La fisarmonica
Sabato, giorno di mercato.
Folla di persone che brulicano come insetti in un formicaio, spostandosi da un settore all’altro, esaminando abiti ed accessori oppure prodotti ortofrutticoli e specialità regionali.
Resto sempre sorpresa da come la gente si muova in maniera frenetica e si incroci senza mai scontrarsi negli stretti corridoi tra una bancarella e l’altra.
Ad un tratto, tra il brusio della folla, il suono di una fisarmonica.
Un uomo sulla quarantina, camicia a quadri, bermuda, piedi nudi infilati in un paio di sandali, gli occhi di quel celeste chiaro tipico delle popolazioni di etnia slava, la schiena appoggiata al muro nei pressi di un passaggio ed il berrettino per terra nel quale navigano pochi spiccioli, suona un motivo sconosciuto ma appassionante.
Di colpo, ritorno indietro nel tempo, quando ero bambina, ed i suonatori ambulanti passavano di cortile in cortile strimpellando motivetti popolari sui loro strumenti – fisarmoniche appunto, ma anche armoniche o violini – mentre le massaie si affacciavano ai balconi gettando loro alcune monetine che venivano raccolte da un ragazzetto che accompagnava gli adulti. Spesso c’era anche il classico omino con la gabbietta dalla quale un pappagallino porgeva il “pianeta della fortuna” con l’oroscopo ed i numeri da giocare al lotto, oppure un fogliettino con il testo delle canzonette allora in voga.
Qualche bambina seguendo la musica accennava a qualche passo di danza, tutti i piccoli interrompevano i loro svaghi – i giochi poveri di quel tempo, la corda, la palla, le biglie – per ascoltare i suonatori e scortarli nel loro girovagare tra i vari cortili.
Allora la fisarmonica era uno strumento che non mi piaceva, forse proprio a causa delle canzoncine popolari che suonavano, ed ho imparato a conoscerlo ed apprezzarlo molto tempo dopo, quando ho ascoltato i brani di Astor Piazzolla e di Richard Galliano, solo per citare i più noti, che eseguivano brani di tutt’altra levatura.
Cosa ne pensate?