La vita è sogno, soltanto sogno, il sogno di un sogno (Edgar Allan Poe)

Archivio per settembre, 2010

Ciao mondo!!

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stamattina

Pioggia, nuvole basse, perfino un po’ di nebbia: è veramente autunno…

 



Le cose che mi fanno inca…volare

Si parla tanto di scuola e di precari…poi un quotidiano riporta le spese folli che alcuni presidi hanno autorizzato .

Euro 5.446 per un corso di podcast per insegnare a scaricare films da internet

          scuola media di Canegrate (MI)

Euro 4.132 per consulenza nr.2 psicologhe, per supporto morale agli allievi

         IPSIA di Legnano (MI)

Euro 1.676 per il progetto “Colori di vita dei rom” , per insegnare la cultura nomade

         (ne sentiamo la mancanza…) Istituto comprensivo Borrello di Catanzaro

Euro 1.050 per un esperto musicale incaricato di comporre l’inno della scuola

         istituto Santa Maria la Carità di Napoli

Euro  1.325 per corsi di yoga

          circolo E.A.Mario di Napoli

Euro  2.050 per l’insegnante di un corso di rollerblade

          Liceo scientifico Copernico di Bologna

Euro  2.027 per un corso sul djembè (antico struento africano a percussione)

          Medie Statali di via dei Rochis Pinerolo (TO)

Euro 13.410  per l’assunzione di una modella per le lezioni di nudo

          Primo Liceo artistico di Milano

Euro  2.258 per assumere un esperto di balli sardi

          Istituto don Milani di Carbonia

Euro  1.535 per un corso di balli in cerchio

          scuole Cetona di Siena

Euro  3.220 per un gemellaggio col Giappone, con assistenza nel viaggio

          una non meglio specificata scuola di Trento

Euro  3.358 per un “laboratorio d’autore” per insegnare a scrivere i testi delle canzoni moderne

          Istituto comprensivo di Vasi di Corleone (PA)

Euro  5.760 per il progetto “Il ballar gioioso” (?????)

          scuole primarie Matteotti di San Donato Milanese (MI)

Euro  1.650 per l’iniziativa “Tra le mille bolle blu” (boh…che sarà?)

          il 4^ circolo Beltrani di Bari

Euro  1.798 per far ridisegnare lo stemma della scuola

          Liceo scientifico Federico II di Bari

Euro 42.315 per una gita di 8 giorni Praga

          Liceo scientifico Spallanzani di Roma

Euro 23.750 per un campeggio di 2 giorni in Romagna

          istituto comprensivo di via Russoli Roma

Euro  5.686 per realizzare il diario scolastico

          scuole medie di Abbiategrasso (MI)

etc etc etc…tra corsi di barca a vela, tessiture a telaio, corsi di barman acrobatico, tiro con l’arco….

Mi domando se alla Corte dei conti faranno i necessari controlli….e poi si lamentano se mancano i soldi per l’assunzione dei precari….


anima e animali

“Dicono che gli animali non hanno un’anima”
“E chi lo dice?”
“Ah l’ho letto e so che molta gente religiosa ci crede…”
“Se avere un’anima significa essere in grado di provare amore, fedeltà e gratitudine, allora gli animali sono migliori di tanti esseri umani.”
“Ne è sicuro dottore?”
“Certo! A noi veterinari insegnano tutto sull’anima degli animali”
(J. Herriot – Creature grandi e piccole)

 

gatto sull'altalena

 


per sempre assieme

… e così Sandra è andata a raggiungere il suo Raimondo…

 

 


la saga….

la saga continua….
vedi you tube
se ci lasci è un affare


Luna nova – Salvatore di Giacomo

 

 

 

 

 

Luna nova

La luna nova ncopp’ ‘a lu mare

stenne na fascia d’argiento fino;

dint’a la varca nu marenare

quase s’addorme c’ ‘a rezza nzino….

Nun durmì, scétate, oi marenà,

votta sta rezza, penza a vucà.

Dorme e suspira stu marenare

se sta sunnando la nnammurata…

zitto e cuieto se sta lu mare,

pure la luna se nc’è ncantata…

Luna d’argiento, lass’ ‘o sunnà,

vaselo in fronte, nun ‘o scetà…

Comme a stu suonno de marenare

tu duorme, Napule, viate tte!

Duorme, ma nzuonno lacreme amare

tu chiagne, Napule! Scétete, scé!…

Puozze na vota resuscità!…

Scétete, scétete, Napule Na’!…


Un vecchio libro

 

 

 

 

 

 

Un po’ per la mia passione per le poesie ed i dialetti, un po’ perché col passare dell’età si tende, purtroppo, a guardare all’indietro,  dato che il passato ormai è molto consistente mentre il futuro riserva sempre meno sorprese, cercando delle poesie dialettali ho ritrovato dei vecchi libri: l’immancabile "A livella" di Totò, un volumetto di Eduardo (il cognome ovviamente è superfluo), ma soprattutto  una vecchia antologia edita nel 1973 che io, ancora ragazzina, avevo regalato al babbo. Una mia dedica sul frontespizio, per il Natale di quell’anno conferma appunto quel periodo… All’appello manca però il libro di quello che considero il più grande tra i poeti partenopei, Raffaele Viviani…lo cercherò con calma.

L’antologia contiene non solo poesie, ma anche testi di canzoni,  (più che testi di canzoni, vere poesie poi messe in musica) datati 1800/1900, ma ci sono anche testi che risalgono addirittura al 1600, come "Michelammà", attribuito a Salvatoe Rosa. 

Un libro che, pur con il suo odore di carta invecchiata dal tempo, mi ha commosso perché ci sono tutte le annotazioni che mio padre, nonostante il glossario posto alla fine, aveva apposto a matita per rendere più agevole la lettura alla mamma (io già me la cavavo meglio, pur trovando comunque delle difficoltà). Il libro, dopo la scomparsa di babbo, era rimasto a mia madre, e quasi non mi ricordavo più di averlo, ritrovandolo solo ultimamente nello scaffale dedicato alla poesia. E proprio quegli appunti, quelle annotazioni scritte a lapis con la caratteristica scrittura un po’ angolosa di mio padre, me lo rendono ancora più caro. Col tempo riporterò alcune di queste poesie sul blog: ce ne sono di romantiche e sentimentali, ma anche alcune irridenti e scanzonate, nel vero spirito partenopeo…


Tristezza

Ciao dolce Lady, piccolo batuffolo di pelo nero, fine e leggero come seta, che per 16 anni sei stata compagna della nostra vita. Giro per la casa e ti vedo in ogni angolo, accoccolata sulla panca della cucina, sempre in attesa di una carezza. Mi alzo e mi sembra di vederti in paziente attesa vicino alle tue ciotoline, e mentre preparo la colazione, mi aspetto di sentirti strusciare la testa contro le mie gambe. Ti ritrovo in ogni angolo della casa: sul divano, seduta tra di noi, mentre allunghi la zampina sulle nostre braccia in cerca di attenzioni e coccole, sul tappetino del bagno quando ci guardavi curiosa mentre mi truccavo o mio marito si sbarbava o aspettavi paziente che finissimo la doccia per venire a letto (già, perché dormivi con noi), arrotolata sul fondo, a nostri piedi, ronfando di soddisfazione, contenta di starci vicina. A Milano ti portavamo sempre con noi, tanto che era diventata la “tua” seconda casa, con i “tuoi” angolini, nel mobile della libreria o nell’armadio vicino alla finestra. Solo se ci recavamo in albergo ti lasciavamo in pensionato, scelto con molta cura, per farti soffrire meno il disagio del distacco. Ora sei tu che ci hai lasciato, in questa giornata uggiosa di settembre, con una pioggia che sembra una cascata di lacrime… Ti sei addormentata in braccio a noi, accarezzata fino all’ultimo istante… E da oggi la casa è un po’ più vuota.


giornata nera

Domani purtroppo dovremo far sopprimere la micia…sono proprio a terra…Ma devo ringraziare il veterinario che ci ha provato fino all’ultimo per cercare di tirarla su, però i parametri degli esami, dapprima leggermente migliorati, stanno precipitando.

giù

2 sere che torniamo tardi, tra teatro e ieri sera concerto di Patti Smith (meraviglioso)…ma al ritorno mancava la gatta che ci aspettava.

aspettiamo

Ancora 48 ore per vedere come reagisce la gatta…

frase del giorno

Ecco il mio motto: progresso costante. Se Dio avesse voluto che l’uomo indietreggiasse, gli avrebbe messo un occhio dietro la testa. Noi guardiamo sempre dalla parte dell’aurora, del bocciolo, della nascita.

(da Il Novantatré V.Hugo)


estati dell’infanzia

Quelle estati passate dalla nonna…Mio padre aveva 40 giorni di licenza ed appena finito il mese in colonia, dove mi mandavano per sopperire alla mancanza di iodio della nostra zona ( e proprio da quel periodo data la mia antipatia per il mare), si partiva con il treno per il Sud, con un viaggio a dir poco estenuante.

Là ritrovavo compagni di gioco dai nomi inusuali per chi invece abita al settentrione, nomi come Filomena, Concetta, Agata, Assunta, Nicola, Gennaro, Raffaele, Domenico….

Rammento il terrazzo assolato, dove a volte passavo il pomeriggio ad osservare lunghe file di formiche nel loro andirivieni che terminava nelle crepe del muretto, dove immaginavo che avessero costruito chissà quali città. Sul terrazzo c’erano arbusti di oleandro e piante aromatiche, prima tra tutte il basilico, coltivate in parte in vasi di coccio, in parte in grosse latte che avevano contenuto delle conserve. Sempre sul terrazzino si ponevano le larghe tavole di legno per essiccare la polpa di pomodoro, coperta con garze per preservarla dalle mosche. Nel cortiletto da basso invece, con le spalle al pozzo, ed attorno ad un pentolone, le “commari” sbollentavano i pomodori a pera per poi imbottigliarli e conservarli per l’inverno.

Ricordo ancora le stanzette dove abitavamo: la camera da letto dove dormivamo nonna, zia ed io con i letti altissimi, dallo schienale intarsiato, l’armadio guardaroba decorato da bassorilievi di legno a forma di amorini con ghirlande di fiori e frutti, i comodini massicci, i cassettoni con un buon profumo di lavanda e, sopra, protette dalle campane di vetro, le statuette di non so quali santi. A lato, il catino con la brocca ed il porta asciugamani. Già, perché in casa non c’era acqua corrente e bisognava andarla a prendere nella viella, alla fontanella con i secchi, ma era sempre freschissima.

Poi c’era un bugigattolo dove era alloggiato il water, la cucina, con la stufa di maioliche di Sorrento, coloratissime, gialle azzurre e verdi, ed il forno. In fondo la saletta da pranzo con il tavolo tondo, le sedie impagliate tipo Vienna, la cristalliera con i servizi in bella mostra, ma quello che più mi piaceva era la scrivania che era stata del nonno (che non ho mai conosciuto), con la ribaltina ed un sacco di cassettini e tantissimi buchi di tarli.

I miei dormivano in una stanza separata, ma contigua, sempre sulla ringhiera del terrazzino. All’ora di merenda, niente dolci o panini con il prosciutto, come ero solita fare a casa, ma filoncino con i “puparuoli” arrostiti, con il loro buon sughetto misto all’olio, oppure i “friarielli”…Con i compagnetti poi inventavamo i giochi più strani, facevamo ad esempio gli alchimisti, andando a raccogliere erbe che crescevano sui muretti, per lo più mentuccia e capperi, che tritavamo preparando chissà quali misture. I campi non erano granché, perché la terra era arida e calcinata dal sole, ma qualcosa cresceva. In fondo alla viella infatti c’era il piccolo aranceto della nonna: erano arance bionde, piene di semi, però dolcissime e lei ogni inverno ce ne inviava uno scatolone (quando le poste funzionavano ancora!), aggiungendo a volte anche un mazzettino di viole avvolte prima nell’ovatta umida e poi nella stagnola, ed agli immancabili mostacciuoli. Assieme alle arance crescevano anche mandarini, nespole, e soprattutto fichi, e di quelli ne facevo vere scorpacciate. Di quei periodi ricordo anche il somarello, dolce e paziente, che a volte mi facevano cavalcare,  le partite a carte, scopa d’asso e scopone specialmente, dove Mimmo mi aveva insegnato a barare spudoratamente. All’inizio ricordo che avevo trovato difficoltà ad usare le carte napoletane, molto diverse dalle trentine che usavamo a casa. Le serate invece si trascorrevano facendo lunghe passeggiate da un paese all’altro o in visita ai parenti: preciso che in paese erano considerati tutti parenti, forse perché, come diceva ironicamente mio padre, discendiamo tutti da Adamo ed Eva. C’erano poi le gite che, data l’età e la mancanza di mezzi, si svolgevano in corriera: a Pompei, a Capua, a Mondragone, a Casertavecchia (davvero graziosa, abbarbicata sulla collina),  ma soprattutto nelle giornate molto calde alla Villa, ossia al magnifico Palazzo reale di Caserta, con i suoi stupendi giardini arricchiti da fontane e giochi d’acqua.

In quei periodi la scuola iniziava ancora il 1^ ottobre, quindi noi ci fermavamo fino alla fine di settembre. Prima si festeggiava l’onomastico del babbo, il 19 di settembre, festa grande per san Gennaro, ed allora la cucina diventava un campo di battaglia, con tutte e 3 le donne che cucinavano (mamma, nonna e zia), per celebrare degnamente la ricorrenza, perché nonna teneva maggiormente all’onomastico che al compleanno di mio padre. Ma la festa più attesa da noi ragazzi era il 29 settembre, san Michele, patrono del paese, che veniva ricordato con processione alla mattina, ma alla sera c’erano luminarie, canzoni e fuochi d’artificio, quasi una piccola Piedigrotta.

Il giorno seguente purtroppo si preparavano i bagagli per il ritorno al nord…e le vacanze così erano finite, ma ci ripromettevamo sempre di ritrovarci l’anno seguente….


Monza

Ed oggi che la Ferrari vince a Monza con Alonso…ero a funghi….

aquile sempre giovani…

 

Anche se hanno 50 anni, le Frecce Tricolori non invecchiano mai!


:-( :-( :-(

Ha appena chiamato il veterinario. Apparentemente la gatta sta bene e cerca le coccole, ma i parametri stanno peggiorando. Tenterà ancora terapia nel fine settimana,senza "accanimento", ma lunedì dovremo decidere…

succede anche questo

Giornata per metà  nera ieri…altro malware che mi ha infettato il pc e mi ha costretto a riprendere il vecchio "scassone" (e meno male che c’è….). Poi una sorpresona: una bella raccomandata dell’Agenzia delle Entrate (entrate loro…uscite nostre….) che mi ha costretto a riprendere in mano un sacco di vecchie dichiarazioni ed a perdere un sacco di tempo per un LORO errore, che domani dovrò andare a contestare…Ma a noi cittadini, il tempo chi ce lo ripaga? Inoltre, nonostante avessimo telefonato 2 volte al veterinario, non ci ha richiamato….ma come si dice "nessuna nuova, buona nuova", almeno spero.

giù….

 

30/08/10

Depressione

Molti la confondono con l’esaurimento. Mentre per quest’ultimo è sufficiente cambiare ambiente o sospendere o rallentare l’attività lavorativa per sentirsi subito meglio, la depressione è più subdola. Un momento stai bene e dopo qualche istante, scatenata da chissà quale inconscio meccanismo, ti colpisce all’improvviso, come un calcio nello stomaco. È lei che ti allontana dal mondo, ti fa sentire rifiutata da tutti… È come annaspare in un lago di fango, che ti trascina giù senza avere la forza di combattere per uscirne. Avresti solo voglia di scomparire, di rinchiuderti in te stessa, allontanandoti dal mondo intero. È sempre in agguato, anche quando si pensa di averla sconfitta, perché basta poco per farla riapparire, anche se in forma più leggera.

A me ha cambiato in parte il carattere: combatto con me stessa per ritrovare la donna scanzonata ed ironica che ero, però spesso mi  escono solo frasi con un sarcasmo fuori luogo, del quale poi mi pento, ma si sa "voce dal sen fuggita, più richiamar non vale"…

Ma nonostante tuttoNonostante tutto ho ancora fiducia nella gente. Nonostante tutto, non ho perso la voglia di immaginare, di sognare, di volare alto… solo che adesso indosso un bel paracadute, sempre che mi serva.

Nonostante tutto amo ancora scrivere poesie, che mi servono a "liberare" l’anima dalla quotidianità. Nonostante tutto ho ancora la forza di vivere, sperare e sorridere, perché mi guardo intorno e vedo che ci sono ancora molte cose che mi rallegrano.

Nonostante tutto….sono sempre io, e spero di non cambiare: mi piaccio come sono, difetti inclusi.


discorso di Fini a Mirabello

 
 

 
 
 
Care amiche e cari amici di Mirabello, ogni volta che ho avuto modo di prendere la parola in questo piccolo paese che mi è caro per tante ragioni, ogni volta, ho sempre provato una certa emozione. Per ragioni note, perché qui affondano le radici di una parte della mia famiglia, perché qui anni fa un uomo certamente capace di guardare avanti, indicò al suo popolo la necessità di un salto di generazione. E credo che la presenza qui di un uomo come Mirko Tremaglia sia la più bella dimostrazione di quella idea e continuità. Mirabello come luogo – per tanti di noi – delle emozioni, che nel corso del tempo, dall’Msi ad An, si sono rinnovate. Qui la destra italiana ha vissuto dei momenti importanti. Qui, con Pinuccio Tatarella, annunciammo An. Qui, preconizzammo quell’ulteriore svolta che portò al Pdl. Ma, tutte le volte, credetemi, l’emozione è quella di ieri. Ma credo che mai nel mio cuore ci sia stata un’emozione forte come quella che provo ora. Questa festa del 2010, appuntamento rilevante per l’intera politica italiana, non solo per il Pdl. Mirabello è per un giorno la capitale della politica italiana. E credo, caro Vittorio Lodi, che questo sia il regalo più bello che ti possiamo fare: un appuntamento per la politica nazionale. Un ringraziamento sincero a Vittorio, a tutti gli uomini e le donne che ci hanno raggiunto da tutto il paese. È la dimostrazione di un popolo che è qui perché non precettato, ma sente il profondo desiderio di partecipare, di ritrovare l’impegno politico, all’insegna di alcuni valori. Un popolo di uomini e donne che si ritrova. Spero che questa piazza che mi dà forza, e vi ringrazio, in questa fase di difficoltà possa esser l’occasione da parte mia per dare un contributo di chiarezza su quello che è accaduto e su quello che accadrà. Che cosa è accaduto in questo periodo estivo? Non lo si capisce se non si va indietro al 29 luglio. Quando l’ufficio politico del Pdl, dopo una riunione durata un paio d’ore, in mia assenza, mi ha di fatto estromesso dal partito, che io ho contribuito a fondare in rappresentanza della destra italiana. Al termine di questa riunione è stato approvato un documento in cui è scritto che la nostra linea politica era un continuo stillicidio, spesso in sintonia con l’opposizione e i temi della sinistra, e partecipe – questa fa ridere – con l’azione delle procure. Per cui Fini non sarebbe stato coerente con i principi del Pdl. E quindi, per fare chiarezza non c’è stata alcuna fuoriuscita, nessun tipo di scissione, nessun atteggiamento teso a demolire. Di fatto, un atto profondamente illiberale che nulla ha a che spartire con il pluralismo proprio di un partito liberale. Un atto, non ho difficoltà a dirlo, che forse è stato ispirato da quel libro nero del comunismo che ci fu regalato al congresso di An, un atto in perfetto stile stalinista. Quel documento fu una brutale aggressione al dissenso, teso ad annullare ogni tipo di diversità. E allora ragioniamo, chiediamoci. In quello che è stato definito “partito dell’amore” è possibile fare delle critiche? Da parte mia ci sono state, abbiamo fatto anche proposte. È possibile dire, ad esempio, che a fronte di un governo che per certi aspetti ha ben fatto contro la crisi, forse si potevano modulare in modo diverso quei tagli lineari alla spesa che hanno determinato due clamorose proteste. Mi ha ferito, ad esempio, quando a Venezia ho visto le forze di polizia manifestare il proprio dissenso. Credo che meriti rispetto ogni dirigente, ogni cittadino colpito da quei tagli che non andavano fatti, e penso anche ai tagli ai fondi alla scuola, causa della protesta dei precari che ancora non sanno se fra qualche giorno avranno la cattedra. Non è una critica demolitoria. Allora, è lecito avanzare critiche, esprimere dubbi? Come quelli nei confronti del federalismo fiscale, non in sé ma per come viene attuato. Il federalismo fiscale è una grande occasione per l’Italia, certo, ma in alcuni momenti è apparso che così non fosse. Lo so che sono prospettive non condivise da tutti. Ma io le ho avanzate consapevolmente. Per esempio, quando si parla di lotta all’immigrazione clandestina si deve parlare anche di integrazione dell’immigrato onesto. E ancora, il garantismo è un principio sacrosanto, ma mai e poi mai può essere considerato una sorta di impunità permanente: garanzia dell’imputato, certo, ma i processi si devono svolgere. Tutto questo è eresia, è disfattismo? È stillicidio polemico ribadire che la magistratura è un caposaldo della democrazia? Non si può a causa di qualche mela marcia contestare quello che rimane un presidio della nostra Repubblica. È uno stillicidio dire che noi siamo un grande partito nazionale, e che proprio perché deve avere a cuore tutti, da Vipiteno a Lampedusa, non può appiattirsi su un alleato come la Lega che ha dimensione locale? Perché accontentare un migliaio di produttori di latte che sforavano le loro quote solo per compiacere Bossi a scapito di tanti agricoltori onesti? Il Pdl doveva essere un grande partito nazionale, un grande partito occidentale. Con valori di riferimento precisi: libertà, rispetto e dignità della persona umana. E se non fossi stato espulso dal Pdl avrei detto quello che dico adesso: quello di Gheddafi a Roma, un personaggio che non ha nulla da insegnarci, è stato uno spettacolo indecoroso. Da ex ministro degli Esteri conosco le ragioni della realpolitik, posso anche arrivare a dire che ci possa essere una quota di realpolitik in una logica di interessi nazionali. Ma questo non può portare a una sorta di genuflessione. E allora, continuando, è possibile dire all’interno del Pdl, come ho detto in passato, che c’è un preciso dovere per chi ha responsabilità istituzionali, quello di rispettare le altre istituzioni? Quando il premier chiede che gli venga riconosciuto il rispetto dovuto, lui deve riconoscerlo agli altri, in primis al capo dello Stato che rappresenta la Costituzione. E si deve rispettare il Parlamento, che non è una dependance dell’esecutivo. E non lo dico da presidente della Camera, ma perché devono essere equilibrati i poteri. È stillicidio dire che governare è una nobile e ardua impresa ma non può mai significare comandare? Sì, perché governare significa comprendere le ragioni di tutti e garantire equilibrio. E sempre per essere chiari: era stillicidio, provocazione, boicottaggio, ribadire che il Pdl doveva essere la garanzia di portare a termine grandi riforme economiche e istituzionali? È vero, la crisi è stata un ostacolo. Ma perché non si parla più di una grande riforma per far nascere l’alba di una nuova repubblica? Non avevamo concepito il Pdl per mantenere l’esistente, ma come forza di vero e autentico cambiamento. E, ancora, è stata dimostrazione di preconcetta ostilità ribadire che in questa fase di crisi – in cui è ancora più indispensabile l’impegno per una politica con più attenzione al sociale – promuovere la rivoluzione del merito che deve diventare non un impegno elettorale, ma un atto politico conseguito giorno per giorno per privilegiare chi è più capace. E ritengo di avere diritto di porre alla mia comunità politica anche quesiti scomodi e questo non credo meriti il gesto infastidito di chi li dice incompatibili con l’atteggiamento politico. Il presidente del Consiglio, lo dico senza ironia, ha tanti meriti, ma anche qualche difetto: innanzitutto quello di non capire che in una democrazia non può esserci eresia. Gli siamo tutti grati per quello che ha fatto nel ’94, per aver battuto la cosiddetta macchina da guerra, ma la gratitudine non implica che non possa esistere il confronto, che i distinguo debbano essere accusati di lesa maestà: perché non siamo un popolo di sudditi. Io gli ho contestato la sua attitudine a confondere la leadership con quello che è l’atteggiamento di un proprietario di azienda. Proprio perché il Pdl ha aperto orizzonti di grandi speranze, non può essere derubricato a contorno del leader, ma deve essere una fucina di idee, un polmone che respira e dà ossigeno all’intera nazione. Rivendicare la possibilità di esprimere opinioni non è boicottaggio ma democrazia interna, fisiologia di un partito di massa, non teatrino della politica. È possibile che la sola volta in cui si sia riunita la direzione del Pdl abbia segnato il momento di avvio del processo che ha portato al 29 di luglio? Giorno che considero lesivo non della mia persona, ma di un grande partito che è il Pdl e si fonda sulla democrazia. Continuare in questa dialettica interna non significa tradire gli elettori perché ci sono tanti, tanti elettori del Pdl autenticamente moderati che non si accontentano dell’affermazione “siamo il partito dei moderati”. Ci sono per davvero tanti elettori del Pdl convinti che la ragione prima della politica sia garantire l’interesse generale, della polis, l’interesse nazionale, non l’interesse di una parte. C’è gente che non capisce perché il Pdl anziché lavorare per unire, lavori per dividere, per alzare gli steccati, per determinare scontri. Ecco il Pdl autenticamente nazionale. Certo, questi elettori del Pdl sono in molti casi donne e uomini che hanno votato Alleanza nazionale, ma non solo. Sono elettrici ed elettori di altre tradizioni politiche. E ne abbiamo avuto la riprova dopo l’espulsione, quando si sono costituiti i gruppi di Futuro e libertà. Si sono uniti uomini e donne che non avevano avuto niente a che fare con quella tradizione politica. Il ringraziamento che voglio fare è a quei parlamentari che non erano mai stati a Mirabello. Fli non è An in sedicesimo. Chi lo pensa non ha capito assolutamente nulla. Qui c’è il tentativo difficile ma doveroso di non disperdere quel sogno. Dobbiamo dare risposte alle tante donne e ai tanti uomini che nemmeno leggono più le pagine della politica, che nutrono fastidio per telegiornali e giornali che sembrano essere fotocopie. Nel Paese sta crescendo il distacco nei confronti della politica. Fli, come punto di riferimento di tanti elettori che nelle ultime elezioni magari si sono astenuti o che nelle prossime amministrative, senza un’alternativa, si asterrebbero. Sono elettori che ci dicono di andare avanti, di cercare di difendere non solo le nostre buone ragioni ma i principi originari, più autentici del Pdl, che ci chiedono di dar vita a una buona politica, che è l’unico antidoto alla sfiducia crescente nelle istituzioni. Quando tante persone perdono fiducia nella politica è la vigilia di momenti che possono essere più problematici. Il Pdl, come lo avevamo concepito e voluto, è finito il 29 luglio perché è venuta meno la volontà di dar vita a quel confronto di idee che è il sale della democrazia. Il Pdl non c’è più, ora c’è il partito del predellino. Per certi aspetti il Pdl è Forza Italia che si è allargata con qualche colonnello o capitano che ha soltanto cambiato generale e magari è pronto a cambiarlo ancora. E il fatto che il Pdl non c’è più è la ragione per la quale è facile rispondere alla domanda: cosa accadrà? Ed è molto più facile rispondere se si ragiona, piuttosto che se ci si fa prendere dai desideri o dalle paure. Fli non può rientrare in ciò che non c’è più, non accadrà. Non si entra in ciò che non c’è più, si va avanti con le nostre idee, con il nostro impegno, con la nostra elaborazione politica. Non ci ritiriamo in convento né erriamo raminghi in attesa del perdono. I gruppi parlamentari non possono essere trattati – Berlusconi è un uomo di spirito e non se la prenderà – come se fossero dei clienti della Standa, che se cambiano il supermercato dove fino a quel momento si sono serviti ottengono poi il premio di fedeltà. I parlamentari che stanno con noi hanno voglia di far politica, di parlare con la gente. Si va avanti con le nostre idee, con le nostre proposte, si va avanti senza farci intimidire da quello che è stato definito il “metodo Boffo”, messo in campo nell’ultimo mese da alcuni giornali che dovrebbero essere il biglietto da visita del cosiddetto partito dell’amore. E se questo è l’andazzo, immaginate se non erano amorevoli cosa poteva succedere. Non ci facciamo intimidire perché di intimidazioni ne abbiamo vissute ben altre, in anni in cui i pericoli per la destra erano ben altri. Non ci facciamo intimidire da campagne paranoiche e patetiche. Paranoiche perché indecenti, e patetiche perché non si rendono conto del disprezzo che gli sta montando attorno. Noi attendiamo fiduciosi i riscontri della magistratura, che dirà e stabilirà i responsabili di tanta volgarità, di tante menzogne e falsità. Altro che valori della libertà. È stato un atteggiamento infame, non perché rivolto alla mia persona, ma alla mia famiglia, ed è tipico degli infami. Si va avanti e lo si fa per tenere fede allo spirito delle origini, si va avanti per non tradire lo spirito del Pdl, si va avanti per evitare che il governo commetta altri errori, si va avanti – e se lo tolgono dalla testa – senza cambi di campo, senza ribaltoni e ribaltini, perché da questo punto di vista le polemiche sono indice dello scarso livello del comprendere. Si va avanti convinti, come siamo, della necessità di portare a termine il patto scritto con gli elettori, senza dimenticare parte del programma, senza inventare altre cose che poi diventano, a comando, emergenze. Si va avanti anche quando il presidente del Consiglio presenterà il patto dei cinque punti – la riforma della giustizia, il Mezzogiorno, il federalismo, il fisco e la sicurezza – è di tutta evidenza che i nostri capigruppo parleranno chiaro e forte e parleranno senza distinzioni tra falchi e colombe, perché a noi non interessa l’ornitologia. E i parlamentari di Futuro e libertà, se vogliono ridare dignità e spirito di attuazione a quello che era il progetto del Pdl, possono opporsi ai capisaldi del programma? E allora sosterremo da donne e uomini liberi questo programma. Ma credo che non possa essere negato, a noi come a nessun deputato o senatore della maggioranza, di chiedere come si declineranno questi obiettivi del programma. Con spirito costruttivo chiederemo come si vuole dare vita a questo programma. Fli non rema contro, ma rappresenta l’azione politica di chi vuol far camminare veloce il governo in modo proficuo ristabilendo anche un buon rapporto con la pubblica opinione (perché c’è qualche segnale di stanchezza, amici miei, sondaggi o non sondaggi). Cercheremo di dare vita a un patto di legislatura, dunque, per riempire di fatti concreti gli anni che ci separano da quando andremo a votare. È un “interesse nazionale”, e per questo riteniamo che sia avventurismo politico minacciare un giorno sì e l’altro pure le elezioni, magari per intimidirci e magari per regolare i conti con qualcuno. Governare è fatica, confidiamo nel senso di responsabilità di tutti, nessuno escluso. Perché il fallimento di questa legislatura sarebbe un fallimento per tutti: per me, per Fli, per Berlusconi. E credo che ne sia cosciente, Berlusconi. Perché al di là di tante espressioni polemiche, quando si ottiene una fiducia talmente ampia e si ottiene una maggioranza parlamentare come mai era capitato nella storia della Repubblica, la prima cosa da fare non è mettere alla porta il dissenso o chi magari è antipatico, ma governare. Siamo certi che un patto di legislatura posa garantire la legislatura. E credo che ne siano consapevoli anche Bossi e la Lega. Bossi capisce gli umori della gente, è un leader popolare. Abbiamo polemizzato spesso, è vero. Solo chi non conosce la storia, oltre che la geografia può pensare che la Padania esista per davvero! Bossi ha capito che quella bandiera che ha alzato per primo anni fa, anche raccogliendo l’ironia e lo scetticismo di molti, il federalismo, può essere una bandiera da alzare, che determinerebbe il compimento di quella missione storica che Bossi ha dato al suo movimento. Ma il federalismo è possibile solo se ènell’interesse di tutta l’Italia. Bossi è uomo concreto, sa che il nord ha bisogno del federalismo a condizione che sia nel nome dell’interesse generale. E potrei tranquillamente dire che nella commissione bicamerale con trenta componenti per il federalismo fiscale, il nostro senatore Baldassarri è determinante. Allora, discutiamo assieme a Lega e a Forza Italia allargata di che significa federalismo equo e solidale. È una grande questione che non si riduce al rapporto tra Calderoli e Tremonti. Si può realizzare a patto che si stabiliscano i costi standard. Il Meridione ha tutto da guadagnare da una riforma in senso federalistico, nella quale è indispensabile valutare i costi standard delle regioni, perché nessuno può obiettare il fatto che i costi in Emilia Romagna non sono la stessa cosa di quelli in Calabria. Nessuno difende la spesa storica, quella in base alla quale le amministrazioni si vedevano pagare le loro spese a pié di lista, ma la definizione dei parametri di spesa non può non essere discussa, come si deve discutere dei tempi del federalismo o di cosa voglia dire fondo perequativo. Tanto più che, con questa riforma dobbiamo essere all’altezza di una ricorrenza, quella della celebrazione dei 150 anni di unità italiana, che non deve essere solo ricostruzione degli eventi storici, ma occasione per una riforma nazionale, che non lasci indietro alcune regioni, che non sia espressione di egoismo di parte ai danni di tutti. L’Italia una e indivisibile è non solo interesse del Sud, ma anche del Nord. E basta vedere cosa accade fuori dalla nostra nazione per accorgersi che se la crisi della Grecia fa tremare la Germania, la Padania non può certo sopravvivere alla crisi di un solo paese europeo o che si affaccia nel Mediterraneo. L’Italia ha il dovere di confermare la sua unità e di mettersi in competizione con gli altri paesi. Ha il dovere di fondare un nuovo patto di legislatura, che non sia più un tavolo a due gambe, né un accordo gestito con quiescenza.
Ma che fine ha fatto nel programma quel punto con il quale si pigliavano gli applausi relativo all’abolizione delle province? Che fine ha fatto quel punto del programma che prevedeva la privatizzazione delle municipalizzate? È stato sufficiente capire che in alcune aree diventavano i tesoretti di un partito per allineare la Lega alla sinistra italiana. Il nuovo patto di legislatura non è più soltanto tra Berlusconi e Bossi, ma nell’interesse di tutti, della Lega ma anche di Silvio Berlusconi. Sono convinto che nel suo realismo e pragmatismo metterà da parte l’ostracismo, anche perché non ci fermiamo. È inutile che dicano “facciano quello che vogliono”, perché lo faremo. Non servono a nulla gli ultimatum anche perché non ci spaventano. Silvio Berlusconi ha il sacrosanto diritto di governare, perché è stato scelto in modo inequivocabile dagli elettori e non ho alcuna difficoltà a dire che pensare a scorciatoie giudiziarie per toglierlo di mezzo, rappresenterebbero un tradimento del volere democratico. Nessuno è contrario al lodo Alfano o al legittimo impedimento. Siamo convintissimi che occorra risolvere la questione relativa al diritto che Berlusconi ha di governare senza che vi sia l’interferenza di segmenti iperpoliticizzati della magistratura che vogliono metterlo in fuorigioco. Affidarsi al dottor Stranamore – che è l’onorevole Ghedini – è incomprensibile. La soluzione non si trova mai e il problema si acuisce. Non va fatta una legge ad personam che danneggi parte della società, ma una legge a tutela del capo del governo, del capo dello Stato che esiste in molti paesi d’Europa. Il che non vuol dire impunità, non vuol dire cancellare i processi, ma la sospensione degli stessi. E dobbiamo farlo cercando di avere in mente che alcune riforme sono giuste: come si fa a essere contrari al processo breve? Si deve lavorare per quello e dobbiamo ricordare a proposito che l’Ue ci ha condannati più volte per la loro eccessiva durata, spesso occorrono anni per sapere come va a finire. Ma la cosa inaccettabile è il rischio che, nel momento in cui tante vittime aspettano di sapere il destino del processo, poi rimangano con un pugno di mosche in mano. La riforma va fatta per garantire i cittadini. La riforma della giustizia non può essere fatta contro la magistratura, che certamente non ha il compiuto di interferire con il Parlamento. E allora discutiamo in Parlamento, di come garantire a Berlusconi il diritto di governare, discutiamo anche con le parti più responsabili dell’opposizione: una dimostrazione su questo punto l’ha data Casini. Discutiamo anche delle proposte che derivano dall’opposizione, senza che i solerti consiglieri del principe le straccino subito. E penso anche alle proposte avanzate da giuristi come Pecorella, Consolo e dall’attuale vicepresidente del Csm, Vietti. Facciamo la riforma della giustizia senza per questo determinare però un perenne cortocircuito tra il potere politico e la magistratura. È un impegno gravoso, difficile, che comunque dobbiamo portare avanti. Se la sovranità appartiene al popolo, la sovranità si esprime in tanti modi. Qui vogliamo rilanciare una proposta, una di quelle per le quali dicono: “Fini dice cose che lo avvicinano alla sinistra”. La sovranità popolare significa anche che la gente ha il diritto di scegliere i propri rappresentanti. Se la sovranità è popolare credo che la gente abbia il diritto di scegliere anche questo. Federalismo e giustizia: sono grandi questioni, ma non possono essere i soli temi del dibattito. Perché l’attenzione degli italiani non è rivolta solo alla giustizia: oggi tanti italiani sono preoccupati per le condizioni economiche. Gli italiani, al nord come al sud, sono preoccupati per le condizioni economiche e sociali e per il lavoro: non è propaganda, né demagogia, né “fare il verso” all’opposizione. Sono i problemi delle famiglie. Fli deve fare tutto per affiancare ai due temi del federalismo e della giustizia gli altri temi che davvero interessano i cittadini. Teniamo presente quello che hanno detto il capo dello Stato, le imprese, i lavoratori. Possibile che nei cinque punti non ci sia nulla per far ripartire l’economia e renderla competitiva? C’è un’Italia preoccupata. E Berlusconi ha ragione quando parla di ottimismo, ma non può essere ottimismo solo verbale, deve diventare azione concreta. Perché, fermata la crisi (e il nostro governo ha operato bene in questo senso), oggi dobbiamo far ripartire l’economia. Non possiamo accontentarci che le entrate siano garanzia dell’economia. Serve il coraggio politico di ridare vita a quelle riforme che erano nel programma originale del Pdl e di cui non sento parlare: per esempio, il superamento dei due miti fasulli del Novecento, la lotta di classe e il mercatismo. È arrivato il tempo di dare vita a una sintesi, a nuovo patto tra capitale e lavoro: significa mettere i produttori di ricchezza dalla stessa parte della barricata. Una proposta che feci in occasione di quella direzione nazionale e che è caduta nel nulla, è una riforma del mondo del lavoro. Serve una politica che comprenda le esigenze del nostro mondo produttivo. I piccoli imprenditori lo sanno meglio di tutti. È importante ricordare che il tessuto produttivo è diverso da altri paesi, si basa su imprese medio piccole. Si tagli il superfluo, ma non si lesini in infrastrutture, in ricerca, in produzione di eccellenze di avanguardia. Viviamo in una fase in cui i giacimenti culturali valgono più – nella globalizzazione – dei giacimenti petroliferi. Dobbiamo investire, anche se è evidente che la coperta è corta. Sarebbe facile dire “il governo tiri fuori le risorse”. Ma dobbiamo passare dallo scontentare tutti a dire che c’è un settore su cui si deve investire, ed è il settore connesso a ciò che può dare competitività al nostro sistema produttivo. Soprattutto per le nostre imprese che esportano: non basta pensare alla delocalizzazione delle imprese, ma bisogna attrarre capitale e mettere chi vuole nelle condizioni di investire e di poterlo fare.
Vuol dire dare attuazione ai punti qualificanti del programma del Pdl. Non voglio affondare il coltello nel burro ma nonostante il “ghe pensi mi”, vi sembra possibile che ancora non si conosca il nome del ministro allo Sviluppo economico, in quale altro paese sarebbe possibile? È chiaro che deve essere un ministro capace di ragionare e lavorare con il ministro dell’Economia. Ed è chiaro che serve una politica capace di liberalizzazioni, una politica che riesca a dare vita al patto generazionale. Perché credo ci sia un altro grande campo in cui un governo di centrodestra che ha a cuore il governo nazionale non deve risparmiarsi: è il contesto giovanile, infatti non esiste genitore degno di questo nome che non sia disposto a fare un sacrificio personale per il futuro dei propri figli. La questione giovanile è centrale, e mi piange il cuore che tra i giovani ci sia un disoccupato su quattro. C’è chi contrabbanda la flessibilità, che è invece necessaria per l’economia e per le imprese, con la precarietà permanente: dimenticano che in Germania ci sono sì molti contratti a tempo determinato, però lì le buste paga non sono certo leggere come da noi, ma spesso più corpose di quelle dei contratti a tempo indeterminato. E dobbiamo renderci conto che il patto generazionale è importante come quello tra Nord e Sud se abbiamo a cuore il governo nazionale. Perché non è giusto che serva l’aiuto del nonno per far vivere più sereno il nipote: si è completamente ribaltato il mondo, prima spesso era grazie al lavoro del nipote che si sosteneva il nonno. Poniamoceli questi problemi. Chiediamo ai ragazzi un impegno e quando dico andiamo avanti e non ci fermiamo, lo dico anche perché in queste settimane abbiamo visto come siano i più giovani a dirci “provateci, non vi fermate, siamo con voi”. Credo che sia estremamente bello vedere anche qui questa sera tante ragazze e tanti ragazzi che vogliono ancora credere in una politica capace di costruire il loro futuro. Il futuro della libertà. E la prima libertà è metterli nella condizione di far vedere ciò di cui sono capaci. Che fine ha fatto la rivoluzione meritocratica? Preoccupiamoci delle condizioni sociali. Credo che debba destare preoccupazioni in tutti leggere che nell’ambito della cosiddetta spesa sociale il nostro paese è uno degli ultimi paesi in Europa. Ecco perché andrà avanti Futuro e libertà, perché sono servite le fondazioni che hanno riempito un vuoto. È doveroso chiedersi, visto che la società è profondamente cambiata, se la spesa sociale deve essere rivolta a quelle categorie tradizionalmente più deboli o non è il momento di investire su quella famiglia che rimane il luogo in cui da sempre si dà vita alla trasmissione di valori, si crea la condizione per la quale ci si sente figli di una comunità. Serve un welfare delle opportunità per i
giovani, basato sulle esigenze della famiglia, soprattutto quella monoreddito. Oggi, il centrodestra deve saper tradurre in realtà ciò che era stato inserito nel programma di governo. Intervenire con politiche a sostegno delle famiglie vuol dire anche che se nei cinque punti c’è la riduzione del carico fiscale non possiamo annunciarlo e basta ma si deve assume l’onere di fare delle proposte. E noi queste le abbiamo fatte: interveniamo, ad esempio, sul cosiddetto quoziente familiare, che faccia sì che chi ha a casa più figli o un disabile abbia poi un carico fiscale diverso dagli altri.
Ed è necessario che di tutto ciò ne parliamo in Parlamento, e mi fa piacere che lo abbia fatto ad esempio il ministro Tremonti. E facciamolo cercando di coinvolgere anche le opposizioni, se hanno delle idee per capire anche se il concetto di interesse nazionale ha fatto breccia anche da quelle parti. Una maggiore giustizia sociale sta a cuore a tutti, un governo grande sa prendere una buona idea anche se viene dall’opposizione. Prendiamo a raccolta questa Italia che lavora. L’Italia che lavora, che poi equivale all’Italia onesta, che quando sente parlare di etica del dovere non ha l’atteggiamento di chi alza le spalle e dice: “È ragnatela del passato”. È l’etica che il padre insegna al figlio, e la politica deve sentire il dovere di praticarla. Il senso civico, il senso di appartenenza. Basta con questo egoismo diffuso, con questa Italia parcellizzata che non si fa più carico del disagio del vicino. Una politica nazionale non ha timore di parlare di legge come garanzia per il più debole. Perché da che mondo a mondo si dice che “la legge è uguale per tutti” perché la garanzia serve ai più deboli, non ai più potenti, a chi riesce a piegarla ai suoi interessi. Questo è il centrodestra. Se crediamo in queste cose, non stanchiamoci di ringraziare chi fa il suo dovere per lo Stato: è gratitudine, è senso civico. Essere servitori dello Stato, nell’Italia che sogniamo, deve essere motivo d’onore. Non si può dire che “sono poveretti che non sanno che altro fare e allora decidono di entrare nelle forze dell’ordine”: significa servire il nostro popolo, la nostra patria. E ancora più convinti di prima, portiamo avanti la lotta contro ogni forma di criminalità, compresa quella dei colletti bianchi, dei furbetti del quartierino, di chi pensa che il garantismo è impunità. Continuiamo la lotta per la legalità, rilanciamo il decreto anticorruzione: cosa costa rimetterlo al centro dell’attenzione del Parlamento? Discutiamo sull’opportunità di stabilire un codice etico per chi ha cariche pubbliche. Stabilendo ciò che è legale e ciò che no, ma anche ciò che è opportuno e ciò che non lo è. Su questi temi e su altri, lavoriamo per unire non per dividere. Su queste questioni cerchiamo di dare vita a una politica che segni un salto di qualità. Gli italiani sono stanchi di questa perenne campagna elettorale che non finisce mai, di questo trionfo della propaganda, di questa ordalia quotidiana. Fli guarda a un futuro per unire, siamo convinti che su queste questioni, con un’azione politica che parta dal centrodestra si possano ritrovare anche altri. Gli italiani sono stanchi di muri e di risse, smettiamola con gli insulti, con gli appelli che cadono nel vuoto. Diamo vita a una politica che sia capace di uno scatto di orgoglio, di un colpo di reni, in nome di ciò che è giusto, non di ciò che è utile. Sapete, in molti mi hanno detto: “Chi te lo fa fare? Ma aspetta, sei più giovane!”. Ma io credo che se vogliamo ridare all’Italia quella passione che merita. Basta con l’utilitarismo, basta con il calcolo del farmacista, basta con il meglio attendere domani. Bisogna buttare il cuore oltre l’ostacolo, bisogna dare un senso alla politica e bisogna farlo nel nome delle nostre idee e della nostra concezione politica. Ricordando quello che avevamo nel cuore a 18-20 anni, quando nessuno di noi pensava all’ingresso in Parlamento o a cariche istituzionali e nessuno era mosso dall’utilitarismo, né c’era qualcuno che diceva: “Aspetta non ti conviene, sai è permaloso”. Tenendo bene a mente, come ci piaceva dire da giovani, che se un uomo non è disposto a lottare per le proprie idee o non valgono niente le sue idee o non vale niente lui come uomo. Allora, in nome di un centrodestra autenticamente liberale, nazionale, riformatore, sociale, europeo, avanti con Futuro e libertà per l’Italia!
 
 
 
 Un commento nel quale mi ritrovo….
 

24

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6.9.2010

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di Giuseppe – vecchio finiano –

Mi spiace ma non mi ritrovo nei commenti letti fino ad ora, i primi nove, per me non è stato un grande discorso, tutt’altro. A mio avviso è stato un discorso rancoroso, arrogante e violento, rimarcando il suo disprezzo, dopo 17 anni probabilmente di fette di salame sugli occhi, nei confronti di Berlusconi. MA soprattutto è stato un discorso ambiguo e spesso distorto dalla realtà. Già l’inizio è un "falso" clamoroso… racconta come se fosse idea sua quella di creare il grande polo di centrodestra, il PDL, dimenticando che quell’idea non gli è mai passata per la testa, anzi, l’ha pure liquidata come una fesseria…. salvo poi opportunisticamente svendere AN – il mio partito – a Berlusconi per qualche poltrona di rilievo, compresa la sua. Eppure esordisce dicendo: "Qui, preconizzammo quell’ulteriore svolta che portò al Pdl" … triste, molto triste. Fa la voce grossa, attacca ripetutamente l’operato del governo – nel quale c’era anche lui ed i suoi uomini  (nota mia…cosa che ha fatto per tutto il suo mandato di presidente della Camera)– non risparmiando bastonate a Bossi e Tremonti. Non risparmia neppure i suoi ex colonnelli, quegli stessi che l’anno supportato e sopportato per anni, prima come MSI e poi come AN, negando loro quel diritto di dissenso che invoca lui per se stesso all’interno del PDL. Non dice cosa farà da grande ma tiene un piede dentro ed uno fuori dal governo, ( sempre nota mia…fatto rimarcato perfino da Di Pietro…il che è tutto dire) per evitare una rottura netta che lo porti alla stessa fine che fece Bertinotti con Rifondazione quando è uscito dal centrosistra, ovvero fuori dal parlamento. Peccato.

 
 
Roma, 5 set (Il Velino) – Gianfranco Fini nell’atteso discorso di Mirabello ha sfidato Silvio Berlusconi e quanti, ex capitani e colonnelli di An, sono rimasti nel Pdl, che secondo lui non esiste più. Ha demolito la politica del governo: i tagli di Tremonti, il federalismo di Bossi, le scelte della Gelmini, la politica estera, “stranamore Ghedini”, la legge elettorale… Ha offerto la disponibilità a sostenere uno “scudo” per il premier. Ma indietro, ha detto, non si torna. Quindi: o si riparte con un nuovo soggetto politico, o Fli va avanti e, e non ci sarà una crisi di governo, diventa il terzo partner della maggioranza con cui dovranno essere concordate tutte le scelte e definito un patto di legislatura. Durissimo l’attacco al Giornale e a Libero: “infami” li ha definiti perchè si sarebbero resi responsabili di una sorta di "lapidazione islamica" della sua famiglia. In prima fila, ad ascoltarlo, con i fedelissimi, la compagna Elisabetta Tulliani. 

Il discorso di Fini ha provocato reazioni di segno opposto. Per il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, il fondatore di Fli ha “certificato la crisi politica del centrodestra”. Secondo La Stampa, Bersani sarebbe pronto a discutere accordi con il presidente della Camera. Scettico Antonio Di Pietro, che ha parlato di un Fini “uno e trino”. “Vuol fare il capo dell’opposizione ma resta al governo”, ha commentato il leader di Idv. Apertura di credito all’ex leader di An da parte di Francesco Rutelli, secondo cui “il discorso di Fini è largamente condivisibile”. “Il bipolarismo come lo abbiamo conosciuto in questi anni non esiste più”, ha osservato il leader di Api. L’ex sindaco di Roma si è detto contrario ad elezioni anticipate, ma favorevole a “convergenze per il bene comune sulle grandi questioni dell’economia, del lavoro, della famiglia e dell’impresa”.

Sostanziale bocciatura del discorso di Mirabello da parte degli esponenti del governo. Il ministro della Difesa Ignazio La Russa, ex colonnello di Fini, ha sottolineato che “è stato il generale a cambiare bandiera”, ricordando come sia stato proprio il presidente di Montecitorio ad aver indicato Silvio Berlusconi come premier. Per il titolare dell’Interno, Roberto Maroni, “è rinata Alleanza nazionale, un partito che assicura gli interessi del sud più che quelli della Padania, che per Fini non esiste ma per noi esiste eccome”. Maroni ha escluso l’ipotesi di governi alternativi a quello attuale, assicurando che “se cade la maggioranza si va al voto. E il ministero dell’Interno è pronto a organizzare le elezioni in pochi giorni”.

Silvio Berlusconi ha preferito non esprimersi a caldo e attende il vertice di oggi con Umberto Bossi per decidere come comportarsi. Secondo il Corriere della Sera, il passaggio del discorso di Fini che avrebbe più irritato il premier è quello sulla legge elettorale, in cui il presidente della Camera si è allineato alle opposizioni. Il resto era sostanzialmente previsto. “Per Berlusconi la strada è molto stretta – ha osservato Bossi -. Se tutti i giorni deve andare a chiedere i voti a Fini e a Casini per far passare una legge non dura molto: se dava retta a me si andava alle elezioni e non c’era più né Fini né Casini, né la sinistra che scompariva”.

 
 

A mio modesto parere, Fini si è dimostrato solo un abile oratore, che ha mescolato un sacco di ovvietà a fatti avulsi dal mondo reale, reminescenze del passato e ipotetiche utopie del futuro, nascondendo invece quello che tutti si aspettavano da lui, ossia una vera presa di posizione sui fatti di Montecarlo, dove invece ha svicolato, dicendo solo che la sua "famiglia" è stata oggetto di una lapidazione di tipo islamico….. e se davvero il PDL non c’è più…quello saranno solo le urne a dirlo, non certamente lui. E ribadendo la lealtà al programma di governo, sempre a mio parere, ha dimostrato la sua paura ad andare in tempi prossimi alle elezioni, e sta cercando solo di guadagnare tempo per organizzarsi.


senza parole..basta la musica…e che musica


ritorno

 

Ripartiti…con la pioggia. Il lago è grigio e più che le onde ci sono delle "marezzature" ed increspature appena orlate da una lieve spuma bianca. Solo verso Laveno si iniziano a vedere i paesi sull’altra sponda, prima celati dalla nebbia. Mi sento "manzoniana"…Addio monti sorgenti dall’acque…anche se non è il lago di Como. Abbiamo preso la nuova variante facendo una

piccola sosta a Gavirate per salutare Pierre con il figlio e la nipotina e presentare loro il nostro amico, e ci hanno "scortato" fino a Calcinate. Qui almeno è cessato di piovere.

 

Piccola considerazione tra Milano e Bergamo: a cosa serve costruire autostrade a 4 corsie se poi le auto si accalcano sulle ultime due? Sono rari quelli che viaggiano sulle prime due…la maggior parte viaggia sulla terza, compreso i co..comeri che non superano i 90 all’ora e ti costringono a superarli (non sorpassarli..) sulla destra. Sarà che viaggiamo spesso all’estero, specie nell’area tedesca, ma degli indisciplinati come noi italiani non ne ho mai trovati, ad iniziare da mio marito che ha iniziato a rispettare i limiti di velocità solo quando è stato colpito pesantemente nel portafoglio…

 

Da Brescia in poi il tempo è migliorato: nuvoloso, certo, ma con sprazzi di sereno. E finalmente, dopo la stretta di Salorno, le scritte bilingui, le "mie" montagne, il Colle con la torre di legno, san Genesio, lo sperone sul quale sorge castel Firmiano, monte Tondo con la coce che si illumina alla notte, l’altopiano del Renon, la val Sarentina…. e mi sono detta: sono a casa.


Piero

Non è una persona, ma una località con un ottimo agriturismo…

Quel che fai a sinistra…

è sempre sacrosanto.
Milano e Roma sgombrano campi rom = razzismo. A Firenze è un atto umanitario.
Presso Abbiatergrasso 3 dodicenni si azzuffano col coetaneo cubano = razzismo. A Livorno circa 200 persone cercano di linciare 2 romeni…sarebbe successo anche se i 2 fossero stati francesi o tedeschi. MAH…