La repubblica delle banane
C’è qualcosa da aggiungere al vergognoso spettacolo tenutosi ieri sera a Roma in occasione della finale di Coppa Italia tra Fiorentina e Napoli?
A parte i prevedibili scontri tra tifoserie, a parte l’ennesima, misera figuraccia per i fischi durante l’inno nazionale, a parte l’acquiescenza degli arbitri alla prepotenza di un miserabile guappo che di nome fa Genny la carogna (*) -indossante una maglietta semplicemente vergognosa – che ha deciso lui quando si dovesse riprendere a giocare, la cosa che più mi ha scandalizzata è la presenza dei nostri beneamati politici, presidente del Consiglio in testa affiancato dal presidente del Senato, che ridevano e scherzavano beatamente durante gli scontri. Non potevano invece andare a visitare gli alluvionati marchigiani o i soliti poveri cristi emiliani che, dopo alluvioni e terremoti, hanno dovuto fare anche i conti con le trombe d’aria?.
No, questi bei figuri si sollazzavano beatamente mentre si verificava una trattativa “Stato-Mafia” tra il questore ed il capo degli ultras…Dire che siamo il paese delle banane (non quelle di Daniel Alvès, rivelatasi una mossa pubblicitaria)…è troppo poco!
(*) che non taggo e del quale nemmeno metto la foto per non fargli pubblicità.
Klimt – seconda parte
Avvertenza: tutte le immagini sono tratte da internet
La visita prosegue.
Tra i vari dipinti degli amici di Klimt ne ho ammirato particolarmente alcuni: il ritratto di Mathilde Stern ad opera di Anton Romako, una figura dall’aspetto un po’ spagnoleggiante, visti il vestito e l’acconciatura;
e quello raffigurante il viso puro ed innocente di una bambina bretone, come si evince dal tipico copricapo, ritratta da Hans Graf
ed un paesaggio di Karl Moll molto dettagliato nei particolari raffigurante la Heldenplatz mit Flieder (lillà).
Si passa poi a due tipici dipinti di Klimt: ormai il pittore ha acquisito un proprio stile ed ha raggiunto la maturità.
Ecco quindi due pannelli più alti che larghi. Nel primo, Giuditta, (1901,) con la mano poggiata sul capo mozzato di Oloferne che si intravede solo a metà: la donna ha gli occhi socchiusi ma il sorriso, ambiguo, è comunque smagliante. Lo sfondo, con alberi e foglie molto stilizzati, ed il vestito di Giuditta sono carichi di color oro, e la posa è molto austera.
La Salomè (1909), a volte indicata come Giuditta II, è invece molto più sensuale, con la posa sinuosa, i polsi carichi di gioielli e le mani che ghermiscono per i capelli la testa di Giovanni Battista quasi fossero degli artigli. Qui predominano, invece dei colori caldi e dorati della Giuditta, delle tinte contrastanti tra il caldo del rosso ed il freddo dei blu e lo sfondo e la veste di lei hanno molti motivi geometrici.
Poi c’è “Il girasole”. Curiosamente, anche questo ricorda una figura femminile, dove il grosso fiore è collocato al posto del capo, le foglie sembrano formare una veste lunga, mentre alla base è tutto un insieme di piccoli fiori multicolori.
Due dipinti si distaccano dal solito stile klimtiano: sono “Fuochi fatui”, dove spiccano due figure femminili dalle chiome rosse
ed “Acqua in movimento”: anche qui alcune forme femminili sembrano essere un tutt’uno con l’acqua e scivolare sulla corrente, mentre nell’angolo in basso a destra le osserva un curioso mostriciattolo.
Molto cupo il quadro raffigurante una madre con i suoi due bimbi: dal mantello scuro emergono, splendenti e con gli occhi chiusi, i tre visi della madre che, protettiva, stringe teneramente a sé i due figlioletti.
Ci sono poi le raffigurazioni del trittico che l’Università di Vienna commissionò nel 1894 al pittore per decorare l’Aula Magna. Erano tre pannelli di grandi dimensioni (430×300), ma ritenendo le opere oscene per via dei nudi e del simbolismo in esse contenuto, l’Università non ritenne opportuno esporle, nonostante “La Filosofia” avesse vinto il primo premio all’Esposizione Universale di Parigi nel 1900. Klimt allora le ritirò. I pannelli vennero così acquistati da August Lederer, un industriale mecenate di Klimt; purtroppo gli originali andarono distrutti durante un incendio appiccato dalle SS nel 1945 durante la ritirata e restano solo delle riproduzioni fotografiche in bianconero.
Il primo bozzetto presentato all’Università fu quello della Filosofia: un insieme di corpi fluttuanti in uno spazio cosmico, affiancati da un viso senza occhi, quasi a simboleggiare l’indifferenza per il genere umano, mentre alla base, avvolta in un manto nero, spicca il volto pallido dallo sguardo intenso della Filosofia.
Il secondo bozzetto fu quello della Medicina: uno scheletro simboleggiante la morte che fa fluttuare un velo nero trasparente con il quale ricopre corpi di ogni età, mentre la figura di Igea, con il tipico serpente tra le mani, giganteggia sulla tela.
Ma quello che scandalizzò più di tutto i benpensanti fu il terzo pannello, quello della Giurisprudenza. In alto ci sono le figure della verità, della Giustizia e della Legge incastonate in un mosaico. Appena più sotto le teste dei giudici, impassibili, mentre la parte maggiore del dipinto rappresenta la punizione: un vecchio inerme, curvo, attorniato da tre donne dall’aspetto lascivo simboleggianti le Furie.
Tre opere molto simboliche non apprezzate e capite dai contemporanei.
(continua)
Cosa ne pensate?