L’ultima analisi…e poi basta
Io non contesto la volontà di pulizia che c’è nei sostenitori del M5S. Quella la vogliono tutti, anche chi vota altri movimenti. Quello che vorrei far capire è che quella gente sta bellamente prendendo per i fondelli chi li vota. Informatevi bene su chi è Casaleggio. Guardate bene chi è Grillo, che predica bene e razzola male, antisemita (per quello cerca agganci con Farage), retrogrado (per quanto riguarda gli altri), finto ecologista, in poche parole uno che tiene i piedi in varie scarpe e non in due soltanto. No Tav (con annesse “pecorelle” ai carabinieri) no inceneritori, no a questo e no a quello, compreso quella bufala della washball che ho provato personalmente e che è servita a ben poco o l’altra bufala per gli allocchi delle scie chimiche. Un programma “serio” dalla sua bocca non l’ho mai sentito. Il reddito di cittadinanza? Ma che mi faccia il piacere! Per disoccupati e altri le misure ci sono comunque, dalle indennità di disoccupazione alla cassa integrazione: si possono eventualmente rivedere cifre e modalità di assegnazione.
Poi per quello che concerne l’età, ecco il link che ti accludo. E’ di un paio di anni fa, ma il pensiero è ancora valido.
http://www.beppegrillo.it/2010/01/il_voto_a_punti.html
Grillo, e qui lo dice lui, non Cozzolino, prende per rincoglioniti tutti quelli che superano i 65 anni (mi consolo pensando che lui li compirà tra poco, essendo del 21 luglio del 1948, quindi tra poco più di un anno pure lui, secondo il suo gergo, se ne dovrebbe andare“fuori dai coglioni”, ma certamente non lo farà). Con quale criterio uno può dire che il voto di un diciottenne vale il doppio di quello di un quarantaseienne? Uno appena uscito da scuola, o che la frequenta ancora, credo proprio che, se non è indottrinato ancora in famiglia, pensi solo allo sport, a divertirsi o, peggio, a farsi di canne.
Certo, bisogna svecchiare la classe politica, e qui ha ragione, ma allora ha pure ragione Renzi, il rottamatore, non è vero? (e ripeto che non sono dalla sua parte!)
E il web, che lui spaccia per “volontà popolare”? Ma cosa crede di risolvere col web? Voleva fare eleggere Rodotà (che adesso milita con Tsipras…tanto per dire quanto grillino fosse) con nemmeno 5000 (cinquemila) voti sul web…è democrazia? E tutti quelli che non sono in grado di usare un pc dovrebbero essere tagliati fuori? Ah, già, sono dei vecchi rimbambiti, logico, non contano nulla, però ci sono anche tanti giovani e di mezza età che non lo sanno usare.
Poi “il comunismo è bello”…se lo dice lui..certo, sempre saputo che “dentro” è rosso, e si era perfino incazzato quando, per un ritardo nella sua candidatura, non era stato ammesso alle primarie del PD, e il suo astio l’ha sfogato poi mandandoli tutti affanculo. Ma se putacaso fosse stato eletto?
Democratico? Non accetta nessun contraddittorio: o si fa come dice lui o “fuori dalle balle”. Certo, uno già dall’inizio sa che le regole sono quelle, ma anche Grillo è umano e può sbagliare, non è Berlusconi che si crede il Padreterno.
La mia speranza è che i dissidenti del M5S, sia quelli che sono stati cacciati, sia quelli che per ora preferiscono tacere ed obbedire, rifondino il movimento, ma questa volta su basi davvero democratiche, senza la spada di Damocle di un tiranno che li governa come burattini (e molti se ne stanno accorgendo). Solo allora si potrà davvero instaurare un dialogo. Vedo che ai parlamentari è proibito esprimere opinioni se non previamente concordate col “padrone. Del resto, proprio per aver espresso il suo pensiero sulla disfatta alle amministrative, la Gambaro fu cacciata dal movimento ed altri a seguire.
Bell’esempio di democrazia!
Trecce
Le bionde trecce e gli occhi azzurri e poi
Le sue calzette rosse…
No, non è la “Canzone del sole” di Lucio Battisti.
È la nostra ministra dal ritorno dal Congo.
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Inviato dal Veloce promemoria
Offesa.
L’ultima offesa di Grillo agli italiani è chiamarli “pensionati”.
Gente che ha lavorato una vita, (non parlo dei baby pensionati, che un poco alla volta si estingueranno fatta eccezione per alcuni politici), gente che ha esperienza, a volte saggezza, ma Grillo, che poi tanto giovane non è, li piglia tutti per rincoglioniti. Anzi, il termine “coglioni” è stato usato proprio da un suo sostenitore, Cozzolino, in una conferenza stampa.
http://m.ilgiornale.it/…/dopo-il-flop-alle…/1022324/
E Grillo prende tutti quelli di una certa età per rimbambiti, mentre i suoi sostenitori sbraitano che bisogna far fuori non solo i politici ma pure chi li ha votati (altri processi pubblici, magari via web?). Del resto che ci si può aspettare da uno che avrebbe voluto proibire il voto agli ultrasessantacinquenni e valutare doppio il voto degli elettori tra i 18 ed i 45 anni?
http://www.beppegrillo.it/2010/01/il_voto_a_punti.html
Meglio che oltre al Maalox, per calmare i bruciori della sconfitta elettorale, si prenda anche un bel po’ di Lexotan per calmare i bollenti spiriti, visto che la supposta glie l’hanno già somministrata, mentre il suo sodale Casaleggio si ritira a meditare, con il berrettino da pensatore in testa come novello Archimede Pitagorico, e trae la conclusione che bisogna mostrarsi più sorridenti!
Questa sì che è alta politica!
Bruges – quinta ed ultima parte
Il tour ormai volge al termine.
L’immagine posta per ultima nel quarto post è quella del ponte San Bonifacio che, pur sembrando molto antico, data invece dal 1910: un falso storico molto ben riuscito, in pieno stile medievale. Là siamo nei pressi di un altro punto molto interessante, ossia il Gruuthuse, comprendente sia il museo ominimo che il Gruuthusehof. Il nome è quello di una facoltosa famiglia locale il cui patronimico deriva dal “gruut”, ossia una miscela di spezie ed erbe usate per insaporire la birra. Il museo è collocato un un palazzo alto e possente, con torri e pinnacoli, mentre il Gruuthusehof è una casetta piccola e bassa situata all’estremità di un bivio.
Nelle vicinanze c’è la chiesa di Nostra Signora, con il campanile più alto della città, 122 metri,
nota soprattutto perché all’interno conserva la madonna con il Bambino di Michelangelo, acquistata in Italia da un commerciante che la donò alla propria diocesi. Questa è l’unica opera di Michelangelo esportata dall’Italia quando l’artista era ancora in vita.
Lungo il canale, si vedono le stanze dell’antico ospedale di san Giovanni che danno direttamente sull’acqua.
Ritornando ancora nei pressi del Markt c’è il nucleo originario di Bruges, ossia il palazzo della Fortezza. Qui infatti sorgeva la fortezza fatta erigere a difesa delle coste per difendere il territorio dalle invasioni normanne, e da lì si sviluppò quindi il borgo. Ora nella piazza di possono notare il Municipio e la vecchia Cancelleria (Oude Griffe), recentemente restaurata e ritornata all’antico splendore con i suoi ornamenti dorati. Ma ci sono anche altri edifici importanti, come la prepositura, sede del preposto della cattedrale di san Donato e la vecchia corte di giustizia.
Infine una curiosità: le cosiddette Case di Dio, tipiche di altre zone del Nord Europa. Erano casette fatte costruire da una parrocchia o anche da un privato che venivano concesse in affitto simbolico ad anziani indigenti a patto che ogni sera pregassero per il fondatore di queste case. Ogni quartierino era quindi affiancato da una cappella.
Ma la cosa più bella non si può descrivere, ed è l’atmosfera di questa città: le colazioni fatte al bar con le gaufres
appena sfornate ricoperte di zucchero a velo, o in latteria con i croissants, le cene a base di quiches, di omelettes o di crepes ripiene di verdure, nei ristorantini lungo i canali, sempre accompagnati dalla birra (*), il rumore degli zoccoli dei cavalli sull’acciottolato, o il silenzio in certe stradine rotto solo dallo sciabordio delle acque lambite dagli alberi, mentre anatre e cigni navigano lentamente…
(*)Già, la birra, perché a conti fatti costava molto meno dell’acqua: un litro di minerale san Pellegrino 7 euro, mezzo litro 4,50 euro, quando con una cifra da 2 a 3,65 euro si beveva un’ottima birra da 33 cl…
E, qui di seguito una breve carrellata di immagini. Nell’Ultima, un piatto un po’ speciale, direi perfino internazionale 🙂
Riflessione
Se, come tanti dicono, gli italiani si sono venduti per gli 80 euro di Renzi, perché non l’hanno fatto per il più sostanzioso “reddito di cittadinanza” di Grillo?
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Inviato dal Veloce promemoria
Parere mio personale.
Analizzando bene i risultati, vista la massiccia astensione alle votazioni (si è espresso infatti circa il 60%degli aventi diritto), nessuno può cantare vittoria. Renzi, scafato anche se giovane, ha subito detto che non era il caso di festeggiare. Il suo 40% infatti rapportato al totale degli elettori, si riduce al 24%. E sa benissimo che tanti lo hanno votato solo per contrastare il M5S.
Già, perché in Italia ormai non si vota quasi più “per” qualcuno ma “contro” qualcun altro.
Grillo sta ancor peggio. Lui credeva di fare il botto ed il suo 21% diventa,rapportato sempre agli aventi diritto, un 12%. E sfoga tutto il suo astio urlando che gli italiani sono un popolo di pensionati e di coglioni. Lui, che quattro anni fa voleva togliere il diritto di voto agli ultrasessantacinquenni. Ora, se fosse coerente con quello che ha espresso prima delle elezioni, dovrebbe ritirarsi dalla vita politica.
C’è pure da dire che sia i grillini che i piddini quando si tratta di andare a votare ci vanno. È l’elettorato di centrodestra che latita, un po’ per la frammentazione delle liste, un po’ per certi candidati non graditi. E, come ho detto sopra, una parte ha pure scelto di rafforzare il PD per una precisa scelta politica.
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Inviato dal Veloce promemoria
Il giorno dopo
Les jeux sont faits.
“Vinciamo noi” non ha avuto l’effetto sperato.
Ed il successo di Renzi, che molti attribuiscono all’effetto “80 euro”, è anche dovuto ai tanti che, pur di arginare Grillo, si sono buttati sul PD, intendendolo rafforzare vista la prevedibile debacle di Forza Italia e la quasi inesistente consistenza degli altri partitini.
Per non parlare dell’astensionismo, gente cui questa Europa non interessa affatto.
Le urla del mestatore, i suoi riferimenti a Stalin ed Hitler, la sua promessa di un reddito di cittadinanza (da finanziare ovviamente con altre tasse), la prospettiva di processi pubblici (con conseguenti epurazioni?) a giornalisti, politici ed industriali, il suo proclamarsi non violento, quando i NoTav che lo seguono invece lo sono, il suo patetico tentativo di appropriarsi della memoria di Berlinguer (che ha i suoi bei torti, ma appartiene agli “altri”) non ha pagato.
Quel suo presentarsi in TV (in casa del nemico) con tono perfino dimesso. Anche Casaleggio ci è andato, con quel ridicolo berrettino da baseball (ha la tigna?).
Cosa credeva di fare con le sue sparate non sostenute da un programma credibile, ma volto solo a raccogliere la rabbia della gente, pur giustificata, ma non indirizzata verso obiettivi concreti?
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Inviato dal Veloce promemoria
Bruges – parte quarta
Un’altra delle torri che svettano nel cielo di Bruges, è quella quadrata, adornata da vari pinnacoli, del campanile della cattedrale del Saint Sauveur , che è anche la chiesa più antica della città risalente all’anno 850, anche se del nucleo originale ormai non rimane più nulla, mentre il nuovo edificio fu costruito dal XII secolo in avanti.
Sempre nelle vicinanze si può vedere l’antica casa di João Vasquez, segretario di Isabella del Portogallo, madre di Carlo il Temerario. Sul frontone il motto “À bon compte avenir” (Il futuro appartiene a coloro che ascoltano attentamente).
Poco distante la statua di un illustre cittadino, Simon Stevin inventore, ingegnere, costruttore, matematico, scienziato. A lui si deve una piccola ma significativa ideazione, ossia la virgola che separa il numero intero dai decimali…sembra facile, ma nessuno ci aveva pensato prima :-).
Passeggiando, ci sono varie case che erano sedi delle varie corporazioni di mercanti, come quella dei calzolai (Gekronde Laars) che sul pinnacolo espone uno stivale,
o quella recentemente ristrutturata, della corporazione dei muratori.
Altro conterraneo importante fu Jean Van Eick, al quale sono dedicate sia una piazza che una statua.
È l’autore del celebre quadro conservato alla National Gallery di Londra “I coniugi Arnolfini”, mercanti italiani, per la precisione di Lucca, che furono ritratti dal pittore fiammingo verso la metà del 1400.
Nella piazza finisce il canale e lì era situata la dogana, mentre sull’edificio all’angolo, in una nicchia, si nota la statua di un orso che, secondo un mito, fu il primo abitante del luogo.
Poi ci sono i vari mercati: quello delle uova, con una fontana con i due animali araldici simbolo di Bruges, l’orso appunto ed il Leone delle Fiandre che tra gli artigli tengono lo stemma cittadino; ed il mercato del pesce con le sue colonne. Quando ci siamo passati, c’era un gruppo di pittori che esponevano i loro dipinti, ma anche un ragazzo abbastanza giovane che lavorava una tela al telaio alla maniera antica.
Già, perché l’industria manifatturiera a Bruges è sempre stata una delle occupazioni basilari. A parte le telerie e gli arazzi, l’attività principale, quella che permise agli abitanti di sopravvivere durante il periodo nero della decadenza, è quello dei merletti: ricami leggeri, a fuselli, che richiedono infinita pazienza e precisione, con i fili intrecciati grazie all’aiuto degli spillini, che consentivano creazioni delicate e che venivano rivendute per pochi soldi, che non ripagavano certo le ore spese per questo lavoro, a ricche nobildonne o usate per i paramenti sacri. Ed ancora oggi non so quanti negozi vendono trine e merletti al tombolo…
Poi ci sono le praline di cioccolata: credevo che il cioccolato svizzero fosse il migliore, ma ancora non avevo assaggiato quello belga: inutile dire che abbiamo fatto incetta, perché davvero merita. Il Belgio poi sta cercando di proteggere il suo prodotto da quelli similari, cosa che dovremmo fare pure noi italiani con le nostre eccellenze gastronomiche.
L’unica nota un po’ “fastidiosa”, ma non più di tanto, vista l’innata educazione, era la presenza di turisti giapponesi: tantissimi, li trovavamo dappertutto sempre sorridenti ed armati di macchina fotografica o di tablet, inquadrati come scolaretti dietro le loro guide. Un po’ birbantescamente ci veniva da fischiettare “Il ponte sul fiume Kwai”, ma ci siamo trattenuti.
Ci sono vari punti suggestivi in città: uno è il Rozenhoedkaai, ossia il molo delle ghirlande di rose che su questo molo venivano vendute durante il medioevo. Qui si ha la visione sia del Belfried, ossia la torre del Markt, che della torre del Saint Sauveur.
L’altro è quello del ponticello con la veduta sulla parte posteriore dell’abside che ho messo all’inizio della prima parte del viaggio. Pure io ho provato a fotografarlo, ma con il cellulare non si possono fare miracoli 🙂
Bruges – terza parte
Il beghinaggio fu il primo settore di Bruges ad essere messo sotto la tutela dell’Unesco già nel 1997.
È uno dei punti più visitati della città. Già il cortile è di una grazia unica. Purtroppo eravamo in ritardo per la fioritura dei narcisi, che avviene tra marzo ed aprile, ma anche così trasmetteva una sensazione di pace e di tranquillità. Sul portone d’ingresso si possono leggere sia la data di costruzione (1776) che la scritta “Sauvegarde”, testimoniante l’indipendenza di quel luogo da qualsiasi autorità.
Dappertutto, cartelli invitano al silenzio ed alla riservatezza. Il cortile delle beghine fu costruito da Margherita di Costantinopoli, contessa delle Fiandre, nel 1245 ed in seguito furono erette le altre costruzioni. Le beghine, pur dipendendo da una superiora, non erano monache e non pronunciavano i voti, ma erano pie donne, spesso vedove, che sceglievano di vivere in convento, pur essendo libere di lasciarlo in ogni momento. Inoltre lavoravano per il loro sostentamento, presso gli ospedali o gli opifici tessili, conservando quindi la propria indipendenza. Ma già dal 1930 circa, beghine non ce n’erano più, sostituite da un ordine di suore benedettine.
All’uscita dal beghinaggio, c’è il laghetto del Minnewater. Molti, romanticamente, traducono l’espressione con “Laghetto dell’amore”, anche per l’assonanza della parola con il termine dei Minnesaenger, ossia i menestrelli amorosi del medioevo. Però la parola Minne in olandese significa anche “comune”, “collettivo”, e molto più prosaicamente il significato è quindi “acque pubbliche”. Però c’è anche una leggenda molto romantica che giustificherebbe il nome: Minna, figlia di un pirata sassone si lasciò morire per amore di Morin proprio lungo le rive di un ruscello. Il suo amante allora, per perpetuare il suo amore, deviò il corso del ruscello, vi seppellì l’amata, e riportò l’acqua al suo percorso abituale. E l’amore eterno è promesso agli innamorati che attraversano assieme il ponte. Insomma, ce n’è per tutti i gusti. Sullo sfondo, nascosto tra gli alberi, il castello del Minnewater, che assomiglia tanto a quello di Hogwarts della saga di Harry Potter, pieno di guglie e pinnacoli.
Sui prati circondanti il laghetto una folta colonia di cigni (quelli imposti da Massimiliano d’Austria, come avevo già scritto), e di anatre.
Là vicino abbiamo pranzato in un ristorante delizioso “La dentelliere”, che fa riferimento ai merletti, un’altra delle attività tipiche della cittadina. Vicino alla finestra, il posto dove abbiamo mangiato.
Nella piazzetta, assai piccola per la verità, c’è un’altra stazione per le carrozzelle ed una fontana adornata dalla testa di due cavalli. E nei locali là intorno, i vetturini, con i loro caratteristici cappelli di paglia, fanno sosta per bere una birra e rifocillare nel contempo i loro animali.
Cosa mangiare a Bruges? Beh, per una volta abbiamo fatto un’eccezione alla nostra disciplina vegana ed abbiamo assaggiato la carbonnade à la flamande, ossia uno spezzatino di manzo cotto, anzi stracotto, nella birra. La carne fortunatamente era poca: invece erano molto abbondanti le patatine fritte, altra specialità della zona, più spesse delle nostre e particolarmente croccanti grazie alla doppia cottura alla quale vengono sottoposte.Tanto rinomate, da avere anche un museo loro dedicato.
Il tutto annaffiato dalla birra. E qui c’è solo l’imbarazzo della scelta, in quanto in Belgio, pur così piccolo, ci sono infinite varietà di birre, tra le lager, le ale, le trappiste. Noi abbiamo optato per una tipica della città, servita in calici sottili e non in quei pesanti boccali tipici tedeschi. In questo modo la bevanda la si gusta molto di più.
Bruges – seconda parte
Pur non avendo l’incanto di Venezia, città non paragonabile a nessun’altra al mondo (spesso l’ho definita “un sogno appoggiato sul mare), Bruges ha comunque molto fascino al pari di altre città, quali Amburgo e Amsterdam, attraversate dai canali. Un fascino accresciuto dalle sue case che fiancheggiano i corsi d’acqua. Edifici per la maggior parte del 1500/1600, ma alcune case sono addirittura della seconda metà del 1200. Tutte rigorosamente in mattoni pieni, dalle varie sfumature dell’ocra che variano dal giallino all’arancio ed ancora al rosso scuro. Alcune facciate sono state dipinte in bianco o marrone scuro, tutte sono abbastanza basse, un piano terra, uno rialzato e sopra un abbaino inserito nel tetto triangolare a gradini (à pignons), sormontati da comignoli. I muri, vecchissimi, sono tenuti insieme da tiranti di ferro a volte molto semplici a volte decorati. Altra bellezza della città sono i ponti: alcuni sono relativamente recenti, però sono stati costruiti rigorosamente in stile dell’epoca: piuttosto bassi, consentono appena il passaggio di barconi ad idrogetto carichi di turisti.
Nei canali si specchiano le vecchie case, con bovindi, terrazzini, giardinetti verdi dove salgono le papere a riposarsi, salendo tramite assi di legno appositamente collocate.
Il centro della città è la piazza del Markt, che denota l’antica vocazione commerciale di Bruges. È da lì che si dipartono tutti gli itinerari turistici. La piazza molto ampia è di forma rettangolare, dominata dalla torre alta 83 metri (in origine erano molti di più, ma un incendio nel 1741 distrusse la cuspide) , sulla quale si può salire a piedi, ma i gradini sono ben 366, un pochino troppi per noi, pur allenati a camminare. La torre non è simbolo né del municipio né della chiesa: simboleggia semplicemente la libertà del comune e la sua ricchezza e fu costruita, innalzandola sempre più, in tre differenti epoche: la parte inferiore nel XIII secolo, la mediana nel XIV e la superiore, di forma ottagonale, nel XV secolo, dove si trovano le 47 campane del carillon per un peso di circa 27mila chili. Il carillon suona ogni quarto d’ora, variando sempre la melodia, interrompendo solo dalle 21 alle 7 del mattino seguente per consentire il riposo notturno. Una delle campane, che si trova nella sezione mediana della torre, è la cosiddetta “Campana della vittoria”, pesante circa 5 tonnellate, che suona solo in occasiobi speciali: feste nazionali, la Processione del Santo Sangue o la conquista dello scudetto da parte della locale squadra di calcio :-). Come avevo detto, c’era anche una cuspide bruciata però nel 1741, ma che è riprodotta in questa illustrazione di Jan Baptiste van Meunninxhove.
Sulla sinistra della piazza, guardando la torre, c’è il Palazzo Provinciale, dove risiede il governatore delle Fiandre, che rappresenta il re. A destra invece la casa Cranenburg,
ove fu fatto prigioniero Massimiliano d’Austria che, dalle finestre, fu costretto ad assistere all’esecuzione dei suoi fedelissimi, tra i quali Pieter Langhals (Lungocollo) che aveva per stemma un cigno. Quando Massimiliano riacquistò la libertà, obbligò per punizione la città di Bruges a tenere dei cigni in tutti i canali in ricordo del suo seguace.
Nel centro della piazza una statua raffigurante due personaggi: Jan Breydel (capo dei macellai) e Pieter de Conink (capo dei tessitori), artefici della rivolta contro la Francia di Filippo il Bello nel 1302. I due personaggi sono nominati nel libro “Il Leone delle Fiandre”, ma è accertata solo l’esistenza del secondo, mentre quella del primo è solo leggendaria.
Sempre nella piazza, la stazione di partenza delle vetture a cavallo: un giro è sempre consigliabile, anche perché costa solo 39 euro.
La torre è anche utile per orientarsi: visto il dedalo di vie e viuzze tra i canali, essendo le case assai basse, ogni tanto l’edificio spunta da qualche parte ed indica la direzione giusta: particolarmente apprezzata da noi che alloggiavamo a circa trenta metri da essa.
Bruges – prima parte
Confesso che il Belgio non ci aveva mai attirato più di tanto, finché un paio di anni fa abbiamo visto un film, un thriller interessante e psicologico, (In Bruges – La coscienza dell’assassino, con Colin Farrell e Brendan Gleeson) in cui veniva mostrata la città di Bruges, anzi Brugge, come la chiamano i locali in lingua olandese.
È nata così l’idea di visitare questa città. Contrariamente alle nostre abitudini, abbiamo alloggiato proprio in centro città, a pochi metri di distanza dal Markt, da quale ci separava solo una stretta stradina. Anzi, la torre che sovrastava i tetti era visibilissima dalla nostra stanza, situata proprio in una mansarda all’ultimo piano e con un magnifico sguardo sui tetti delle case circostanti.
Un pizzico di storia
Per conoscere meglio la città è bene sapere anche qualcosa sulla sua storia.
Bruges è una cittadina relativamente recente. Non ha infatti radici romane, come Treviri, Colonia, Aquisgrana. Due millenni fa non era conosciuta affatto, essendo probabilmente solo un piccolo insediamento di poca importanza. Ma nella prima metà del IX secolo si verificò una scorreria normanna tramite il braccio di mare dello Zwin arrivando fino all’interno del paese, e gli invasori chiamarono questo posto Bryghia, che nella loro lingua significava “approdo”.
Il conte Baldovino 1° (detto “dal Braccio di Ferro”)
fece costruire una fortezza entro le mura della quale si rifugiarono gli abitanti conservando il nome datole dai Normanni. Intorno a questa fortezza si sviluppò piano piano tutta la città. Con il passare del tempo Bryghia divenne Brugge e divenne un centro fiorente per il commercio tra le vie del Nord e de Sud, ma specialmente tra i commercianti dell’Ovest e dell’Est (Oesterlingen), ai quali è dedicata una piazza, in quanto furono i promotori della Lega Anseatica. Il periodo di maggior splendore fu il XV secolo, quando le manifatture tessili e le ditte commerciali incrementarono molto la ricchezza della città, tanto che essa diventò, grazie anche ai grandi banchieri italiani che vi si insediarono, specialmente della famiglia Medici, l’equivalente dell’odierna Francoforte. Non per altro l’etimologia della parola “Borsa” deriva dalla famiglia van den Bursen, di Bruges, che sul frontone della casa aveva tre borse scolpite.
Nella piazza antistante alla dimora si tenevano le contrattazioni dei commercianti, molti dei quali veneziani, così il luogo del mercato e delle contrattazioni divenne “la Borsa”. Nel contempo si svilupparono anche le arti, con i pittori della corrente dei “Fiamminghi Primitivi” che, unitamente alla pittura italiana, rappresentarono una delle più importanti scuole pittoriche di quell’epoca.. Tanto importante allora la città che perfino Dante la cita nel XV canto dell’Inferno
Quali Fiamminghi tra Guizzante e Bruggia,
temendo ‘l fiotto che ‘nver lor s’avventa,
fanno lo schermo perché ‘l mar si fuggia;
Purtroppo alla fine dello stesso secolo iniziò il lento declino della città. Un poco le vicende politiche e sociali, ma in principal modo l’insabbiamento del canale che collegava la città al mare, costituirono la causa del suo decadimento. Piano piano tutte le attività si spostarono verso le altre città anseatiche, specialmente ad Anversa che iniziò a fiorire. Questo periodo nero durò per circa quattro secoli. Non essendoci più nessuna attività, gli abitanti cercarono semplicemente di sopravvivere, lasciando tutto inalterato, anche per mancanza di denaro; paradossalmente la miseria di allora è diventata la ricchezza odierna di Bruges, in quanto il centro medievale si è conservato inalterato, diventando così patrimonio dell’Unesco.
La rinascita però è merito degli inglesi. Molti di loro si recavano in una sorta di pellegrinaggio per visitare Waterloo dove Napoleone era stato sconfitto e si fermavano a Bruges, dove il costo della vita, data la condizione miseranda della città, era meno cara.
Molti di loro decisero così di trasferirsi definitamente a Bruges dove, con la loro piccola pensione, potevano comunque vivere bene. Furono loro a riscoprire e valorizzare le bellezze della città e a far conoscere i primitivi Fiamminghi al mondo dell’arte. Un’altra corrente di turisti fu stimolata dal romanzo “Bruges la morta” di Georges Rodenbach, un romanzo simbolista che oggi sarebbe etichettato come un “noir”, dove viene evidenziato l’aspetto tetro e lugubre della città.
Verso il 1900 re Leopoldo II di Sassonia-Coburgo decise di costruire un porto (Zeebrugge) aprendo contemporaneamente un canale che arrivava fino in città. Sempre in quel periodo Brugge venne gemellata con Norimberga, anch’essa con un centro storico magnificamente conservato, gemellaggio ancora molto attivo ai giorni nostri.
La prima guerra Mondiale non arrecò particolari danni a Bruges, tranne la chiusura dei canali da parte degli inglesi per impedirne l’utilizzo ai sottomarini tedeschi.
Ci fu infine la seconda guerra mondiale e qui si può dire che una santa mano salvò la città per ben due volte. La prima volta fu progettata una linea difensiva lungo il canale che da Zeebrugge arrivava fino in città, per fermare un eventuale sbarco degli alleato lungo la costa. Il comandante tedesco però, vista l’inutilità di una Battaglia per Brugge, convocò il sindaco dicendo che qualora lo sbarco fosse avvenuto i tedeschi si sarebbero ritirati per evitare di finire accerchiati. Naturalmente sapeva che il borgomastro avrebbe avvertito gli americani, che invece si diressero qualche chilometro più a sud della città, risparmiando così quelle antichissime abitazioni. Ancora più eccezionale invece fu il secondo avvenimento. Immo Hopman, il comandante al quale era stato ordinato di distruggere a cannonate la città, si rifiutò di eseguire l’ordine, con la scusante che Bruges non aveva nessuna importanza strategica…e fortunatamente i suoi superiori gli dettero ragione, salvando così la città dalla distruzione. Così oggi possiamo ammirare questa cittadina dove, almeno entro “l’uovo”,
il tempo sembra essersi fermato, passeggiare lungo i suoi canali e riacquistare un’altra dimensione.
Eric Clapton
Forse la più bella canzone di Eric Clapton, dedicata al piccolo Conor, figlio suo e di Lory del Santo, morto tragicamente.
Il viaggio (pochi grammi di coraggio)
Per qualche giorno sono a Bruges…ma poi ritorno 🙂
Resterò seduto ad aspettare
non mi importa delle ore
non mi importa di sembrare un deficiente
io che fondamentalmente
non ho forse mai aspettato niente
fuggo dal bisogno di scappare
resto qui e ci voglio stare
non mi importa del dolore
e questa volta se per caso fosse amore
me lo voglio meritare
strano come spesso basti un viaggio
pochi grammi di coraggio
un vestito un po’ più corto
e poi lo sguardo di uno che era di passaggio
strano ma non credo che sia peggio
non credo che sia peggio
ci voleva lei, ci voleva lei, ci voleva lei
che ti portasse fino a qui
perchè fossi come sei, perchè fossi così
ci voleva sì
ci voleva lui, ci voleva lui, ci voleva lui
perchè ritrovassi me, perchè forse in fondo è vero che
per essere capaci di vedere cosa siamo
dobbiamo allontanarci e poi guardarci da lontano
da un aeroplano…
ci sono isole che andrebbero evitate
soprattutto quando è estate
pochi passi sul pontile
è gia finire intrappolato
come un pesce nella rete
e condividerne la sete
(condividendone la sete)
certe isole col sole al posto giusto
con un vento sempre fresco
che s’insinua malizioso e disonesto
e piano piano si confonde
nel rumore fastidioso e sempre uguale delle onde
delle onde…
ci voleva lei, ci voleva lei, ci voleva lei
che ti portasse fino a qui
perchè fossi come sei, perchè fossi così
ci voleva sì, ci voleva sì
(strano come spesso basti un viaggio
pochi grammi di coraggio
un vestito un po’ più corto
e poi lo sguardo di uno che era di passaggio
strano ma non credo che sia peggio
non credo che sia peggio)
resterò seduto ad aspettare
non mi importa delle ore
non mi importa di sembrare un deficiente
io che fondamentalmente
non ho forse mai aspettato niente
fuggo dal bisogno di scappare
resto qui e ci voglio stare
non mi importa del dolore
e questa volta se per caso fosse amore
me lo voglio meritare
me lo voglio meritare.
.
Quelli che…
…era tanto una brava persona, salutava sempre quando l’incontravo!
Ma vi aspettate che un serial killer vada in giro col coltello tra i denti?
—
Inviato dal Veloce promemoria
L’accattona
Una accattona abituata a mendicare…prima piagnucolando per la sua liberazione, adesso per l’acquisto dei depliants per la sua campagna elettorale. Sarebbe meglio che restituisse i soldi versati per la sua liberazione. Potrebbe fare come la Bacchiddu e mettersi in vendita, almeno quella sulla coscienza non ha il peso dell’ingratitudine per chi l’ha liberata.
“Fare politica in modo diverso vuol dire anche contare solo sulle proprie forze. La campagna elettorale della lista L’altra Europa con Tsipras è autofinanziata, così come quella dei singoli candidati. Ma la campagna elettorale costa, anche se cercherò di ridurre i costi al minimo ed è per questo che chiedo il vostro sostegno, per quel che potete e volete, anche poco perché so benissimo che questo momento è difficile per tutti. Naturalmente anche la trasparenza fa parte del nostro essere diversi e tutte le spese saranno rendicontate.
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Fastidio
Ci sono cose che mi danno molto fastidio.
Una di queste è il cartellino del prezzo. Innanzitutto se il prezzo non è esposto non mi sogno neppure di entrare in negozio. Poi ci sono quei cartellini che mi fanno letteralmente imbestialire, quelli che finiscono con …,99.
Ma ci prendono tutti per fessi? Hanno paura di esporre il prezzo tondo? Perché solitamente se compero dei beni per contanti e la somma degli acquisti mi darebbe diritto a delle monetine di resto, le lascio volentieri anche per non riempirmi il borsellino di centesimi che non mi servono a nulla. Però se tu negoziante mi esponi il prezzo, ad esempio, di € 59,99 perché credi che sia così imbecille da non capire che in pratica sto sborsando € 60, allora divento carogna ed ESIGO che il centesimo di resto mi venga dato.
Oggi le comiche
Fa specie sentire le dichiarazioni di Grillo :
1 -“ Il comunismo è bellissimo, solo che è stato applicato male”
Già, perché dove è arrivato il comunismo l’iniziativa privata e la libertà individuale sono state annientate, la collettivizzazione dei beni e dei servizi non ha diffuso il benessere in maniera uguale, ma ha favorito i soliti ceti dominanti, le medesime oligarchie politiche. Ogni paese dove il comunismo ha imperato è regredito, l’unica eccezione è ultimamente la Cina, ma il benessere economico che sta raggiungendo viene costruito calpestando i diritti dei lavoratori. Se poi vogliamo parlare del numero dei morti ammazzati che il comunismo ha causato, non so quando si finirebbe, iniziando da Stalin e finendo con Mao e Castro.
2 – “Il capitalismo invece non è stato applicato male: il capitalismo è questo, disgrega gli stati e non prevede la democrazia.”
Infatti i paesi dove impera il capitalismo sono quelli a più alto benessere sociale (sempre che non sia applicato in maniera clientelare), dove la produttività è più alta, dove i diritti sociali sono maggiormente garantiti, dove la ricchezza è più diffusa come pure l’assistenza ai maggiormente bisognosi.
Che poi queste parole le dica uno che grazie alla democrazia ed alla libertà di poter fare televisione, cinema, teatro ed ora web è diventato milionario quindi CAPITALISTA, è tutto dire. Semplicemente ridicolo, ma si sa, lui è un comico.
Comunque, lui che dice che in Iran, a detta di suo suocero, la donna è molto considerata e pure libera, che ci vada con sua moglie, iraniana, magari in bikini come ama farsi ritrarre… poi vedremo.
quelli che…7
….che emanano provvedimenti contro la discriminazione territoriale (1) e poi permettono lo schifo in mondovisione con la trattativa con un teppista simile più ad una scimmia che ad un essere umano, consentendogli pure di indossare una maglietta oltraggiosa.
Quelli che….6
… se a mostrare le parti anatomiche sono Minetti e Carfagna, apriti cielo e fanno la morale, ma se si è in campagna elettorale per la lista Tsipras, tutto è lecito, anche mostrare il culo. Massima espressione dell’ipocrisia.
Quelli che….5
…sbraitano tanto contro l’invasione dei clandestini però poi, ma solo per protesta, appoggiano Grillo che ha votato contro l’abolizione del reato di clandestinità
Klimt – terza ed ultima parte
Avvertenza: tutte le immagini sono tratte da internet
Fine della visita: ecco il celebre “Fregio di Beethoven”.
E’ stata ricreata in scala 1:1, quindi nelle dimensioni originali, la sala esistente nel Palazzo della Secessione Viennese, del quale è esposto, al centro della stanza, un modellino in legno. L’unica variazione è stata quella di posizionare le riproduzioni ad altezza d’uomo, mentre in origine si trovavano a 6 metri dal pavimento. Tre pareti sono decorate in vari stili e con varie tecniche pittoriche; tutta la serie degli affreschi è lunga ben 34 metri ed è stata restaurata negli anni ’70 circa in quanto è molto delicata, essendo stata progettata per durare solamente per i tre mesi della XIV mostra della Secessione ed essere poi distrutta. Attualmente meriterebbe un ulteriore restauro ed i pannelli, anche questi comperati a suo tempo prima da Carl Reininghaus e quindi da August Lederer, furono poi acquistati dalla repubblica austriaca che li sottopose ad un primo intervento di restauro e sono ora conservati nel sotterraneo del Palazzo.
La riproduzione presente qui a Milano è davvero perfetta, anche a detta del curatore della mostra, Alfred Weidinger. Ad un lato della sala il calco della testa del monumento a Beethoven scolpita da Max Klinger, e la cui riproduzione completa in miniatura si trova all’interno del modellino. Già l’atmosfera nella sala è creata dalla musica di sottofondo, la Sinfonia nr 9, nell’interpretazione che ne diede il compositore Richard Wagner.
I pannelli che, come ho scritto prima, sono in grandezza naturale, ricoprono tre pareti della sala. Grande è il simbolismo racchiuso in questa opera, che doveva rappresentare la ricerca della felicità umana raggiunta attraverso l’arte. L’opera fu tacciata all’inizio di oscenità e pornografia per la rappresentazione di vari nudi femminili.
Nei primi pannelli, sulla prima parete è raffigurato un cavaliere (chi dice che abbia le sembianze del pittore, altri invece vedono la raffigurazione di Gustav Mahler che in quel periodo dirigeva l’Opera Viennese) che indossa una armatura dorata, fedele riproduzione di quella dell’arciduca Sigismondo del Tirolo. Il Cavaliere simboleggia la Forza, le figure nude che gli stanno dietro sono invece le suppliche del genere umano, mentre le due donne che lo sovrastano alle sue spalle rappresentano la Compassione e l’Ambizione. Il Cavaliere starebbe anche a simboleggiare la lotta che Klimt dovette sostenere contro i suoi detrattori. Insolita la tecnica: nell’armatura, ad effetto tridimensionale, essendo in rilievo, furono inseriti dei chiodi da tappezziere, mentre l’elsa della spada era istoriata con pezzi di vetro colorato, un’abilità ereditata dal padre che era incisore orafo.
La parete successiva intitolata “Le forze ostili” è occupata da tutta una serie di figure. Tra tutte primeggia un enorme gorilla, rappresentazione del gigante Tifeo. Sulla sua sinistra le sue figlie, le tre Gorgoni, nude e sensuali (questo fu il pannello che più suscitò scandalo) prototipi delle donne fatali. Alla destra, defilata ed in fondo, la figura dell’Angoscia, magra, emaciata, sofferente, davanti alle spire di un lunghissimo serpente che si snoda lungo il dipinto.
Infine la terza ed ultima parete che rappresenta il “Raggiungimento della felicità”. Sullo sfondo, una serie di figure dalla posta ieratica, rappresentanti gli “Angeli del Paradiso”, sulla sinistra delle figure ondeggianti avvolte in veli leggeri e con i capelli fluenti rappresentanti invece le Arti, infine sulla destra l’Inno alla gioia, ossia “Il bacio a tutto il mondo”, dove un uomo ed una donna si abbracciano sotto una campana rappresentante l’Eden e l’Amore che mitiga tutto.
Qui sotto, per meglio comprendere le opere del pittore ed in particolare il Fregio di Beethoven, due video molto esplicativi.
Conclude la mostra l’esposizione dell’ultimo quadro di Klimt, ossia “Adamo ed Eva” rimasto incompiuto.
Il 5 maggio.
Ei fu.
Solo che Napoleone lo mandarono prima all’Elba e poi a Sant’Elena.
Mica a Cesano Boscone.
Cosa ne pensate?