Economia
Premesso che l’attacco degli scioperanti da parte della polizia è stata una grandissima porcata (e mi piacerebbe sapere cosa davvero pensava Alfano che in assoluto, a mio parere, è il peggior ministro dell’Interno di questi ultimi decenni) perché era palese la disperazione di tante persone il cui posto di lavoro è a fortissimo rischio, mi domando per quale motivo i lavoratori siano andati a protestare davanti all’ambasciata tedesca.
Certo, la Thyssen Krupp è germanica, ma il governo tedesco non può certamente entrare nel merito delle decisioni dell’azienda (nella fattispecie ad effettuare determinate scelte economiche, quali i licenziamenti) che deve poter scegliere in piena autonomia.
Un’azienda, quando non sia un “carrozzone statale”, è privata, ed il suo scopo principale è quello di generare profitto: profitto che oltre a rimpinguare le tasche ed i conti dei proprietari, come da sempre denunciano i sindacati ed i sindacalisti, viene anche reinvestito, contribuendo a creare altri posti di lavoro. Quindi l’interesse dell’azienda è ANCHE quello del lavoratore.
Ma per ottenere profitto deve pure trovare terreno fertile, ossia un substrato che le consenta di continuare la propria attività in maniera ottimale: tassazione equa, leggi del lavoro chiare, infrastrutture decenti, burocrazia ridotta al minimo: tutte cose che in Italia non esistono più. Si cerca di rimediare mediante incentivi fiscali (ben poca cosa) per le assunzioni, ma questo provoca solo sbilanciamenti, anche perché gli incentivi sarebbero destinati solo ai grandi complessi, tralasciando quelle piccole-medie imprese che, da sempre, sono l’ossatura portante della nostra economia.
Meglio sarebbe abolirli totalmente abbassando drasticamente la pressione fiscale arrivata a livelli insostenibili per rendere nuovamente appetibili gli investimenti in Italia e lasciando ai singoli la libertà di investire come e dove vogliono.
Ma da quell’orecchio, il governo non ci sente… ed è sotto le finestre di palazzo Chigi che i dimostranti dovevano manifestare.
a Thyssen Krupp è germanica, ma il governo tedesco non può certamente entrare nel merito delle decisioni dell’azienda ..
eh NO, e propio loro che hanno imposto la chiusura, per salvare quello tedesca, dove pure non passano tanto bene! .. chè poi abbiamo un governo … diciamo pessima, che calano le braghe, e obbediscono ai tedeschi e un altro argomento! 😦
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30 ottobre 2014 alle 18:46
Credi davvero che se la tassazione ed il costo del lavoro in Italia fossero equi, se l’energia non fosse così cara (abbiamo il costo energetico più alto in assoluto e per la siderurgia se ne consuma tantissima), la Thyssen se ne sarebbe andata? I governi possono, certamente, ma fino ad un certo punto. L’imprenditore (che sia uno solo, privato, od un gruppo di azionisti pensa PRIMA al suo tornaconto ed investe dove meglio gli conviene, e qui in Italia non sarebbe comunque stato più conveniente. È la nostra politica economica che è tutta da rivedere.
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30 ottobre 2014 alle 18:54
Rischiando una pioggia di insulti:
condivido praticamente tutto, anche se sono fermamente convinto che la società (cioè noi) si debba adattare alle dinamiche del “mercato”.
Siccome il mercato vuole solamente abbassare i costi a scapito della qualità (in qualsiasi settore) ed in funzione di un maggiore guadagno per poter star dietro alle produzioni asiatiche, mi chiedo se sia veramente necessario cercare di “stare al gioco”.
E’ mai possibile che si debba per forza continuare a produrre acciaio?
E’ così impensabile un piano industriale che miri ad un cambiamento delle produzioni nei prossimi anni?
Così facendo potremmo pian piano lasciar perdere quelle produzioni che non possiam più permetterci di fare e dedicarci ad altre e più innovative produzioni, indirizzando per tempo la creazione di personale qualificato nel nuovo settore.
Mi dispiace per gli operai, da morire, ma la colpa è di decenni di mancata programmazione. Loro oggi sono vittime di chi se n’è fregato vent’anni fa.
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31 ottobre 2014 alle 09:51
L’ILVA è la dimostrazione di quanto sua stata scellerata la decisione di impiantarla in quel di Taranto. Bagnoli pure. Abbiamo snaturato due zone di incomparabile bellezza per costruire fabbriche enormi, per giunta pochissimo servite da mezzi di trasporto. C’era da valorizzare il turismo, ed abbiamo distrutto pure quello. 😦
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31 ottobre 2014 alle 15:52
Esattamente. La crisi potrebbe essere l’occasione per riconvertire la nostra economia. L’acciaio lo facciano nella Ruhr, che noi potremmo campare tranquillamente di turismo.
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31 ottobre 2014 alle 17:19
Del resto, pur non approvando le manganellate, non è nemmeno giusto che un gruppo di persone, per quanto “giustamente” incavolate, manifestino la propria rabbia contro chi deve recarsi a prendere un treno. E questo mi fa riflettere che certe reazioni vengano provocate ad arte per poi poter, come al solito, dare contro alle forze dell’ordine…
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31 ottobre 2014 alle 17:49
Oggi una delegazione della AST partiva per protestare in Germania, anche in considerazione che la fabbrica doveva essere acquistata da un gruppo finlandese ma le regole dell’antitrust europeo (e tedesco in particolare) han fatto in modo che la trattativa naufragasse e siamo al punto di oggi. Insomma molte colpe sono anche tedesche e anche della BCE filotedesca, e per me il discorso è ancora più ampio considerando che la Germania invecchierà molto e molto presto, i loro fondi pensione possono essere remunerativi se i titoli dei PIGS danno rendimenti alti, perciò fanno in modo di tenerli con le briglie strette.
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3 novembre 2014 alle 19:15
La burocrazia europea sta facendo più danni che altro. Di troppa rigidità si può anche morire. Inutile voler costruire gli stati uniti d’Europa, se poi ciascuno ragiona secondo le logiche della propria nazione. Senza considerare che ormai il grosso del mercato dell’acciaio è quasi tutto in mano agli asiatici.(non per altro l’Ilva era appetita dagli indiani!).
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3 novembre 2014 alle 19:59