La vita è sogno, soltanto sogno, il sogno di un sogno (Edgar Allan Poe)

Archivio per settembre, 2009

frase del giorno

E’ solo rispettando se stessi che si può esigere il rispetto degli altri, è solo credendo in se stessi che si può essere creduti dagli altri.

(Oriana Fallaci – Lettera a un bambino mai nato)


aforisma del giorno

Nessuno è bugiardo come l’uomo indignato.
(Nietzsche – Di là dal bene e dal male)
e come è vera questa massima…chi fa la morale ed è peggio degli altri…


detto del giorno

Da un ladro puoi stare in guardia, da un bugiardo no.
(anonimo)

articolo 21 della Costituzione Italiana

Art. 21

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo di ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

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 Libertà di informazione non significa libertà di insulto e lo spaccio di gossip come fossero verità giudiziarie. Ricordiamoci che Santoro appare in TV solamente perchè un giudice ha stabilito così, imponendo addirittura che vada in onda in prima serata., non solo, ma lo lascia pure libero di invitare chi vuole, quindi i vari Travaglio, Vauro, escort etc etc. Quindi è vero, non c’è libertà di stampa, ma c’è la stampa in libertà (che è tutt’altra cosa).

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da "il Giornale", domenica 27 settembre 2009, 08:41

Stop all’abbonamento con una raccomandata e 5,16 euro


mignottocrazia

 

Su indicazione di Mario ho guardato il seguente video. Come ho scritto nel post precedente, queste cose stanno ottenendo su di me l’effetto contrario. Io un personaggio pubblico lo giudico da come governa, e non da quello che fa sotto le lenzuola. E fino ad ora non posso che dare un giudizio positivo.


2 pesi e 2 misure

Ieri è ripreso il programma di Santoro. Sono sincera, ho visto ben poco perchè il personaggio mi è altamente antipatico. Mi domando però come si faccia a gridare alla mancanza di liberà dell’informazione ed alla censura quendo un simile personaggio può permettersi di STRILLARE di tutto e di più nel suo programma, per giunta in onda su una rete pubblica e paragonarsi addirittura a San Lorenzo sulla graticola. Un personaggio che vive solo di sarcasmo (non di ironia) e di presenzialismo.  La sua trasmissione dovrebbe allora chiamarsi ANNOSOTTOZERO, oppure ZEROASSOLUTO. Ci fossero davvero le restrizioni di cui vanno berciando, Santoro e gli altri personaggi non starebbero in televisione a sproloquiare di tutto e di più, personaggi inqualificabili come Travaglio, Vauro, quel rinc.. pardon… quell’anzianotto smemorato di Bocca, davanti al quale Franceschini ha detto che ci dovremmo alzare tutti, (sì, ma per andarcene), la contessina Borromeo fighetta e sputasentenze. Ho guardato poco e per curiosità, più che altro ho letto il resoconto sui quotidiani di oggi. Senza dubbio non mi sintonizzerò più su quel programma che definisco solo con una parola: INDECENTE.
(grido di dolore…AIUTO…mi stanno facendo diventare berlusconiana di riflesso).

Libri

 
Libri…da toccare, sfogliare, accarezzare, perfino da annusare quando sono freschi di stampa e odorano ancora di carta e d’inchiostro. Pagine con le orecchie, oppure vecchie cartoline, se non addirittura fiori secchi, quali segnalibro. Parole sottolineate, paragrafi interi evidenziati…i miei sono libri con una vita, parlano addirittura. I più cari sono un po’ squinternati e rabberciati alla bell’e meglio, non sono lì per fare numero sugli scaffali, anche se un po’ ammassati. Più volte ho tentato di catalogarli, ma è una fatica immane, sono solo suddivisi per categorie e, scavando bene, riesco sempre a trovare quello che cerco. Li conservo tutti, da quelli acquistati con i miei primi piccoli risparmi di studentessa a quelli ereditati dai miei (magari regalati proprio da me) e quelli di cui amici cari e parenti mi hanno fatto dono. Ognuno di loro ha una storia. Ogni tanto ne riprendo in mano uno, magari con la copertina scollata, edizioni supereconomiche come BUR od Oscar Mondadori o i Superpocket della Longanesi. Con gli anni sono arrivate le edizioni rilegate, alcuni addirittura li ho ricomperati in edizioni  migliori, ma non ho avuto il coraggio di separarmi da quelli vecchi, dove ci sono annotazioni a margine, con i pensieri e le riflessioni che mi suscitarono quando li lessi la prima volta, e rileggendole riprovo le medesime emozioni.
C’è un  po’ di tutto, nella mia biblioteca: classici, saggistica, filosofia, politica, religione, manuali di cucina, giardinaggio e guide turistiche..e poi poesie…poesie…poesie. Questi ultimi sono i libri più sfogliati, una poesia prima di addormentarmi la devo sempre leggere. Dalla poesia riesci davvero a sentire l’anima di una persona, a coglierne l’essenza. Il misticismo di Gibran, l’amore di Tagore e Hikmet, la sensualità della Merini e di Kavafis, la maestosità di Dante e di Milton, lo struggimento di Lee Master e della Plath..e tanti altri ancora.
Il futuro sarà degli e-book? No, un libro dev’essere vissuto, possedendolo, gustandolo, addirittura, per quello nuovo, tanto cercato,  pregustando il momento in cui lo leggerai, prelevandolo dalla pila che giace sul ripiano del comodino, e forse pure il libro stesso aspetta il suo turno di essere preso tra le mie mani, per trasmettermi la conoscenza che in esso è contenuto….
 

proverbio di oggi

Le bugie hanno le gambe corte
(molto corte…mi spiace solo di aver causato un dispiacere ad una persona della quale non sospettavo l’esistenza)


massima del giorno

Errare è umano; dar la colpa ad un altro lo è ancora di più.


Donne

Maria Laura Rodotà ha pubblicato un intervento, non so se sul suo blog o in un libro o in un’inchiesta, sulla mercificazione della donna nell’ambito televisivo, lamentando che per fare carriera le ragazze di oggi sono costrette a spogliarsi sia per ragioni di mercato che di audience televisiva. Costrette? Per mio conto le signorine suddette sono pienamente consapevoli di cosa le aspetti per raggiungere il successo e conoscono molto bene le regole del gioco. Basta poi vedere le code per poter accedere solo ai provini delle varie trasmissioni, che siano le selezioni per  fare le veline o per i vari concorsi tipo miss Italia ed affini e considerare quante ragazze aspirino, anche in mancanza di qualsiasi talento, solo ad entrare in quel mondo fatuo che è quello televisivo. Ma l’importante appunto è apparire, non essere.
Perchè invece la giornalista, nota solo perchè figlia di Stefano Rodotà, in quanto non in possesso di particolari personali meriti, non si occupa invece di quelle donne islamiche le quali, spesso controvoglia, soggiogate da una prepotenza maschilista, sono invece costrette a portare il velo? 

23 settembre- primo giorni d’autunno

L’autunno ha la bellezza della piena maturità. I suoi colori non sono quelli freschi della primavera o smaglianti come quelli estivi. Virano verso tinte calde, ma soft.
Anche le brume mattutine illeggiadriscono il paesaggio come una veletta ingentilisce l’aspetto un po’ fané di una signora che inizia ad avanzare negli anni, pur mantenendo intatto il suo fascino. Ricorda l’aspetto di un uomo che, ancora vigoroso, mostra qualche ruga che segna il suo viso.
Ogni stagione, come ogni età, ha la propria bellezza. Basta saperla vedere.


ormai….

 
Ormai non ci speravo più….Invece con la posta di questa mattina è arrivato il libro che mi ha inviato Mario. "Solo" 10 giorni…
 


frase del giorno

La dignità non consiste nel possedere onori, ma nella coscienza di meritarli.


c’è prete e prete – 2

Notabene. Perché il Governo, o chi per esso, non fa una legge che almeno proibisca a chi è sposato e soprattutto ha dei figli di fare il militare nelle zone a rischio?  (dal sito www.dongiorgio.it )

Questa  qui sopra era la frase finale dell’intervento di don(?) Giorgio, che per distrazione ho saltato nel post "c’è prete e prete"…

Allora mandiamo nelle missioni all’estero non solo gli scapoli, ma anche gli orfani e figli unici…perchè? le loro madri, i loro padri, fratelli e sorelle forse non piangono? Ritorno poi ancora sulla frase di "mercenari" e "maschioni fascistoidi", che denotano un odio davvero inusuale in un cosiddetto prete. Mercenari? Solo perchè sono pagati per il rischio che corrono? Ma quell’uomo ha visto da dove proviene la maggior parte delle vittime? Da un Sud dove gli sbocchi lavorativi "regolari" sono ben pochi (quelli in nero e sottopagati invece abbondano). E li critica se, per il lavoro che fanno, in zone altamente a rischio, vengono pagati? Perchè invece non e la prende con certuni personaggi dello spettacolo o dello sport, loro sì pagati profumatamente, e senza nessun pericolo da correre (forse solo negli sports motoristici). Maschioni fascistoidi?…qui salta velatamente fuori l’invidia per qualcosa che a lui, prete, è negata, almeno io la intendo così.

Sempre ritornando allo sporco lavoro che fanno, il prete le conosce le "regole di ingaggio"? E’ a conoscenza che per via di queste disposizioni i nostri soldati possono aprire il fuoco SOLO SE ATTACCATI, ma in questo caso, essendosi verifcato un attentato con autobomba, guidata da guerrigliero suicida, non è stato possibile farlo. E dei soldati, cui nella maggior parte dei casi, è inibito l’uso delle armi, è chiaro che sono lì per una missione non di guerra, ma di pace o, come la chiamo io, di libertà. Bello parlare di missione seduto su un comodo cadreghino in una parrocchia confortevole.

Molto più obiettivo l’altro sacerdote, Don Diego Goso che, in data odierna, riporta un ricordo dei caduti e che ricopio qui sotto.

In questi giorni è stato, come è giusto e prevedibile, un susseguirsi di dichiarazioni di cordoglio e solidarietà verso i Soldati Caduti a Kabul e le loro famiglie. Mentre ricordiamo con affetto quei ragazzi e pensiamo che l‘Italia piange oggi sei soldati in Afghanistan ma ogni giorno le bombe ne ammazzano almeno 10 volte di più tra i civili, qualche spulciatura alle dichiarazioni dei “big“ di questi giorni si può fare:

– Tutti dicono che questo è il tempo del silenzio e non quello delle polemiche. Che fa tanto nobless oblìge, allontana l‘idea di non voler speculare per altri fini sui morti (per quello ci sono già quelli dell‘Abruzzo a disposizione…) perchè adesso bisogna dare spazio solo all‘umanità. Virtù che alcuni nostri politici si ricordano di avere solo davanti alle disgrazie altrui sotto i riflettori.

– Tutti dicono che questo è il tempo di restare uniti. Che è un pò come vedere quelle famiglie dove non ci si frequenta da anni ma che al funerale di un parente si ritrovano compatte a recitare il copione del clan unito da giuramento di sangue, da momenti indimenticabili vissuti insieme, da cari estinti defunti senza il quale non è possibile vivere. Certo una nazione si dimostra grande per come affronta le crisi. Ma così noi non le affrontiamo: ci limitiamo a piangere insieme che fa tanto melassa e opinione. Poi, seppelliti i morti, torniamo a litigare, spesso e volentieri soprattutto su di loro. Una grande nazione è tale quando da una crisi non ne esce con il funerale di stato. Ma con la strategia di combattere il male che l‘ha afflitta senza altri fini.

– Tutti, infine, dicono che bisogna rivedere le regole di ingaggio. Che siamo in una missione di pace. Che bisogna spiegare che cos‘è una missione di pace. Veniamo meno al coraggio e alla morte di questi soldati con questi giochi di parole. Loro sapevano che potevano morire, loro sapevano che la guerra per come la chiami sempre morte porta ma che alcuni morti sono necessarie per far sì che il Bene sconfigga il Male. E il male qui ha la faccia anonima di vigliacchi terroristi. Uno Stato che vuole rendere onore ai suoi caduti combatte il Male che li ha uccisi. Non scappa davanti alla perdita, seppur terribile. Chi lo sostiene al Male si arrende, sputa su quelle tombe dopo averle coperte con lo strascico della pace, scritto minuscolo perchè vuol solo dire viltà.

E a don Diego, un sentito ringraziamento


c’è prete e prete….

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 Lo Spillo.it
 
 
set 18

italia-lutto
– tenente Antonio Fortunato, originario di Lagonegro (Potenza);
– primo caporal maggiore Matteo Mureddu, di Oristano;
– primo caporal maggiore Davide Ricchiuto, nativo di Glarus (Svizzera);
– primo caporal maggiore Massimiliano Randino, di Pagani (Salerno);
– sergente maggiore Roberto Valente, di Napoli;
– primo caporal maggiore Gian Domenico Pistonami, di Orvieto. 

Disclaimer

Lo Spillo.it è il sito personale di don Diego Goso. Potete diffondere, copiare, digerire o rigettare tutto il contenuto di questo portale, ma se siete onesti citate la fonte altrimenti Gesù piange. Questo sito è sempre commosso da chi si professa informatico e moderno e ha scoperto il computer l’anno scorso… Dal 1 AGOSTO 2009 LoSpillo.it "sopporta" (anche) Windows e le sue metastasi.

 

Per un mio percorso personale già da tempo sono agnostica, anche se invidio chi, per il tramite della fede, riesce a sopportare le durezze e le ingiustizio della vita ed ho il massimo del rispetto per chi crede. Ho quindi riportato qui sopra lo scarno ricordo dei nostri caduti fatto da don Guido Goso, che leggo spesso,  forse alla ricerca di un  cammino che ho smarrito. Niente retorica, niente parole "tromboneggianti", solo una preghiera per chi ci ha lasciato, che può essere di conforto a chi resta. Una bandiera abbrunata, come listato a lutto è il logo del suo sito.

Di tutt’altro "stile" il blog di don (?) Giorgio De Capitani, che gronda odio da tutte le parti, (un vero esempio di carità cristiana) che definisce mercenari fascistoidi i nostri caduti (NB: gli epiteti già postati precedentemente il prete li ha cancellati, sembra su richiesta della curia, tra l’altro aveva dato della testa di c…o a La Russa), un blog dove invece che di chiesa si parla di politica, naturalmente antigovernativa, uno schifo insomma. Un prete il quale, invece della tonaca che probabilmente non porta, dovrebbe indossare la jellaba, e recarsi in Afghanistan o nelle missioni, mentre se ne sta qui tranquillo nella parrocchietta della sua città di provincia (Lecco). Qui di seguito il suo intervento che potete trovare sul sito www.dongiorgio.it Non ho altro commento da fare.

La notizia è nota.  È andata su tutti i quotidiani, in tv, è rincorsa in tutto il Paese. Appunto, come una folgore.

Sei militari italiani, parà della Folgore, sono morti e altri quattro sono rimasti feriti in Afghanistan in seguito a un attentato kamikaze che ha colpito un convoglio della Nato sulla strada che porta dal centro cittadino all’aeroporto della capitale, Kabul.

Tutti hanno espresso rabbia, disapprovazione, con le solite parole di rito. Ipocrite. Come si fa a non imprecare contro gli attentatori, vigliacchi, delinquenti, ecc. ecc. ? Il nostro Ministro Ignazio La Russa – a cui evito l’epiteto dell’articolo precedente  che l’Avvocatura in persona della Curia m milanese mi ha costretto a cancellare, dietro velate minacce – è stato veramente efficace: “vigliacchi, infami, non ci fermeranno”. Contro chi l’onorevole (!) ha scagliato queste parole? Non lo sa nemmeno lui. “Non ci fermeranno”: ma dove vorrebbe andare il Ministro? Lo sapete voi? Io no.

Gli italiani, lo sappiamo, sono un popolo dalle lacrime facili, dalle emozioni immediate, pronti subito a parlare del milan o dell’inter. Ma si dicono cristiani, perciò dalla parte delle apparenti vittime, vittime di un sistema che le ha contagiate di una esaltazione paranoica patriottica.

Perché non riflettere seriamente?

Subito ci si lascia prendere dalla paura di essere tacciati di antipatriottismo o, ancor peggio, di quella anti-italianità che sembra la vergogna del miglior italiano.

Si ha paura a dire ciò che tanti pensano, proprio perché ci si sente addosso tutti i giudizi di un Paese che in certe occasioni, solo in certe occasioni, si sente in dovere di stare unito. Sembra che solo l’amor di Patria unisca gli italiani, non interessa se poi su tutto il resto si dividono fino a dilaniare la stessa Costituzione.

Perché, allora, non si ha il coraggio di dire che i nostri militari che si trovano nelle zone calde di una guerra non sono altro che mercenari, pagati profumatamente dal governo, cioè da noi, per svolgere un mestiere (perché parlare di “missione”, parola nobile da lasciare solo ai testimoni della carità?) che consiste nello sparare su bersagli umani, senza distinguere troppo se si tratta di bambini o di nemici armati?

Quanti bambini morti o feriti gravemente, effetti collaterali di quel brutto mestiere che si chiama guerra!

I nostri militari firmano, sanno quello a cui vanno incontro, vengono stipendiati, e perché allora idolatrarli quando ci lasciano la pelle?

Ma certo che sono persone, e che di fronte alla morte tutti meritano rispetto. Ma proprio tutti?

E chi piange i morti a causa della fame, della violenza, delle ingiustizie?

Perché onorare la morte di mercenari, quando ben pochi si ricordano dei veri testimoni della carità e della giustizia?

Chi si è ricordato e si ricorda di Teresa Sarti, moglie di Gino Strada? Una grande donna, altro che i maschioni fascistoidi della Folgore!

Perché a lei nessun riconoscimento dello Stato?

Lo Stato si è ricordato di Mike Buongiorno, e l’ha gratificato anche economicamente con un funerale di Stato, ovvero tutto a spese dei cittadini italiani.

Non parliamo della Chiesa che ha tributato al super-divorziato gli onori di un santo, con solenni esequie celebrate in quel Duomo che, se potesse parlare, urlerebbe tutta la propria rabbia. Perché due pesi e due misure?

Mercenari, sì, i nostri soldati, anche se, dicono, ormai si va verso un esercito di professionisti. In fondo, l’abbiamo voluto noi:  abbiamo lottato, anche con l’obiezione di coscienza, perché si potesse rifiutare il servizio militare. Ed ecco i frutti: un esercito di gente altamente specializzata per sparare “meglio”, per colpire “meglio” l’avversario.

E, infine, non ci si arrabbia al pensiero di milioni di soldati che nelle precedenti guerre mondiali sono morti, senza ricevere una lira, senza alcun riconoscimento da parte dello Stato? Poveri cristi: obbligati, pena il delitto di diserzione, ad abbracciare una divisa e andare in guerra. Per quale scopo?

E noi siamo qui a onorare dei mercenari?

 

 

 

 

 

  

 

 
 
 
 
 

frase del giorno

Un uomo solo è sempre in cattiva compagnia

Paul Valery


estate

Già…i primi freschi mattutini…i primi golfini…gli ombrelli per ripararci dalle prime piogge autunnali…le prime foglie che volteggiano nell’aria…mille colori sulle montagne e le mele e l’uva ormai mature nei campi…
Sì, è arrivato l’autunno….e forse rimpiangiamo già l’estate, nonostante avessimo brontolato quando c’era quel gran caldo…non siamo mai contenti….
 

viva le posteeeee

Oltre un mese  fa parlavo con Mario di un libro che aveva letto e che mi aveva consigliato. Poichè era una pubblicazione di  parecchio tempo fa, mi ero riproposta di cercarla a Milano, in quanto qui da me l’offerta non è molto varia, e le vecchie edizioni vengono subito restituite alle varie case. Ho girato inutilmente varie librerie ed anche i remainder, sperando di trovarlo…ma nulla. Ritornata a Bolzano ed avvisato Mario che non l’avevo trovato, lui si è gentilmente offerto di spedirmelo, in quanto era un libro che probabilmente non avrebbe più riletto. Il libro è partito ancora sabato scorso 12 settembre…oggi siamo a venerdì 18…sei giorni…mah…non so se pensare che qualcuno si sia fregato il pacchetto o se le poste viaggino a passo di lumaca……


bastardi

Di solito non offendo mai, talvolta nemmeno quando vengo insultata. Preferisco infatti ricorrere a giri di parole o cose simili, ma stavolta, leggendo questo blog, mi sono indignata di brutto e non ho potuto dir loro altro che bastardi ed infami.
Avevo pubblicato un commento su quel sito, dicendo che dovevano solo vergognarsi di irridere una simile tragedia, ma il cosiddetto "moderatore" l’ha cancellato. Ho allora rincarato la dose, dicendo che, avendo cancellato il mio pensiero, erano loro a comportarsi da "fascisti"  sporchi e vigliacchi, e senza alcun dubbio cancelleranno anche questo. Ma con certa gente che ha la testa occupata da nebbia rossa invece che dal cervello c’è poco da discutere.
Non ragioniam di lor, ma guarda e passa.
 

da "il Giornale" di oggi, 18 settembre 2009
 
Eppure in Italia c’è chi festeggia. Chi brinda. Chi gongola deliranti proclami di gioia: «Bingo. Esce il 6 sulla ruota di Kabul. La resistenza afghana folgora i mercenari fascisti in Afghanistan. Un piccolo passo per la popolazione afghana, un grande passo per l’umanità». È questa l’agghiacciante esultanza che inneggia alla morte dei nostri militari a Kabul e che campeggia sull’homepage del sito http://precariopoli.leftlab.com da ieri pomeriggio. L’autore del blog si chiama (o si fa chiamare) Antonio Ramone, e non è la prima volta che si distingue in questi macabri festeggiamenti. A luglio aveva esaltato la «resistenza afghana» che aveva ucciso il caporalmaggiore dei paracadutisti della Folgore, Alessandro Di Lisio, ammazzato lo scorso luglio in un agguato a Farah e definito nel blog un «porco mercenario fascista». Ma ancora più rivoltante lo pseudo sondaggio lanciato dal sito sulle «nuove uniformi» dei militari morti, i teli azzurri che ricoprono i cadaveri. L’infame scelta del farneticante sondaggio «Cosa pensate delle nuove uniformi dei mercenari fascisti?» è tra «Azzurre sono carine», «Leggere e pratiche», «Comode per il viaggio di ritorno». I suoi amichetti di forum vigliaccamente fanno a gara a chi fa la battuta a effetto. «Mi sarei accontentato del 5+1». Anche su Facebook il gruppo «Esultiamo per la morte dei soldati italiani in Afghanistan: forza talebani» ha raccolto 75 membri.
Con la morte dei nostri militari in missione si ripete ancora una volta lo sciacallaggio mediatico urlato nell’anonimato dei blog e destinato a diventare quel vile tam tam troppe volte scandito da chi si nasconde tra la folla nelle piazze, magari dopo aver bruciato una bandiera d’Israele. È già successo, ed è facile prevedere che succederà ancora. Si è già sentito quel «Dieci, cento, mille Nassirya», coniato dopo la morte dei 19 italiani il 12 novembre 2003. Slogan che già la magistratura ha deciso essere reato, «istigazione a delinquere e oltraggio alla pietà dei defunti». Reato sì, ma senza colpevoli, anche se nel 2006 i due esponenti del Pdci Oliviero Diliberto e Marco Rizzo furono indagati per «concorso morale esterno» e s’indignarono, dicendosi ignari e incolpevoli per la «provocazione» dei disobbedienti e dei giovani dei centri sociali che il 18 febbraio del 2006 sfilavano con le bandiere rosse in difesa della Palestina.
Ma se certe farneticanti apologie di strage sopravvivono all’indignazione è anche perché da sinistra si insiste non solo nel chiedere il ritiro immediato da Kabul, ma perché si parla di «finto cordoglio da parte chi li ha mandati a morire» come la Confederazione unitaria di base, mentre c’è chi invita i politici a «giocare a Risiko anziché ingigantire la spesa militare». E ancora c’è chi, come i marxisti-leninisti, non si vergogna a definire pubblicamente gli assassini dei nostri soldati come «eroi che non sopportano di essere soggiogati dai Paesi imperialisti». E c’è anche «l’esperto» Claudio Fava di Sinistra e libertà che si pavoneggia dietro un laconico «l’avevo detto io, quella in Afghanistan è una strage di chi paga l’ambiguità e le menzogne della politica» e i redivivi Franco Turigliatto e Salvatore Cannavò, ex parlamentari di Sinistra critica, che si vantano: «Quando manifestavamo il nostro dissenso eravamo isolati e insultati dalla politica ma i fatti continuano purtroppo a darci ragione».
Anche la Cgil non si sottrae alla facile speculazione politica «basta morti, tutti a casa, guerra sbagliata» e addirittura invoca la fine dell’appoggio Nato al presidente Kharzai. Per non parlare dell’ex europarlamentare Prc Vittorio Agnoletto, che ha parlato di «militari italiani mandati al macello per difendere un governo corrotto, pieno di narcotrafficanti e di signori della guerra e per acquisire meriti alla corte di Washington». Loro sì guardano alla guerra come fosse solo uno stupido Risiko.

felice.manti@ilgiornale.it

 

Integrazione

E’ successo ancora…dopo l’atroce fatto di tre anni or sono a Brescia, in cui il padre, con l’aiuto di altri parenti, sgozzò e seppellì la figlia (Hina Salem),

in quanto intratteneva una relazione con un italiano, lo stesso fatto si è ripresentato a Pordenone. Anche qui un padre contrario alla relazione della figlia, Sanaa Dafani, di solo 18 anni, con  un nostro connazionale.

 Difficile parlare di integrazione in certi ambienti islamici, specie quelli di più bassa estrazione sociale. Se integrazione ci sarà, credo che verrà da parte delle donne, che desidereranno sempre più avere una libertà come le “occidentali”, ma temo che questo porterà ancora a molte vittime. In nome del “politicamente corretto”, molti politici preferiscono ignorare la questione, dicendo che tutte le religioni hanno pari dignità, ma alcune religioni ritengono ancora oggi la donna un essere inferiore, da “educare” con le buone o cattive maniere, solo in funzione di servire l’uomo, senza alcun diritto, e questo va in contrasto con la nostra Costituzione che assicura uguali diritti a tutti gli esseri umani, primo tra tutti, ovviamente, alla vita.
Ma colpevoli non sono solo gli autori materiali dei delitti (i padri in questo caso), ma anche alcuni teorici che, manipolando le loro menti hanno, di fatto, armato le loro mani.

attentato

 
 

  
Non ho parole…sono sgomenta, annichilita dall’odierno attentato che è costato la vita ad altri sei nostri paracadutisti della Folgore. Sono anche schifata da alcune testimonianze lette su alcuni forum, dove in sostanza si dice che "ce la siamo cercata" andando ad occupare un territorio, e che i  militari sono lautamente pagati per questo. Tralasciando l’aspetto economico (sono pagati infatti in relazione del rischio che corrono), ma certe persone che si esprimono così non possono che esssere definite "bastarde", perchè i nostri soldati non sono là per una missione di guerra, anzi nemmeno di pace: la definirei una missione di libertà, per poter portare agli altri questo bene assoluto del quale noi siamo già in possesso e per questo sono anche disposti a sacrificare la loro vita. Mi ricorda il tragico evento di Nassirya, che colpì tanto duramente l’Arma dei Carabinieri e le frasi in fami che certi squallidi elementi tirarno fuori, tra le quali quella infamissima 10-100-1000 Nassirya, quasi gioissero a vedere tante vite italiane spezzate. Ripeto, non ho parole…solo un pensiero per chi è caduto e la speranza che taluni fatti non debbano mai ripetersi.


Senza titolo – Nazim Hikmet

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Il più bello dei mari

è quello che non navigammo.

Il più bello dei nostri figli

non è ancora cresciuto.

I più belli dei nostri giorni

non li abbiamo ancora vissuti.

E quello che vorrei dirti di più bello

non te l’ho ancora detto.

(Nazim Hikmet 1942)


Politicamente corretto (a proposito di Oriana)

Da"Il Giornale" del 9 settembre 2009 (Blog Giordano Bruno Guerri)

 

 

Ieri il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, ha dato prova di grande onestà intellettuale, ricordando i giorni dopo l’11 settembre in cui convinse Oriana Fallaci a scrivere quell’articolo che – ampliato – sarebbe divenuto La Rabbia e l’Orgoglio. De Bortoli se ne compiace, a ragione, ma si rammarica di avere titolato, il giorno dopo: «L’Italia si divide nel nome di Oriana», che lui stesso definisce «Un titolo corretto, ma freddo, distaccato». Ebbe insomma, ammette, «il grande torto di seguire poi le maledette regole del politicamente corretto».

Al di là dell’episodio, colpisce che il direttore del più grande quotidiano italiano – quello tradizionalmente letto dalla buona borghesia politicamente corretta – si pronunci contro le «maledette regole del politicamente corretto».

A me capita di farlo, direttamente o indirettamente, un articolo sì e uno no, ma non sorprendo nessuno, essendomi guadagnata la fama di politicamente scorretto. (Ho addirittura raccolto e scritto, in un volume, una serie di aforismi appositi). Che lo faccia il direttore del Corriere è un’altra cosa. È il segno, forse, che i più sensibili e attenti non ne possono più. Non ne possono più di quel «politicamente corretto» che è quasi sempre l’apoteosi dell’ipocrisia, piuttosto che della correttezza, più o meno politica. Lo dimostra il fatto che ci troviamo in buona compagnia: da Schopenhauer a Voltaire, da Sartre a Wilde il pensiero occidentale abbonda di concetti «scorretti». Anzi, il «politicamente scorretto» costituisce l’ossatura del pensiero filosofico, estetico, artistico, sociale, almeno da Gesù in poi: senza l’andare controcorrente di pochi grandi, l’umanità avrebbe progredito ben poco.

L’apologia del politicamente corretto è una faccenda recente, ma non è detto che si tratti di una moda passeggera. Infatti ha radici saldissime nell’occhiuta vigilanza che ogni gruppo, ogni minoranza, esercita su ogni altro gruppo, su ogni maggioranza: per non esserne sminuito, contraddetto, offeso, sia pure involontariamente. Non mi sembra un fenomeno destinato a calare, ma l’esempio dato da De Bortoli può essere un buon inizio di un dibattito, di un ripensamento, di una lieve retromarcia, o almeno di una rinascita del senso del ridicolo.

Oggi, se vi capita di chiamare «spazzini» gli operatori ecologici sarete sospettati di disprezzare i lavori più umili e i relativi lavoratori, anche se intendete semplicemente usare la parola imparata nell’infanzia e sempre detta con innocenza. Il «politicamente corretto», inoltre, non riguarda più soltanto modi ipocriti quanto gentili di definire individui «diversi» o socialmente svantaggiati, bensì l’intero scibile umano. Per cui non basta più ironizzare, come fece Robert Hughes in La cultura del piagnisteo: «L’invalido si alza forse dalla carrozzella, o ci sta più volentieri, perché qualcuno ai tempi dell’amministrazione Carter ha deciso che lui è ufficialmente un “ipocinetico”?». Di recente, dopo un articolo in cui ho osato affermare che due bicchieri di vino non rendono ubriachi o incapaci di guidare, alcuni lettori – pochi, per la verità – mi hanno accusato di essere un irresponsabile e di voler provocare incidenti stradali. Già, perché il politicamente corretto non riguarda più soltanto le espressioni, ma le loro presunte conseguenze: per cui il «politicamente scorretto» rischia di trasformarsi, nel giudizio di molti, in un atteggiamento «socialmente pericoloso».

Il peggio che può capitare è l’accusa di razzismo, come accadde a Oriana Fallaci, quando ci si permette di giudicare altri popoli, altre culture, altre religioni: ogni valutazione negativa viene puntualmente presa per razzismo o, al minimo, per oscurantismo. Invece non c’entrano né l’uno né l’altro, se le differenze vengono spiegate con ragioni storiche e culturali, piuttosto che genetiche. Successe anche a me, prima dell’11 settembre 2001, ovvero nel marzo del 2000. Era l’epoca in cui gli albanesi (come i romeni oggi) costituivano buona parte della criminalità proveniente dall’estero.

Pubblicai un articolo, in proposito, e posso riproporlo ai lettori del Giornale perché allora scrivevo sul Tempo. Ecco l’inizio: «Insomma, è vero o no che gli albanesi sono – fra tutte le popolazioni che ospitiamo – i più violenti e portati al crimine? Dalle notizie quotidiane, come dalle statistiche delle questure, appare chiaramente di sì. Eppure non si può mai dirlo, soprattutto nei giornali, se non si vuole passare per razzisti, xenofobi e soprattutto (grave colpa in questo periodo) non-buonisti. Bisogna però non cedere al ricatto del politicamente corretto, del buonismo a tutti i costi e quindi fittizio, e cercare di capire i motivi, a costo di apparire odiosi. Ci sono precise ragioni storiche, anche lontane, all’origine del comportamento degli albanesi, motivi che si possono analizzare, interpretare, valutare e che niente hanno a che fare con il razzismo ma piuttosto con i traumi subiti da un popolo che in pochi anni è passato dal comunismo più arcaico al capitalismo più incolto. Ciò non significa che gli albanesi siano geneticamente inferiori: è un dato di fatto però, che per secoli sono vissuti schiacciati fra l’impero austriaco e quello ottomano, usati come carne da cannone, come forza-lavoro, come preda, nascosti su montagne selvagge, isolati fisicamente e anche culturalmente a causa di una lingua difficile e misteriosa. Quello albanese dunque è un popolo che non ha mai amato e potuto mischiarsi con nessuno: debole per numero, passato e miseria. ».
Le accuse di razzismo che ricevetti furono, nel mio piccolo, pari a quelle che avrebbe ricevuto Oriana Fallaci per i suoi scritti sull’Islam. Lei non se ne pentì. Io neppure. Anche perché nessuno mi ha ancora dimostrato che, in quell’articolo, esponevo concetti sbagliati.

Inserito da Giordano Bruno Guerri |

in ricordo di Oriana

 
 In ricordo di una donna che dell’integrità e della sincerità ha fatto la sua bandiera.
 
Ferruccio De Bortoli nella prefazione dell’edizione economica de La Rabbia e l’Orgoglio di Oriana Fallaci è onesto. Ammette: «Non la difesi abbastanza». Diciamo che tutto quel grande giro di giornalisti che pure la stimavano e andavano da lei, nessuno osò dire: sto con lei, mi batto per lei. Non solo perché è coraggiosa e scrive bene, ma perché ha ragione. Oriana Fallaci mi raccontò che un giorno venne da lei Paolo Mieli. Lei magari nel racconto esagerava, ma rende l’idea di quegli anni. Oriana stava in casa della sorella in via Statuto a Milano, vicino al Corriere. Gli chiese: «Ma tu sei d’accordo con quanto scrivo sull’Islam?». Lui rispose: «Hai ragione. Ma devi picchiare di più». E lei stupita: «Ma perché non scrivi apertamente che ho ragione?». Mieli: «Perché sono un vigliacco».
Ora De Bortoli ammette: «Non l’ho difesa abbastanza». Eufemismo. Fu grande a pubblicarla, con l’aria che tirava allora. Ma poi la lasciò sbranare da qualunque grande o piccola forma passasse da quelle parti. Sui giornali d’Italia si scatenò la guerra ad addentarle il polpaccio da dietro. Anche da destra, ovvio, siamo i più bravi a farci del male. Così Massimo Fini e Pietrangelo Buttafuoco. Ma a sinistra fu un coro assatanato. Si giunse persino a scrivere sulla prima pagina di Repubblica, il giorno in cui papa Ratzinger, nell’agosto del 2005, la ricevette, che era giusto così perché i Papa «non ricevono persone perbene». La penna era quella di Pietro Citati, con quell’aria snob, da letterato che usa la sciarpetta di seta per non respirare l’odore delle Torri Gemelle bruciate. Il colmo accadde nel giugno del 2004, quando Oriana osò scrivere al direttore della Gazzetta dello Sport una breve lettera per difendere il gesto di Totti che aveva sputato in faccia al danese Poulsen durante gli europei di Lisbona. Ci fu una sollevazione dei redattori unanimi contro Pietro Calabrese che dovette giustificarsi di aver lasciato parlare Oriana la maledetta. Non da noi, non da noi. Per noi benedetta. Benedettissima. Vera speranza di umanità audace, di giudizio pieno di rabbia ma anche di amore e di ragione, mentre si disfaceva la fibra interiore di tanti, si liquefaceva la nostra cifra interiore di umanità e di dignità dinanzi all’assalto di chi voleva la nostra sottomissione alla barbarie.
Che giorno fu quel giorno di settembre del 2001. Venne giù un muro. Un muro più duro di quello in fondo di carta velina delle Torri Gemelle, distrutte da Bin Laden. Venne giù il muro della nostra ipocrisia. Il Corriere della sera aveva pubblicato La Rabbia e l’Orgoglio di Oriana Fallaci. Vittorio Feltri mi telefonò di prima mattina. «Hai letto?». Avevo letto. «Qui viene giù tutto, cambia tutto». Ci mettemmo a lavorare. A me toccò la sintesi, capitolo per capitolo, di quel grido tremendo e insieme melodioso. Impossibile riassumere. Individuai due parole buone, dolcissime: campane, amore. Il resto era acciaio. Il tutto, questa opera di Oriana, fu la prima risposta formidabile, l’unica vincente finora a 2009 al tramonto, contro i kamikaze, contro Bin Laden, questo è sicuro. Ma anche contro la pancia molle dell’Occidente pantofolaio e adoratore del suo ombelico dialogante, pronto a dire meglio-musulmani-che-morti, senza sapere che mentre diceva così era già morto, cadavere. Se uno non è disposto a morire per qualcosa che gli è caro, vuol dire che non merita di durare un attimo di più. Per questo Oriana alla fine rese, dichiarandoli nemici giurati, onore agli islamici combattenti. Avevano qualcosa per cui morire.
Feltri e la sua squadra diventammo gli avamposti isolati di Oriana in Italia. Il partito orianesco senza bisogno di sigle o patrocini ufficiali. Con Oriana non c’erano giornalisti e intellettuali, tranne i pochi già citati, più il vescovo Rino Fisichella. Si aggiungerà più tardi Giuliano Ferrara. Ma c’era un popolo immenso e senza voce. Trovò le parole che non trovava in quelle paginate del Corriere. E poi nei suoi libri. La trilogia, del quale ultimo volume (Oriana intervista se stessa, e poi l’Apocalisse) fui modesto consulente a proposito di decapitazioni e Turchia, ha segnato un caso unico. Un’opera alta, niente affatto di pronta beva, non un gazzosino per citrulli sulla sdraio, ma roba tosta, amara, che non vellicava il ventre di nessuno, sbancò le librerie, con la casa editrice che pareva quasi volersi giustificare con il successo di mercato della impresentabilità nei salotti della sinistra al caviale di quei titoli. Riuscì addirittura a pubblicare, in uno dei suoi rami, la Marsilio, Cattiva maestra di Giancarlo Bosetti, pieno di errori volgari, reclamizzandolo pure.
Andò così fino alla sua morte. Carlo Azeglio Ciampi osò giocare con il suo cognome, come un goliarda vituperoso, pur sapendo che era divorata dal cancro. La compagnia di martiri professionisti del giro di Santoro, cioè la Sabina Guzzanti, la imitò con l’elmetto in testa, con odioso umorismo sul suo tumore. Una raccolta di firme promossa da Feltri perché fosse risarcita con il seggio di senatore a vita ebbe un clamoroso successo e un indecoroso silenzio in risposta.
Dopo la morte, una differenza. Si è cominciato subito a esaltarne la prosa, l’audacia di giornalista, il femminismo ante litteram. Tutto pur di non entrare nei contenuti. Non lo fa nessuno. Non si dice che alla fine combatté – chiamandosi al fianco di Papa Ratzinger – contro due totalitarismi: quello islamico e quello del relativismo nichilista dell’Occidente, per lei posti sullo stesso piano, uno funzionale all’altro. Be’, oggi lo facciamo noi. Oriana hai visto giusto. La tua memoria è una stella.