Le mani in pasta
Il più pulito ha la rogna, come si dice comunemente. Anche quelli che si professavano puri sono stati presi con le mani nel barattolo della marmellata, anzi, della Nutella (ben € 2,70). E dire che era tutto un esternare che “loro” erano differenti dagli altri, che avevano le mani pulite e non avevano nulla da nascondere e si permettevano anche di pontificare.
Prima ci fu Penati e Bersani si giustificava dicendo che quello era stato allontanato dal partito…sì, ma dopo, perché quando si trattò di trafugare i soldini, nel partito ci stava, eccome se ci stava!
Poi ci fu la faccenda di Emiliano, che si faceva grandi scorpacciate di cozze ed altri pesci: poca cosa, a dire il vero…e poi si sa, il pesce fa bene ed è ricco di fosforo.
Del Monte dei Paschi di Siena non ne parlo, sarebbe come sparare sulla Croce rossa, molto rossa, e bisogna anche stare attenti a non essere sbranati!
Infine tutti i “piccoli”, in senso morale, amministratori lombardi che facevano le pulci a Formigoni mentre loro erano pieni di zecche. Tanti piccoli Belsito… ciascuno con le mani sporche; allora perché non hanno avuto almeno la decenza di tenere la bocca chiusa e di non fare la morale agli altri? E la morale la sta facendo pure Di Pietro, il cui figlio è ancora ricordato per questioni poco chiare e pure il padre non è stato da meno per la gestione dei rimborsi elettorali…
punti di vista
Adesso mi prenderò della berlusconiana, e non lo sono, o della fascista, men che meno. Sono semplicemente anticomunista. Stop.
Tutti a scandalizzarsi della frase di Berlusconi che, pur esecrando giustamente le leggi razziali, ha riconosciuto che Mussolini qualcosa di buono l’aveva fatto.
L’OMNI per la tutela della maternità e dell’infanzia, fu una creatura del fascismo, come pure l’istituzione delle colonie marine per i bambini. Le bonifiche dei territori malarici pure, e sempre nel ventennio fu incentivata l’edilizia popolare, fino alla creazione di interi quartieri (Bolzano ne è un esempio) se non di intere città, Latina, già Littoria, testimonia ciò. Anche i sindacati trovarono il loro germe iniziale nelle corporazioni. Fu promossa pure l’istituzione dell’assicurazione per la malattia l’invalidità e la vecchiaia ed il sussidio di disoccupazione, mentre per l’istruzione venne varata la riforma Gentile e promossa la lotta all’analfabetismo.
Se un appunto deve essere mosso, forse è quello del momento scelto da Berlusconi, una giornata che doveva essere dedicata interamente al ricordo delle vittime dell’Olocausto (e mi viene una gran rabbia al pensiero che, nonostante le testimonianze, ci sia ancora gente che neghi questo sterminio).
Ma che le critiche peggiori vengano da una certa sinistra, dove hanno allignato personaggi come Stalin, Castro, Pol Pot e gente simile che si è macchiata di genocidio, fa riflettere quanto poca memoria storica ci sia in certe menti pervase dalla faziosità.
E che il comunismo non sia del tutto morto, lo si è visto durante il funerale di Prospero Gallinari: ex brigatisti, ex terroristi (ops… Compagni che sbagliano), con tanto di pugni alzati, bandiere rosse (alcune con falce e martello, altre con la stella delle BR) e cori, una vera e propria manifestazione politica a favore della lotta armata. Ma si sa, l’apologia del fascismo è reato, quella del comunismo no!
Ah, poi sono i “compagni” che non perdono occasione per sfilare con la kefiah a favore dei palestinesi contro Israele…
Nemmeno una parola invece da parte dell’ex camerata Fini che a suo tempo elogiò Mussolini come grande statista, per definire poi il fascismo come il male assoluto. Però sappiamo che lui va dove lo porta la cadrega…
Nel lager
Quelli che vagano qui non sono che corpi
e anima più non hanno,
non sono che nomi nel libro degli scrivani,
prigionieri: uomini. Fanciulli. Donne.
E vuoti i loro occhi stanno a fissare
con sguardi che si sgretolano, che crollano dai volti
per ore, qui, dentro una lugubre buca
strangolati, calpestati, resi ciechi dalle percosse,
il loro gemere fra i tormenti, la loro spaventosa follia,
bestie che vanno strisciando sulle mani e sui piedi…
Gertrud Kolmar
da “Metamorfosi e altre liriche” ed. Via del vento
Oh cipressetto, cipressetto mio….
Da qualche giorno sono molto amareggiata, anzi direi proprio arrabbiata.
Abito in questa casa ormai da trentadue anni, e praticamente avevo visto crescere un cipresso, piantato da un condomino, che aveva raggiunto l’altezza di circa una dozzina di metri, pari al quarto piano dell’edificio. Un albero bellissimo, sano, in primavera pieno del canto degli uccellini, passeri per la maggior parte. Mi rallegrava vederlo dalla finestra della camera da letto, anche in inverno con i suoi rami carichi di neve… Oltretutto in estate riusciva ad ombreggiare parte delle pareti esterne calmierando la temperatura nelle stanze.
Qualche mattina fa, uscendo per recarci in piscina e per espletare altre commissioni, abbiamo notato un furgone della giardineria comunale nel cortiletto interno, ma pensavamo fosse per opere di normale manutenzione. Al ritorno invece la brutta sorpresa: il tronco era già stato abbattuto e segato in innumerevoli pezzi, i rami recisi già accatastati sul furgone, e solo una radice che sporgeva dal terreno restava a ricordare l’esistenza di quel povero albero. Abbiamo contattato l’amministratore, che ha detto che il cipresso era stato abbattuto perché avrebbe potuto costituire un pericolo in quanto le radici non erano abbastanza fisse nel terreno ed in caso di forte vento l’albero avrebbe anche potuto cadere. In parecchi siamo rimasti piuttosto scettici relativamente a questa spiegazione: la stradina nella quale abitiamo è praticamente incassata tra alti edifici, ed il vento non incide più di tanto, per quanto forte possa soffiare. Ma la cosa che più ha fatto incavolare me ed altri condomini è stato il fatto che l’amministratore non ha avvisato nessuno del fatto, e neppure ha voluto dirci chi è stato il promotore della proposta dell’abbattimento dell’albero.
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A me dispiace sempre quando una pianta viene abbattuta. Era già successo lo scorso anno quando un anonimo condomino aveva malamente spezzato il mio tronchetto della felicità che abbelliva il pianerottolo assieme ad altre piante (con il consenso dell’amministratore), anche quella una pianta che possedevo dal 1986 ed aveva raggiunto in altezza il soffitto. Ma quello che più mi era dispiaciuto era stata la perdita di una bellissima clivia che, anni addietro, avevo regalato a mia madre, riprendendola dopo la sua scomparsa, e che mi aveva seguita nei vari traslochi negli uffici di Bolzano e Milano e che avevo riportato definitivamente a casa mia nel 2007. Solo che tempo addietro, recandoci spesso a Milano, avevo dato l’incarico di curarla alla signora che qualche volta viene a fare le pulizie in casa: un po’ per la siccità dovuta alle alte temperature, un po’ le annaffiature troppo frequenti che la signora aveva effettuato, la povera pianta, prima così rigogliosa, si era ridotta ad uno sparuto mazzetto di foglie per di più infestate dalle cocciniglie…
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Le piante, ovviamente, le ho sostituite, ma l’albero, davvero maestoso, ormai non c’è più…
20 anni fa
20 anni fa ci ha lasciato Audrey Hepburn, icona dell’eleganza, dello stile, della bellezza…
Inverno
Foto dal quotidiano Alto Adige
Silenzi
mattutini di neve
soffocano voci e rumori
e i miei pensieri.
(loredana)
Dei delitti e delle pene
Marco Pannella…Appare in televisione, sempre più magro, con l’aspetto diafano e trasparente, quasi ascetico. Se non fosse per gli occhi ancora incredibilmente azzurri, sembrerebbe uno di quei teschi che conservano ancora la capigliatura e che adornano certe capanne di popoli primitivi. Ovvio, fa tenerezza a guardarlo, però i suoi scioperi della fame sanno tanto di ricatto, (come ho espresso in un altro blog) ed ho l’idea che, vista l’età ormai avanzata, voglia trasformarsi in un martire e lasciare così un segno nella storia dei nostri tempi. Magari sbaglio, ma la mia impressione è questa. A suo tempo riconosco che ha combattuto molte battaglie, anche se non le ho condivise tutte, quella per il divorzio, ad esempio, mentre per l’aborto ci andrei molto più cauta, limitandolo a pochissimi casi, e sviluppando meglio la prevenzione.
La sua protesta contro le carceri mi lascia dubbiosa. È vero che i detenuti vivono ammassati nelle celle in condizioni inumane, ma non è una buona ragione per amnistiare una buona parte dei reati. Quando Prodi si insediò a Palazzo Chigi, il primo provvedimento preso dal suo esecutivo fu quello dell’indulto. Entro poco tempo, il 70% dei detenuti liberati rientrò in carcere, e chi ci rimise fu quella parte della popolazione che fu oggetto di nuove azioni delittuose.
Ed erano delitti di “poco conto”… si fa per dire. Se io cittadino comune per evitare di essere derubato devo barricarmi in una casa con porte blindate e sbarre alle finestre, divento io stesso un recluso…
Tanti propongono la costruzione di nuove carceri, e fin qui ci sta, con celle più spaziose e servizi moderni, ma qui da riformare sarebbe tutto il sistema carcerario.
Innanzitutto la carcerazione preventiva. La detenzione in attesa di processo, tranne pochissimi casi per la pericolosità dell’imputato ( mi viene in mente Sallusti… che pericolosità quel giornalista!), oppure di reiterazione del reato o pericolo di fuga, deve essere assolutamente vietata. La detenzione di extracomunitari pure, rinviando gli stessi nei paesi d’origine a scontare la pena. E già con questi due provvedimenti la popolazione carceraria si sfoltirebbe di parecchio.
Poi sono da rivedere le misure a favore di alcuni reclusi. Certi permessi premio, certe diminuzioni di pena per “buona condotta” ed altri provvedimenti, andrebbero concessi con maggiore oculatezza: ovvio che in carcere la maggior parte dei prigionieri si comporti bene, ma è sotto gli occhi di tutti, ad esempio, che Pier Luigi Destri, responsabile del recente sequestro di Andrea Calevo, il giovane imprenditore edile, era già stato oggetto di ben due provvedimenti di grazia da parte di due diversi presidenti della Repubblica, mentre mi ritorna alla mente il caso di Angelo Izzo, responsabile del massacro del Circeo che, in regime di semilibertà, si è reso responsabile di violenza sessuale e di un nuovo, duplice omicidio. Ed è da modificare anche la discrezionalità concessa ai giudici che, in casi simili, si comportano a volte in modo diverso, comminando pene differenti per delitti praticamente identici.
Dicono che il carcere dovrebbe servire a rieducare la persona, a reinserirla nella società: fosse vero, almeno per i reati meno gravi, si possono istituire pene alternative, come il servizio coatto in comunità che operano nel campo sociale, ma ben pochi possono usufruirne, e alcuni di essi cominque non ne traggono beneficio, reiterando I reati per I quali erano stati puniti.
Nel frattempo, costruiamo pure nuove carceri, con celle singole, o al massimo a due posti, dotiamole di ogni comfort come succede nei paesi scandinavi e poi magari ospitiamoci pure i nostri pensionati al minimo che non riescono a tirar fine mese, ma in compenso avrebbero alloggio e vitto gratuito!
Il bel paese dove il sì suona
Spero che il prossimo governo, di qualsiasi colore sia, metta mano ad una seria riforma della scuola. Innanzitutto una scuola che insegni a parlare ed a scrivere almeno decentemente l’italiano.
Ritengo inammissibile leggere blog di diplomati e laureati infarciti di strafalcioni che fanno rizzare i capelli sulla testa. Il congiuntivo, si sa, è ormai in via di estinzione e così pure l’uso degli accenti, mentre tantissimi sbagliano anche a mettere gli apostrofi. E’ ormai invalsa l’abitudine di scrivere “gli” (a lui) per “le”(a lei), però io non mi ci rassegno ed infatti non lo userò mai. Pure grammatica e sintassi sono misconosciute, ma che venga rispettata almeno l’ortografia! Non ammetto che molti scrìvano “o” per “ho” e cose simili, non posso credere che si scriva “che centra” (ma sei al tirassegno?) invece di “che c’entra”, oppure “c’è nè” (visto con i miei occhi su un blog) al posto di “ce n’è”. Sono cose che fanno rabbrividire… e non sono errori di battitura, perché spesso reiterati.
(Un errore di battitura può scappare a tutti, anche se bisognerebbe rileggere sempre quanto si è scritto – ed io odio il correttore automatico, che a volte compie modifiche davvero ridicole-).
Non parliamo poi dei monosillabi: da molte parti impera il “si” al posto di “sì”, “ne” al posto di “né”, qui e qua accentati che fanno tanto nipoti di Paperino e via dicendo, veri e propri obbrobri linguistici.
Spero inoltre che venga rivalutata la tanto vituperata scuola professionale. E’ indubbio che non tutti abbiano le medesime capacità di apprendimento e la medesima voglia di applicarsi allo studio. Allora, perché intestardirsi a prendere per forza il “pezzo di carta”, magari stazionando per anni negli atenei come fuori corso, quando molti potrebbero sfruttare al meglio le capacità manuali, trovando magari anche soddisfazioni maggiormente appaganti sia nel campo del lavoro che in quello finanziario? Non è detto inoltre che chi svolge un lavoro manuale debba per forza essere un illetterato e sta alla scuola fornirgli le necessarie basi perché si sviluppi in lui la voglia di incrementare le proprie conoscenze.
Però ho i miei seri dubbi che questo possa avvenire.
Del resto basta ascoltare certi politici nostrani per rendersi conto della loro pochezza, in senso linguistico, ovviamente: sgrammaticature accompagnate inoltre da una povertà lessicale da semianalfabeti. E dire che molti provengono dal mondo accademico, il che fa capire quali insegnanti abbiano avuto…
Lasciate ogni speranza…
Non sono povera, ma nemmeno ricca, una certa agiatezza, costruita in circa 30 anni di lavoro tra me e mio marito, nulla di più. Ma quando sento Vendola strillare contro i ricchi dicendo che li manderebbe tutti all’inferno, mi incavolo di brutto. Forse è un delirio di onnipotenza che lo fa sentire un dio in terra, però l’uomo (?) – che in quanto a trucco e lifting non ha nulla da invidiare a Berlusconi, ma almeno quest’ultimo non si mette l’orecchino -, non considera che senza capitali l’economia non tira, che il denaro va investito in attività produttive e non utilizzato per pagare dei politicanti nostrani che, a volte, percepiscono perfino più di Obama. Allora cominciamo a mandare all’inferno la casta, Vendola incluso…
Epifania…tutte le feste porta via…
Come ha scritto in un suo post un blogger a me caro, finalmente Natale, e con esso anche le feste seguenti, è passato, portandosi dietro tutta la sua follia consumistica, anche se quest’anno è stata sottotono per via della crisi.
Natale ha perduto nel tempo quell’aura di spiritualità che permeava anche chi non è credente, per trasformarsi in una sfrenata corsa agli acquisti. Basta con i mercatini, che da me si chiamano Christkindlmarkt – ossia mercato di Gesù bambino, quel Gesù che scaccerebbe tutti i mercanti -, basta con i jingle commerciali che hanno sostituito “Adeste fideles” o i canti tradizionali, basta con gli orpelli luminosi made in China (che ne sanno loro del Natale?), basta con le sfacciate pubblicità televisive.
Tutto questo perché il Natale “commerciale” dura troppo tempo. Anni addietro c’era solo la domenica d’oro, poi si è aggiunta quella d’argento per arrivare infine ai negozi aperti tutte le domeniche sin da novembre: un’esagerazione. Addio ai regali “poveri”, quali il maglioncino che la mamma sferruzzava alla sera tardi, ed ai regali “utili”. Oggi, per praticità, si compra tutto già preconfezionato: più costoso, ma anche più veloce.
Basta anche con l’esaltazione della bontà solo in quel giorno, al pranzo offerto ai poveri e servito da personaggi altolocati che per l’occasione, si trasformano in camerieri, mentre durante l’anno mangiano, e come mangiano (ogni riferimento alle cozze è voluto)…
Ovvio che il “finalmente” si estenda anche al Capodanno, con tutte le ostentazioni che lo caratterizzano, incluse quelle culinarie. Ed oggi, “finalmente”, è l’Epifania…si disfa l’albero ( io ne ho due, quello vero, piccolo, in vaso, sul terrazzino, decorato con fiocchi e meline rosse, e quello sintetico all’interno, con ornamenti argento ed azzurri), si toglie la decorazione dalla porta di casa, si tira un sospiro di sollievo perché lo stress delle prossime festività è distante circa un anno…
Lo spione
Mi sento suddita e non cittadina.
Ho letto, in parte, il “redditometro” tramite il quale saremo spiati in ogni nostra mossa.
Io sono di quelle persone che usano pochissimo contante, in pratica solo per acquistare i quotidiani, un caffè al bar e qualche spesuccia di basso costo – sempre più rare -; per ogni acquisto utilizzo bancomat e carte di credito, per altri pagamenti il RID o i bonifici, quindi ogni mia transazione, da anni, è costantemente monitorata. Ma il pensiero che Befera e la sua squadra possano invadere la mia privacy, vedendo quanto spendo per vestiario, mobili, spese mediche, meccanico, consumi elettrici e telefonici, eccetera eccetera, mi fa letteralmente imbestialire. Non mi vengano a dire che non avendo nulla da nascondere non ho neppure nulla da temere: è l’invadenza di questo stato che si arroga il diritto di stabilire quali spese siano congrue o meno con il mio reddito, stabilendo perfino quale esistenza sono autorizzata a vivere, che mi fa incavolare di brutto.
Da liberale quale sono, l’invasione nella mia sfera privata mi disturba assai e mi chiedo a che diavolo serva il garante della privacy se poi questa viene costantemente violata. E mi imbufalisco sempre più al pensiero che queste misure miserabili non servono assolutamente a nulla, perché chi delinque e chi evade continuerà tranquillamente a farlo.
Panettone
Per me il panettone, senza nulla togliere a quello delle Tre Marie o del Cova o dello scomparso Alemagna, da qualche anno è solo il Vergani.
Sarà che viene prodotto a Milano, a poca distanza da dove abitiamo quando soggiorniamo là, in una via traversa di viale Monza. Sarà anche perché è il tipico panettone “basso” come veniva prodotto dai tempi antichi (e non alto, come quello inventato dalla Motta, forma in seguito copiata da molti), e con il tradizionale taglio a croce sulla sommità, senza coperture strane a base di pasta di mandorla o, peggio, granella di zucchero che lo fa tanto assomigliare ad una colomba pasquale; sarà che è così buono per via della lievitazione naturale a base di lievito madre, certo è che, per mio conto, è il miglior panettone in commercio.
Peccato però che qui da me non si trovi, a meno di non ordinarlo su internet, ma anche così 6 panettoni da un chilogrammo, per due persone, sono davvero tantini. Però si possono sempre regalare le “eccedenze”, e tutti sono sempre rimasti stupiti dalla sua qualità.
Quest’anno, date le vicissitudini milanesi a base di influenza, tornati a casa abbiamo “ripiegato”- per modo di dire – sul Cova, anche quello prodotto a pochi passi da noi, in viale Monza, e debbo dire che ci ha soddisfatto. L’importante, per noi, è che fosse “tradizionale”…
Brindisi di mezzanotte
Brindisi di mezzanotte… con champagne francese.
Allora, a me il vino piace, specialmente un buon rosso corposo a pasto, mentre non ho particolare simpatia per i bianchi, specie quelli dry e tra tutti i bianchi ODIO lo champagne, perché mi dà acidità.
Ma si sa, a mezzanotte, brindare con lo champagne “fa fino”, nei bei flutes alti e snelli…solo che tanti non capiscono che abbinare champagne con il dolce, panettone o pandoro, è una bestialità. Lo champagne va bene con stuzzichini salati, con le tartine al caviale, con quella roba là, insomma, non certo con il dolce, ci fa a pugni. Ma cavolo, tra le “bollicine” ci sono tanti nostri spumanti, l’Asti o il Brachetto d’Aqui ad esempio sono favolosi oppure un buon Moscato, al limite un Cartizze da servire nelle belle coppe…no, invece ci offrono champagne..grrrrrrrrrrrrrr…
e, altra delusione, uno dei soliti panettoni farciti…. eh no, il panettone è un classico, con le sue uvette, i suoi canditi (se non ti piacciono, li togli uno ad uno). Non so perché devono trasformarlo in un dolce qualsiasi che ha perso tutto della sua tradizione. Il panettone non è di Verona o piemontese, nasce a Milano e va fatto come è sempre stato fatto da anni ed anni!
Per fortuna a casa abbiamo tutto quello che ci serve…
Dieci anni fa..
Oggi sono dieci anni, dieci anni che ci manca, con la sua ironia e la sua dissacrazione. Lui aveva previsto tutto, tanto, tanto tempo fa. Riascoltando le sue canzoni ed i suoi monologhi, ci si rende conto di come avesse già precorso i tempi.
Qualcuno era comunista
Io non mi sento italiano
Destra – Sinistra
Non insegnate ai bambini
La libertà
…tutti concetti trasportati in musica e permeati da un pessimismo colmo di disillusione. Una visione di come si era evoluto, in peggio, il mondo (involuto, allora), e come, purtroppo, continua a peggiorare. Naturalmente ogni riferimento all’attuale situazione politica è assolutamente voluto… Chissà cosa ci canterebbe oggi il signor G., che direbbe dei dinosauri che ritornano e di quelli che non mollano, dei magistrati “imparziali” che si buttano in politica… Irriderebbe tutto e tutti, noi, polli di allevamento, con il suo stile inconfondibile, con la sua voce particolare, con la sua faccia strana, la sua chitarra. Vorrei che fosse qui, di nuovo tra noi, questo cantastorie moderno dei nostri tempi… ci manchi, signor G.
http://www.giorgiogaber.org/index.php?page=biblio-vedilib&codArt=29
Cosa ne pensate?