmi che da quelle porte
qui, col tuo passo, già attendo la morte.
Giorgio Caproni
(da Il passaggio d’Enea, 1956)
Soluzione all’italiana
Cercano di persuaderci della bontà del testamento biologico, invece è la solita soluzione all’italiana.
Con questa legge il povero Fabo avrebbe dovuto comunque recarsi in Svizzera per porre termine ad una non-esistenza che lo condannava a restare immobile e cieco fino alla fine dei suoi giorni, una situazione ancora peggiore del coma, in quanto era vigile e cosciente della propria situazione.
Con questa legge potremo invece decidere se morire di fame e sete come la povera Eluana, una fine che non augurerei nemmeno ad un nemico, in quanto idratazione e nutrizione sono considerate “terapie”.
Terapie sono tutte le cure e gli accorgimenti vòlti a ridurre o eliminare gli stati di disagio e sofferenza nel malato (fonte Wikipedia) o gli studi e l’attuazione concreta dei metodi e mezzi per combattere le malattie, sopprimerne l’agente causale, rimuoverne i sintomi o prevenirne l’insorgenza (fonte Enciclopedia Treccani).
Non credo che sospendere acqua e cibo rientri nelle succitate “terapie”: la sofferenza del malato, anche se in sedazione profonda, verrebbe anzi aumentata.
Alcuni dicono che questa legge sia un primo passo… per mio conto invece no. Le cose qui in Italia restano cristallizzate per decenni, prima che si decida di cambiare qualcosa. Nessuno ha il coraggio di attrezzare davvero dei centri in cui i malati terminali o senza prospettive di miglioramento possano davvero “morire bene”, senza sofferenze inutili e per loro libera scelta. Del resto il consenso informato esisteva già, il rifiuto di sottoporsi a determinati trattamenti medici pure, l’unica variazione è che si possono stabilire anticipatamente queste volontà del paziente, peraltro modificabili in ogni momento. Quindi nulla a che vedere con l’eutanasia, che molti auspicavano, solo un’ennesima presa in giro dei pazienti. E che non mi si venga a parlare della sacralità della vita ed altre cose simili: uno avrà bene il diritto, se terminale ed in grave sofferenza, di morire come meglio crede. Se per ragioni etiche e/o religiose l’eutanasia a qualcuno non sta bene, non vedo perché debba impedirlo ad altri che non hanno le medesime remore: è una decisione strettamente individuale.
Spese di Natale
Credo che ormai tutti conoscano Spelacchio, quell’abete alto e striminzito montato a Roma in piazza Venezia. Il Trentino non ci ha fatto una bella figura “donando” un simile scheletro alla Capitale, a Pinzolo ci sono ben altri abeti, folti e maestosi, però pure la giunta capitolina non ci ha fatto una bella figura adornandolo, come ha detto il sindaco Raggi, “sobriamente”: sembra piuttosto un indice della miseria che impera in questo paese. Si viene a sapere poi che il trasporto e la messa in opera dell’albero sono costati ben 48mila euro e rotti! E qui c’è da incavolarsi…
Non che a Bolzano sia meglio. Certo, il nostro albero in piazza Walther è bello, alto e molto ben guarnito; ciò che fa incavolare è la somma pari a quella sborsata a Roma, per abbellire i new jersey messi a protezione dei siti sensibili: 21 barriere al modico prezzo di 2300 euro ciascuna decorate in questo “artistico” modo: alcuni con disegni effettuati con uno stencil, cosa che pure una persona digiuna di pittura saprebbe usare, ed altri invece con delle righe che non si sa bene cosa vogliano rappresentare. Notare che con poche gocce di pioggia la tinta ha poi iniziato a colare…
Con la somma destinata all’abbellimento (?) di un solo new jersey si sarebbero potute comperare delle bombolette, incaricando dei writers di decorare i blocchi di cemento, come è stato fatto per i muri in altre zone della città, tipo la zona industriale. Tanto i soldi li sborsano i cittadini, e sembra che invece siano stati una forma di finanziamento indiretto ad una associazione di “volontariato”…
O foresta silenziosa
O foresta silenziosa, io ti entro
con un cuore pieno di miseria
per tutte le voci degli alberi
e le felci che si aggrappano alle mie ginocchia.
Nella tua ombra più oscura lasciami sedere
quando i gufi grigi svolazzano su di te;
allora chiederò a te un vantaggio
perché io non posso né svenire, né morire, né delirare.
Guardando attraverso le tenebre come una
la cui vita e speranze sono anche fatte,
congelate come una cosa di pietra,
mi siedo nella tua ombra – ma non da sola.
Può Dio riportare quel giorno quando noi due stavamo
sotto quegli alberi aggrappati in quella foresta oscura?
Elizabeth Eleanor Siddal
Lizzie
Cercando l’immagine per Ophelie, mi sono imbattuta nel ritratto che John Everett Millais fece ad una modella dall’aspetto molto particolare, una bellezza assai malinconica, dalla pelle chiara e trasparente che ben si accordava con la fluente chioma rossa.
Ho scoperto così che si chiamava Elizabeth Eleanor Siddal, detta Lizzie, e che visse per lungo tempo assieme al pittore Dante Rossetti, con il quale poi si sposò, e che fu una donna eclettica, in quanto oltre che modella, fu lei stessa pittrice e pure poetessa.
Lizzie nacque a Londra nel 1829, terza degli otto figli di un coltellinaio londinese, lavorò dapprima come modista unitamente a tre delle sue sorelle minori finché, divenuta sarta della famiglia Deverell, fu notata dal padrone di casa, preside di una prestigiosa scuola di disegno, che aveva ammirato alcune sue immagini e la presentò al figlio pittore, Walter Howell Deverell. Quest’ultimo, colpito dalla sua fisionomia particolare, la utilizzò come modella per sé e per la “Confraternita dei pittori preraffaelliti” cui apparteneva, e che contava tra i componenti anche Millais. Quest’ultimo la ritrasse appunto nell’Ophelia, costringendola a posare vestita in una vasca colma d’acqua riscaldata da alcuni lumi per lunghe sedute. A causa di un problema al sistema di riscaldamento dell’acqua, Lizzie, già cagionevole di salute, svenne e contrasse una polmonite che la ridusse quasi in fin di vita. Il pittore pagò per questo un risarcimento di 50 sterline e si addossò tutte le spese per le cure mediche. Poco dopo, siamo sempre nel 1852, Lizzie conobbe Dante Rossetti, divenendo non solo la sua modella, ma anche la sua allieva e la sua l’amante. Come pittrice fu incoraggiata e sostenuta dal pittore e critico d’arte John Ruskin, (che la giudicava anche migliore di Rossetti), tanto che acquistò tutte le opere di Lizzie, sostenendo economicamente la coppia. Con quel denaro, la ragazza si recava per le cure a Parigi o Nizza, ma nel frattempo Rossetti portava avanti diverse relazioni con varie modelle, situazioni assai pesanti da sopportare per Lizzie, cui si aggiunse, nel 1959, la morte del padre.
Forse per alleviare i dolori, Lizzie intensificò l’uso di laudano, e ben presto ne divenne dipendente. Ruskin esortava Rossetti a sposare Lizzie, ma questi era titubante in quanto la sua famiglia non avrebbe accettato la donna in quanto di umili origini. Si decise finalmente nel 1860, quando Lizzie finì in overdose. L’anno seguente Lizzie mise al mondo una bimba, morta durante il parto. Invece Dante continuava la sua esistenza libertina, tanto che una delle sue amanti diventò madre di una figlia quasi contemporaneamente alla moglie. Lizzie non resse all’umiliazione, e nel febbraio del 1862, sola in casa, si suicidò con un’overdose di laudano lasciando un biglietto in cui spiegava le ragioni del suo gesto, biglietto che venne bruciato per consentirle di essere sepolta in terra consacrata e per evitare lo scandalo alla famiglia di lui.
Rossetti, disperato, fece seppellire la moglie infilando tra i suoi capelli rosso tiziano un quaderno di poesie che aveva composto per lei. Sette anni dopo, vittima di alcool e droga, convinto di perdere la vista ed indebitato, Rossetti fece aprire nottetempo l’avello per recuperare il quaderno e pubblicare le poesie, ricavandone qualche vantaggio economico. La leggenda dice che la salma della donna era ancora intatta e che la chioma era cresciuta a dismisura riempiendo tutta la bara.
Nel 1872 il pittore cercò il suicidio con le stesse modalità di Lizzie, ma venne salvato da alcuni amici. Morirà dieci anni dopo, solo ed in preda alla follia.
(Nell’immagine “Beata Beatrix”, di Dante Rossetti)
Cosa ne pensate?