buon anno
Strappiamo l’ultimo foglietto del calendario, e buttiamolo via con tutte le cose brutte e le amarezze dell’anno trascorso…
Appendiamo il calendario nuovo, con i fogli ancora intonsi sui quali segnare, speriamo, solamente cose belle….
Natale di pioggia in Veneto
Un Natale in un Veneto “alluvionato”. Già dopo Vicenza est c’era una distesa di campi sommersi dall’acqua o, nel migliore del casi, ridotti in un pantano fradicio. Mio figlio abita a pochi passi dal Bacchiglione, gonfio da far paura, ma l’argine dalla sua parte è alto e resistente, quindi non c’era la massima allerta, nonostante le piogge ininterrotte.
Ma è stato pur sempre Natale perché c’erano tutti gli ingredienti giusti.
Non sarebbe stato Natale…
Senza essere tutti riuniti, di persona ma alcuni virtualmente grazie a Skype (dall’Ungheria, dall’ Irlanda e dalla Germania per la precisione), anche se a tratti la connessione cadeva…
Senza la cena della Vigilia a base di pesce (spaghetti con le vongole cucinati da mio marito, mentre il secondo per fortuna lo ha preparato mia nuora, bravissima, mentre io sono una frana)…
Senza la successiva visione de “La vita è meravigliosa” (che, anche se lo conosciamo a memoria lo vediamo sempre volentieri)…
Senza l’apertura mattutina dei regali da parte della piccola (che mi fanno rivivere le emozioni passate con i miei figli da piccoli)…
Senza il pranzo di natale con i piatti preparati da me (la pasta al forno con le polpettine, le “mie” melanzane alla parmigiana -solo la mamma le cucina così’- l’arrosto glassato, il panettone, quello classico e non manipolato con crème varie) pranzando con molta calma fino alle 15, 15.30…
Senza il pomeriggio trascorso giocando tra di noi, intervallandolo con telefonate e messaggini agli amici più cari (sempre connessione permettendo)…
Una cena “leggera” (?) con una fetta di dobos torte ed una tazza di tè, anche troppo dopo l’abbuffata di mezzogiorno…
Auguri!!!!!!!!!!!!!!
E per finire, la scena finale del più bel film dedicato al Natale, “La vita è meravigliosa”!
Ciao Enzo, e grazie
11 luglio 1982
Chi si scorderà mai quella data…ricordo solo che ero sola a casa, con i bambini ancora piccoli che dormivano, ed io che saltavo per casa come una matta…Ho visto e rivisto quella partita e non mi stancavo mai…ed ho aspettato mio marito, che era di servizio e rientrava all’alba, con la Gazzetta appena stampata e che profumava d’inchiostro, con quella scritta “CAMPIONI DEL MONDO”.
Senza nulla togliere alla vittoria del 2006, ma quella è stata una grande Nazionale, con le vittorie sul Brasile e l’Argentina, ma soprattutto sulla Germania, con il pubblico che scandiva gli Olè ad ogni nostro passaggio e ad ogni nostro gol, il patema del rigore sbagliato da Cabrini, le grida di esultanza di Tardelli, la gioia di Altobelli e Rossi…la voce di Martellini…..e chi può dimenticarsi una notte magica come quella?…Grazie, Enzo, per avercela regalata.
18 dicembre
Ultimo giorno a Milano. Ieri è nevicato. Una neve fitta, leggera, finissima, asciutta, quasi cristalli di ghiaccio che scendevano gelidi dal cielo. Al ritorno è stato impossibile prendere un qualsiasi mezzo pubblico, tutti i tram e le metropolitane erano stracolme di gente. Noi due, imperterriti e incuranti del gelo, abbiamo camminato tantissimo, fino a che è diventato buio, ed abbiamo potuto ammirare le illuminazioni di piazza Castello, Brera ed altri posti. Le luci colorate facevano uno strano contrasto con la spolverata di neve. Anche se imbottita (simile all’omino della Michelin, tra calzamaglia, jeans felpati, maglioncino a collo altro, sciarpa guanti e berretto), tornata a casa per scaldarmi mi sono dovuta tuffare in una vasca di acqua bollente. Oggi però la neve era totalmente scomparsa, ed il bianco sulle scale che conducono alla metropolitana era dovuto solamente ai residui di sale gettati per evitare gli scivoloni….
Dalle stelle alle stalle
Da “il Giornale “ di oggi, articolo di Stenio Solinas
L’idea che qualcuno possa riconoscere in Gianfranco Fini un pensiero politico, mi ha sempre affascinato e il vedere oggi al suo fianco intellettuali e colleghi di partito un tempo suoi fieri avversari, mi conferma nell’idea che non c’è niente di più reale (…)
(…) dell’illusione. Nel suo DoppiFini. L’uomo che ha detto tutto e il contrario di tutto (Vallecchi, 228 pagine, 16 euro) Luca Negri passa brillantemente in rivista un trentennio e passa di politica finiana e si sforza di cavarci una logica: cosa nasconde, sembra chiedersi, questo funambolismo? Si sa che la natura ha orrore del vuoto e, come ogni giornalista che si rispetti, Negri cerca delle risposte. Si può essere, cito a caso, fascista e antifascista? Contro gli omosessuali e a favore degli omosessuali? Contro l’immigrazione perché corrode la nazione e a favore dell’immigrazione perché rinsalda la nazione? Contro la magistratura politicizzata e per la magistratura che fa politica? Cosa c’è dietro, di fianco, davanti?
Nel quindicennio che ha visto lo sdoganamento dell’allora Movimento sociale e l’ascesa politica di Fini, l’unico dato certo è che come segretario di partito è riuscito nell’incredibile impresa di farsi mangiare il partito stesso dal suo alleato di riferimento. Non è accaduto alla Lega di Bossi, non è accaduto all’Udc di Casini: avevano un progetto e un’idea politica e li hanno difesi, pagando dei prezzi, facendo delle scelte. Fini si è lasciato guidare dalla convinzione che un professionista della politica, quale lui si picca di essere, non avesse bisogno di alcuna strategia, potendo contare sulle proprie capacità tattiche. Ha avuto così, e così ha garantito, incarichi importanti e ministeri, in una logica di delfinato, l’unica che conosce per averla praticata con successo, che nella sua testa lo vedeva biologicamente vittorioso. Alla fine si è ritrovato senza regno e senza buona parte della corte, tutto sbagliato e tutto da rifare e, insomma, si ricomincia da capo. Rifondare un partito, diventare opposizione… L’uomo che volle farsi re, potrebbe essere il titolo del nuovo film destinato a sostituire i Berretti verdi della sua giovinezza cinematografica e politica.
Tanti anni fa, mi capitò di definire il Fini allora in corsa per la segreteria missina «un paio di occhiali sul nulla». A qualcuno, molti anni dopo, sembrò ingeneroso: era divenuto vicepresidente del Consiglio, aveva il secondo partito della coalizione, ministri di Alleanza nazionale, l’erede del Msi che fu, erano presenti nell’esecutivo… Il fatto è che si trattava di risultati talmente inimmaginabili ai tempi di quel giudizio, che per essi si poteva tranquillamente parlare di miracolo, elemento che non attiene alla politologia, anche se aiuta.
Va detto altresì, per capire meglio quella definizione, che il nulla, come pensiero politico, ha una sua logica e una sua grandezza. Nell’Italia terminale della Prima Repubblica qualsiasi scelta ideologica, di programma, di alleanze, di strategie avrebbe comportato per l’allora Msi la necessità di un ripensamento critico su se stesso, un sicuro, ulteriore ridimensionamento elettorale a breve termine, un incerto futuro in ripresa a lungo. Scegliendo di non scegliere, scegliendo cioè il nulla, Fini si attestò su una linea funeraria: celebrava le esequie del suo partito, ma ritardava il più possibile il momento del trapasso.
Poi arrivò Tangentopoli e un Msi escluso da tutti i giochi si ritrovò improvvisamente in corsa. Nei due schieramenti che andavano formandosi, il nulla finiano si rivelò un elemento vincente: permise un’alleanza con soggetti non propriamente omogenei (l’anti-italianità della Lega, il capitalismo all’americana di Forza Italia, residui e spezzoni socialisti e democristiani) favorì in un partito orgoglioso quanto sterile in termini di leadership, una concezione gregaria nei confronti del partner più forte della coalizione.
Il capolavoro del nulla fu infine Fiuggi. Così come l’eredità fascista era stata l’unica identità a cui Fini aveva ancorato un Msi ridotto al lumicino, o a fuoco fatuo, vista la logica sepolcrale che ne era alla base, il tributo antifascista fu visto come la sola via d’uscita dal rischio della ghettizzazione sempre, della non accettazione ancora. Cosa questo dovesse e potesse significare in termini politici venne considerato secondario. L’importante era togliersi la camicia nera. Al resto, semmai, si sarebbe pensato dopo. Così, non pensando, il nulla politico celebrò un nuovo soggetto e costruì il proprio trionfo.
Successivamente cominciarono i guai: il «ribaltone», la sconfitta elettorale, il potere giudiziario che sembrava aver messo alle corde Berlusconi… Fini commise allora il suo primo e unico errore, quello di pensare. Pensare politicamente, s’intende. Ritenne cioè che da numero due della coalizione potesse divenire numero uno, o quanto meno smarcarsi: fu il tempo della Coccinella e dell’Elefante. Si sa come finì.
Dopo di allora Fini tornò al nulla da cui era partito e che conosceva come le sue tasche, e per più di un decennio l’ha praticato da par suo. Era un nulla che però lasciava sul terreno alcuni elementi su cui ci si sarebbe dovuti invece interrogare per tempo. Un partito senza identità, per esempio, e senza prospettive autonome, non più identificabile, sottostimato in termini di potere reale. Una sensazione di debolezza, di tutela altrui, in secondo luogo, complice una insufficienza della sua classe dirigente. Ancora, un complesso d’inferiorità culturale, estrinsecantesi in puro e semplice becerismo intellettuale o in supina accettazione della cultura altrui, vista come legittimante della propria recente e improvvisata democraticità. In ultimo, una leadership più interessata al proprio immediato tornaconto, nel senso nobile del termine, che non al patrimonio di una forza politica in quanto tale.
Il risultato finale del nulla politico consisté nell’annullarsi completamente come partito… Avvenne, per la verità, un po’ obtorto collo, ma opporvisi a quel punto avrebbe implicato un pensare politicamente, cosa che, abbiamo visto, Fini non è in grado di fare. Si preferì la favola della cofondazione (e invece, naturalmente, era una colonizzazione), nuovi intellettuali di riferimento gliela spiegarono con la teoria che così si usciva anche, e definitivamente, dall’equivoco post-missino che di fatto ancora impiombava le sue ali di leader, e, come sottofondo, rimase il «mantra del delfino», ancora più delfino visto che Bossi e Casini avevano rifiutato di farsi inglobare nel progetto unitario. Ci fu persino chi teorizzò l’idea della «presa dal potere dall’interno», ma qui siamo sì alle comiche finali…
Ciò che è venuto dopo, è storia risaputa, di cui nel suo libro Luca Negri, come dicevamo all’inizio, cerca di capire il senso: avrebbe dovuto chiedere lumi a quella canzone di Vasco Rossi: «Voglio dare un senso/ un senso a questa storia/ anche se questa storia/ un senso non ce l’ha»… Politicamente parlando, s’intende.
Il fatto è che le uniche tattiche che Fini sa praticare, pensando siano delle strategie, sono quelle già ricordate del delfinato e del nullismo. Come ne esce è un disastro, perché comporta un’elaborazione di pensiero che non gli appartiene; una certa pigrizia fisica e la presunzione, invece tutte sue proprie, complicano poi il tutto. Detto in altri termini, si può anche ipotizzare una destra nuova, di governo o di opposizione (in fondo c’è ancora chi si chiede se ci sia vita su Marte…) e si può anche pensare che la possa incarnare un leader senza idee. Resta però da chiedersi se la tendenza al nullismo non sarà più forte. Quanto al delfinato, Fini ha sessant’anni e sempre di più comincia ad assomigliare a Carlo d’Inghilterra. Senza Camilla, è vero, ma con un cognato.
Cattivi maestri
Il silenzio a volte può essere assordante. Nessuno della cosiddetta sinistra “riformista” ha speso una parola di condanna per certi atti di violenza recentemente verificatosi.
Non per altro nel “corteo” – o meglio, nel mezzo dei tafferugli – sventolavano molte bandiere rosse…qualcosa vorrà ben dire.
Inutile che Bersani cerchi di rigirare la frittata addossando addirittura le colpe di “infiltrati” a Maroni. Certi profeti come Di Pietro che parlano del premier come fosse Satana, Hitler o, recentemente, Noriega, esacerbano gli animi. Tanto più che l’ex poliziotto non ha speso una parola di solidarietà in favore degli agenti feriti.
Vendola qualche tempo addietro, quando la polizia impedì un secondo blitz alla Camera paragonò addirittura Roma alla Santiago del Cile dei Tempi di Pinochet, dicendo che la capitale era assediata da una tenaglia militare… Mentre il segretario di Rifondazione al riguardo degli scontri dell’altro giorno parlava di “macelleria messicana ..che conferma il tratto fascistoide del governo”.
Adesso i seminatori di odio girano indisturbati ed immacolati. I black block (poveri ed utili idioti), ne pagano le conseguenze, gli agenti feriti passano loro per macellai, la colpa dei vandalismi naturalmente è del ministro Maroni.
Santoro dalla sua tribuna mediatica si fa portavoce di chi i difende i vandali…ed i poveri negozianti che hanno avuto migliaia di euro di danni? Inoltre i magistrati scarcerano i facinorosi, dando loro una patente di impunità’, invitandoli praticamente a perseverare nella loro opera di distruzione.
Non c’è davvero limite all’impudenza.
Il pollaio
Già ai tempi dei primi mal di pancia di FIni avevo immaginato che lui, Casini e Rutelli si sarebbero aggregati. Ma se due galli in un pollaio sono troppi, qui si parla di almeno 3 o 4 (mettiamoci pure Lombardo). Ci sarà da ridere, poveri noi…
parolacce
Chi mi conosce sa che solitamente evito le parolacce e gli insulti, ma questa volta faccio fatica a trattenermi. Quando vedo le devastazioni ad opera dei black bloc, che incendiano auto e compiono altri atti di vandalismo, svellendo segnali stradali e con questi frantumando vetrine, quando vedo che pseudostudenti senza alcuna voglia di tenere i libri in mano scaricano letame davanti alla casa del ministro Gelmini ed interrogati sulla riforma della scuola fanno scena muta o lanciano sterili slogan, quando sento che Bonanni, il leader della CISL, già aggredito tempo addietro mediante il lancio di un fumoogeno (da certa Rubina Affronte, figlia di un magistrato), viene pesantemente contestato da autonomi introdottisi illegalmente nella sede del sindacato, quando leggo che una povera anziana di 91 anni, colpevole solo di essere madre di Scilipoti, parlamentare dissociatosi dall’IDV, viene incalzata dalla troupe di Anno zero fino ad essere colta da malore, allora mi viene si da dire che tutta questa gente è solo una massa di
s t r o n z i.
Lettera a Babbo Natale
Un cuore ancora bambino, che sogna ancora un babbo Natale, sorridente, gioviale, dal sorriso dolce e contagioso, al quale indirizzare la consueta letterina adornata di polverina luccicante, con la cornicetta di agrifoglio e rami di abete con pallina di vetro e candelina. Allora…
Caro babbo Natale,
non ti chiedo doni. Questo mondo ormai è soffocato dal consumismo, oppresso dalla tecnologia, sempre in corsa per avere di tutto e di più. Non ti domando nemmeno le solite, ovvie cose, tipo la pace nel mondo, la sconfitta della fame e delle malattie, perché so che non è tuo potere farlo. Semplicemente ti chiedo di ridarci la nostra dimensione “umana”, di farci guardare con altri occhi la gente che incontriamo giornalmente per la strada, cui donare un sorriso e riceverne uno in cambio. Ti chiedo un po’ di buon senso per quelle persone che ormai sembrano averlo smarrito, arroccate su posizioni obsolete, che non capiscono che le cose si cambiano costruendo con la buona volontà e non distruggendo con la violenza. Vorrei che tutti sapessero apprezzare il tempo, tempo da dedicare agli altri ma anche a noi stessi, con calma, senza fretta: a volte bastano anche pochi minuti, ma cerchiamo di trovarlo. E tutto questo porterebbe ad una maggiore serenità…
Vorrei un po’ più di cultura, rispetto e riservatezza in televisione, dove tutto è ormai volgarità e gossip, e dove tutti mettono in piazza i propri “sentimenti” (?), veri o falsi che siano.
Desidererei un mondo non fatto di plastica, ma con oggetti ancora costruiti dalle mani dell’uomo, che tanti capolavori, piccoli e grandi, hanno saputo creare.
Porta ai bambini un peluche in più ed un Nintendo di meno, qualche libro al posto dell’IPad, facci apprezzare la neve di questa stagione, lasciando le Maldive all’estate, e riascoltare “Stille Nacht” invece di “Mele Kalimimaka”. Grazie, babbo Natale, con affetto.
Loredana.
Ma forse ho chiesto troppo, sulla tua slitta c’è posto solo per i regali materiali, ipertecnologici e costosi. Povero babbo Natale, pure tu, con rammarico, ti sei dovuto adeguare ai ritmi frenetici di oggigiorno, non vesti più la zimarra lunga fino ai piedi, ma la giacca ed i pantaloni sponsorizzati dalla Coca Cola e sempre più gente ti chiama Santa Claus all’americana….
Largo ai giovani (?)
Ho fatto a tempo a vedere illuminati l’Ago e Filo antistanti la stazione Cadorna, da dove partono i treni delle Ferrovie Nord. Era un’elaborazione carina, studiata da una giovane studentessa del Politecnico di Genova, Ginevra Formagli.
Solo ci si è messa di mezzo Gae Aulenti, che non è nemmeno l’artefice dell’opera (che è di Claes Oldenburg), in quanto ha solo progettato la sistemazione della piazza, e con un diktat ha subito intimato di levare le luci. E il sindaco le ha dato ragione. Ma personalmente trovavo più carine le luminarie discrete lungo il “filo” che le pacchiane rose rosa sponsorizzate dalla Gazzetta dello Sport che imperversano in tutta la città o la biancheria luminosa stesa da parte a parte in via della Spiga, che fa tanto basso partenopeo e non certo Milano.
Controsenso
Se Berlusconi con un solo voto di maggioranza non è legittimato a governare, (come detto da Fini), perché dovrebbero esserlo gli altri che detta maggioranza non hanno? Si vada a votare e non ci si pensi più…
Democrazia
Russia, Kazakistan, Colombia, Tunisia, Arabia Saudita, Pakistan, Iran, Iraq, Serbia, Vietnam, Afghanistan, Venezuela, Filippine, Egitto, Sudan, Ucraina, Marocco, Cuba ed ovviamente Cina… Manca solo la Corea del Nord. Ecco l’elenco delle DEMOCRATICISSIME nazioni che diserteranno la consegna del premio Nobel al dissidente cinese Liu Xiaobao. Sono paesi nei quali manderei certi tipi nostrani che si riempiono tanto la bocca dicendo che in Italia non c’è democrazia!
9 dicembre 2010
Oggi sciopero dei mezzi pubblici. Non è un problema per noi, abituati da sempre a camminare. Quindi, partiti da viale Monza, dopo aver fatto un giro per il mercato, siamo arrivati in corso B.Aires, dove abbiamo fatto sosta alla Feltrinelli per acquistare alcuni libri. Poi, senza fretta, arrivati a Porta Venezia, abbiamo girato per viale Piave e sempre avanti fini a Monte Nero per pranzare al Mare Mosso. Nel frattempo lo sciopero è cessato, ma bisognava ben fare quattro passi per digerire… E siamo tornati a casa a piedi.
8 dicembre 2010
Se ieri è stato stressante, oggi posso definirlo semplicemente allucinante. A parte stamattina, in cui ci si poteva ancora muovere ancora agevolmente (i milanesi, attivissimi nei giorni feriali, in quelli festivi a quanto pare si alzano abbastanza tardi), nel pomeriggio il traffico era davvero caotico. Partire da viale Monza per arrivare in fondo al Naviglio è stato un incubo. Al Christmas Village poi il clou: ressa, vocio continuo, caldo asfissiante e sopra tutto una musica assordante. Ho detto che sarà l’ultima volta che ci metto piede. Sognavo solo di essere tranquilla a casa…
6 e 7 dicembre 2010
Piove… Non piove… Non si capisce bene, perché se guardo le pozzanghere non c’è traccia di gocce, ma dopo qualche minuto che si passeggia, la faccia è tutta bagnata da questa acquerugiola uggiosa che si insinua, trasportata dal vento, anche sotto l’ombrello e si intravede, fine e sottile, solo attraverso la luce dei fari. È come vivere immersi in una nuvola, che ti avvolge completamente, mentre l’umidità ti penetra fin dentro le ossa. Questa è Milano in inverno. A parte che tra qui e Bolzano sono settimane che mi sono scordata di cosa sia il sole. Sembra di interpretare un vecchissimo film con Paul Newman, “Quintet”, dove la Terra era perennemente avvolta da una nebbia grigiastra, incombente ed allucinante, tanto da spingere molti ad inventare un gioco simile alla roluette russa per trovare una giustificazione al suicidio indotto da quella cupa atmosfera. Per fortuna qui ci sono le luci natalizie… Però..c’è un però… Le luci, si sa, costano, ma vedere le porte ( Venezia, Romana e Ticinese) ed, ancora peggio, corso Venezia, il Broletto e piazza Cordusio illuminate dalle luci rosate sponsorizzate dalla “Gazzetta dello Sport” o l’altissimo abete di Piazza Duomo (oltre 40 metri) completamente avvolto dagli stands verde-acqua di Tiffany, simili a pacchi regalo infiocchettati, fa un po’ tristezza…
Oggi poi è sant’Ambrogio, ed i milanesi che non sono partiti per il lungo ponte dell’Immacolata si riverseranno tutti in centro. Pure noi, che volevamo sottrarci a questa abitudine, siamo stati coinvolti, ed ahimé, ci aggregheremo a quella massa vociante e scomposta…
Come immaginavamo, abbiamo dovuto desistere dall’entrare nei negozi, in quanto tutti i meneghini che non si erano allontanati per il ponte si sono ritrovati in centro per lo shopping, formando code incredibili. Ci siamo quindi limitati a passeggiare sotto la pioggia, con una sosta al sant’Ambroeus per un caffè e per ammirare i capolavori di pasticceria esposti in vetrina (panettoni decorati in varie forme artistiche con cioccolato, zucchero e marzapane). Sotto il porticato di Corso Matteotti ad un certo momento sono transitati alcuni ragazzi (7 o 8 al massimo), con tamburo e vessilli della CGIL che si preparavano alle immancabili contestazioni per l’apertura della Scala. Il tempo per fare casino lo trovano sempre, ma quello per studiare?
Via Montenapoleone e via Dante invece sono uno spettacolo per le decorazioni: la prima con grosse palle dorate e rami verdi, l’altra con lampioni di stoffa simile a seta che cambiano continuamente colore ogni pochi secondi.
Cena a Monza e ritorno quasi immediato per vedere il secondo tempo dell’Inter che perdeva contro il Werder Brema…unica nota positiva di una giornata stressante.
E domani si ripete al Christmas Village… Brrrr
Tragico strike
A bowling il colpo con il quale si abbattono 10 birilli tutti insieme è lo strike. E’ quello che ha fatto quell’automobilista incosciente ed assassino che ha travolto 10 ciclisti tutti assieme, uccidendone sette. Assassino, drogato e con la patente già ritirata per una precedente infrazione (sorpasso pericoloso).Quand’è che ci si deciderà a mettere i galera certe persone ed a buttare via la chiave?
5 dicembre
5 dicembre
Fino ad ieri eravamo incerti se usare l’Audi o la Smart per venire qui a Milano. Alla fine, dato che purtroppo la micia non c’è più, abbiamo optato per quest’ultima, equipaggiata con gli pneumatici da neve, mentre l’altra ha le catene e, con l’assetto ribassato, non è molto indicato usarle. Siamo riusciti a farci stare le due valige, il PC (chissà se riuscirò ad usarlo), il beauty case, il contenitore dei medicinali (per mio marito, l’ipocondriaco), la biancheria di casa di ricambio, la torta che avevo preparato, pensierini vari per parenti e ragazzi del garage, il tutto incastrato come il cubo di Rubik, anzi avanzava pure un po’ di spazio.
riconoscenza, termine sconosciuto
Qualche giorno fa è stato presentato a Roma un documentario su Giorgio Almirante. Non sono mai stata una seguace delle sue idee, ma riconosco che il politico è stato una figura importante nel panorama politico italiano. Naturalmente assieme a donna Assunta c’erano tutti gli ex-aennini…tutti meno che lui, Gianfranco Fini, quello che lo stesso Almirante aveva designato quale suo successore, quello cui Fini deve la sua carriera. Quando si dice la riconoscenza…
Purtroppo…
Stamattina nevicava ancora…fiocchi larghi e leggeri, che però non hanno avuto presa sul terreno bagnato, ma solo nei giardini e sui tetti delle auto. Adesso poi si è tramutata in una pioggia fastidiosa. Sono giorni che non vediamo più il sole. Comincio a capire il pessimismo dei miei amici tedeschi! Che attribuiscono l’allegria dei popoli latini proprio al sole.
quasi in partenza
Avremmo già dovuto essere a Milano in questi giorni, ma a causa del tempo abbiamo dovuto rimandare. Le valige si fa presto a farle, per 2 settimane soltanto. Non parto volentieri stavolta, dato il tempaccio,ma so già che una volta là starò bene.
ancora neve…
Ieri sera, all’uscita dalla pizzeria, nevicava. Non le falde larghe e leggere dell’altro giorno, che la pioggia aveva disciolto in breve tempo, ma una neve sottilissima, asciutta e farinosa che ben presto ha ricoperto tutto anche se con uno strato modesto, 4 o 5 centimetri, Così, salutati i ragazzi, siamo andati a fare una passeggiata con la neve che ci turbinava intorno e che ci bagnava la faccia, l’unica zona scoperta tra sciarpa, berrettone e guanti, divertendoci a guardare le impronte lasciate dalle scarpe. La neve fa tornare un po’ bambini…
Questa mattina poi, silenzio assoluto. Niente traffico, soprattutto niente dannatissimo camion della nettezza urbana che ci sveglia prestissimo, i pochi rumori assorbiti da questo strato, alto adesso una dozzina di centimetri, per ora ancora immacolato… e sta continuando a fioccare. Le strade sono impreziosite dai merletti che la neve ha ricamato sui rami spogli,
i marciapiedi pure sono candidi, ma non so fino a quando. Già qualche volonteroso sta spalando nel tratto di sua competenza e spargendo sale sui sentierini pedonali e le rampe dei garages, dove la neve si è parzialmente disciolta in rivoli grigiastri.
Cosa ne pensate?